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che agli inizi l'attenzione per il linguaggio del corpo è rimasta ad un
livello interpretativo-descrittivo, mentre di fatto la distanza fisica tra il
terapeuta ed il cliente era rigorosamente mantenuta; a partire da
Reich, e soprattutto negli ultimi anni, in molti approcci terapeutici
l'interazione terapeuta-cliente è centrata più direttamente sul
linguaggio analogico fino a giungere , in certi casi, alla manipolazione
del corpo del cliente da parte del terapeuta.
L'attenzione alla comunicazione analogica in terapia offre la
possibilità di approfondire il discorso terapeutico, in quanto il
linguaggio analogico ha origine in periodi molto più arcaici
dell'evoluzione rispetto alla comunicazione verbale che è mediata da
convenzioni semantiche apprese in seguito (Watzlawick-Beavin-
Jackson, 1971, p.54).
Per gli stessi motivi accennati sopra la focalizzazione sul
linguaggio analogico in terapia permette di estendere l'aiuto
psicoterapeutico anche ai ceti culturalmente più poveri, cosa più
difficile nelle terapie basate sulla comunicazione numerica dato il suo
maggior grado di complessità ed astrazione rispetto a quella
analogica di cui tutti sono dotati fin dalla nascita.
Inoltre, come rileva tra gli altri Watzlawitch (1971, p.55), la
comunicazione analogica è il settore nel quale viene definito il tipo di
relazione tra i due comunicanti e ben sappiamo quanto proprio la
relazione sia alla base dei vari disturbi psicologici e quanto la terapia
sia anzitutto una relazione tra persone.
Alla luce di quanto scritto fin ora il nostro studio intende
centrarsi sulle psicoterapie a mediazione corporea, in particolare sulla
danza/movimento terapia. Nel corso del nostro lavoro useremo, d'ora
in avanti, il termine "danza terapia", anche se questa terapia è
indicata anche con altri termini, ad es., "dance therapy" (Missaglia,
[1991]), "danzaterapia" (Fux, [1991]), "danza-terapia" (Escobar,
3
1987), "dance/movement therapy" (Payne, 1992 a, p.16), "psicodan-
za" (Benenzon, 1984, p.65), ecc.
Discorso analogo vale per il termine "danza terapeuta",
chiamato anche "danza/movimento terapeuta", ecc.
Il desiderio di vagliare la validità di questa nuova forma di
psicoterapia è nato anche in seguito a esperienze personali che ci
hanno permesso di scorgere come la danza possa veicolare emozioni
molto intense e favorire mutamenti che oltrepassano il piano
puramente fisico. Ci prefiggiamo di studiare questa nuova forma di
terapia non solo da un punto di vista descrittivo, ma soprattutto per
coglierne gli aspetti ed i contenuti più profondi, verificandone la sua
consistenza e portata.
In concreto l'ipotesi che intendiamo verificare è se la danza
terapia abbia:
a) una teoria sufficientemente sviluppata alla base del suo
agire, se tale teoria sia originale o se sia riconducibile a quella di
qualche altra psicoterapia già affermata;
b) un'adeguata metodologia ed un sufficiente set di tecniche,
suo o di altri indirizzi terapeutici.
Dalle prime ricerche bibliografiche il materiale tradotto in
italiano risulta ancora poco. Probabilmente collegato a ciò è il fatto
che il termine danza terapia sembra essere interpretato un po'
diversamente dai vari centri di danza terapia esistenti in Italia.
Di fronte alle iniziali difficoltà, cercheremo di verificare la nostra
ipotesi partendo dagli studi esistenti, dalla descrizione dei principali
centri di danza terapia italiani ottenuta, oltre che con l'accostare la
bibliografia esistente.
4
Nel corso del lavoro riporteremo citazioni letterali di testi in inglese.
Per correttezza metodologica dobbiamo precisare che, in questi casi,
la traduzione è nostra, anche mediante interviste a danza terapeuti
delle varie scuole, partecipazione personale a stages e seminari, altro
materiale utile per capire il pensiero ed il metodo della danza terapia.
Sulla base delle informazioni raccolte, cercheremo di fare una
sintesi critica sulla danza terapia.
lI lavoro sarà articolato nel modo seguente:
- Nel primo capitolo partiremo da alcune considerazioni sul ruolo del
corpo nel pensiero contemporaneo per poi studiare i vari linguaggi di
cui dispone l'uomo. Quindi mi focalizzerò sul linguaggio del corpo e
sulle sue implicazioni in campo terapeutico. Concluderò la prima parte
del mio lavoro con una breve panoramica sulle psicoterapie a
mediazione corporea attualmente esistenti in Italia.
