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CAPITOLO I
IL CORPO TRA PRESENTE E PASSATO
1.1. I concetti di cultura e società
Per conoscere l’Uomo è necessario considerarlo sullo sfondo del regno
animale dal quale ha avuto origine, nel contesto della cultura e del
linguaggio che gli forniscono il mondo simbolico in cui vive e alla luce dei
processi di crescita che portano ad un’integrazione di queste due potenti
forze.
Oggi sempre piø si parla di società, cultura, modernizzazione, riducendo
questi concetti cardine e talvolta cadendo nell’errore di non riconoscerne le
peculiarità e specificità, sebbene siano tra di loro estremamente
interconnessi ed influenzabili.
Il concetto di cultura fu coniato per esprimere sinteticamente l’idea di una
gestione del pensiero e del comportamento umano. La prima definizione in
senso etnologico, e risalente al 1871, si deve all’antropologo britannico
Edward Burnett Tylor: “la cultura è quell’insieme complesso che include le
conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi
altra capacità e abitudine che l’uomo acquisisce come membro di una
società” (Tylor, 1871, in Cuche, 2006:20). Tale concetto, così delineato, sta
al centro della riflessione nelle scienze sociali, poichØ la cultura permette
all’uomo non soltanto di adattarsi al proprio ambiente, ma anche di adattare
quest’ultimo a sØ, ai propri bisogni e progetti; in altre parole, la cultura
rende possibile la trasformazione della natura. Per Tylor, la cultura è
l’espressione della totalità della vita sociale dell’uomo; essa si acquisisce e
non dipende dall’eredità biologica.
Pochi anni dopo, negli anni Trenta, l’antropologa statunitense Margaret
Mead scelse di orientare le sue ricerche verso il modo in cui un individuo
riceve la cultura e le relative conseguenze sulla formazione della
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personalità. In base ai suoi studi stabilì che la personalità individuale non si
definisce attraverso i caratteri biologici, ma attraverso il modello culturale
distintivo di una data società che determina l’educazione del bambino
(Mead, 1935, in Cuche, 2006:45).
Questo aspetto, e cioè che l’acquisizione della personalità passa attraverso
l’educazione, fu oggetto di ricerche da parte di Abram Kardiner, psicanalista
di formazione, il quale studiò come si forma la personalità di base attraverso
le istituzioni primarie (famiglia e sistema educativo) e come questa
personalità si ripercuota sulla cultura del gruppo, producendo delle
istituzioni secondarie (sistemi di valori e di credenze) che portano la cultura
ad evolversi (Cuche 2006:48). Ne discende quindi, da una parte, che
l’ambito culturale non può essere studiato indipendentemente da quello
sociale, e, dall’altra, che le relazioni culturali devono essere studiate
all’interno delle relazioni sociali.
Una valida metafora per comprendere che cosa s’intende quando si parla di
società è quella elaborata dall’antropologo francese Arnold Van Gennep che
la definì come una casa fatta di stanze e corridoi. Le stanze sono gli status
sociali e i corridoi i percorsi di passaggio da uno status sociale all’altro (Van
Gennep, in Porcelli, 2006:42). Dunque una società è un insieme di individui
dotati di diversi livelli di autonomia, relazione e organizzazione, che,
aggregandosi, interagiscono. Può essere definita come una comunità
organizzata, composta da individui che condividono una stessa cultura, che
sono conoscenti della loro identità e che stabiliscono tra loro rapporti e
scambi piø intensi rispetto a quelli stabiliti con membri di altre collettività.
Secondo il sociologo francese Emile Durkheim, la società è una realtà sui
generis, ossia che possiede un carattere proprio differente dalla somma delle
sue parti (gli individui) e si impone ai suoi membri attraverso le sue
istituzioni.
Passando per i diversi periodi storici, tendendo conto di dimensioni
strutturali e culturali si può rintracciare una distinzione tra società
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tradizionale, moderna e postmoderna, definite anche preindustriale,
industriale e postindustriale. Diversi sono gli elementi distintivi che
caratterizzano tali società: la società tradizionale è caratterizzata da una
cultura omogenea, dove la maggior parte delle persone condividono le
stesse norme e gli stessi valori che sono orientati alla tradizione e alla
religione. Si tratta di una società semplice con pochi status, prevalentemente
ascritti e poche istituzioni; le dimensioni si riducono a villaggi; la divisione
del lavoro è basata sull’età e sul sesso e il controllo sociale basato sulle
relazioni spontanee. E’ dunque un controllo informale.
La società moderna è caratterizzata da una cultura eterogenea, nella quale
sono presenti diverse sub-culture che sono portatrici di norme e valori
differenti, orientati comunque verso il futuro. E’ una società complessa con
molti status, alcuni ascritti e molti acquisiti, e istituzioni; le dimensioni sono
quelle delle grandi città; la divisione del lavoro è molto forte con
occupazioni molto specializzate ed il controllo sociale si basa sulle leggi e le
forze dell’ordine, dunque molto formale (Cattarinussi 2010:277). Tale
società è stata travolta da numerosi mutamenti caratterizzanti un processo
definito modernizzazione, con il quale s’intende il processo di
cambiamento economico e sociale determinato dall’introduzione del modo
di produzione industriale in quasi tutti i paesi avanzati. Tale modo di
produrre ha modificato numerosi settori della vita, determinando quello
spostamento alla cultura detta di massa, dove si comincia a pensare in
termini di cambiamenti che hanno investito anche la globalizzazione dei
mercati.
