Introduzione.
1 NASCITA.
Questo elaborato nasce dalle coinvolgenti e sconvolgenti esperienze di tirocinio svolto presso
l'associazione La Nave Va di Cabrils, che utilizza principalmente il teatro come strumento
educativo. Rielaborare la mia esperienza fu un esigenza che si presentò spontaneamente, in questi
intensi mesi forse quel che mi ha più sorpreso è stata la mia ri-scoperta, il mio rincontro con il mio
corpo. Esso non era “più quell' unità anatomica che noi conosciamo come qualcosa di isolabile dalle
altre entità che compongono il mondo oggettivo e che identifichiamo come sede della singolarità di
ogni individuo”1, non era più un sacco di organi da sanare, come lo vorrebbe la medicina
occidentale, ne carne da redimere come vorrebbe la tradizione cristiana. Fino ad ora avevo vissuto il
mio corpo “in conformità alla logica e alla struttura dei vari saperi”2, esso venne finalmente ri-
significato in modo personale. Smetteva di essere corpo in quanto contrapposto alla mente o
all'anima, ritrovava attraverso l'esperienza l'unità. Non vi era più l’ Io, il mio corpo e il mondo, ma
solo Io, come unità psico-fisica che facevo esperienza del mondo. Durante i laboratori teatrali
sperimentai un nuovo modo di fare educazione che coinvolgeva la persona in ogni suo aspetto.
Contemporaneamente si lavorava a livello fisico, emotivo e intellettuale. Si conosceva e si rifletteva
su se stessi, ci si approcciava al mondo e ai suoi problemi, si entrava in relazione con gli altri non
solo attraverso il canale della parola ma usando ogni linguaggio, esprimendo e ascoltando attraverso
l’esperienza integrale di sè. Tutto sembrava assumere una sfumatura più concreta, più personale e
soggettiva. Sperimentai, sia come alunna che come osservatrice o co-operatrice durante i laboratori,
un modo diverso di educare, numerose furono le crisi che mi arricchirono e forte la curiosità per
approfondire questo tema. Il tipo di educazione che avevo conosciuto finora ignorava il corpo, le
emozioni, anzi spesso esse erano considerate un ostacolo all'apprendimento, o per meglio dire, al
“trasferimento” di conoscenze, in quel sistema che Freire chiama educazione bancaria3. Nacque così
l'esigenza di raccontare e di approfondire quanto sperimentato. Il processo di scrittura è stato
quanto di più coerente possibile al tema e alle tesi che pretendo sostenere. L'idea si concretizzò
durante un colloquio con il mio tutor aziendale David Martínez Sánchez che mi fece osservare che
per spiegare e sostenere la validità di un tipo di educazione che coinvolge anche il corpo, è
contraddittorio cominciare la ricerca dal canale intellettuale, quindi nelle parole scritte da altri
autori. Se di corpo si voleva parlar sarebbe stato più coerente cominciare a narrare la mia esperienza
