4
rapporto tanto emarginato tra arte e scienza che forse è uno dei
punti focali culturali passati, presenti e futuri.
A riguardo al rapporto tra il corpo e le nuove tecnologie, è
interessante anche vedere come questa presenza-assenza corporale
sia già vivibile in determinate situazioni così che le sensazioni
e la percezione stessa dell’uomo sono basate su fatti materiali
anche, per esempio, nel caso dei sogni poiché essi interagiscono
con la memoria e con aspetti concreti del mondo reale.
Il rapporto tra reale e virtuale sta percorrendo un rinnovato
interesse per questioni lungamente dibattute e ne sta ponendo di
assolutamente inedite. Su questo modo problematico possono
confluire diversi contributi disciplinari, i campi maggiormente
coinvolti risultano quello filosofico, quello storico artistico e
quello culturale generale.
Importante anche il contributo teorico di Tomàs Moldonado
2
, che con
scritti e dibattiti affronta il discorso arte-uomo-tecnologia
anazizzando più punti di vista. Lo stesso teorico scrive che al
giorno d’oggi si fa sempre più strada una teoria che prospetta una
graduale ma ineluttabile dematerializzazione della nostra realtà,
ma in tale discorso è comunque implicita l’idea che ci sia una
sostanza – la materia appunto - che possa essere intaccata
3
.
Ma se il tradizionale concetto di materia sembra così mutare,(per
materia intendiamo quella cosa semplice, palpabile e resistente
che si muove nello spazio); di questo cambiamento è fortemente
responsabile la scienza contemporanea sia grazie ai suoi
esperimenti in microfisica e sia grazie alle sue nuove teorie.
In tali scenari di pensiero e di ricerca si pensa che si sia
avviato un processo di dematerializzazione degli oggetti verso dei
servizi sempre più immateriali. Non va dimenticato inoltre che
tale idea ha avuto un ruolo importante nei programmi (e manifesti)
delle neo avanguardie artistiche e, in particolare, l’arte
concettuale ha teorizzato la dematerializzazione dell’oggetto
artistico.
Tra gli aspetti importanti che tornano in gioco dopo secoli di
dibattiti, vi è il problema dell’ esistenza reale (o meno) del
mondo, oppure quello, non molto diverso, del rapporto mente-
materia. La fisica ha rivelato che due aspetti principali che
vengono a mancare con i nuovi mezzi tecnologici; cioè la
permanenza e l’individualità e queste sono caratteristiche
oggettive figlie della modernità. Analizzeremo quindi il rapporto
corpo-mente poiché i confini della corporalità non sono sempre
2
Tomas Maldonado , professore emerito al Politecnico di Milano, ha publicato
con Feltrinelli: Il futuro della modernità (1987), Cultura, democrazia, ambiente
(1990), Disegno industriale: un riesame (1976, 1991), Che cos’è un intelettuale?
(1995), Critica della ragione informatica (1997); ha curato inoltre il volume
Tecnica e cultura (1979).
3
Tomàs Maldonado, Reale e virtuale, Milano, Feltrinelli, 2005.
5
connessi alla sua sola matericità, ma ci soffermeremo
principalmente sui sensi e sulla percezione poiché sono materie
che ci riguardano da più vicino
4
.
Per quanto riguarda l’uomo, la situazione è sicuramente più
complessa poiché non si assiste ad un declino o ad una vera e
propria scorporizzazione. Tuttavia però, noi siamo frutto di una
esperienza che si basa sul rapporto tra la natura e la fisicità,
così che, probabilmente, sarà proprio questo uno degli aspetti che
maggiormente cambieranno.
Noi non siamo “cervelli in una vasca”
5
, ed anche se lo fossimo
dovremmo comunque misurarci con la nostra fisicità e con quella
della vasca che ci ospita
6
. Questo, accenna il fatto che è
fondamentale non solamente la nostra corporalità ma anche
l’ambiente nel quale siamo immersi, il luogo che ci ospita, inteso
sia come società che come vita quotidiana.
Si possono creare, come dimostrano ampliamente gli ultimi sviluppi
dell’informatica, filtri e diaframmi che, a livello percettivo,
sono in grado di allontanarci dalla esperienza diretta della
fisicità. Seppur il fatto che “si riesce a toccare con mano”
rimane ancora un fatto importante per la nostra formazione, le
ricerche più avanzate del settore sono già riuscite a costruire
ambienti virtuali che sollecitano anche più sensi.
