INTRODUZIONE
Ambito di indagine
Scegliere l’argomento di una tesi di laurea non è mai un compito semplice
perchØ si ha sempre la sensazione di optare per argomenti poco originali e
troppo inflazionati o, al contrario, di cadere nella scelta opposta rischiando di
incorrere in analisi eccessivamente tecniche e per questo a volte noiose. Nel
mio caso, inoltre, mi interessava sviluppare un lavoro che si discostasse da
quello affrontato per la laurea triennale che si basava sull’esperienza
specifica che avevo sviluppato durante il tirocinio.
Considerando questi fattori, la mia scelta è caduta su un argomento di
estrema attualità che da sempre suscita in me molto interesse: la chirurgia
estetica. L’argomento, molto vasto e complesso, presenta molteplici
implicazioni per quanto riguarda il mondo al femminile, andando a toccare
direttamente l’immagine che la donna ha di sØ, la sua identità, il suo ruolo
all’interno della società e di come questo ruolo venga condizionato
dall’”industria della bellezza”. Per questo motivo, non volendo produrre un
lavoro scontato seppur attuale (non passa giorno infatti senza che si tratti di
queste tematiche in televisione, su riviste o quotidiani), mi è sembrato
interessante concentrare la mia attenzione su come queste tematiche
potessero essere affrontate in realtà diverse da quella occidentale.
Infatti mi sono presto resa conto che la chirurgia estetica come business non
solo è un must nei paesi d’Occidente, ma è a tutti gli effetti un trend mondiale
in forte crescita in realtà diverse dalla nostra come quelle orientali (si sta
espandendo in modo esponenziale in paesi come Cina, Iran, Corea,
Giappone, ecc.). La mia scelta, tuttavia, è caduta sul famoso “paese dei
cedri”, ossia il Libano, poichØ ritenevo potesse essere un’interessante realtà
grazie alla sua posizione, non solo geografica, come terra di incontro tra
Oriente ed Occidente.
¨ iniziato così il mio percorso di ricerca, durante il quale sono entrata in
contatto con l’associazione ANAdiva, che si occupa di sensibilizzare le donne
5
libanesi rispetto ai rischi conseguenti all’uso troppo spregiudicato della
chirurgia plastica che viene fatto attualmente in Libano.
Grazie alla conoscenza personale con la fondatrice dell’associazione e le
sue collaboratrici, infatti, ho avuto l’opportunità di avere una presa diretta
sulla realtà libanese e quindi di comprendere specificamente il ruolo rivestito
dalla donna in Libano e l’importanza che la bellezza e la chirurgia estetica
hanno nella vita sociale e culturale del paese.
Occuparsi della chirurgia estetica e di tutte le problematiche ad essa
connesse è stato per me molto stimolante, non solo perchØ mi ha permesso
di riflettere su argomenti che vanno ad interessare direttamente la sfera
emotiva della donna e la sua posizione all’interno della società, ma anche
perchØ mi ha messo in relazione con mondi diversi dandomi la possibilità di
conoscere come la pensano giovani donne appartenenti ad una cultura
differente dalla mia e permettendomi, così, non solo di ampliare le mie
conoscenze sull’argomento, ma anche di arricchirmi personalmente
attraverso il confronto d’opinioni.
Il primo obiettivo della mia analisi, dunque, è stato quello di comprendere in
generale all’interno di quali dinamiche sociali e culturali si inquadra la
questione della chirurgia estetica, attraverso un approfondimento delle
conoscenze teoriche in questo campo.
La prospettiva utilizzata è stata di carattere psicologico e sociologico, con
particolare riguardo all’attenzione che, nella società contemporanea, viene
rivolta al corpo femminile come luogo di consumo e a come esso sembri
indissolubilmente legato alla posizione e al ruolo sociale della donna, che
sono influenzati dagli stereotipi di genere e dall’industria culturale che ne
modellano l’aspetto.
