6
studio del corpo in psicologia. Identificare la psiche, l’ anima, la res extensa o la mente
come “sostanza” nobile, equivale a dire che è l’unica che meriti di essere indagata.
Non a caso la psicologia è per etimologia un “discorso sulla psiche”, come se parlare
di corpo fosse improprio; non a caso, nella storia della psicologia, è possibile
rintracciare solo delle “tracce” del corpo e non un corpo “intero” che venga studiato
come materia e come veicolo di significati. Le tracce identificate vengono fatte risalire
a Schilder, il primo a parlare di schema corporeo, a Freud, alla sua teoria delle pulsioni
e alla bioenergetica di Reich; ma è soprattutto nei confronti della fenomenologia, di
Husserl e Merleau-Ponty, che si è sviluppato un debito. La distinzione fenomenologica
tra organismo e corpo, tra Körper, mero corpo fisico e Leib, corpo vivente, è stata una
preziosa guida teorica in questo lavoro.
Il secondo capitolo rispecchia l’intenzione, dichiarata in precedenza, di mantenere
uno sguardo terreno nello studio del corpo. Si è scelto di muoversi nel territorio della
comunicazione non verbale, prima di tutto perché è impensabile trascurarlo in un
progetto che voglia disegnare i contorni di un nuovo approccio al corpo nella psicologia
e, in secondo luogo, perché lo si ritiene un settore in grado di restituire un’ immagine
“intera” e non parziale del corpo. Il corpo è così analizzato nella sua concretezza, nel
suo essere carne ed ossa, ma anche nella sua potenzialità simbolica ed espressiva di
produrre messaggi che non siano solo un supporto alle parole ma che siano, poiché
spesso è ciò che accade, più forti di qualsiasi parola.
Infine, il terzo capitolo, vuole proporre una personale visione del fenomeno del
riconoscimento dell’altro, dove un ruolo decisivo spetti alla dimensione corporea
definita secondo i termini dei primi due capitoli. Lo scopo è evidenziare come la
concezione del corpo che emerge possa essere inclusa e possa influenzare, in un
reciproco scambio, la definizione che la psicologia dà di un processo tipicamente
umano come il riconoscimento dell’identità altrui. Inoltre, poiché una nuova definizione
implica sempre degli aggiustamenti all’interno di un apparato teorico, si spera che da
7
queste pagine si sviluppino dei suggerimenti validi e in grado di arricchire posizioni
teoriche già esistenti, in vista dell’applicabilità degli stessi e per non sottovalutare mai
che la psicologia è fatta dall’uomo per l’uomo.
8
1. TRACCE DEL CORPO IN PSICOLOGIA
“Dal momento che all’occhio solo il corpo si
manifesta, la speranza dell’innamorato è che
l’anima sia fedele al suo involucro, che il
corpo possieda una psiche ad esso adeguata,
che ciò che la pelle rappresenta riveli davvero
ciò che è. Non amavo Chloe per il suo corpo,
io amavo il suo corpo per la promessa di ciò
che lei era” (Alain de Botton, Esercizi
d’amore).
1.1 PREMESSA
“Discorso sulla psiche”. Queste tre parole hanno permesso alla psicologia di
ritagliarsi il proprio spazio come disciplina autonoma ed indipendente. Queste stesse
tre parole costituiscono il terreno sul quale la psicologia è potuta nascere e crescere
come scienza. Tuttavia, il debito sviluppato nei confronti della definizione che si è data,
ha fatto in modo che la psicologia rimanesse inchiodata nella propria etimologia.
L’espressione greca psyche (soffio, respiro) o quella latina anima (vento),
rimandano al polo di una delle dicotomie più antiche del mondo: anima-corpo o, se si
preferisce, psiche-soma. Ne segue che la psicologia, in quanto discorso sulla psiche,
se vuole essere coerente con se stessa e con la propria definizione, non può parlare
del corpo se non impropriamente, se non per un’infedele atto nei confronti del suo
statuto scientifico.