1 Galimberti, U., Il corpo, Feltrinelli, Milano 2002, p. 33.
2 Ibid. p. 11
3 Freire, P., La pedagogia degli oppressi, EGA 2002.
personale, vissuta in prima persona attraverso il mio corpo. La fisicità ci ricorda infatti proprio
l'irripetibilità e la soggettività dell'esperienza. Si pensò quindi di raccontare la storia di queste
sensazioni, emozioni e pensieri, ampliandoli poi con le riflessioni di altri autori. Prese forma l'idea
di partire dal mio vissuto personale dei mesi di tirocinio, in fin dei conti io ero stata protagonista di
un lungo percorso educativo che passava attraverso il corpo e l'esperienza, avevo sperimentato
personalmente, quindi il mio era un punto di vista privilegiato per raccontare come il corpo possa
essere integrato nell'educazione. Cominciai a scrivere una sorta di diario che raccontava le
esperienze di laboratorio per me significative, questo racconto era ricco di sensazioni corporee e
personali, di pensieri, di ricordi e fu un ottimo modo per rielaborare e ripensare all'esperienza
vissuta. Da questo racconto poi estrassi delle tematiche, cercando di mettere ordine attraverso il
raggruppamento in “categorie” e cominciando a riflettere su quali argomenti da esse si potevano
sviluppare. Questo processo fu piuttosto complicato perché anche al lettore sarà evidente che seppur
ogni capitolo cerchi di sviluppare un argomento circoscritto, contiene spunti di riflessione che si
collegano agli altri capitoli e ad altri argomenti. L'ordine artificiale inevitabilmente tradisce in parte
il flusso del vissuto esperienziale, alcune sfumature si perdono, si disfa l'unità della tela formata dai
fili degli episodi che si intrecciano fra loro; ciononostante la suddivisione è necessaria
all'esposizione e favorisce una miglior comprensione. In seguito ho cercato attraverso il pensiero di
altri autori ulteriori spunti di riflessione per elaborare, approfondire e ampliare il punto di vista
personale.
La mia più grande speranza è che questo elaborato faccia nascere la voglia di esperire questo tipo di
educazione che, grazie al teatro, permette di lavorare anche attraverso il corpo. Citando altri autori
non cerco di convincere il lettore della veridicità delle mie tesi, chi cerca conferme al suo pensiero,
volendo e sapendo cercare, non tarda a trovarne. Il messaggio che vorrei trasmettere è del
necessario passaggio all'azione e alla sperimentazione con il proprio corpo, in prima persona, per ri-
scoprire e sentire fisicamente quell' unità psico-fisica della persona che già è stato tanto teorizzata,
ma spesso scarsamente vissuta e presa in considerazione nelle pratiche educative.
2 CORPO E CULTURA.
L'idea di corpo nella cultura occidentale viene ben descritta nell'opera di Umberto Galimberti
intitolata appunto “Il corpo”4. L'autore analizza come da Platone in poi si sia creata un idea di corpo
come contrapposto, e quindi separato, dall'anima. L'autore parla di “psiche” come “unità ideale”, “
che da Platone in poi, per tutto l'occidente, sarà il luogo di riconoscimento dell'unità del soggetto,
della sua identità. Ma questo luogo di identificazione contiene già il principio della separazione,
4 Galimberti U., cit.
perché, come coscienza di sé, la psiche incomincia a pensarsi per sé, e quindi a separarsi dalla
propria corporeità”5. Ben presto “la psiche […] essendo “amica delle idee”, incomincia a
considerare il corpo come suo carcere e sua tomba”6; e “una volta che la verità è posta come idea,
l'opposizione fra ideale e sensibile, tra anima e corpo, diventa l'opposizione fra vero e falso, tra bene
e male. Valori logici e valori morali nascono da questa contrapposizione”7. La separazione e
l'attribuzione di valore a una delle due parti continua nel Cristianesimo, che separa cielo e terra, al
di là e al di qua. Il corpo in quanto “connesso alla morte e al peccato […] diventa corpo da
redimere”8 in questa valle di lacrime, aspettando il regno dei cieli. La “contaminazione fra
tradizione biblica e tradizione greca […] consegnerà all'Occidente un uomo irrimediabilmente
diviso in anima e corpo”. Anche il pensiero scientifico affonda le sue radici in queste tradizioni, che
si traducono nella separazione cartesiana fra res cogitas e res extensa “. Da allora ogni produzione
di senso non è stata più nell'originario rapporto del corpo col mondo, ma il corpo e il mondo hanno
ricevuto il loro senso dalle cogitazioni dell'Ego.”9 Fin da Platone e proseguendo nel metodo
scientifico si cominciò a “misurare il mondo reale su quello ideale,” pensiero che “ha trovato la sua
massima espressione nel mondo ideale della matematica”10. Lo sguardo diviene quantitativo e non
più qualitativo, con conseguenze anche nel mondo dell'educazione e della scuola dalla quale
“vengono espulse tutte quelle dimensioni che sfuggono alla calcolabilità, quindi: creatività,
emozioni, identificazioni, proiezioni, desideri, piaceri, dolori”11, e il corpo in generale è
parcheggiato fra banco e sedia, costretto ad essere quanto più immobile possibile per non ostacolare
l'apprendimento. Ricordo benissimo le parole di un alunno, che alla fine di un laboratorio teatrale
venne da me dicendomi: “questo è un modo diverso di imparare, non il solito sedia e lavagna”.