Se da un lato si può deplorare il fatto che i bambini passino
troppo tempo davanti alla televisione, bisogna d’altro lato anche
riuscire ad analizzare le positività di tali avvenimenti. Dunque,
guardare troppo televisione fortunatamente annoia, mentre, la
trasmissione del giorno prima permette anche di creare società e
dialogo.
Per quanto riguarda il Web, invece, si può dimostrare scetticismo
o spaventarsi un po’ all’idea di tessere degli idilli per chat o
che ci si abitui a dialogare con interlocutori senza volto; ma al
tempo stesso ci si può consolare pensando all’idea che internet,
come anche il fax, salva il ruolo della scrittura.
Si cercherà di analizzare in entrambe le direzioni l’uso della
tecnologia e del suo rapporto con l’uomo, per capire pregi e
difetti, ed, in questo, ci verrà in aiuto anche il contributo di
Marc Auge’
7
.
4
Vedi maggiori informazioni riguardo al fisico Alfred Kastler.
5
immagine presentata per la prima volta da W. Hjortsberg nel suo romanzo di
fantascienza “Gray Matters”
6
E’ proprio la natura del supporto a limitare l’arbitrarietà del codice, tanto
che anche gli esperimenti sull’intelligenza artificiale hanno dovuto retrocedere
ed adattare tale “intelligenza” a strutture che replicassero le sembianze
corporali e lo studio attualmente è basato sull’interattività tra queste protesi
e lo spazio e cercare così di simulare un interazione storico-evolutiva con
l’ambiente
7
Marc Augè, nato nel 1935 a Poitiers, è un etnologo ed antropologo francese.
Ha effettuato numerose missioni in Africa, soprattutto in Costa d'Avorio e Togo.
Dopo la metà degli anni Ottanta, ha diversificato i suoi campi di osservazione,
6
Nel mondo di oggi inoltre si assiste ad una tensione ed ad un
accellerazione della velocità. Questo avviene anche nello sport
dove sono sempre più praticati gli sport estremi.
Si assiste ad tentativo sempre più sostenuto verso il superamento
dei limiti, la conquista di nuove dimensioni, l’intensificazione
delle sensazioni, l’esplorazione di altre velocità.
In ciascun caso, si tratta del medesimo movimento tendente allo
spaesamento, all’ibridazione, al divenire prossimo quasi alla
metamorfosi del corpo che giunge vicino ai suoi limiti e si
moltiplica.
Si crea con questi sport il massimo della presenza fisica, così da
arrivare a concentrarsi sul centro vitale, sulla natura mortale di
ciascuno.
Il corpo così esce da sé, acquisisce nuove velocità, conquista
nuovi spazi, si riversa all’esterno e capovolge l’esteriorità
tecnica o l’alterità biologica in soggettività concreta.
Virtualizzandosi, il corpo si moltiplica; e questo ci porta ad
affrontare anche altri argomenti, analizzando così il corpo ed i
suoi limiti.
Il dibattito tra fisico e immateriale è più che mai aperto a
livello informatico quando si parla di software; infatti, se
pensiamo per esempio ai programmi destinati a gestire i
comportamenti operativi dei robot nella produzione industriale
capiamo ben presto che tra presenza fisica o tecnologia legata
alla macchina non vi è molta differenza, soprattutto nell’ era
industriale. Ma gli sviluppi del software potrebbero anche essere
destinati a cambiare le leggi del mercato, facendo diventare
l’immagine non più un qualcosa di gratuito, ma privatizzandola
come se fosse un territorio. A riguardo di questo argomento
citeremo la ricerca di Pierre Lévy
8
, teorico della “virtualità
contemporanea”.
effettuando numerosi soggiorni in America latina ed anche osservando le realtà
del mondo contemporaneo nel contesto più immediato (vale a dire Parigi e la
Francia).
E' il direttore della Scuola degli Alti Studi delle Scienze Sociali (EHESS) a
Parigi ed è stato direttore fino al 1970 dell'Ufficio della ricerca scientifica
e tecnica d'oltremare (ORSTOM - ora Instituto di Ricerche per lo Sviluppo, IRD).
Fondamentale nelle sue ricerche la teorizzazione dei nonluoghi.
