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L’obiettivo comune è allora la ricerca di un equilibrio responsabile tra l’innovazione
delle attività tecnologiche verso il progresso e la salvaguardia dell’ambiente, equili-
brio che consenta alle generazioni attuali di soddisfare i propri bisogni senza com-
promettere quelli delle generazioni future, alle quali consegneranno in eredità questo
ambiente.
In tal senso regolamenti europei (vedi Regolamento CEE n. 1836/93 noto come
Regolamento EMAS) o norme volontarie internazionali (vedi la norma ISO 14001 del
novembre 1996) spingono verso l’adozione di Sistemi di Gestione Ambientale che
tengano sotto controllo gli impatti derivanti dalle attività produttive e tendano alla loro
progressiva riduzione.
Ma anche norme che agiscono sul Sistema organizzativo (Norme sui Sistemi di
Qualità: ISO 9000), quando applicate ad attività che hanno diretta influenza
sull’ambiente o sono vincolate da parametri legislativi, contribuiscono sostanzialmen-
te a quella ricerca di equilibrio o di ecocompatibilità cui si faceva cenno in preceden-
za.
La depurazione delle acque reflue può essere presa come esempio per affrontare
in maniera consapevole questa problematica così moderna e così urgente.
Questa attività si pone ad un punto cruciale del ciclo delle acque. E’ situata subito
dopo l’utilizzo della risorsa-acqua, ed immediatamente prima della restituzione della
stessa all’ambiente. E’ sottoposta a rigidi vincoli di legge per quanto riguarda la defi-
nizione del refluo da trattare e soprattutto per i valori di inquinamento degli effluenti,
in relazione alle condizioni dei corpi idrici recettori.
Prendiamo in esame il caso della depurazione dei reflui urbani, ossia dei reflui de-
rivanti da attività urbane o poco industrializzate.
I reflui sono in crescita come quantità da depurare, in quanto aumentano gli ag-
glomerati urbani, le popolazioni e quindi i consumi; poiché, inoltre, le lavorazioni si
fanno sempre più complesse la loro composizione è suscettibile di cambiamento, con
conseguenze sulle modalità di trattamento degli stessi.
Si può dire che essi conservino una composizione “standard” (ossia variabile in
certi range controllati) quando non siano “inquinati” da altri reflui con caratteristiche
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diverse come ad esempio quelli derivanti da certe lavorazioni industriali (attività ca-
searie, olivicole, conciarie per nominarne alcune tra le più “aggressive” sul refluo).
In realtà molteplici fattori che caratterizzano il refluo civile possono subire varia-
zioni anche brusche in concomitanza ad esempio di importanti eventi di pioggia, par-
ticolari condizioni meteorologiche, diverse curve d’utenza all’interno della stessa gior-
nata. La caratterizzazione del refluo dunque non è banale, e la sua depurazione,
volta a restituire entro rigidi parametri di qualità all’ambiente una risorsa (l’acqua)
captata e sfruttata, è un processo tecnologico che deve tendere alla risoluzione del
problema definito.
La depurazione civile affida la sua efficacia complessiva ad una buona analisi pre-
liminare della situazione, ad una progettazione ragionevole e funzionale, ad un effi-
cace sistema di monitoraggio e controllo, ad una prontezza e flessibilità di gestione.
Tralasceremo qui le problematiche legate alla progettazione, ma ricordando col
Masotti che una buona progettazione è nulla senza una corretta gestione (e soprat-
tutto che una buona gestione può talvolta sopperire anche a lacune in fase di proget-
tazione).
Concentreremo la nostra attenzione proprio sulla gestione di questa attività, e su
come la sua organizzazione e pianificazione possa incidere sull’efficacia totale del
processo.
Infatti un trend molto accentuato negli ultimi anni è l’introduzione nella gestione di
software e dispositivi atti, attraverso il processamento di una rilevante quantità di da-
ti, a razionalizzare ed eseguire in maniera efficace il monitoraggio ed il controllo dei
parametri della depurazione.