Di conseguenza, attraverso la realizzazione del primo obiettivo, ho voluto
offrire una panoramica approfondita della questione analizzando numerosi
punti di vista che permettono di capire quanto una pratica come la chirurgia
estetica, all’apparenza di semplice comprensione, in realtà racchiuda in sØ
tutta una serie di complesse tematiche, a tal punto da diventare argomento di
discussione all’interno del dibattito femminista.
6
Ulteriore obiettivo del presente lavoro, realizzabile soltanto dopo aver cercato
di comprendere le dinamiche emerse dalla trattazione sociopsicologica, è
quello di mettere in luce come la chirurgia estetica, essendo una pratica di
genere, si inserisca all’interno del sistema culturale entrando a far parte di
quel circuito di attività di omologazione che l’era dell’informazione e della
globalizzazione hanno introdotto. All’interno di questo sistema, essa infatti si
ritaglia un ruolo ben specifico, configurandosi come utile strumento per il
perseguimento degli ideali di bellezza promossi dalla società e dalle
istituzioni e per l’affermazione della posizione sociale della donna.
Ho voluto quindi andare ad indagare a quale scopo la pratica della chirurgia
estetica venga utilizzata dalle donne in generale, e in particolar modo dalle
donne libanesi, e comprendere se questa realtà abbia sviluppi differenti in
base al contesto all’interno del quale essa viene inserita.
Terzo e fondamentale obiettivo di questo elaborato, dunque, è stato quello di
studiare la percezione della chirurgia estetica all’interno della società e del
mercato libanese, al fine di comprendere quali implicazioni essa abbia in
relazione alla posizione e al ruolo sociale della donna.
Per trovare risposta a tale quesito da un lato ho cercato di individuare un
canale che mi permettesse di approfondire tali contenuti, dall’altro desideravo
poter mettere in pratica le conoscenze acquisite durante il mio percorso di
studi universitari. Per questi motivi ho deciso di concentrare la mia attenzione
sull’analisi della pubblicità stampa utilizzata in Libano per vendere e
promuovere la chirurgia estetica, cercando di individuare all’interno di essa le
latenti dinamiche di potere, di genere e di costruzione dell’identità culturale
che sottostanno dietro allo sviluppo di questo fenomeno culturale così
diffuso.
Dunque, facendo tesoro dei contributi teorici, quanto intendo proporre per
raggiungere il terzo ed ultimo obiettivo è un’analisi delle modalità di
costruzione e di combinazione degli elementi visivi e verbali all’interno di testi
multimodali attraverso un’interazione sinergica tra i vari codici semiotici in
grado di veicolare non solo il messaggio pubblicitario, ma anche le ideologie
7
e le asimmetrie di potere celate che caratterizzano il ruolo e la posizione
sociale della donna libanese.
Metodo di lavoro
Il presente lavoro ha l’obiettivo di porre in essere l’analisi di pubblicità stampa
in lingua inglese realizzate da vari enti e istituzioni nel contesto libanese.
Pubblicità costruite con intenti e finalità diverse, ma all’interno delle quali è
possibile individuare un filo conduttore di fondo, ossia il riferimento diretto o
implicito al mondo della chirurgia plastica.
La ricerca si è svolta nell’arco di cinque mesi (ottobre 2009-febbraio 2010) e
si è tradotta, in prima battuta, nell’incontro occasionale sul web con l’iniziativa
promossa dall’associazione ANAdiva, e poi in secondo luogo nella ricerca,
sempre tramite il canale internet, di fonti e pubblicità stampa che mi
permettessero di portare raccogliere un sufficiente corpus di testi da
analizzare.
Tuttavia, nonostante l’impegno profuso, la mia ricerca si è dimostrata piø
lunga e difficile del previsto data la distanza fisica che mi separava dal luogo
d’indagine e, probabilmente, a causa della delicatezza dell’argomento in
questione. Infatti, per i motivi appena citati, le mie richieste spesso e
volentieri non hanno ottenuto i feedback desiderati oppure, se li hanno
ottenuti, essi sono stati il frutto di un lungo e insistente “corteggiamento”.