Tra le pubblicazioni si segnala: Le Rivage alladian, 1969; Théorie des pouvoirs
et idéologie, 1975; Poteri di vita, poteri di morte, 1977; Symbole, fonction,
histoire, 1979; Genio del Paganesimo, 1982; I giardini del Lussemburgo, 1985; Un
ethnologue dans le métro, 1986; Non-Lieux, 1992; Il senso degli altri -
attualità dell'antropologia, 1994; Domaines et châteaux, 1992; Pour une
anthropologie des mondes contemporains, 1994; Paris, années trente, 1996;
Finzioni di fine secolo - Che cosa succede, 2000; Les formes de l’oubli, 2001;
Diario di guerra, 2003; Rovine e macerie. Il senso del tempo, 2003; Perché
viviamo?, 2003; Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità,
2005.
8
Pierre Lévy (nato in Tunisia nel 1956) è un filosofo che studia l'impatto di
Internet sulla società. Allievo di Michel Serres e Cornelius Castoriadis alla
Sorbona, specializzatosi a Montreal, studioso delle implicazioni culturali
dell'informatizzazione, del mondo degli ipertesti, e degli effetti della
7
Il software probabilmente dovrebbe essere il discorso più consono
da affrontare e da capire ma la velocità e la difficoltà che si
trova sia a cercare le fonti per questa ricerca, sia gli sviluppi
culturali che accadono velocemente dentro di me, ed anche, la
velocità dell’evoluzione del settore tecnologico, mi permettono
solamente di fare una panoramica e capire ipotetici sviluppi
futuri, mentre cercherò di essere esaustivo per gli artisti
trattati.
Secondo De Kerckhove
9
, le possibilità per l’uomo legate alle nuove
tecnologie sono positive e non ancora pienamente sfruttate. Lo
studio di un intelligenza collettiva e di un insegnamento fatto
più di stimolazioni rispetto a quello tradizionale “rifrattivo”,
potranno davvero collegare il mondo della formazione ed evolverne
i risultati.
Per quanto riguarda l’arte, invece, egli sostiene: “La scienza e
la tecnologia cambiano il mondo, ma solo l’arte lo rende umano”.
Ed ancora “la risposta del mondo dell’arte all’invasione
tecnologica è ancora lenta rispetto a quella del ‘business’ e
penso che lo sviluppo del software sia la nuova arte”
10
.
globalizzazione, insegna presso il dipartimento Hypermédias dell'Università di
Parigi VIII Saint Denis.
Pierre Lévy si interessa di computer e Internet, come strumenti per aumentare le
capacità di cooperazione non solo della specie umana nel suo insieme, ma anche
quelle di collettività come associazioni, imprese, gruppi locali, etc. Egli
sostiene che il fine più elevato di Internet è l'intelligenza collettiva, un
concetto già introdotto da filosofi del passato e così definito in
un'intervista:
« Che cos'è l'intelligenza collettiva? In primo luogo bisogna riconoscere che
l'intelligenza è distribuita dovunque c'è umanità, e che questa intelligenza,
distribuita dappertutto, può essere valorizzata al massimo mediante le nuove
tecniche, soprattutto mettendola in sinergia. Oggi, se due persone distanti
sanno due cose complementari, per il tramite delle nuove tecnologie, possono
davvero entrare in comunicazione l'una con l'altra, scambiare il loro sapere,
cooperare. Detto in modo assai generale, per grandi linee, è questa in fondo
l'intelligenza collettiva »
Tra le opere si ricordano: Le tecnologie dell'intelligenza. L'avvenire del
pensiero nell'era informatica, Sinergon, 1992; L'intelligenza collettiva. Per
un'antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, 1996; Il virtuale, Cortina, 1997;
Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Feltrinelli, 2000; Il
fuoco liberatore, Sossella, 2006.
9
Derrick de Kerckhove è il Direttore del Programma McLuhan in Cultura e
Tecnologia ed autore di La pelle della Cultura e dell'Intelligenza Connessa
("The Skin of Culture and Connected Intelligence") e Professore Universitario
nel Dipartimento di lingua francese all'Università di Toronto. De Kerckhove ha
offerto seminari di intelligenza connessa in tutto il mondo, e ora offre questo
approccio innovativo alle aziende commerciali, ai governi ed alle università per
aiutare piccoli gruppi a pensare assieme in una via disciplinata ed efficace
mentre utilizzano le tecnologie digitali. Allo stesso modo, ha contribuito
all'architettura del software di Hypersession, un software collaborativo ora
utilizzato da Emitting Media ed utilizzato per varie situazioni educative.