Questi appena menzionati sono alcuni degli strumenti di cui si serve
l’Assicurazione della Qualità (Norme ISO 9000) per migliorare l’intero profilo azienda-
le dal punto di vista dell’efficacia, efficienza ed economicità delle prestazioni rispetto
alle specifiche di prodotto e di servizio desiderate ed attese da chi ne usufruisce.
Come si vedrà in seguito infatti, l’Assicurazione della Qualità nasce in settori in
cui queste caratteristiche aziendali erano molto ricercate (industrie belliche, mecca-
niche, navali), e la cultura dell’Assicurazione Qualità ha contribuito al primato mon-
diale delle industrie manifatturiere giapponesi nel secondo dopoguerra.
VI
Per comprendere come un’attività tecnologica come quella della depurazione civi-
le possa trarre benefici dall’adozione di un Sistema di Qualità, diamo qui una prima
definizione di “Qualità”: essa è rappresentata dalle caratteristiche di un prodotto o di
un servizio che gli consentono di soddisfare le attese di chi lo utilizza.
Per raggiungere e mantenere queste caratteristiche è auspicabile organizzare un
insieme sistematico di operazioni (“controllo di qualità”) che comprendono, tra le al-
tre: la definizione delle specifiche, le tecniche di misura, il controllo dei prodotti, il
confronto con le aspettative, la misurazione della “non qualità”.
Su un impianto di depurazione queste attività possono essere l’acquisizione delle
tabelle di legge cogenti riportanti i limiti delle grandezze rappresentative dell’acqua
da trattare e da reimmettere nell’ecosistema dopo il trattamento, strumenti di gestio-
ne come liste di riscontro per le operazioni di manutenzione dei macchinari o di con-
trollo dei processi biologici e chimici che si hanno all’interno dell’impianto, e ancora la
predisposizione, a mezzo di analisi statistiche, di piani di campionamento del refluo
nelle fasi cruciali della depurazione per misurare, confrontare con le aspettative e te-
nere sotto controllo la resa depurativa, l’analisi delle cause di anomalie, dei costi le-
gati a tali operazioni, intesi ad esempio come pianificazione degli interventi o al con-
trario monetizzazione di fermo-impianti. Infatti questo tipo di strumenti si basa sui dati
provenienti dalle rilevazioni quotidiane sugli impianti: dunque si parte dalla situazione
reale definendo i criteri per misurarla ed interpretarla, la si confronta con la situazione
ideale e si pianifica e si attua il migliore sistema per raggiungerla, sfruttando la capa-
cità di riconoscere e gestire gli errori, risalirne alle cause, prevenirne il ripetersi.
E’ il famoso ciclo di Deming (o ruota di Deming): Plan, Do, Check, Act cioè Piani-
fica, attua, controlla, agisci nel senso di modifica ciò che non è andato e riparti con
un nuovo ciclo nell’ottica di un miglioramento continuo.
L’obiettivo di questa tesi sarà dunque quello di dimostrare che l’applicazione di
questo tipo di strumenti quali il controllo di qualità del processo depurativo (in-
serito in un più ampio contesto di Assicurazione di Qualità aziendale) si rivela utile
nella gestione degli impianti di depurazione.
VII
In tal senso si è rivelata proficua l’esperienza reale maturata nel tirocinio presso
un’azienda di gestione di impianti depurativi civili la cui Certificazione di Qualità è
prevista entro l’estate.
1. L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI QUALITÀ
Scopo del presente paragrafo è quello di fornire un inquadramento generale dei
concetti relativi al tema della Qualità e cercare di seguire il filo conduttore che ha por-
tato all’evoluzione di questo concetto, per definizione da sempre in stretto legame
con i propri effetti sugli scenari economici e strategici nei quali è stato applicato.
La “globalità” del tema si evincerà anche dal succedersi di apporti così diversi per
impostazione e per luoghi di provenienza, a testimonianza di un interesse diffuso per
queste tematiche al di là di ogni diversità economica, sociale e culturale.
Per qualità oggi viene comunemente inteso l’insieme delle prestazioni e delle
caratteristiche di un prodotto o di un servizio (o dell’organizzazione che produ-
ce il prodotto oppure il servizio) in grado di soddisfare le esigenze espresse o
implicite dell’Utente/Cliente.