Ero consapevole del fatto di avere di fronte a me un fertile terreno d’indagine,
ma non mi aspettavo di trovare materiale tanto interessante poichØ non solo
ho individuato numerosi centri di medicina estetica e singoli chirurghi che
sponsorizzavano le pratiche da essi offerte, bensì anche enti e istituzioni non
direttamente collegate al mercato della chirurgia plastica pronti ad utilizzarla
come strumento per un ritorno economico sfruttando l’onda della popolarità
di tale fenomeno.
¨ proprio sui testi prodotti da tali enti che si è andata quindi concentrando la
mia analisi poichØ ho ritenuto molto singolare che una banca piuttosto che il
Ministero del Turismo libanese potessero fare appello alla pratica della
8
chirurgia estetica per promuovere i propri interessi nei rispettivi settori
d’appartenenza.
Struttura dell’elaborato
Per quanto riguarda i primi tre capitoli, essi vogliono essere una panoramica
introduttiva alla questione della chirurgia estetica e il suo rapporto diretto con
le dinamiche sociali che la vedono protagonista indiscussa di un trend
culturale che sembra ormai inarrestabile.
Nel primo capitolo viene affrontato il tema del ruolo della donna nella società
odierna e il suo diretto confronto all’interno di essa con canoni di bellezza
ideali influenzati da modelli e stereotipi di genere che vanno a condizionare
direttamente la costruzione dell’identità personale di ciascuna donna e la sua
posizione sociale.
Il secondo capitolo, invece, si pone l’obiettivo di analizzare come il corpo
femminile, all’interno dell’era della globalizzazione, diventi un vero e proprio
luogo di consumo, un prodotto mercificato dall’industria della bellezza che la
fa da padrona nella diffusione e nel mantenimento dell’omologazione dei
canoni di bellezza imposti.
Infine, nel terzo capitolo, si analizza nel dettaglio la pratica della chirurgia
estetica, la sua nascita, la sua diffusione e la sua posizione attuale all’interno
del mercato. Una pratica di genere che è stata oggetto di dibattito tra le
femministe e che ha suscitato all’interno dei media un interesse enorme,
trasformandosi così a tutti gli effetti in un vero e proprio prodotto culturale.
Nella sezione teorica (cap. 4), si forniscono i metodi e i parametri di analisi
che saranno in seguito utilizzati per l’analisi di ciascun testo pubblicitario
trattato all’interno dell’ultimo capitolo.
Piø precisamente, gli approcci teorico-metodologici presi in considerazione
sono quelli rappresentati dagli studi di genere (Gender studies), dalla Critical
Discourse Analysis, dalla Systemic Functional Linguistics, dalla Mediated
Discourse Analysis e dalla Multimodal Discourse Analysis; tutte metodologie,
queste, che ci permettono di leggere i testi come costruttori di azioni e
rapporti sociali, sia sul piano verbale, sia su quello visivo. Ne deriva una
9
particolare attenzione per l’importanza del linguaggio e delle sue molteplici
costruzioni all’interno dei testi pubblicitari in quanto strumento di analisi della
società, delle ideologie e dei rapporti di potere inscritti in tali testi.
Infine, nel quinto ed ultimo capitolo, si sviluppa la sezione dedicata al caso
concreto del Libano, dove compare un breve cenno alla struttura della
società libanese e al ruolo della donna, seguito dall’analisi dettagliata del
corpus selezionato, costituito da nove testi, sei dei quali prodotti
dall’associazione ANAdiva, che si pone come voce in controtendenza,
all’interno del panorama culturale libanese, rispetto alla percezione della
chirurgia estetica in Libano. Per ogni pubblicità, prima dell’analisi vera e
propria, viene fatta una breve introduzione al contesto di riferimento
all’interno del quale essa si inserisce.
10
Capitolo 1
Il RUOLO DELLA DONNA NELLA SOCIETÀ
1.1 Le donne e l’ideale di bellezza
BenchØ il ruolo della donna nelle società sia stato a lungo sottovalutato, è
innegabile oggi che, prima di vedersi riconosciuti i diritti politici e sociali nelle
forme ufficiali, essa ha da sempre rappresentato una figura di riferimento,
specie all’interno della cultura europea, grazie all’impronta cristiana.