10
De Kerckhove D., “Eccoci nell'era delle psicotecnologie”, articolo disponibile
all’indirizzo http://www.mediamente.rai.it/HOME/bibliote/intervis/d/dekerc06.htm
8
E’ infatti grazie all’arte che dovrebbe individuarsi
l’intelligenza del software, non solo per fare funzionare una
macchina ma anche per la connessione fra la gente. C’è un arte
dell’intelligenza che si sta’ sviluppando in questi anni, e c’è la
possibilità di sviluppare un intelligenza comune.
11
Il tecnocriticismo degli anni sessanta e settanta, secondo
Francesca Alfano Miglietti
12
, aveva indirizzato in modo esclusivo
le sue forze verso una trattazione radicata nelle tecnologie della
comunicazione.
Parallelamente allo studio sulle tecnologie della comunicazione si
iniziano a gettare le basi per l’analisi sulle biotecnologie che,
tenute all’inizio in secondo piano, sarebbero divenute, dopo
qualche decennio, il nucleo fondante delle trattazioni tecno-
scientifiche contemporanee.
13
11
De Kerckhove D.,Op. Cit.
12
Francesca Alfano Miglietti è un teorico di mutazioni legate ai linguaggi
visivi, docente dell’accademia di belle arti di Milano, curatore di mostre,
rassegne e convegni. Ha pubblicato, tra l’altro, i volumi: Orrizzonti Verticali
(1986), Arte degli ambienti (1987), Arte in Italia 60/85 (1988), Arte pericolosa
(1991), Orlan (1996), Identità mutanti (1997). Ha curato per Costa & Nolan la
collana di monografie Estensioni, Contaminazioni di Inizio Millennio. Ha diretto
la rivista “VIRUS Mutations” e inventato scenari e nuovi luoghi di un
immaginario della mutazione, come i live show/convegni: InCARNAZIONE (1997),
CORPI e ANTICORPI (1997), CORPI ESTRANEI (1998), ART LIVE (2000 e 2001). Ha
ideato e organizzato numerose mostre, tra le quali: “Necrofilia”, “Alta
Tensione”, “Per amor del cielo”, “Corpo a Corpo”, “L’estensione del Corpo”,
“Rosso Vivo”, e le mostre personali di Orlan, Marcel.li Antunez Roca, Rudolf
Schwarzkogler, Franko B, Pierre Molinier.
13
Francesca Alfano Miglietti, Nessun tempo, nessun corpo..., Milano, Skira,
2001.
9
Capitolo 1
Il Corpo contemporaneo
corpo e corporalità
E’ necessario prima di affrontare il tema del corpo tecnologico,
prendere le mosse dalla individuazione delle linee di sviluppo che
a livello teorico-artistco disegnano la relazione tra corpo e
tecnologia.
La cultura plasma il corpo, ne definisce il ruolo, l’uso, l’
immagine, le qualità, delineando, da un lato, l’incidenza sul
corpo del cambiamento dovuto all’incontro con culture altre e,
dall’altro lato, sottolineando quelle tecniche del corpo che M.
Mauss
14
definiva come “i modi” in cui gli uomini, nelle diverse
società, si servono, uniformandosi alla tradizione, del loro
corpo
15
.
Come si può dedurre da quanto sopra, il ruolo del corpo è basilare
per l’essere umano, per la cultura nella quale si istruisca la sua
sostanza e per il futuro sviluppo della società in cui opera. Il
tema che affronta il rapporto corpo-tecnologia è quanto mai ampio
e dibattuto, oltre che ricco di diversi apporti scientifici da
parte dei vari studiosi e teorici.
Sia la struttura culturale generale che quella del mondo o dell’
arte e della critica sono esposti ad un forte rischio di
cambiamento dovuto alle nuove tecnologie, e tale, in parte, si è
già attuato nelle sue modalità che quotidianamente attraversano la
vita dell’uomo.