1.1 Breve storia del concetto di “Qualità”
Il concetto di qualità è molto antico. Una frase di Aristotele recitava: “Qualità è la
caratteristica più vicina all’attesa del soggetto”. In effetti la qualità è un’esigenza che
nasce con la facoltà dell’uomo di costruire qualcosa: anticamente infatti gli artigiani e
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i maestri di arti e mestieri erano coloro i quali tendevano continuamente, attraverso
l’affinamento delle “buone pratiche” (quando si lavorava “a regola d’arte”) ed in segui-
to con l’aiuto della tecnologia, al miglioramento continuo del proprio prodotto e del
proprio modo di lavorare, in una ricerca continua dell’eccellenza.
L’artigiano era il solo detentore del know-how di tutto il processo di produzione,
ed il cliente era tenuto in grande considerazione, in quanto era colui il quale utiliz-
zando il prodotto secondo i suoi bisogni, ne decretava la bontà e la funzionalità. Era
anche il compratore, cioè il consumatore finale e diretto che contrattava con il fornito-
re, cioè il diretto produttore di beni, il valore della merce fornita, e ne valutava perso-
nalmente la qualità.
Nacque allora una mentalità che visse a lungo soprattutto nei paesi anglosassoni,
quella del “caveat emptor” cioè stia attento, se ne curi il compratore.
Da parte sua però il produttore metteva in gioco la propria immagine e in definitiva
la propria sopravvivenza essendo quest’ultima legata all’apprezzamento del compra-
tore.
In seguito all’espansione delle rotte commerciali ed al trasporto e vendita di merci
in luoghi anche molto lontani da quelli di produzione, il rapporto diretto tra venditore e
compratore venne man mano soppiantato da quello nuovo tra commerciante e com-
pratore. Questo legame eliminava la responsabilità diretta del venditore sulla merce,
ma fece nascere il concetto di “garanzia” da parte del venditore, che accompagnava
la merce con delle testimonianze della bontà della stessa.
Troviamo alcuni antichi esempi come la tavoletta di argilla del 492 a.C. provenien-
te da Nippur di Babilonia: un gioielliere garantisce che uno smeraldo non si staccherà
dal castone per 20 anni e si impegna a corrispondere in caso contrario un’indennità
all’acquirente, o come la stele rinvenuta nel 1970 nell’Agora di Atene databile intorno
al 375 a.C. contenente un editto che stabilisce le caratteristiche delle monete
d’argento accettabili per i commerci. Il controllore, designato dallo stato, taglierà a
metà ogni moneta che non corrisponda alle caratteristiche previste.
Parallelamente da parte del compratore cominciarono a nascere i primi capitola-
ti, vere e proprie norme e forse la prima norma di cui si abbia notizia in Europa ri-
guarda la metallurgia. Più precisamente la provenienza del rame e dello stagno e la
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loro percentuale per produrre il bronzo per i perni e loro alloggiamenti che dovevano
servire ad allineare e connettere tra loro i conci delle colonne del portico
dell’architetto Philo ad Eleusi in Grecia.
Questo capitolato risalente al 360 AC circa è tuttora conservato nel museo della
città greca ed è noto come stele di Eleusi.
Man mano che i traffici e i commerci si espandevano e i prodotti lasciavano
l’artigianato puro per divenire più complessi, l’esigenza di garantire, conquistare e
mantenersi il consumatore si fece (compatibilmente coi tempi) più importante. Duran-
te tutto il Medio Evo e oltre, questo compito fu assolto dalle corporazioni o gilde,
organizzazioni che si facevano riconoscere dall’autorità costituita, fornivano appoggio
ai propri aderenti, ma imponevano un codice di condotta che permettesse un reale
controllo dei propri membri, anche a garanzia del compratore.