La donna rappresenta l’idea di rigenerazione, di vita, di protezione e di
maternità universale, custode del focolare domestico e motore propulsivo
della famiglia, nucleo fondamentale della società.
Oggi, grazie alle conquiste ottenute, le donne godono pienamente
dell’uguaglianza giuridica rispetto agli uomini. Ciò non significa che il
percorso sia concluso. Le sfide di oggi sono forse ancor piø difficili perchØ
travalicano il piano strettamente giuridico e investono la società, la cultura, la
mentalità.
Le differenze infatti sono ancora enormi, la donna è tuttora esclusa dai
“posti” chiave dello sviluppo del paese, basti pensare alla rappresentanza
femminile alle Camere, così come partecipa solo marginalmente ai consumi.
Un mondo che pur dando spazio alle donne, cerca di conservare in qualche
maniera lo status quo, perpetuando, sia pure riverniciata di fresco, un’identità
ed un ruolo marginale, funzionale solo ad attirare e a persuadere, ma non ha
1
migliorare ciò che ci circonda.
Se le donne infatti sono riuscite ad acquisire una posizione sociale
importante, allo stesso tempo devono combattere all’interno della società per
poter mantenere questa posizione che spesso viene messa a rischio.
1
Bonetti C., “L’identità della Donna nella Nuova Economia delle Relazioni”, in Chemotti
Saveria (a cura di), Corpi di Identità: Codici e Immagini del Corpo Femminile nella Cultura e
nella Società, Padova, Il Poligrafo, 2005, p. 211.
11
Da sempre, e in ogni civiltà, le donne erano suddivise in due categorie. Da
una parte le mogli-mamme, con una funzione sia riproduttiva (dovevano dare
all’uomo molti figli) sia di custodi del focolare domestico; modeste e umili,
dunque, nell’apparenza come nel carattere. Dall’altra le «cortigiane», le
amanti, le donne di sesso e, insieme, di cultura, che provvedono al piacere
sia fisico che intellettuale dell’uomo, e quindi dedicavano molto tempo al
proprio aspetto e alla cura del sØ.
Oggi le cose sono cambiate. Le donne sono indipendenti: studiano e
lavorano, si mantengono, si sposano sempre piø tardi o preferibilmente
convivono, fanno sempre meno figli, divorziano; ma, soprattutto, hanno una
sessualità piø libera. Insomma, cercano di essere tutto: mogli, madri, amanti,
2
lavoratrici.
Oltre a fare ed essere tutto questo, le donne d’oggi si devono confrontare,
molto piø di quanto avveniva per il passato, con i canoni di bellezza imposti
dalla società di riferimento nella quale vivono. Il canone di bellezza è l'ideale
di bellezza fisica riconosciuto dalla società, strettamente legato all'epoca ed
alla situazione economica e sociale di un popolo. Tale canone è espresso
3
nella storia e tramandato fino a noi attraverso le espressioni artistiche. Dal
punto di vista prettamente estetico, dunque, le donne vogliono, e in un certo
senso possono, essere belle.
Dunque quanto piø numerosi sono gli ostacoli legali e materiali che le donne
hanno abbattuto, tanto piø pesantemente e crudelmente sono venute a
4
pesare su di loro le immagini della bellezza femminile.
Nel mondo d’oggi tale confronto viene accelerato ed aumentato dall’elevata
esposizione mediatica alla quale veniamo sottoposti ogni giorno. La
comunicazione di massa svolge un ruolo fondamentale in questo processo
essendosi da tempo impadronita dei temi riguardanti l’immagine corporea e
la bellezza, contribuendo così a creare e diffondere gli stereotipi ben noti su
corpo e immagine.
2
Pasini W. con Baldini M.T., Dietro la Bellezza. Come Possiamo Migliorare la Nostra
Immagine Senza Tradire Noi Stessi, Milano, Oscar Mondadori, 2005, p. 20.