Questa fase, tuttavia, è oggi sorpassata da un nuovo volto della società, un
nuovo essere societario postindustriale che possiede nuove caratteristiche in
continua evoluzione e che è stato definito, appunto, società postmoderna.
Questo termine è stato dato in quanto tale fase ha preso avvio dal
decadimento dell’industria, la quale ha ceduto il posto al settore terziario e
dei servizi; i valori della precedente società, efficienza e prestazione, hanno
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lasciato il trono ai valori degli affetti, del tempo libero, della quotidianità
(ibidem:278). La famiglia si è letteralmente modificata nella sua struttura e
funzione; i mass media hanno mostrato la loro potenza in termini di
sviluppo; il tutto incorniciato da un vistoso cambiamento nel sistema sociale
di riferimento, il quale, nella tradizione è rappresentato dalla comunità di
residenza (il villaggio) e nell’epoca moderna dallo Stato-Nazione e che
attualmente si configura nel mondo globale, dove molte persone fanno
riferimento a modelli culturali largamente condivisi, tant’è che guardano gli
stessi film, seguono le stesse mode, ascoltano la stessa musica.
(ibidem:279). Queste caratteristiche della postmodernità stanno portando
alla configurazione di un individuo ipermoderno, caratterizzato da varie
dimensioni, una delle quali è quella del controllo su se stesso con
l’autogestione del proprio corpo: la condizione umana è corporea; non vi è
mondo se non di carne e questa è forse l’unica certezza che l’uomo ha. Il
corpo è una realtà mutevole, da una società all’altra: tante società e tante
rappresentazioni fondate su saperi diversi, tipiche di quelle società.
1.2. La concezione del corpo nella storia
E’ necessario chiarire il legame sociale tra individuo e corpo allo scopo di
rendere comprensibili le fonti della sua rappresentazione moderna. La
concezione del corpo, dunque, presenta grandi differenze a seconda dei
periodi storici.
Nella società tradizionale, l’idea del corpo coincide con quella del gruppo,
del collettivo, dove non esiste un corpo separato dalla persona e c’è una
continuità che situa il collettivo nel cosmo; non ci sono confini che separano
il corpo dall’ambiente. L’uomo non si preoccupa di controllarsi allo
specchio, perchØ non ha un corpo a sØ stante, ma “è” un corpo, in altre
parole un tutt’uno con il cosmo, con sØ stesso e con gli altri. (Porcelli
2006:43). L’essere corpo identifica una corporeità naturale, non costruita,
accettata all’interno delle diverse fasi del corso naturale della vita: vivere il
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proprio corpo come comportamento innato (Serra, in Cattarinussi,
2010:181). In queste società comunitarie l’individuo non è distinguibile, il
corpo non è l’oggetto di una scissione e le rappresentazioni del corpo sono
di fatto rappresentazioni dell’individuo, della persona. L’immagine del
corpo è un’immagine di sØ, nutrita dalle materie prime che formano la
natura, il cosmo, in una sorta di indistinzione.
Da questa concezione di base si può estrapolare la convinzione secondo la
quale, dato che il corpo è legato all’universo vegetale, non esistono confini
tra vivi e morti; la morte non viene concepita nella forma dell’annullamento,
ma segna l’accesso ad un’altra forma di esistenza. D’altra parte, da vivo,
ogni soggetto esiste soltanto nelle sue relazioni con gli altri: la sua pelle e lo
spessore della sua carne non definiscono i confini della sua individualità.
Infatti il suo contributo personale non è indice di individualità, ma una
differenza alle complementarietà necessarie alla vita collettiva, un tono
singolare nell’armonia plurale del gruppo (Le Breton 2007). La morte non è
vissuta come evento drammatico, tant’è che con la Danza della Morte, ad
esempio, viene celebrato un momento in cui aristocratici, borghesi e plebei
sono uguali di fronte a tale avvenimento. Le manipolazioni del corpo in
queste società rappresentano solo i segni del potere sociale e culturale, di
distinzioni gerarchiche, l’espressione di rituali magici e religiosi.
Fu solo con il Rinascimento, con la società moderna, che comparì la
distinzione tra pensiero e corpo, determinando il passaggio
all’individualismo, dunque l’emergere di un soggetto pensante che ha un
corpo. In questo periodo storico l’avvento dell’individualismo si può intuire
perchØ vi è un allentamento dei valori e dei legami che colpiscono certi ceti
sociali privilegiati sul piano economico e politico; l’individuo tende a
divenire il portavoce autonomo delle sue scelte e dei suoi valori e non è piø
retto dalla preoccupazione della comunità e dal rispetto delle tradizioni
(ibidem:41). Parallelamente a tale promozione storica dell’individuo, si è
assistito anche all’evoluzione del concetto del corpo, proprio perchØ la