In accordo con le altre discipline, anche in psicologia, il corpo ha assunto il negativo
di ogni valore. Scrive Galimberti
9
“Da centro di irradiazione simbolica nelle comunità primitive, il corpo è diventato in Occidente il
negativo di ogni ”valore”, che il sapere, con la fedele complicità del potere, è andato
accumulando. Dalla “follia del corpo” di Platone alla “maledizione della carne” nella religione
biblica, dalla “lacerazione” cartesiana all’ “anatomia” ad opera della scienza, il corpo vede
concludersi la sua storia con la sua riduzione a “forza-lavoro” nell’economia, dove più evidente
è l’accumulo del valore nel segno dell’equivalenza generale, ma dove anche più aperta diventa
la sfida del corpo sul registro dell’ambivalenza” (Galimberti, 1983, p. 12).
In psicologia, la scissione fra anima e corpo ha fatto in modo che il secondo si
riducesse a mero contenitore anatomico, privo di quella possibilità di significare
concessa solo alla psiche. Diventa impellente il bisogno che la psicologia restituisca al
corpo la sua capacità di essere “significato fluttuante”.
Scopo di questo primo capitolo è quello di illustrare gli approcci psicologici che
hanno prestato particolare interesse allo studio del corpo. Altro scopo, decisamente più
ambizioso, è quello di sostenere come la psicologia debba allontanarsi da quella logica
di separazione che ha creato una distanza a prima vista incolmabile tra psichico e
corporeo. Poiché la psicologia ha fondato la propria nascita come scienza su questa
logica della separazione è necessario che la disciplina riveda se stessa dalle radici;
solo in questo modo potrà parlare propriamente del corpo facendo di quest’ultimo un
oggetto di indagine legittimo, che non spaventa e che non contraddice per forza la
definizione nella quale si riconosce.
Solo così la psicologia potrà “appropriarsi” del corpo.
10
1.2 RETAGGIO FILOSOFICO
La logica di separazione che caratterizza la psicologia ha origine nella filosofia
antica di Platone e nella sua disgiunzione tra corporeo e ideale. La psicologia non è
ancora sembrata in grado di superare questa antica separazione che, molti secoli dopo
la sua nascita, nell’età moderna, ha trovato forza e sostegno nel pensiero cartesiano.
La scelta di affrontare un’analisi, seppur superficiale, del dualismo corpo-mente non
vuole essere l’espressione di uno sterile astrattismo filosofico. Al contrario, vuole
essere solo il punto di partenza per spingersi poi verso una posizione che testimoni
l’importanza dello studio e dell’utilizzo del corpo in psicologia. Il pensiero scientifico
moderno stesso si è costantemente dibattuto in questo problema, si veda la più che
mai attuale polemica tra psicoterapia e cura farmacologia delle malattie mentali. O si
presti attenzione alla moda del momento: da un lato il fiorire di gruppi spiritualistici del
“benessere mentale” stile new age, dall’altro il culto spropositato del “benessere
corporeo” stile aerobica, fitness, body-building. Numerosi sono gli esempi che
dimostrano come la questione del dualismo non solo non sia risolta e non sia di
pertinenza strettamente filosofica, ma anche che rappresenta un problema concreto e
verso il quale la psicologia ha molto da dire.
1.2.1 IDEALISMO PLATONICO
Con Platone la psiche diventa ufficialmente il luogo di riconoscimento dell’unità del
soggetto, della sua identità. La specificità dell’uomo è sottratta in modo netto
all’ambivalenza delle sue espressioni corporee.
11
Ripercorrere le tappe dello sviluppo del pensiero platonico è un compito complesso
e non strettamente collegato a questo lavoro. Per questo, non soffermandosi sulle
opere di carattere etico e politico, ci si limita a sottolineare solo alcuni concetti, quelli
inerenti alla teoria delle idee.
Le premesse alla teoria delle idee sono fondamentali per capire la dinamica della
teoria stessa: Platone crede nella verità, nell’essenza trascendente della verità e non
vuole negarne all’uomo l’accesso. Se all’uomo non è negato l’accesso alla verità,
immateriale e trascendente, è perché è dotato di uno “strumento” che, immateriale
come la verità, può avvicinarlo ad essa: l’anima. Il concetto di anima introdotto dal
filosofo greco non deriva dall’osservazione della realtà umana, non è confortato
dall’esperienza; è piuttosto un effetto del pensiero platonico che vede come realtà
unica e vera l’ordine trascendente e immateriale. Si può affermare che il concetto di
anima è figlio delle premesse stesse della teoria delle idee, ne è la conseguenza logica
ed è ciò che la sua filosofia richiede.