- Nel secondo capitolo, dopo avere trattato della storia della danza e
del suo significato simbolico, mi occuperò della danza terapia
descrivendone l'evoluzione, i principi teorici, i principali strumenti, i
campi di applicazione, ecc.
- Nel terzo capitolo, in base alle analisi raccolte e formulate nelle
pagine precedenti, daremo uno sguardo critico alla danza terapia.
Infine tratteremo le applicazioni in campo educativo del movimento
creativo.
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CAP.1: PSICOTERAPIA E CORPO
1. IL SIGNIFICATO DEL CORPO OGGI
2. GLOBALITA' DEI LINGUAGGI
3. IL LINGUAGGIO DEL CORPO
4. PSICOTERAPIE A MEDIAZIONE CORPOREA:
UNA PANORAMICA
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1. IL SIGNIFICATO DEL CORPO OGGI
1.1. Introduzione
1.2. Corpo-mente: da una visione dualistica ad una dialettica
1.3. Il corpo nella relazione umana: il bisogno di contatto
Sono nato una seconda volta
quando la mia anima e il mio corpo
si amarono e si unirono in matrimonio
Kalhil Gibran
1.1. INTRODUZIONE
Inizieremo questo capitolo con alcune considerazioni sul corpo di
carattere non strettamente psicoterapeutico, ma che certamente influiscono
sul modo di considerare il corpo in psicoterapia.
Nel sottopuntopunto 1.2. partiremo dalla questione filosofica del
rapporto mente-corpo per passare, poi, ad alcune considerazioni di carattere
psicologico, medico e sociale sul rapporto psiche-soma e sul ruolo del corpo
nei nostri tempi. Quando parliamo di mente in questo contesto intendiamo
riferirci alla parte psichica, spirituale, ecc. della persona.
La questione del rapporto mente-corpo, nelle sue implicazioni
psicoterapeutiche, verrà ripresa brevemente nel sottopunto 4.2.2. da un punto
di vista più storico.
Nel sottopunto 1.3., partendo dagli studi di Winnicott, Spitz, ecc., faremo
alcune considerazioni sull'importanza del corpo nelle relazioni. In particolare
faremo riferimento al pensiero di alcuni autori e ad alcuni studi sulla relazione
madre-bambino; quindi accenneremo al bisogno di contatto in generale. Ci è
sembrato interessante toccare questo argomento per introdurre il punto 3., in
cui si parlerà del corpo e dei suoi messaggi nelle relazioni sociali, ed il punto
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4., in cui si tratterà del corpo in una particolare relazione, qual è quella
terapeutica. Inoltre il tema della funzione del corpo, del movimento e del
contatto corporeo nelle relazioni interpersonali è fondamentale nella danza
terapia (Steiner, 1992, pp.145-146).
1.2. CORPO-MENTE: DA UNA VISIONE DUALISTICA AD UNA DIALETTICA
1.2.1. Alcune considerazioni di ordine filosofico
La filosofia del passato ha, in genere, trascurato il problema della
corporeità, alimentando, semmai, la scissione tra anima e corpo, tra vita
psichica e vita somatica.
Già in Platone (428-348 a.C.) troviamo questa concezione dualistica:
l'anima è esaltata come unico strumento di cui l'uomo dispone per raggiungere
la verità, mentre il corpo è svalutato, come un peso che ci impedisce di
giungere al vero.
Cartesio (1596-1650) ripropone la dicotomia platonica con la sua
distinzione tra "res extensa" (il corpo, in quanto sostanza visibile) e "res
cogitans" (il pensiero), due sostanze che coesistono, pur non avendo niente in
comune.
E' con il movimento esistenzialista e fenomenologico che alla concezione
del corpo-oggetto (il corpo-Korper) si affiancherà quella del corpo-soggetto (il
corpo-Leib) (Borgna, 1990, pp.97-98). Comunque la nozione di corpo-vissuto,
distinta da quella di corpo-oggetto, risale già a Schopenhauer (1788-1860).
Egli ha individuato due fondamentali modalità di studiare il corpo: la prima,
utilizzata dalla biologia, dalla fisiologia, dall'anatomia, ecc., considera il corpo
umano come un oggetto tra gli oggetti e, quindi, lo studia dall'esterno; la
seconda modalità di conoscenza del corpo lo sperimenta dall'interno, come
atto motorio, come tensione, ecc. (Casini, 1990, pp.46-47).