3
http://it.wikipedia.org/wiki/Canone_di_bellezza (data di ultima consultazione: 27/11/2009).
4
Wolf N., Il Mito della Bellezza, Milano, Arnoldo Mondadori, 1991, p. 4.
12
La cultura mediatica facilita e sveltisce la diffusione di messaggi ambivalenti
e spesso contrastanti intorno ai temi del benessere, della salute e
dell'aspetto fisico ideale. Ciò produce una sentimento di inadeguatezza e una
volontà sfrenata di assomigliare sempre piø a quei canoni che ci vengono
imposti.
Oggi dunque viviamo, come ha detto il grande filosofo Zygmunt Bauman, in
5
una «modernità liquida». E questo vale anche per la bellezza. Non esiste
piø un ideale estetico eterno e durevole, al di là dei fragili capricci del
momento. Il mercato dei consumi offre prodotti “usa e getta” che, quando non
sono piø di moda, vengono facilmente eliminati. E la pubblicità spende
miliardi per convincere le masse che l’oggetto trendy non solo è bello, ma è
anche un must, da possedere a ogni costo e da esibire.
Possiamo dunque dire che la bellezza eterna è stata sostituita dalla bellezza
6
liquida, che cambia in funzione della moda.
La bellezza è certamente plasmata da criteri soggettivi e individuali, ma è
prevalentemente influenzata dai modelli proposti attraverso la capillare
diffusione di simboli di bellezza “ideale” in voga nella società in cui si vive.
Per fare un esempio di come questi modelli di riferimento cambino con
facilità, basta ricordare come fino agli anni Venti le donne cercassero con
ogni mezzo di evitare l’abbronzatura, considerata poco elegante. Oggi,
invece, tutto è cambiato: l’abbronzatura è diventata un’esigenza che non
conosce stagioni e che manifesta, almeno nella intenzioni di che la ostenta,
buona salute e agiatezza (anche se magari è solo frutto di molte sedute sul
7
lettino di un centro estetico).
Nel corso dei secoli, dunque, si sono succedute mode diverse, con
l'alternarsi ciclico di magrezza, opulenza, o franca obesità come canoni
estetici di riferimento. Da sempre gli sforzi compiuti dalla società per
adeguarsi sono stati notevoli ed appannaggio quasi esclusivo del sesso
femminile.
5
Bauman Z., Modernità Liquida, Roma-Bari, trad. it. Laterza, 2003.
6
Pasini, op. cit., p. 131.
7
Ibidem, p. 61.
13
Ogni cultura ha cercato di imporre un rimodellamento al corpo delle donna,
attraverso un’estetica femminile che rinnega di solito la concretezza del
corpo in nome di un ordine nuovo, di un’accentuazione o di una drastica
riduzione di qualche aspetto dell’anatomia femminile o di qualche
8
espressione naturale del corpo.
1.2 Modelli e stereotipi femminili
Ogni cultura possiede un insieme di credenze generali sull’idea di femminilità
9
e bellezza. Facendo riferimento al lavoro di Wood, negli Stati Uniti essere
femminile significa essere attraente, rispettosa, non aggressiva, emotiva,
10
attenta alle relazioni con gli altri e alle persone. Mentre secondo Hofstede,
nelle culture del confucianesimo, la femminilità viene associata alla virtø e
alla modestia.
La femminilità, dunque, è scritta all’interno di una cultura e viene trasmessa
nel tempo attraverso la famiglia, i coetanei, gli insegnanti e i media. Allo
stesso modo, la bellezza è una costruzione che varia da cultura a cultura e
11
cambia nel tempo.
La pubblicità offre un’opportunità unica nello studio della costruzione della
bellezza in una determinata cultura poichØ i pubblicitari sono famosi per farsi
12
promotori di un’”ideale di bellezza”. All’interno delle loro produzioni
possiamo infatti individuare modelli femminili di riferimento come la
stereotipizzazione delle donne come agenti passivi e meno potenti all’interno
della società, la rappresentazione delle donne come oggetti sessuali nelle
pubblicità e l’effetto cumulativo dei messaggi pubblicitari sulla fiducia in sØ
stesse delle donne.