Con la graduale scomparsa, in seguito all’industrializzazione ed
all’automatizzazione sempre più spinta del lavoro, di queste figure responsabili del
processo nel proprio complesso, si è assistito sempre più all’affermazione degli spe-
cialisti delle singole funzioni, e dunque la gestione del processo è diventata la ge-
stione delle attività delle singole funzioni. Infatti con la rivoluzione industriale la pro-
duttività aumenta ed i costi diminuiscono. La produzione di massa tende a rendere
disponibili a molti, ed a prezzi accettabili, beni che in passato erano riservati a pochi,
e questo comporta non pochi problemi. Infatti mentre fino ad un certo punto
l’artigiano riusciva a controllare il lavoro dei propri collaboratori, ora nelle fabbriche
sempre più grandi e ricche di personale questo non è più possibile e diviene neces-
saria la nascita di una nuova figura: l’ispettore controllore deputato a cernere il buono
dal cattivo dei prodotti realizzati in fabbrica.
La rivoluzione industriale fu basata su una ingegnerizzazione povera, derivata
fondamentalmente dalle conoscenze artigianali e l’uomo vi era in qualche modo re-
sponsabilizzato. L’avvento dello Scientific Management di Frederick W. Taylor (fine
Ottocento) che di fatto separava nettamente il progetto dal processo produttivo par-
cellizzando quest’ultimo in fasi sempre più ridotte e ripetitive alla ricerca del modo ot-
timo nel tempo minimo, segnò praticamente la fine della responsabilizzazione del
singolo operatore sulla qualità del prodotto finito.
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L’adozione delle teorie di Taylor (prime catene di montaggio di Henry Ford) portò
ad un forte aumento della produttività ma anche ad un prodotto complessivamente
scadente con frequenti insuccessi d’uso. Divenne quindi indispensabile aumentare il
numero di ispettori e si iniziò a renderli indipendenti dalla produzione. Questa divisio-
ne dei ruoli (peraltro ancora presente in molti processi produttivi) andò avanti per
molti decenni, e furono proprio i frequenti insuccessi dei prodotti più pericolosi ed in
particolare del munizionamento che indussero i governi di alcuni Paesi a definire per
gli approvvigionamenti militari dei sistemi obbligatori di organizzazione e di controllo
di processo.
Questo mise in crisi il modello produttivo aziendale adottato fino a quel momento e
stimolò una revisione critica dei modelli organizzativi, individuandola come la misura
giusta per evitare massicci controlli “end of pipe” (cioè al termine del processo pro-
duttivo), inutili quando il prodotto era già stato confezionato in condizioni scadenti.
Inoltre diede alle organizzazioni il giusto stimolo verso una nuova filosofia gestionale
che ambiva al risultato di un miglioramento generale e quindi di una maggiore com-
petitività dell’azienda stessa, in una nuova ottica di “qualità”.
Riassumendo, possiamo dire che agli inizi, diciamo fino agli anni ’50, la qualità era
sinonimo di verifica finale della rispondenza del prodotto a determinati vincoli di capi-
tolato, attuata con largo impiego di manodopera e di mezzi di controllo che stabiliva
quanta parte del prodotto poteva essere venduta e quanta doveva essere inesora-
bilmente scartata.
I concetti applicati erano quindi essenzialmente due :
a. La qualità riguarda solo il prodotto.
b. La qualità è il frutto di selezione.
Erano evidenti i costi e le aleatorietà di un sistema di questo genere per cui si
cominciò a pensare che la qualità dovesse essere in qualche modo gestita e non
semplicemente controllata. Si cominciarono ad inserire quindi (anni ’60 / ’70) i con-
cetti di controllo statistico nei punti nodali dei processi produttivi per attivare tempe-
stivamente le azioni correttive, tuttavia l’obiettivo era pur sempre il solo settore pro-
duttivo con grande rilevanza del prodotto finale.
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Si diffondeva l’idea che un’organizzazione del lavoro aziendale che teneva conto
prima di tutto del processo poteva rispondere meglio in termini di efficacia e di ridu-
zione degli errori alle nuove esigenze particolari di alcune industrie che a quel tempo
trainavano l’economia dei paesi più industrializzati: l’industria bellica, quella aeronau-
tica e spaziale, fino ad arrivare a quella nucleare e meccanica.