A partire dagli inizi del '900, con la filosofia fenomenologica, si teorizza in
modo sempre più sistematico l'importanza del corpo-vissuto. In particolare
ricordiamo la riflessione sulla corporeità di Merleau-Ponty (1908-1961). Essa
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riassume tutti i temi principali della nuova coscienza del corpo (la nozione
husserliana di corpo animato, il corpo-vissuto che trascende i limiti del corpo-
oggetto, la possibilità di aprirsi al mondo ed alla intersoggettività in virtù del
corpo vissuto, ecc.). Questa esperienza del proprio corpo, realtà psico-fisica
avente la particolarità di essere vissuta come "mia", forma un terzo genere tra
il puro soggetto e l'oggetto (Spinsanti, 1983, p.18). Viene così a cadere la
tradizionale dicotomia anima-corpo.
Più recentemente la filosofia neo-marxista ha denunciato l'annullamento
e lo sfruttamento del corpo nella nostra civiltà evidenziando il parallelismo tra
la sottomissione da parte dell'uomo della natura e l'annullamento del proprio
corpo. Infatti, secondo questa corrente di pensiero, il meccanismo che ha
permesso l'alienazione del lavoratore dal prodotto del suo lavoro è lo stesso
che ha provocato l'alienazione dell'uomo dal suo corpo, soggiogando, in tal
modo, la natura intima della persona. Pertanto questi filosofi propongono come
via di liberazione, non solo un cambiamento nei rapporti di produzione, ma
anche un recupero della corporeità, una attenzione nuova ai messaggi che il
corpo ci invia e che danno significati nuovi all'esistenza umana (Spinsanti,
1983, p.13). Un'esemplificazione dell'importanza che questa corrente filosofica
attribuisce alla corporeità è il fatto che due autori neo-marxisti, R. Garaudy e
R.zur Lippe, abbiano studiato il rapporto della società con la natura dell'uomo
a partire dallo studio della danza nelle varie epoche:
"La danza rappresenta, infatti, la più importante disciplina
dell'educazione corporea impartita dalla società e simbolizza il rapporto della
società con la physis dell'uomo" (Spinsanti, 1983, pp.13-14). Questo
argomento sarà ripreso nel punto 1. del cap. 2.
In queste poche righe abbiamo voluto evidenziare, seguendo un ordine
cronologico, quelli che ci sembrano i nuclei salienti della riflessione filosofica
sul corpo. Ciò che emerge è la tendenza attuale al superamento del dualismo
mente-corpo e la rivalutazione del corpo, non più considerato solo oggetto di
un soggetto, ma soggetto esso stesso.
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1.2.2. Alcune considerazioni di ordine psicologico
Anche nel campo psicologico si abbandona progressivamente una rigida
separazione tra mente e corpo; nelle righe seguenti presenteremo brevemente
i momenti culminanti di questa evoluzione.
Alla fine del secolo scorso, la psicoanalisi, con la concezione di
"conversione organica", rileva la capacità del corpo di manifestare contenuti
psichici.
Verso gli inizi del '900, la psicologia della Gestalt evidenzia come la
percezione non avvenga attraverso una pura addizione delle informazioni
ricavate dai vari sensi in modo del tutto indipendente, ma abbia, piuttosto, un
carattere di globalità (Spinsanti, 1983, p.17).
In modo ancora più radicale L.Binswanger (1881-1966) rifiuta quelle
teorie psicologiche e psicopatologiche che considerano il corpo puramente
come un oggetto. Egli, nella sua analisi antropologico-fenomenologica, tiene
sempre presente che l'uomo, non solo "ha" un corpo, ma che "è" corpo
(Borgna, 1990, pp.98-99).
Riprendendo il discorso del rapporto mente-corpo da un punto di vista
evolutivo, riteniamo che si possa parlare di una graduale differenziazione della
mente dal corpo alla luce della teoria psicoanalitica e di una continuità
funzionale tra mente e corpo in qualsiasi fase di sviluppo dell'individuo (A
questo proposito cfr. anche quanto scritto circa il pensiero di Winnicott nelle
pagine seguenti).
Il funzionamento mentale, in quanto determinato dal funzionamento corporeo,
ne può essere influenzato ed, a sua volta, può influire sul funzionamento
corporeo e, quindi, determinarlo in misura e modi differenti (Gaddini, 1981,
p.4).