8
Browmiller S., Femminilità, Milano, Feltrinelli, 1985, p. 24.
9
Wood J., Communication, Gender and Culture, Belmont, Wadsworth, 1999.
10
Hofstede G., Cultures and Organizations: Software of the Mind, New York, McGraw-Hill,
1997.
11
Frith K., Shaw P., Cheng H., “The Construction of Beauty: A Cross-cultural Analysis of
Women’s Magazine Advertising”, in Journal of communication, March 2005, pp. 56-70, citaz.
a p. 56 [trad. it. della scrivente].
12
Greer G., The Whole Woman, London, Doubleday, 1999.
14
Nell’immaginario comune i messaggi pubblicitari per avere successo
all’interno del proprio target di riferimento dovrebbero riflettere le norme
sociali e i valori culturali di una determinata società. In un mondo perfetto ci
aspetteremmo che i messaggi pubblicitari vengano creati e consumati dai
membri di una stessa società. Tuttavia, la globalizzazione ha alterato questo
processo e campagne pubblicitarie standardizzate create negli uffici centrali
di agenzie statunitensi ed europee possono essere distribuite in paesi
stranieri con solo delle semplici modificazioni, come la traduzione del titolo.
Le filiali estere delle grandi agenzie multinazionali spesso seguono lo stile
occidentale quando creano le campagne. Inoltre, i creativi all’interno di questi
uffici hanno spesso ricevuto la loro formazione nelle università statunitensi o
inglesi. Il risultato di tutto ciò è che la rappresentazione, in particolar modo
13
delle donne, può avere un aspetto globalizzato o transnazionale. Come
mette bene in luce l’autore coreano Kyung-Ja Lee:
For thirty years, media have been taken to task for reproducing and reinforcing stereotyped
images of women. Yet unfair representations of women in media still prevail worldwide. Sex
stereotyping has been so deeply ingrained, even glorified, that the women themselves have
become desensitized to their own inferior portrayal. The prospects appear even gloomier as
14
the globalization of media progresses.
Il punto è che le donne, spesso, non cercano di valorizzare se stesse e le
proprie caratteristiche, adeguando gli input dei mass media al loro fisico e
alla loro personalità, bensì aderiscono ai diktat dei modelli propagandati. La
bellezza «a portata di mano» ne ha dunque significato un’uniformazione. Ci
si rifà a modelli comuni, stereotipati e ben pubblicizzati: dal cinema alla
15
televisione, ai giornali di moda e costume.
16
La televisione e la pubblicità impongono un «rituale compulsivo»: anche
una donna non interessata al mondo della bellezza assorbe una tale quantità
di immagini di avvenenza da sentirsi costretta a seguirlo. Non sa che i
13
Frith K., Shaw P., Cheng H., op. cit., citaz. a p. 59 [trad. it. della scrivente].
14
Kyung J. L., “Country experiences: Korea”, in Changing lenses: Women’s perspectives on
media, Manila, ISIS International, pp. 82-93.
15
Pasini, op. cit., p. 20.
16
de Marnhac A., Avant, Après: Le Visage de la BeautØ, Paris, Editions Balland, 2004.
15
modelli femminili che le vengono proposti dalle riviste patinate sono quasi
sempre ritoccati al computer (miracoli di un software chiamato Photoshop!), e
sono quindi rappresentazioni irreali. Perversamente ci vengono mostrate
attrici o celebrità televisive definite «al naturale», mentre gli addetti ai lavori
sanno quanto artificiali siano le immagini che le ritraggono. La donna
«comune» è abbagliata e confusa da tutto ciò. Si misura il seno, i fianchi, le
cosce e si guarda allo specchio paragonandosi a donne irreali.
Seguendo questi modelli di riferimento le donne d’oggi si rifanno a stereotipi
che le vogliono vedere uniformate tra loro e ferme all’interno di ruoli ben
definiti dalla società.