La tecnologia entra in relazione con il corpo umano al punto tale
da rappresentare capacità “naturali”, sia in senso astratto che
fisico. Tutti gli oggetti di uso quotidiano, dal telecomando al
telefono cellulare, rappresentano infatti dei “prolungamenti” del
corpo biologico e delle sue capacità. Si possono considerare parte
14
M.Mauss è un antropologo ed un teorico delle relazioni con la simbologia.
Parecchi dei libri letti per questa tesi parlavano ed accennavano alle teorie ed
al lavoro di questo autore, quindi seppur non conoscevo prima di questa mia
ricerca chi fosse e la sua importanza, ho ritenuto giusto parlarne ed accennarne
la ricerca. e la bibliografia.
15
M Mauss, Teoria generale della magia, Torino, Einaudi, 1991, p.385.
10
di questo insieme di oggetti tutti i “media”, i mezzi di trasporto
e, più in generale, tutti gli strumenti tecnologici che sono in
grado di potenziare le capacità umane di vedere, sentire,
ragionare, spostarsi nello spazio.
Gli impianti e le protesi rendono sfuocato il confine tra
l’organico e l’inorganico, il sangue deterritorializato scorre da
un corpo all’altro attraverso una vasta rete internazionale cui è
ormai impossibile distinguere le componenti economiche, tecniche e
mediche. I limiti del corpo, l’evoluzione ed il rapporto tra la
mente ed il corpo è così sollecitato in questi anni come non mai,
in un processo che ha una via di andata, senza alcuna possibilità
di ritorno.
La costruzione di un corpo collettivo e la partecipazione degli
individui a questa comunità fisica da sempre fa largamente ricorso
a mediazioni puramente simboliche e religiose: “Questo è il mio
corpo, questo è il mio sangue....”. Oggi, tale aggregazione
avviene nel mondo della tecnica e si serve dei nuovi media. Tutti
coloro che guardano una certa trasmissione televisiva, per
esempio, condividono un medesimo grande occhio collettivo,
16
e
partecipano dunque ad un processo di virtualizzazione corporale
che vede appunto, la sostituzione del un loro processo percettivo
attraverso l’uso dei una telecamera.
Il discorso sul corpo umano è risalente nel tempo ed è in grado,
oggi come in passato, di coinvolgere ambiti e discipline diverse
da quelle umaniste a quelle scientifiche. L’attuale riflessione
sul rapporto che lega il corpo alla tecnologia non può ignorare l’
impatto che si ha sulla simbolizzazione della corporeità, ovvero
sul distaccamento e sul relativo riavvicinamento che parte dal
corpo e concerne i valori e l’importanza corporale, dal momento
che il corpo rimane il principale motore delle nostre potenzialità
e delle nostre azioni.
Attualmente si assiste a una fase di ritrovata tematicità del
corpo, che si riscopre luogo fondamentale di comunicazione e di
iscrizione simbolica. Analizzare dunque queste dinamiche può
aiutare a farci partecipi delle forze culturali che uniscono le
frontiere.
Mariella Combi
17
, nel suo libro Corpo e tecnologie, scrive che non
porsi domande su se stessi in rapporto alle nuove modalità
comunicative, sulla propria conoscenza ed i suoi cambiamenti,
sulla vecchia e nuova alterità, può significare non mettere
16
Pierre Lévy, Il virtuale, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1997.
17
Mariella Combi, nata a Lovere (BG), insegna Antropologia Culturale presso
l’Università “La Sapienza” di Roma. Tra le sue opere. Rosso chiaro, rosso scuro:
immaginario del sangue (1990), Il grido e la carezza (1998), e Corpo e
tecnologie (2000). Si occupa della rappresentazione culturale e degli immaginari
tecno-scientifici del corpo.
11
neppure in discussione il predominio di una cultura sulle altre
18
,
dominio che avviene oggi anche e soprattutto attraverso la stessa
tecnologia.
18
Mariella Combi, Corpo e tecnologie, Roma, Meltemi, 2000.
12
il Simbolo
Onde avere una visione più approfondita, è indispensabile
soffermarsi sul significato di “simbolo”, in quanto la cultura è
un insieme di simboli e il corpo diventa mezzo di creazione e di
interpretazione simbolica
19
.