Integrare il corpo nell'educazione, sopratutto nelle pratiche, è un modo di spezzare gli argini
culturali che separano corpo e mente, di riconsiderare la persona in quanto unità psico-fisica,
ricordando che quel trattino fra psico e fisica lo abbiamo posto noi12.
Ma la dicotomia non si presenta solo in ambito educativo, scrive l'autore “il corpo lancia messaggi,
che la medicina, la psichiatria e la psicoanalisi classica non possono raccogliere, per la semplice
ragione che non conoscono il corpo perché hanno frequentato sempre e solo l'organismo”, trattato
come un “qualsiasi oggetto della natura”13, quindi non un “corpo personale” o una persona anche in
quanto corpo, ma mera materia oggettivabile.
Può sembrare forse un paradosso cercare di ricomporre l'unità mantenendo la separazione sul piano
5 Ibid. p. 22.
6 Ibid p. 22.
7 Galimberti, U., cit. p. 22.
8 Ibid. p. 63.
9 Ibid. p. 70.
1 0 Ibid. p. 83.
1 1 Id. L'ospite inquietante Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano 2008, p. 35.
1 2 Id. Il corpo, Feltrinelli, Milano 2002, p. 24.
1 3 Ibid. pp.14-15.
lessicale, continuando a parlare in termini psico-fisici invece che psicofisici, a tener separate ragione
ed emozione, piuttosto che prendere in considerazione le “ragioniemozioni”. L'utilizzo di questa
terminologia è dovuto al fatto che questo elaborato nasce in una cultura Occidentale e quindi
“parla” la lingua che conosce. Anche la scelta del titolo potrebbe sembrare contraddittoria, sembra
mantenere la separazione e attribuire maggior importanza al corpo, quindi a una parte, piuttosto che
restituire integrità. Spero questa impressione venga smentita durante la lettura, il tentativo è infatti
quello di portare l'attenzione sul corpo che sembra lasciato in ombra in ambito educativo, ma non si
parlerà di corpo come “cosa” a se stante e isolata, esso sarò il punto di partenza per rivelare l'unità
della persona, la sua complessità e contraddittorietà. Inoltre vi è un motivo strettamente personale
per cui ho approfondito il tema del corpo. Come detto precedentemente, esso è stato la grande ri-
scoperta del mio percorso educativo di tirocinio, esso è solo un punto di partenza di un percorso
alternativo per l'educazione della e con la persona.
3 SULLE POSSIBILITÀ EDUCATIVE DEL TEATRO.
Le definizioni di cosa sia l'educazione sono innumerevoli, come innumerevoli sono i tentativi di
definire cosa sia l'essere umano. Ad ogni idea di uomo corrisponde un tipo di educazione ritenuta
corretta ed adeguata. Ripensando alla mia esperienza e ai miei studi, non mi sento di dire che vi sia
una tecnica “migliore” o più “giusta” delle altre per educare. Le tecniche sono migliori o peggiori
rispetto alle persone, alle situazioni e al tipo di relazioni che esistono e che si instaurano.
Bloccarci nell'idea di superiorità di una metodologia significherebbe smettere di ascoltare e
imporre, la relazione diverrebbe unilaterale e l'educazione un trasferimento da chi sa a chi non sa.
Prospettiva opposta a quella di chi come Paulo Freire ritiene che:“nessuno educa nessuno, e
neppure se stesso:gli uomini si educano in comunione”14.
Concorde con lo stile educativo del pedagogo brasiliano vorrei soffermarmi su alcuni aspetti di un
percorso educativo, quello teatrale, e raccontarlo a partire dalla mia esperienza di tirocinio.