Negli anni ’60 quindi due studiosi americani, Deming e Juran, teorizzavano i con-
cetti che ancora oggi sono alla base della politica gestionale aziendale tipica della
“Qualità Totale”. Il cambiamento culturale proposto da Deming e Juran consisteva
nel proporre un modello innovativo dell’organizzazione aziendale, che incentrava
l’attenzione sui processi aziendali e non sulle funzioni. Si dava importanza ad una ri-
strutturazione dell’organizzazione aziendale interna in funzione dei processi, e dun-
que avente accentuate caratteristiche di duttilità ed “interconnessione funzionale”, e
ci si muniva, in maniera sistematica, di solide tecniche statistiche per “misurare”, an-
che in itinere, la qualità, “quantificarla” e riconoscere inequivocabilmente la bontà
dell’operato o la distanza da essa (controllo statistico della qualità).
“Gestire per processi” può essere paragonato al modo di produrre per commessa:
ogni volta che un cliente mi dà una specifica, devo essere capace di progettare, im-
piantare, controllare e correggere una organizzazione e quindi una modalità di pro-
duzione che in relazione alle particolari caratteristiche del prodotto risulti la più effica-
ce ed efficiente nel produrlo.
Faceva dunque il suo ingresso nel modo di affrontare le problematiche aziendali
un approccio “globale” di queste, un modo di governo di un’organizzazione basato
sulla partecipazione e sul coinvolgimento di tutti i suoi membri, orientato al conse-
guimento dell’eccellenza in uno scenario mutevole.
Dopo la seconda guerra mondiale, le aziende giapponesi decisero di avviare un
grande piano di ristrutturazione per tornare a primeggiare a livello mondiale con la
competitività dei propri prodotti. Deming e Juran furono quindi invitati in Giappone
per una serie di conferenze. I giapponesi rielaborarono in maniera originale le idee di
base della scuola americana, aggiungendo un aspetto particolare che, sviluppato con
abnegazione e serietà tutte orientali, divenne poi la loro carta vincente e il punto di
partenza di una rivoluzione culturale.
XII
Infatti per la scuola giapponese, della quale il capostipite e maggior esponente fu il
prof. Ishikawa, l’obiettivo più alto per una azienda che vuole lavorare in qualità e
produrre qualità è la soddisfazione dei clienti, intesi essi sia come esterni (ai quali
vengono venduti gli output dell’azienda) che quelli interni (tutti coloro che partecipano
al processo produttivo).
L’azienda dunque non ha motivi più forti della soddisfazione del cliente in qualsiasi
mercato ed il profitto finisce dunque per rappresentare solo una misura quantitativa
di quanto si è premiati quando si è capaci di soddisfare i clienti meglio dei concorren-
ti.
Approfondendo, alcune delle principali tappe di questa evoluzione culturale sono
state:
a. L’ampliamento del concetto di qualità da settoriale a generale (la qualità
non è un fatto per gli addetti ai lavori ma un fatto che coinvolge tutta l’azienda a parti-
re dal massimo vertice).
b. L’aver sostituito l’ispezione dei prodotti già usciti dal ciclo di produzione in-
tervenendo quindi sul passato, con la progettazione e l’organizzazione di un sistema
produttivo meglio congegnato e più controllabile, mirato all’ottenimento di un prodotto
migliore e meno costoso, intervenendo quindi sul futuro.
c. La considerazione che la qualità così intesa è un ottimo investimento a
medio termine perché da una parte riduce i costi di produzione riducendo od annul-
lando scarti, riparazioni e rifacimenti e dall’altro consolida ed amplia la posizione
dell’azienda sul mercato trovando nella soddisfazione e quindi nella fiducia del clien-
te il suo più valido e sicuro supporto, la sua più penetrante e producente forma di
pubblicità.
In definitiva come si vede nel corso di circa 30 anni il concetto di qualità si è
completamente trasformato.
a. Ieri la qualità riguardava solo il prodotto, oggi la qualità riguarda tutta
l’azienda;
b. eri la qualità era frutto di selezione, oggi la qualità è frutto del corretto fun-
zionamento di tutto il sistema aziendale.