Esso è infatti una chiave di lettura ed una potenzialità alla
quale sia la cultura, che il soggetto singolo danno un
significato. E’ segno che al tempo stesso ha un doppio
significato e tiene insieme generalmente due opposti in un
concetto, ed a sua volta, è pronto, ad assumere un significato a
livello culturale.
La produzione di simboli è una risorsa fondamentale per ogni tipo
di società umana e costituisce una delle basi dello sviluppo della
conoscenza.
Nasce dal tentativo e dalla volontà di trovare rapporti e
associazioni tra le cose, e di individuare delle somiglianze tra
realtà lontane.
Il simbolo è pertanto lo strumento determinante delle diverse
forme di conoscenza, svolge infatti una funzione essenziale nella
religione, nella filosofia, nella letteratura e nelle arti. Si può
far risalire tutta la cultura, le forme di immaginazione ed i
modelli di comportamento all’attività simbolica, all’istituzione
di rapporti continui tra le parole, le cose e gli oggetti che
sfuggono alla semplice descrizione verbale.
Diverso dal simbolo plusvalente è invece il segno; il simbolo
infatti appare sempre come “motivato”, contrariamente al segno che
ha un rapporto “necessario” con il proprio referente. Questo
significa che il rapporto tra simbolo e referente non deriva da
regole fisse e obbligatorie (ed esempio le regole linguistiche che
legano le parole ai concetti), ma al contrario si tratta di un
rapporto non arbitrario e che può variare da una cultura ad
un’altra.
Il simbolo rispecchia la soggettività che è fonte del suo senso;
il segno invece rispecchia l’ oggettività ed è dunque necessario
rispetto alle regole di un codice da cui deriva un significato
20
.
Sottolineare l’importanza della dimensione sociale del significato
del simbolo vuole affermarne la collettività, infatti il suo
significato deve essere compreso e riconosciuto da una comunità.
Inoltre, non esiste alcuna cosa che sia simbolica per se stessa;
poiché la capacità di dare senso risiede nella cultura in cui
l’oggetto simbolico è inserito.
19
Mariella Combi, Op. Cit.
20
Briosi S., “Simbolo”, La Nuova Italia, 1998
13
Un corpo è essenzialmente esplicativo a livello culturale sotto
due punti di vista; sia a livello di simbolo esso stesso, ma
anche, come fattore esplicativo della società che presenta, e
quindi i codici ed i valori nel quale esso è immerso.
Il corpo è un istanza determinante dell’organizzazione sociale;
esso è fagocitato, nei suoi riti, tradotto nei suoi atti più
inconsci e nei suoi schemi assoluti. Il corpo in questione è il
corpo del linguaggio, delle credenze, dei miti molto più che il
corpo anatomico. “Un simbolo è importante perchè unisce il
soggetto all’oggetto attraverso un processo che da’ sia senso che
valore”; il corpo è sempre corpo culturale, poiché è il primo
elemento del simbolico ed è soggetto-oggetto di rappresentazione
di fonti ed immagini.
21
Per quanto riguarda il rapporto soggetto-oggetto, verrà affrontato
in un ottica peculiare ed innovativa affiancando ad esso anche il
concetto di esperienza. In particolare si prenderanno le mosse
dallo studio del processo che avviene in un bambino quando egli si
trova di fronte ad uno specchio. Questa iniziazione che il bambino
svolge da solo, gli permette di compiere una ritualistica
culturale per prendere conoscenza dell’oggetto specchio, e a sua
volta, gli presenta però se stesso e la sua rifrazione, così che,
il bambino, si trova così ad essere sia soggetto che oggetto.
22
Lo specchio è dunque un esempio semplice di come ognuno di noi
abbia dentro di sé una propria esperienza soggettiva degli
oggetti. Oggetti intrisi in una cultura simbolica, e conoscenza
che è basata sulla percezione e sulla interattività con la realtà,
e che nasce dalla interazione tra soggetto ed oggetto. Una
esperienza personale ed immateriale, ma fondamentale per la nostra
percezione sensoriale e costruita fino ad oggi grazie alla
materialità.
Il rapporto soggetto-oggetto è alla base di molti processi
tecnologici, presenti e futuri, e può essere considerato come il
desiderio intrinseco seguito dai sostenitori della tecnologia
nonché come presentazione culturale sub-moderna che è sempre più
invasiva nella comunicazione e nella iconizzazione di oggi.