La donna diventa come la “Vergine di Ferro”. In origine la vergine di ferro era
uno strumento medioevale tedesco di tortura, un sarcofago a forma di corpo
con dipinti gli arti e i lineamenti di una giovane donna graziosa e sorridente.
L’illusione moderna in cui le donne vengono intrappolate o si intrappolano da
sØ è altrettanto rigida, crudele e rappresentata in maniera eufemistica. La
cultura contemporanea dirige l’attenzione sull’immagine della Vergine di
17
Ferro, mentre censura il viso e il corpo delle donne reali.
18
Il concetto di stereotipi viene riconosciuto per la prima volta da Lippmann,
come “pictures in our heads”. Gli stereotipi, infatti, diventano di primaria
importanza attraverso le conoscenze condivise e le esperienze fatte in una
data società. Per White e White il problema dell’origine culturale e individuale
degli stereotipi viene presentato come:
Persons acquire stereotypes, in part, through personal experience. But because stereotypes
are part of the beliefs and shared assumptions that societies have about different types of
19
people and groups, they are also part of the society’s collective knowledge.
Questo significa che gli stereotipi si formano all’interno della percezione
individuale del mondo attraverso l’incessante contatto col mondo e l’influenza
dei valori sociali. E questo è quello che avviene per l’universo femminile che
17
Wolf, op. cit., p. 11.
18
Lippmann, W. , Public Opinion, New York, Harcourt Brace, 1922.
19
White M.J. e White G.B., “Implicit and Explicit Occupational Gender Stereotypes”, in Sex
Roles, 55 (2006), pp. 259-266, citaz. a p. 259.
16
si deve ogni giorno confrontare con stereotipi e modelli di riferimento, che
vengono imposti dalla società, e uniformarsi ad essi.
1.3 Costruzione dell’identità sociale
Il nostro mondo, le nostre vite prendono forma dalle tendenze contrastanti
della globalizzazione e dell’identità. La rivoluzione della tecnologia
informatica e la riaffermazione del capitalismo hanno creato una nuova forma
di società, la «network society» caratterizzata dalla globalizzazione di attività
20
economiche strategiche. Ora siamo di fronte a un processo di
collassamento generalizzato in cui i confini tra i diversi settori si disgregano
progressivamente, dando origine a un’unica rete planetaria in cui tutti i
soggetti operano congiuntamente.
All’interno di queste società così complesse, in cui è sempre piø difficile
definirsi sul piano sociale impiegando le elementari variabili sociologiche di
tipo tradizionale (sesso, età, reddito, ecc.), la costruzione della propria
identità sociale diventa un problema di non poco conto.
Il concetto di identità riguarda, per un verso, il modo in cui l'individuo
considera e costruisce se stesso come membro di determinati gruppi sociali:
nazione, classe sociale, livello culturale, etnia, genere, professione , e così
via; e, per l'altro, il modo in cui le norme di quei gruppi consentono a ciascun
individuo di pensarsi, muoversi, collocarsi e relazionarsi rispetto a sØ stesso,
agli altri, al gruppo a cui appartiene ed ai gruppi esterni intesi, percepiti e
classificati come alterità.
Si è d’accordo sul fatto che, da un punto di vista sociologico, tutte le identità
vengono costruite. Il vero problema è capire in quale modo, da cosa, da chi e
per quale motivo esse vengano costruite. La costruzione dell’identità si basa
su fondamenta come storia, geografia, biologia, istituzioni, memoria
collettiva, fantasie personali, apparati di potere e rivelazioni religiose. Ma gli
individui, i gruppi sociali e le società rielaborano tutti questi materiali di
20
Castells M., The Power of Identity. The Information Age: Economy, Society and Culture,
vol II, USA-UK-AUSTRALIA, Blackwell Publishing Ltd, 2004, p. 1.
17
costruzione, modificando il loro significato in base alle determinazioni sociali
e ai progetti culturali che sono radicati nella loro struttura sociale e spazio-
21
temporale.