“L’inconsistenza dei corpi la loro irrilevanza, non è ciò che Platone dimostra, ma ciò che la sua
filosofia richiede, dopo aver distrutto l’ambivalenza simbolica e aver risolto la realtà nella
trascendenza del valore” (Galimberti, 1983, p. 55).
La filosofia inaugurata da Platone impone la separazione tra la terra materiale,
corporea, e il cielo ideale, immateriale e numerale. Il risultato di tale separazione è
stato quello di identificare il polo negativo di ogni dicotomia con il corpo e il polo
positivo con l’anima.
“L’ anima è in sommo grado simile a ciò che è divino, immortale, intelligibile, uniforme,
indissolubile, sempre identico a sé medesimo, mentre il corpo è in sommo grado simile a ciò
che è umano, mortale, multiforme, inintelligibile, dissolubile e mai identico a sé medesimo”
(Platone, Fedone, 80 b).
12
“Fino a quando noi possediamo il corpo e la nostra anima resta invischiata in un male siffatto,
noi non raggiungeremo mai in modo adeguato ciò che ardentemente desideriamo, vale a dire la
verità. […]Pertanto, nel tempo in cui siamo in vita, come sembra, noi ci avvicineremo tanto più
al sapere quanto meno avremo relazioni con il corpo e comunione con esso.[…] E così, liberati
dalla follia del corpo, come è verosimile, ci troveremo con esseri puri come noi e conosceremo,
nella purezza della nostra anima, tutto ciò che è puro: questo io penso è la verità” (Platone,
Fedone, 66 b-67 a).
Da queste poche parole risulta chiaro come il corpo sia carcere e tomba delle idee.
“Follia del corpo”, la chiama Platone.
“L’ idea costituisce così la specie universale e anche il puro modello o archetipo che nei
molteplici casi empirici trova un riscontro soltanto approssimativo: le cose sensibili “partecipano”
o “somigliano”alle idee. Ne deriva che solo la conoscenza intellettuale delle idee fornisce un
sapere vero, sottratto alle variabili e contingenti opinioni che caratterizzano il conoscere
sensibile. L’idea sta pertanto a fondamento della conoscenza concettuale, sicchè Platone le
assegna uno statuto ontologico proprio, una forma di sussistenza in sé o di esistenza in un
mondo puramente intelleggibile (“iperuranio”)” ( Vattimo, Ferraris e Marconi, 1981).
La filosofia diventa la disciplina che per eccellenza può liberare l’anima dal corpo.
Corpo dell’uomo e corpo di tutte le cose, da quelle esistenti in natura a quelle
realizzate dall’uomo. L’anima vede le idee nell’iperuranio ma, unitasi al corpo,
dimentica tale sapere, di cui l’esperienza delle cose empiriche le fornisce un mero
indizio o stimolo a ricordare.
“Di qui la distanza massima tra corpo e verità, quasi un’antitesi, un’impossibilità metafisica di
composizione” (Galimberti, 1983, p. 43).
Con la teoria delle idee Platone inaugura quel lungo processo di mortificazione del
corpo che, in Occidente, è riuscito a coinvolgere diverse discipline tra cui la psicologia
13
e che, in età moderna, è stato rialimentato da altre filosofie. Prima fra tutte quella
cartesiana.
1.2.2 DUALISMO CARTESIANO
Il dualismo platonico non solo trova nuovo nutrimento con Cartesio ma è anche
radicalizzato.
Cartesio è il fondatore del razionalismo, ossia di quella corrente della filosofia
moderna che vede nella ragione il fondamentale organo di verità e lo strumento per
elaborare una nuova visione complessiva del mondo.
Le principali conclusioni a cui perviene Cartesio derivano da riflessioni nate al fine
di trovare il fondamento di un metodo che fosse la guida sicura della sua filosofia.
L’inizio di una simile ricerca è fatto coincidere con una critica radicale di tutto il sapere
già dato. Diventa necessario sospendere l’assenso ad ogni conoscenza comunemente
condivisa ed esercitare il dubbio su tutto ciò che è possibile. Se, persistendo in un
simile atteggiamento di critica radicale, si giungerà ad un principio sul quale il dubbio
non può essere esercitato, questo principio dovrà essere ritenuto talmente saldo da
diventare il fondamento di tutte le altre conoscenze.