XIII
Questo modo di pensare ed agire ha permesso alle aziende giapponesi di incre-
mentare la qualità dei loro prodotti con tassi notevolmente superiori a quelli caratte-
rizzanti la produzione di concorrenti europei.
Inoltre, il ruolo centrale occupato dal cliente in questa scuola di pensiero introduce
all’estensione del concetto di qualità al di fuori dell’azienda, intesa come luogo pura-
mente fisico. Da questo luogo si esporta dunque un modo di pensare al cliente e ai
suoi bisogni espressi ed inespressi, di soddisfarlo e deliziarlo. Con lo sviluppo del
terziario avanzato e con il proliferare di aziende offerenti non solo prodotti, ma servizi
sempre più diversificati, l’attenzione per questa tematica è divenuta sempre più im-
portante per la sopravvivenza delle aziende stesse.
Oggi il mercato è dunque dominato dal compratore che impone la "sua" legge e le
sue specifiche di prodotto e di assicurazione della qualità. Il fornitore si trova in posi-
zione di relativa debolezza e tratta quindi con l’acquirente instaurando nei fatti una
collaborazione che nel caso di due aziende prende il nome di comakership.
Questa collaborazione non è però esclusivamente di tipo industriale tra organiz-
zazioni ma tende a divenire globale ed estendersi al mercato tutto. Anche il consu-
matore singolo di fatto o tramite le sue associazioni o interpellato singolarmente (vedi
questionari alberghi, auto ecc.), fa valere i suoi diritti ed esprime i suoi desideri che
l’industria ed i fornitori di servizi debbono soddisfare per piazzare i propri beni.
Il fornitore è costretto a valutare costantemente le esigenze del cliente, senza
mai far scendere le proprie prestazioni al di sotto delle stesse. Per contro la concor-
renza impone di contenere i costi. E’ allora evidente a questo punto che quando si
parla di qualità non la si deve interpretare nel senso di "il meglio del meglio" (dunque
non confonderla con ”eccellenza”), ma di equilibrio tra le prestazioni del bene fornito
e le aspettative dell’utilizzatore.
Fra le tante definizioni di qualità a questo punto sembra quindi molto efficace
quella di tipo matematico che la indica come rapporto tra le prestazioni e le aspet-
tative.
Se le prestazioni superano troppo ampiamente le aspettative il fornitore probabil-
mente ha un eccesso di costi che lo porta fuori mercato, in caso contrario il cliente
non sarà certamente soddisfatto.
XIV
Per tendere ad un ottimale “valore di pareggio” tra le prestazioni e le aspettati-
ve il rapporto fra cliente e fornitore deve tornare sempre più ad essere diretto.
E allora eccoci tornati sulla piazza del mercato (ma oggi è la piazza del merca-
to globale) nella quale il cliente e fornitore di nuovo si incontrano ma il vecchio "ca-
veat emptor" (se ne curi il compratore) è diventato invece una cura a carico del forni-
tore e che nel latino di oggi si chiama "customer satisfaction".
1.2 Evoluzione delle metodologie del CONTROLLO DI QUALITA’
Il controllo di qualità è quell’insieme di pratiche e tecniche esplicate sul pro-
dotto e sui processi produttivi che lo interessano durante tutto il suo ciclo di
vita (dalle materie prime alla vendita) che consente, date le specifiche di prodot-
to, di realizzare quando esso è conforme a tali specifiche e quando (e quanto)
non lo è. In tal caso, il controllo di qualità consente di misurare l’entità di tale sco-
stamento, la quale, in seguito ad elaborazioni statistiche e di processo, permette di
risalire alle cause che la hanno determinata.
Le metodologie per il controllo della qualità si sono sviluppate attraverso quattro
fasi principali:
1. Nella prima, che può essere posizionata all’inizio di questo secolo, la qualità
era affidata alle capacità dei singoli operai ed il controllo era costituito unicamente da
un’ispezione per verificare la conformità del prodotto finale ai requisiti richiesti.