Un espressione molto diffusa in Italia per definire le attività teatrali, che non hanno necessariamente
la finalità di creare uno spettacolo, ma che valorizzano piuttosto il processo e le sue potenzialità
educative, è “Teatro Sociale”. Questa espressione non mi convince del tutto, in quanto ritengo come
altri che il teatro sia di per sé sociale. Quindi preferisco usare il termine che ho imparato in Spagna
durante il tirocinio di “Teatro come Strumento” (teatro como herramineta).
La varietà delle tecniche utilizzate in questo tipo di lavoro permettono una grande flessibilità e di
14 Freire, P., la pedagogia degli oppressi, EGA, Torino 2002, p.69.
percorrere diversi cammini educativi. É possibile lavorare a livello corporale, intellettuale ed
emozionale, facendo sì che questi livelli si intreccino e si complementino.
Durante un laboratorio teatrale si può lavorare attraverso una storia. Le potenzialità di questo
strumento sono note fin dai tempi più antichi. Descriverò brevemente alcune caratteristiche
dell'applicazione della storia a scopo educativo che ho vissuto in prima persona.
Attraverso il racconto la persona si lascia trasportare, meravigliare, lascia cadere le barriere e le
difese, i fatti narrati suscitino emozioni. Le emozioni si manifestano e sono fonte di energia, tale
energia è messa a disposizione dell'apprendimento e dell'educazione. Il manifestare le emozioni ci
permette di esprimerci, facendoci vedere qualcosa di noi, degli altri, delle relazioni interpersonali e
di quelle con l'ambiente.
La storia permette di creare empatia con i personaggi immersi in situazioni, questa prossimità è resa
possibile paradossalmente da una distanza. Non si lavora infatti in modo diretto sulla persona, le sue
paure, le sue emozioni, la sua storia personale, ma lo si fa in modo indiretto. Questo rende più facile
l'apertura e a volte la spontaneità.
Come dice Bettelheim15 la storia presenta situazioni fantastiche ma psicologicamente vere, è viva
perché vi risuona la storia personale di ciascuno, perché vi riviviamo la nostra storia.
Per ultimo la storia spesso parla per metafore, utilizza un linguaggio simbolico. Rende quindi il
racconto un percorso aperto e polisemico. Il linguaggio allusivo permette al gruppo e alla persona a
vedere nella storia ciò che per loro è più importante, i temi che vengono sentiti come più urgenti e
rilevanti. Questo aspetto si amplia ulteriormente quando al gruppo viene dato il compito di creare
parte della storia, e definire alcune caratteristiche dei personaggi. Attraverso la storia le persone si
riflettono e si raccontano. Anche il corpo può essere usato per esprimere simboli e metafore, come
ad esempio nel teatro immagine di Boal e in altre tecniche.
Uno dei regni del simbolo e della metafora è il rituale, come sappiamo il teatro e il rituale hanno un
origine comune, tutt'oggi si mescolano e confondono. Attraverso la ritualizzazione la persone e il
gruppo possono essere chiamati a rivivere e ripercorrere attraverso simboli, musica, danza, parola,
la propria storia personale. Questi linguaggi usati contemporaneamente nel rituale ci possono
aiutare a raccontarci ed esprimerci in modo diverso.
Aspetto interessante dell'educazione attraverso il teatro è l'importanza data al corpo. Presente non
solo come mezzo per ascoltare e dar voce alla parola ma come mezzo che trasforma in gesti ed
azioni la parola, mezzo che fa vivere le emozioni e permette la loro espressione.
I personaggi, le situazioni ed emozioni, non sono solo verbalmente raccontati ma vivono attraverso
il movimento. A differenza del racconto che entra dal canale intellettuale e arriva a risvegliare
emozione e pensiero, il trattare un tema o una storia a livello teatrale, permette l'integrazione di tre
15 Bettelheim B, Il mondo incantato: uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Feltrinelli, Milano
1977.