Il simbolo diventa quindi un po’ un anello di congiunzione tra
l’uomo e la cultura poiché esso aiuta a conoscere ed a dare un
senso al mondo ed alle cose che ci circondano.
La funzione originale dei simboli è proprio questa rivelazione
esistenziale dell’uomo a se stesso attraverso un’ esperienza
cosmologica
23
. Così che il corpo, entità essenziale alla conoscenza
ed alla simbolizzazione, può essere dunque inserito nel grande
cerchio dell’universo catturato sensorialmente.
21
Mariella Combi, Op. Cit.
22
Questo in genere vale per i riti di iniziazione, di ritualistica e di
esperienza personale nel rapporto tra l’uomo e la tecnologia.
23
Vedi anche G. de Champeaux, S. Sterckx, “Introducion au monde des symboles,
Paris, “Zodiaque”, 1972, p.251
14
Quindi corpo fisico e corpo sensuale, corpo come unione dei sensi
ed anche nella sur-cultura come fruizione avvolgente.
Il vestiario, per esempio, secondo P. L. Capucci
24
cambia la
percezione del corpo e dei suoi atteggiamenti e questo influisce
sia sul corpo stesso che sui rapporti sociali: il vestiario
diventa parte del nostro corpo quando la nostra mente ed il nostro
tatto smettono di sentire il contatto dei vestiti,
25
ma esso è
anche prodotto dell’era della moda e della spettacolazione,
cultura sur-moderna che permette al mondo mediatico la continua
evoluzione a livello esponenziale mentre il “perditempo” diventa
sempre di più l’uomo, un po’ perchè paragonato alla macchina e un
po’ perchè catturato dall’ era elettronica.
Sempre a riguardo della moda, l’unisex costituisce una delle
grandi correnti della società odierna: esso persegue la
neutralizzazione delle differenze, almeno esteriormente, tra i due
sessi. Alcuni capi di vestiario come i jeans, le felpe sportive,
le T-shirts, e alcuni accessori come gli orecchini, o le fasce per
i capelli, fanno parte di questa tendenza. La moda di oggi impone
dunque il “neutro” che può essere letto come un “luogo di
pacificazione” di un conflitto interno che esiste nell’individuo,
costretto a scegliere nei tempi socialmente “adatti” per chi
essere definitivamente. Nel libro “il pensiero del corpo”, si
afferma a questo proposito che l’ideale androgino mette in luce le
contraddizioni interne all’individuo e la lotta tra le parti
maschile e femminile del proprio Sé
26
.
A riguardo della nuove società e di quanto viviamo al giorno
d’oggi, anche il continuo rapporto uomo macchina è ormai diventato
una normalità poiché mentre in passato, corpo e tecnica erano
considerate entità in rapporto reciproco ma indiscutibilmente
separate, oggi, si stanno velocemente integrando in un unico
elemento, in cui le parti sono sempre meno identificabili in
maniera distinta l’una dall’altra. Il corpo “impara” ad accettare
protesi artificiali e dispositivi che permettono, in caso di
malattia, di continuare a vivere, e la tecnologia aiuta il corpo a
migliorarsi ed a superare i suoi limiti.
24
Pier Luigi Capucci si è laureato in Discipline delle Arti, della Music e dello
Spettacolo all’Università di Bologna, compiendo anche, oltre al curriculum
umanistico, studi scientifici. Si è specializzato in sistemi e tecniche di
rappresentazione e di comunicazione, con particolare riguardo a quelle forme che
impiegano gli strumenti tecnologici. Dal 1985 collabora all’attività di ricerca
e didattica del Corso di Struttura della figurazione (Istituto di Discipline
della Comunicazione, DAMS, Università di Bologna) sui linguaggi comunicativi ed
estetici dei diversi tipi di rappresentazione e dei media tecnologici. E’ membro
SPIE (The Society of Photo-Optical Instrumentation Engineers) e ISEA (The Inter-
Society for the Electronic Arts). Scrive su varie riviste, tra cui Linea
Grafica, Terzo Occhio, Area, Golem ed è redattore di D’Ars.
25
P.L. Capucci, Realtà del virtuale, Bologna, Clueb, 1993.