Un altro aspetto interessante da sottolineare è che la mente non può
essere localizzata esclusivamente nel cervello:
"(...) se è vero che il cervello è contenuto nella scatola cranica, questo
non si può dire della mente. Come il sistema nervoso, la mente sta dovunque
nel corpo. Sarebbe però più giusto dire che nell'organismo, inteso come un
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'continuum' funzionale, determinati modelli di funzionamento sono presenti nel
funzionamento fisico e, parallelamente, in quello mentale" (Gaddini, 1981,
p.4).
Boadella (1987, p.187), parlando del rapporto tra psiche e soma,
afferma che la mente è l'esterno del corpo ed il corpo l'interno della mente.
Infatti il pensiero, attività della mente, è una funzione della corteccia,
superficie esterna del cervello, inoltre l'Io, per Freud, è una proiezione di una
superficie su una superficie. D'altra parte è vero anche che il corpo è l'interno
della mente nel senso che ogni stato dell'io rispecchia un atteggiamento
corporeo.
Sempre in una prospettiva di superamento della dicotomia mente-corpo,
Bion parla di "protomentale", per indicare quell'area della dimensione umana
in cui non è possibile differenziare il 'fisico e lo psicologico' e dalla quale, in
determinate circostanze, possono avere origine i disturbi psicosomatici
(Ceccarello, 1987, p.22).
In linea con questa tendenza a superare la tradizionale separazione tra
mente e corpo, si comincia ad affermare la possibilità che parti della mente
funzionino come corpo, in determinate situazioni, e viceversa. Infatti le vie di
comunicazione consce e inconsce tra mente e corpo sono labili ed imprevedibi-
li; pertanto è limitante la concezione tradizionale secondo cui ciò che è psichico
sarebbe esclusivamente e permanentemente psichico e ciò che è corporeo
esclusivamente e permanentemente corporeo (Morpurgo, 1987, p.126).
Da questa breve carrellata del pensiero di alcuni autori sul rapporto
mente-corpo, ci sembra di poter concludere che attualmente in psicoterapia si
sta adottando una prospettiva che supera la tradizionale dicotomia psiche-
soma ed evidenzia, invece, il legame e la continuità funzionale di mente e
corpo.
Inoltre, da quanto scritto, sono rilevabili le difficoltà, contraddizioni ed
ambiguità che si incontrano quando si cerca di definire o di differenziare il
corpo dalla psiche. Infatti non è possibile parlare del corpo prescindendo da
elementi mentali e viceversa.
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1.2.3. Alcune considerazioni di ordine medico
La tradizionale separazione psiche-soma sembra riflettersi anche nella
scienza medica ufficiale, che si occupa del corpo-anatomico, considerato come
un puro oggetto, trascurando il corpo fenomenico del paziente. Non è un caso
che discipline quali la fisiologia, l'anatomia, ecc. abbiano preso le mosse
dalla sezione dei cadaveri, pertanto si siano riferite al corpo come ad un
aggregato di parti e lo abbiano studiato come un oggetto (Galimberti, 1983,
p.46-51).
Attualmente, tuttavia, è in atto un tentativo di ricomporre l'unità perduta
di psiche e soma, come dimostra, tra le altre cose, lo sviluppo della
psicosomatica.
Vari studi relativi al legame psiche-soma sembrano avvalorare l'ipotesi di
un legame tra sistema nervoso e sistema immunitario. Infatti il sistema
immunitario, grazie al suo rapporto con l'ipotalamo, in cui si trovano le
strutture deputate all'elaborazione della vita affettiva e del sogno, è collegato
sia all'organismo biologico, sia all'area affettiva della persona. Pertanto, nel
campo psicosomatico, è stata avanzata la proposta di considerare il sistema
immunocompetente come un sistema psicobiologico (Fornari, 1985, p.157).
Da più parti è denunciata la disumanizzazione e la reificazione del corpo
negli ospedali. Tra gli altri, il sociologo Ivan Illich accusa il sistema medico
attuale di espropriare le persone del proprio corpo e di deresponsabilizzarle nei
confronti del proprio malessere. L'alienazione del soggetto dal proprio corpo è
favorita, tra le altre cose, dal linguaggio scientifico utilizzato dagli operatori
sanitari, che risulta difficilmente comprensibile al paziente. Egli non comprende
in che consiste il suo malessere ed in che modo viene curato; pertanto rinuncia
a capire il proprio corpo, delegando il medico o gli "esperti" a prendersene
cura. In tal modo il soggetto si preclude la possibilità di comprendere i
messaggi del proprio corpo (Spinsanti, 1983, p.55).