2. A partire dal 1920 – essendo stati introdotti i primi sistemi di produzione in
serie – aumentarono le dimensioni delle aziende, da un lato, e la complessità dei
prodotti dall’altro. Si resero così necessari controlli intermedi, oltre che finali, eseguiti
da personale diverso da quello che eseguiva le lavorazioni. Nacquero quindi i servizi
di controllo qualità e le tecniche di controllo su base statistica.
3. Negli anni ‘50/’60, sotto la spinta del settore aerospaziale, si incrementò la
necessità di prescrizioni tecniche rigide (date da importanti caratteristiche finali di si-
curezza ed affidabilità del particolare prodotto), per cui il controllo qualità si estese ai
settori di progettazione ed approvvigionamento; divenne quindi una prassi comune la
XV
certificazione della qualità. Il controllo, comunque, rimase specifico e tendente a veri-
ficare unicamente i prodotti e le attività: non era pianificato e coordinato, ma aumen-
tava proporzionalmente all’aumentare delle prescrizioni e delle esigenze di affidabili-
tà e sicurezza. Tale metodologia non consentiva comunque di rilevare ed eliminare le
cause che avevano provocato il guasto o il difetto; tuttavia contribuì ad affermare sia
il concetto di garanzia della qualità (con la pianificazione di tutte le azioni che influen-
zano la qualità del prodotto), sia l’estensione del controllo a tali azioni.
4. Negli anni ’70 il controllo qualità cominciò a non essere più sinonimo di col-
laudo, ma diventò controllo totale. Vale a dire che, dalla semplice valutazione di cor-
rispondenza fra caratteristiche riscontrate e caratteristiche attese, si era passati ad
una valutazione globale della qualità del processo, del prodotto, del progetto, della
gestione aziendale, del marketing, e di tutte quelle attività che in qualche modo in-
fluenzano la qualità del prodotto, così come questa viene percepita dal cliente.
E’ quest’ultimo, quello della “qualità percepita”, un campo nuovo e motivo di studi
innovativi. Specialmente la difficoltà di definire e misurare la qualità percepita sta
stravolgendo i significati finora attribuiti a questo termine.
Dunque riassumendo, si può dire che la qualità nasce nell’industria manifatturiera
come conseguenza di due esigenze principali: assicurare la rispondenza del prodotto
a specifiche tecniche ben precise e garantire la sicurezza dell’utilizzatore.
Il prodotto è dunque stato il punto di partenza di questo concetto, che in seguito è
stato esteso ai processi produttivi a monte (diventando “quality assurance”) quando
ci si è preoccupati di rendere stabile ed affidabile il livello qualitativo, e l’esistenza di
un prodotto “tangibile” ha facilitato questa evoluzione e, di fatto, è l’industria manifat-
turiera (oggi quella culturalmente più evoluta in questo settore) che ha permesso lo
sviluppo dei concetti e delle tecniche che definiscono la qualità aziendale.
La qualità nel settore dei servizi è di più recente scoperta; si è infatti avvertita la
necessità di sviluppare concetti analoghi a quelli dell’industria manifatturiera, ma non
si è ancora raggiunto lo stesso livello evolutivo nella loro definizione e
nell’individuazione delle tecniche che determinano la qualità del settore.
Comunque sempre presente deve essere tenuta la differenza sostanziale tra i due
“tipi” di prodotto: quello dei servizi è l’effetto del “confezionamento” di una serie di
XVI
processi, e non è caratterizzato da alcuna “tangibilità”, anche se è necessario defini-
re delle caratteristiche che riescano a descriverlo e a precisare quali siano le sue
prestazioni qualificanti.
1.3 Origini ed evoluzione dei Sistemi di Gestione per la Qualità
L'origine dei Sistemi Qualità va ricercata nella esigenza, sentita da primarie azien-
de nordamericane già negli anni '50, di individuare modelli organizzativi in grado di
assicurare e supportare la qualità dei propri prodotti lungo tutto il loro ciclo di vita. La
dimostrata validità di tali modelli ha spinto le aziende ad esportarne l'adozione anche
presso i propri principali fornitori, al fine di estendere la copertura del proprio Sistema
Qualità anche a fasi operative fuori dal diretto controllo delle aziende stesse.