26
S. Bordo, Il pensiero del corpo, Milano, Feltrinelli, 1997.
15
La questione della virtualità come fruizione corporale fa sorgere
un dibattito sulla differenza che può esserci tra esperienza reale
ed esperienza attraverso l’elettronica. Così che, mentre la nostra
conoscenza basata sulle esperienze è naturale, chiedersi se la
virtualità possa contribuire al nostro bagaglio culturale oppure
no è argomento complesso ed a cavallo tra il mondo razionale e
prevedibile e quello dell’inconscio
27
.
Per concludere, chiedersi se tramite la tecnologia si producono
esperienze è dunque un primo passo verso l’ accettazione e la
potenzialità del mondo tecnologico rispetto a quello reale e
materiale, e prendere una decisione in merito è significativo
rispetto all’ idea che si ha della tecnologia stessa. Comunque,
questo può già essere un punto chiave per la poetica di un artista
che analizzaremo in seguito, e cioè Stelarc
28
.
La realtà virtuale è comunque già considerabile all’interno e non
fuori dai confini dell’esperienza
29
seppur essa si allontana dalla
realtà. Usare la tecnologia con risultati culturali opposti ai
normali canononi sui quali si basano le tecnologie stesse rompe
quel rapporto di simbiosi che si fa sempre più forte tra corpo e
scienza e questo è il compito dell’arte
30
.
27
A tale proposito vedasi: Ernest March studia all’inizio del ‘900 il rapporto con le
immagini del sogno e quelle reali, e l’argomento viene ripreso da Daniel C. Dennett
chiedendosi se i sogni sono esperienze. Cfr. P.L Capucci, Op. Cit.
28
Artista trattato in questa tesi a pagina 126
29
P.L. Capucci, Op. Cit.
30
De Kerckhove D.,Op. Cit.
16
L’ evoluzione
Per capire l’evoluzione dell’uomo in rapporto alle nuove
tecnologie bisogna prima di tutto separare la sua evoluzione
biologica da quella culturale, poiché mentre la prima fa parte
della natura, la seconda è uno strumento prodotto dall’uomo per
dominare la natura. L’evoluzione dell’ uomo è sempre avvenuta in
due direzioni, una interna ed una esterna a se stesso. Così che,
mentre il linguaggio e la scrittura sono un evoluzione interna e
coincidono con l’evoluzione culturale, dall’ altro campo, l’uso
che l’uomo ha fatto degli strumenti vede nasce anche un evoluzione
esterna ad esso che coincide con la tecnologia e con il progresso
dello strumento stesso. In questo rapporto tra corpo e strumento
si svolge la storia del uomo dal punto di vista della evoluzione e
della culturalizzazione; ma mentre la cultura è un dominio
dell’uomo sulla natura, lo strumento, separato ed autonomo, aiuta
l’uomo nei suoi compiti.
In un primo momento l’uomo era esso stesso lo strumento, così che
raccoglieva la legna, la tagliava e faceva il fuoco per riscaldare
l’ambiente, mentre oggi, l’ambiente viene riscaldato lo stesso e
non c’è più bisogno del lavoro fisico da parte dell’uomo, poichè è
stato inventato lo strumento riscaldamento.
Solamente grazie all’evoluzione l’uomo è arrivato a separare lo
strumento da se stesso, così da creare strumenti che potessero
semplificargli la vita e che potessero svolgere meglio alcuni
compiti. Questi, sono sicuramente creati per avere una relazione
ed una interattività con il corpo (che li deve usare), e
sostituiscono il corpo e lo migliorano perfezionandolo in compiti
dove esso non è specializzato.
Lo strumento, in questa seconda fase non è più il corpo-utensile
ma la macchina e l’immagine del corpo-macchina che da essa deriva.
La macchina prevede l’esteriorizzazione del corpo e delle sue
potenzialità, è un oggetto che si interpone tra l’uomo e la
natura. La differenza essenziale tra macchina ed utensile è
riducibile al fatto che quest’ultimo è tipico del lavoro a mano,
mentre la macchina lo è dell’azione automatica.
Il corpo è comunque sempre anche strumento poiché esso è pelle ed
unione sensoriale. Con esso possiamo fare azioni, possiamo
interagire con lo spazio reale e con le altre persone, sfruttando
il corpo nella sua funzione originale.
Lo strumento diventa quindi una protesi dell’uomo, lo aiuta a fare
ciò che egli non riesce a fare autonomamente e lo completa in
quelle qualità che non gli competono.