Cartesio pensa che nessuna forma di conoscenza possa sottrarsi al dubbio: dalle
conoscenze sensibili alle regole matematiche. Ma è proprio dal “dubbio metodico”, dal
“dubbio iperbolico”, che nasce una prima certezza. L’uomo può ammettere di
ingannarsi o di essere ingannato ma per essere ingannato l’uomo deve esistere, cioè
deve essere qualcosa e non nulla. La proposizione io esisto è l’unica che si
sottrarrebbe al dubbio: può dubitare solo chi esiste.
14
A questa fase di elaborazione del suo pensiero Cartesio si trova costretto a definire
i termini e le condizioni di esistenza: che cosa sono io che esisto? La risposta a questa
domanda segna la tappa fondamentale del pensiero cartesiano. Nasce il “Cogito Ergo
Sum”. “Penso, dunque, sono”.
Per Cartesio si esiste in quanto sostanza pensante. Non si può dire di esistere
come corpo perché non si sa nulla dell’esistenza dei corpi intorno ai quali il dubbio
permane. La certezza dell’esistere concerne solo le determinazioni del pensare:
dubitare, affermare, negare, volere, immaginare. Le cose pensate possono anche non
essere reali ma è reale certamente il pensare, il volere.
Per Cartesio, dunque, la proposizione io esisto equivale a io esisto come spirito,
intelletto e ragione.
Accanto alla sostanza pensante, dice Cartesio, si deve ammettere una sostanza
corporea, materiale, divisibile in parti quindi estesa. E’ questa la dichiarazione del
dualismo cartesiano, processo che consiste nello spezzare la realtà in due zone
distinte ed eterogenee: la sostanza pensante, la res cogitans, che è inestesa,
consapevole e libera e la sostanza estesa, la res extensa, che è spaziale,
inconsapevole e determinata. La res cogitans è puro intelletto, le sue cogitazioni,
eseguite con il metodo matematico, esauriscono ogni possibile senso del mondo.
Cartesio radicalizza il pensiero Platonico perché nel filosofo greco l’anima aspirava
a liberarsi dal corpo e dal mondo mentre nel filosofo francese la sostanza estesa è già
separata dal corpo, è una pura astrazione, è un io decorporeizzato che prescinde da
tutto ciò che è materiale. Il corpo esiste ma solo in quanto pensato dalla res cogitans.
Scrive Galimberti
“Ma siccome delle due a pensare è soltanto la res cogitans, si ottiene un corpo quale è
concepito dall’intelletto e non quale è vissuto dalla vita, un corpo in idea e non in carne ed ossa,
un corpo che ha un male e non che sente un dolore, un corpo anatomico e non un soggetto di
vita”(Galimberti, 1983, p. 72)
15
E ancora
“Costretto a vivere la vita concepita dall’intelletto, il corpo divenne un fascio di processi in terza
persona: la vista, l’udito, il tatto, la motilità; per ciascun processo il suo organo, le sue cause, la
sua scienza specifica”(Galimberti, 1983, p. 73).
La mente umana, l’intelletto, la coscienza, il pensiero sono totalmente indipendenti
dal corpo; mentre il corpo esiste solo in quanto pensato. Per stabilire una relazione tra
anima e corpo Cartesio elabora lo stratagemma pseudofilosofico e pseudoscientifico
della ghiandola pineale, l’unica parte del cervello che, non essendo doppia, può
unificare le sensazioni che vengono dagli organi di senso che sono tutti doppi. Tuttavia
questo tentativo è povero e incapace di ricomporre un’unità ormai disfatta. Nemmeno
tentativi recenti e sicuramente più “scientifici” di quello cartesiano hanno saputo
rispondere in maniera adeguata alla ricerca di un punto di contatto tra le due sostanze.
Si pensi a John Eccles
1
e al suo impegno nell’identificare aree cerebrali come possibili
siti di comunicazione tra mente e corpo.