Nelle società di oggi, quindi, la costruzione dell’identità diventa sempre piø
complicata perchØ nella sua formazione intervengono numerosi fattori
esterni, come sintetizza bene Giddens in queste parole:
One of the distinctive features of modernity is an increasing interconnection between the two
extremes of extensionality and intentionality: globalizing influences on the one hand and the
personal disposition on the other […] The more tradition loses its hold, and the more daily life
is reconstructed in terms of the dialectical interplay of the local and the global, the more
individuals are forced to negotiate lifestyle choices among a diversity of options […]
reflexively organized life-planning […] becomes a central feature of the structuring of self-
22
identity.
L’identità personale dunque corrisponde ad una descrizione, dall’esterno,
dell’appartenenza dell’individualità a determinate categorie sociali. L’identità
sociale è costituita da una serie di identificazioni per cui l’individuo è
compreso secondo i ruoli che svolge nel contesto sociale.
Tutto questo vale ancor piø per quanto riguarda l’identità delle donne. Questa
nella sua formazione viene influenzata dai ruoli a loro assegnati all’interno
della società che spesso rimangono stabili nel tempo e che è difficile
modificare. Un esempio di ciò è il patriarcalismo, caratterizzato dall’autorità
degli uomini sulle donne e sui loro figli all’interno del nucleo familiare.
Per poter essere esercitata questa autorità deve permeare l’intera
organizzazione della società, dalla produzione al consumo dalla politica alla
legge fino alla cultura. Il patriarcalismo, tuttavia, è stato messo a dura prova
dai processi di trasformazione del ruolo delle donne nel mondo lavorativo e
dalla loro crescente consapevolezza grazie alla crescita di un’economia
21
Ibidem, citaz. a p. 7 [trad. it. della scrivente].
22
Giddens A., Modernity and Self-identity: Self and Society in the Late Modern Age,
Cambridge, Polity Press, 1991, pp.1-5.
18
globale, ai cambiamenti tecnologici nella riproduzione della specie umana e
23
alle lotte sociali dei movimenti femministi.
Come si è detto in precedenza se da una parte le donne conquistano una
posizione sociale migliore grazie alle lotte che hanno portato avanti negli
ultimi anni, rimangono tuttavia rinchiuse in ruoli e ordini sociali definiti che
stentano a cambiare.
Tutto questo influenza la costruzione della loro identità. All’interno di un
ordine sociale maschile, le donne vengono caratterizzate prettamente per il
loro aspetto esterno. Ma la domanda che sorge spontanea è: perchØ le
donne reagiscono con tanta veemenza a cose di nessuna importanza, come
immagini stampate su pezzi di carta? ¨ così debole la loro identità? PerchØ
pensano di dover considerare le “modelle” come fossero dei “modelli” di
riferimento? PerchØ le donne reagiscono all’ideale di bellezza, qualunque sia
la forma che assume in quel momento, come se fosse un comandamento
24
inconfutabile.
La cosa piø impellente è che l’identità delle donne deve supporre la loro
«bellezza», perchØ restino vulnerabili all’approvazione esterna e siano
costrette a mettere allo scoperto quella caratteristica vitale e sensibile che è
25
l’autostima. Questo non significa affatto che le identità delle donne siano
deboli per natura, ma che per il loro immaginario l’«ideale» è diventato
importante in maniera ossessiva perchØ così era stato previsto.
Questo sta a dimostrare come nella costruzione dell’identità intervengano
fattori esterni che influenzano la sua formazione e che all’interno di essa si
possono individuare tacite relazioni di potere e strutture sociali sottostanti
che sono difficili da individuare e da modificare.
Il nuovo potere si trova all’interno dei codici di informazione e delle immagini
di rappresentazione intorno alle quali le società organizzano le loro istituzioni
e le persone costruiscono le loro vite e decidono i loro comportamenti. I
luoghi di questo potere sono le menti delle persone. Per questo motivo le
identità sono così importanti e, in definitiva, così potenti nel processo di
23
Castells, op. cit., citazione a p. 193 [trad. it. della scrivente].
24
Wolf N., op. cit., p. 61.
25
Ibidem, p. 7.
19