Sulla scia di questa protesta ci sembra che si vada affermando una
concezione olistica della salute (cfr. la diffusione di antiche terapie orientali,
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quali lo Yoga, la meditazione, lo sviluppo della naturopatia, ecc.), che non si
propone di curare il sintomo isolato, ma lo situa in un contesto più ampio.
1.2.4. Alcune considerazioni di ordine sociale
Anche sul piano sociale, già da qualche anno, assistiamo ad una riva-
lutazione del corpo. Essa ci pare particolarmente chiara, tra le altre cose, in tre
fenomeni sociali: il movimento hippy, l'ecologia, il femminismo.
Il movimento hippy propone una nuova cultura del corpo, sostituendo al
corpo produttivo, strumento di lavoro, una "visione edonistica del corpo,
mediatore della relazione fraterna, sorgente di sensazioni gradevoli, oggetto e
soggetto dello spazio del gioco" (Pasini, 1982. p.5).
Per quanto riguarda le moderne associazioni ecologiche, vediamo nel
rispetto per la natura il prototipo del rispetto dell'uomo e del suo corpo (Pasini,
1982, p.6).
Il femminismo, a sua volta, ha esaltato una nuova immagine del corpo,
un corpo sensoriale, sorgente di emozioni e di sentimenti e riserva inesauribile
dell'immaginario. Il movimento femminista si è fatto portavoce del desiderio di
riappropriarsi del proprio corpo, riscoprendone le potenzialità, i bisogni ed il
suo linguaggio (Spinsanti, 1983, pp.31-33).
In generale riteniamo che sia possibile comprendere il modo di vivere
proposto da una civiltà, i significati che essa dà all'esistenza, le norme che si
costruisce, ecc. osservando l'atteggiamento che essa ha nei confronti del
corpo. Attualmente l'atteggiamento della nostra società nei confronti della
corporeità ci fa pensare di essere alle soglie di una notevole trasformazione:
stiamo uscendo da una società in cui valori e norme erano "sopra" il corpo,
stabilite a priori, e il corpo "sotto". Oggi tende ad accadere il contrario: è
dall'esperienza di noi stessi che, sempre più di frequente, si tende a far
derivare l'immagine del mondo, i significati dell'esistenza e le modalità di
comportamento (Acquaviva, 1977, pp.15-16).
A conclusione di questo sottopunto 1.2., alla luce di quanto scritto,
possiamo dire che la nostra epoca ha assistito ad una grande rivalutazione del
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corpo, intento comune a più aree della società e della cultura attuale. La
dimensione corporea si è imposta nella mentalità e nei valori della nostra
società, anzi, la corporeità è ritenuta un valore in s‚, non più un pericolo da cui
lo spirito deve guardarsi, ma una "realtà intimamente connessa con la
dimensione spirituale dell'uomo" (Casini, 1990, p.11).
1.3. IL CORPO NELLA RELAZIONE UMANA: IL BISOGNO DI CONTATTO
1.3.1. Il corpo nella relazione madre-bambino
Siamo convinti che il contatto fisico ed emotivo sia una necessità di
primaria importanza per un sano sviluppo psico-biologico, per motivare questa
nostra opinione nelle pagine seguenti citeremo il pensiero di alcuni autori ed
alcuni studi sul tema della relazione madre-neonato. Riteniamo questa prima
forma di relazione tra il bambino e sua madre molto importante in quanto
modello per tutte le successive relazioni.
Winnicott ha descritto ampiamente l'importanza della relazione madre-
bambino. Nella sua teoria dello sviluppo emozionale del neonato, egli individua
tre "tappe", non necessariamente consecutive, che il bambino raggiunge grazie
anche alla presenza della madre. Vediamole molto schematicamente.
1) La tappa dell'"integrazione", è quella in cui le varie componenti
somatiche e psichiche del bambino convergono in un Sè unitario.
Due fattori contribuiscono all'integrazione:
a) le esperienze istintuali provenienti dall'interno che tendono a riunire in un
tutto unico i tratti di personalità (Winnicott, 1985, p.181);
b) la funzione materna del "contenimento", cioè le cure che la madre fornisce
al figlio, sia per proteggerlo da eventi traumatici che interromperebbero la sua
continuità di esistenza, sia per soddisfare i bisogni del neonato (Davis-
Wallbridge, 1984, p.125).
2) La tappa della "personalizzazione" consiste nello sviluppo del senti-
mento che si ha della propria persona nel proprio corpo (Winnicott, 1985,
p.181).