E' da qui che hanno origine, a partire dagli anni '60, i cosiddetti "Quality Assuran-
ce Programs" (Programmi di Assicurazione Qualità) richiesti contrattualmente ai for-
nitori con il dichiarato scopo di "assicurare la qualità" delle forniture.
Le possibilità offerte da questi nuovi modelli organizzativo-gestionali non sono
sfuggite ai grossi acquirenti ed in particolare al settore militare, dove sono primarie
le esigenze di affidabilità e di sicurezza delle forniture. Appositi capitolati contrattuali,
noti in ambito NATO sotto le sigle AQAP, hanno precisato gli impegni dei fornitori in
relazione a tali "Quality Assurance Programs".
Dal settore militare questo approccio si è successivamente diffuso ad altri settori
industriali, da quello nucleare (anni '70) a quello dell'off-shore (fine anni '70), a quello
dell'impiantistica in generale, ed ovunque vi fossero motivi di sicurezza e/o di affida-
bilità dei prodotti/impianti, o di protezione degli investimenti.
L’esigenza di evitare la proliferazione, già avvertita, di prescrizioni contrattuali set-
toriali e/o di norme nazionali, ha stimolato l'intervento dell'ISO che, attraverso un ap-
posito Comitato Tecnico, il TC 176, ha emesso una serie di norme a validità interna-
zionale, ed in particolare le ISO 9001, 9002 e 9003, pubblicate nel 1987 e revisionate
nel 1994.Va rilevato che a fianco di tali norme sono state emesse anche delle norme-
XVII
guida, non contrattuali, come la ISO 9004-1, che in un certo senso riprendevano, ma
ad uso interno dei vertici aziendali, i modelli organizzativo-gestionali originari.
Con l'adozione di queste norme (e della ISO 9001, in particolare, sotto la spinta di
richieste contrattuali o di mercato) e con i benefici sul libero scambio derivanti dalla
loro ampia diffusione internazionale, si è evidenziato un concetto determinante: la
qualità non può essere circoscritta ad aspetti esclusivamente tecnici, ma richiede un
inquadramento di tipo gestionale, voluto e sostenuto dai vertici aziendali. L’impulso
trasmesso in tal senso all’intera organizzazione dai propri vertici è un elemento fon-
damentale per l’implementazione di un Sistema Qualità, auspicabile sempre per ali-
mentare il motore del cambiamento verso il miglioramento.
Le esperienze applicative acquisite con l’adozione, sia in campo manifatturiero
che, successivamente, in quello dei servizi hanno stimolato la rivisitazione delle nor-
me stesse ed una miglior razionalizzazione dei loro contenuti, per renderle più ade-
renti alle evoluzioni delle tecniche organizzative ed alle esigenze delle organizzazioni
e per caratterizzarle ancora più come veri e propri "Sistemi di Gestione per la Quali-
tà" (il loro nuovo nome).
Queste norme, inquadrate sotto la sigla "Vision 2000", sono state appena pubbli-
cate (in Italia il 21 dicembre 2000), con le sigle ISO 9001:2000, ad uso contrattuale e
certificativo, ed ISO 9004:2000, come "linee guida per il miglioramento delle presta-
zioni". La ragione principale della revisione delle norme serie ISO 9000 è quella di of-
frire ai loro utilizzatori l'opportunità di fornire valore aggiunto alle proprie attività e di
migliorare con continuità le prestazioni, focalizzandosi sui principali processi dell'or-
ganizzazione.
Sono state fatte ampie indagini, a livello mondiale, per capire le esigenze di tutti gli
utilizzatori dei Sistemi Gestione Qualità. Le nuove revisioni tengono anche conto del-
le esperienze accumulate con la adozione di Sistemi di Gestione per la Qualità ri-
spondenti alle revisioni 1987 e 1994 delle norme e dell'evolversi dei sistemi gestionali
in genere. Ciò contribuirà ad un più stretto collegamento dei Sistemi Gestione Qualità
con le esigenze dell'organizzazione e con le modalità con cui esse conducono le
proprie attività.