Il primato assegnato da Cartesio al pensiero è evidente e non è pensabile, nel suo
apparato teorico, una “comunicazione” tra anima e corpo. Tale comunicazione è
possibile solo uscendo dalla logica disgiuntiva del pensiero cartesiano e dalla
convinzione che il corpo sia un oggetto solo in quanto prodotto di una mente che lo
oggettiva.
1
Per maggiori informazioni sul tentativo di Eccles di identificare un area cerebrale come possibile sede di
comunicazione tra soma e psiche si faccia riferimento a Eccles J., Evolution of the brain: creation of the Self,
1989, Routledge, London.
16
1.3 EMANCIPAZIONE DELLA PSICOLOGIA
La separazione tra anima e corpo operata nell’antichità da Platone e rinvigorita in
età moderna da Cartesio ha avuto un peso innegabile nella psicologia. Si può
affermare che la psicologia abbia iniziato la sua emancipazione dall’ambito filosofico,
in cui era inclusa, proprio partendo dal problema corpo-mente, tentando di cogliere il
nesso soma-psiche che la filosofia aveva separato con i suoi storici dualismi. Il nesso
trovato dalla psicologia è riassumibile nella concezione secondo la quale il corpo è lo
sfondo di tutti i fenomeni psichici. Questa posizione che, al giorno d’oggi, non
sorprende e non spaventa, è però frutto di un percorso lungo e non facile. Le tappe
fondamentali di tale percorso sono: 1) l’elaborazione dello schema corporeo di
Schilder; 2) la teoria freudiana delle pulsioni; 3) la distinzione fenomenologia tra corpo
e organismo.
1.3.1 LO SCHEMA CORPOREO
Scrive Schilder nella sua opera principale “The image and the appearance of the
human body”:
“Con l’espressione “immagine del corpo umano” intendiamo il quadro mentale che ci facciamo
del nostro corpo, vale a dire il modo in cui il corpo appare a noi stessi”(Schilder, 1935, p. 18).
Il concetto di “schema” o “immagine” del corpo era già stato adottato prima di
Schilder. A coniarlo fu Bonnier (1905) che lo diffuse durante la fine dell’Ottocento e i
primi anni del Novecento. La novità introdotta da Bonnier nello studio del corpo è stata
17
quella di aver indicato come fondamentale il criterio topologico. Per Bonnier il corpo ci
è dato come “sens d’espace” (Bonnier, 1905). In altre parole, noi, noi in carne ed ossa,
sappiamo di occupare un certo nostro luogo. E’ grazie a questo schema che ci si
orienta oggettivamente nel mondo e soggettivamente sulla localizzazione delle diverse
parti del nostro corpo.
Non trascurabile è pure il contributo di Pick (1908; 1915) che traduce il criterio
spaziale per lo studio del corpo in criterio topognostico. Secondo questo autore noi
disponiamo di una sorta di funzione conoscitiva che ci permette un sapere continuo,
una specie di consapevolezza topografica del nostro corpo. Grazie a questo
dispositivo possiamo essere continuamente informati sulla situazione del nostro corpo.
Accanto a Pick va infine citato Henry Head (1920) che adotta in proposito il criterio
estesiologico. Secondo tale studioso gli stimoli che dalla periferia convergono ai centri
cerebrali non possono risultare consci se prima non vengono valutati da un dispositivo
cerebrale che li elabora, li compone e scompone in un processo di continua
integrazione. Head chiama questo dispositivo “model” o “standard”.
Questi tre autori segnano le basi sulle quali Schilder si appoggia fino ad elaborare
una teoria e degli studi indipendenti che superano di gran lunga il contributo dei suoi
predecessori.
E’ necessario premettere che Schilder usa in tutta la sua opera entrambi i termini
“immagine” e “schema”, non preferendone mai uno rispetto all’altro ma lasciandoli
coesistere in una reciproca contaminazione semantica.
Secondo Schilder noi riceviamo delle sensazioni, percepiamo parti della nostra
superficie corporea, abbiamo impressioni termiche, tattili, dolorose, informazioni
provenienti dai muscoli e dalle guaine muscolari, sensazioni di origine viscerale.
“[…]ma al di là di tutto questo vi è l’esperienza immediata dell’esistenza di un’unità corporea
che, se è vero che viene percepita, è d’altra parte qualcosa di più di una percezione: noi la
definiamo schema del nostro corpo o schema corporeo…”.