2
La stesura e la discussione della tesi di Laurea rappresentano senza dubbio uno dei
“passaggi formali” più significativi nel cammino di crescita formativa e professionale
di ogni individuo. È per questa ragione che, accingendomi ad attraversare tale passag-
gio, sorge in me spontanea la necessità di ringraziare quanti hanno accompagnato il mio
percorso universitario.
Il debito di riconoscenza più grande non può che essere verso la mia famiglia ed in
particolar modo verso i miei genitori, che hanno saputo sostenermi e consigliarmi sem-
pre nel modo migliore, anche nei momenti più critici.
Il ricordo di questi anni non potrà mai prescindere da tutti gli autori della “Garanti-
to al limone”, ed in special modo da Marco e Annalisa, che hanno quotidianamente
condiviso con me una vasta mole di lavoro e di studio. Senza il loro aiuto tutto sarebbe
stato molto più faticoso e difficile.
È impossibile, poi, dimenticare l’infinita pazienza, l’altissimo impegno professio-
nale profusi dalla Dott.ssa Manuelita Meloni. Il suo sostegno è stato semplicemente es-
senziale.
Un ringraziamento particolarmente sentito per la grande disponibilità concessami
va infine ad Aldo e Alessandra Imerito ed a tutto lo staff amministrativo del gruppo E-
cotec gestione servizi, la cui profonda esperienza in campo aziendale è stata per me un
autentico tesoro.
3
Capitolo I
LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA
1.1. Le origini della pianificazione
La pianificazione può essere inizialmente definita come quel “processo con cui si
cerca di costruire un determinato futuro e di predisporre i mezzi più validi per far sì che
esso si realizzi”
1
. Confinare il concetto di pianificazione all’interno di una definizione
risulta compito non facile, soprattutto considerando che tale definizione di carattere ge-
nerale dovrebbe adattarsi alle infinite peculiarità delle singole aziende
2
.
La pianificazione è senza dubbio uno dei momenti più delicati e decisivi del pro-
cesso decisionale che è quotidianamente affrontato, per spontanea necessità, dai vari
livelli di management
3
. È possibile inoltre affermare che probabilmente il processo di
pianificazione sia quello con cui il management riesce ad imprimere all’intera attività
d’azienda, con maggior efficacia, la propria idea d’impresa.
Ai fini dell’analisi che segue diventa quindi essenziale inquadrare con precisione il
concetto di pianificazione. Inizialmente occorrerà accennare, in modo almeno somma-
rio, ai diversi modelli di pianificazione che si sono succeduti nel tempo
4
.
Durante gli anni Cinquanta cominciò ad essere introdotta negli ambienti aziendali,
la c.d. pianificazione di lungo termine (anche conosciuta come long range planning).
Quest’ultima traeva la propria giustificazione logica da un’analisi di tipo estrapolativo.
Partendo dallo studio dei trends del passato, ogni reparto aziendale predisponeva i pro-
pri piani, che confluivano alla fine nel piano aziendale
5
.
Tuttavia, a partire dalla fine degli anni Sessanta, crebbe il grado di turbolenza
dell’ambiente e sempre più frequentemente si manifestarono fenomeni di discontinuità
1
L. BRUSA, F. DEZZANI, Budget e controllo di gestione, Giuffrè, Milano, 1983, p. 3.
2
“La pianificazione d’azienda si esplica in operazioni e sistemi di operazioni estremamente vari in ragio-
ne del diverso oggetto delle aziende e delle molteplici e sempre mutevoli circostanze nelle quali la gestio-
ne si svolge” P. ONIDA, Economia d’azienda, UTET, Torino, 1985, p. 257.
3
L’attività di pianificazione sorge come spontanea esigenza del soggetto economico d’azienda. È per
questo motivo che spesso, soprattutto nelle realtà aziendali minori, essa assume forma implicita. Come
verrà chiarito in seguito, tale forma di pianificazione deve essere rifiutata con forza: il processo di pianifi-
cazione deve essere esplicitato. Cfr. R. ZANDA, Comportamenti strategici e nuove esigenze aziendali,
CEDAM, Padova, 1994, p. 57 e ss.
4
L’utilità di tale excursus è ancora più grande se si tiene conto dell’accentuato dinamismo ambientale cui
le imprese moderne hanno dovuto far fronte negli ultimi anni. Cfr. R. ZANDA, Comportamenti strategici e
nuove esigenze aziendali, op. cit., p. 6 e ss. e P. F. CORREGGIOLI, R. MORONI, Contabilità e controllo di
gestione, De Vecchi, Milano, 1999, p. 7 e ss.
5
Il flusso informativo in questo tipo di pianificazione presupponeva quindi una logica bottom – up (veni-
va cioè originato ai livelli bassi della gerarchia per raggiungere poi quelli più alti).
4
nelle dinamiche evolutive. In questo contesto, divenuto improvvisamente instabile, la
logica estrapolativa appena delineata apparve incapace di garantire all’azienda uno
strumento sufficientemente affidabile
6
. Si passò così, attraverso un processo logico non
sempre lineare, “dalla pianificazione per estrapolazione alla pianificazione per anticipa-
zione”
7
.
Il nuovo concetto di pianificazione (chiamato pianificazione strategica) si concen-
tra sulla struttura dei mercati e della loro redditività, in modo da poter conquistare una
posizionamento strategico forte e difendibile
8
. La pianificazione strategica, figlia di un
contesto ambientale sempre più turbolento, si pone come obiettivo quello di “realizzare
nell’impresa un soddisfacente processo di innovazione e cambiamento”
9
attraverso ana-
lisi ambientali disaggregate per aree strategiche d’affari
10
.
La pianificazione strategica si articola quindi, come verrà specificato meglio in se-
guito, in diversi “piani gerarchici”: corporate, area strategica d’affari e funzione
11
. È
tuttavia necessario ricordare che ogni sistema di pianificazione “dovrebbe essere realiz-
zato su misura, in modo da possedere quell’insieme di capacità, unico nella sua specifi-
cità, necessarie a una data impresa.”
12
. E’ quindi improbabile che possa esistere un ap-
proccio alla pianificazione universalmente accettato e standardizzato.
Da notare che, più recentemente (metà degli anni Settanta), al fianco della pianifi-
cazione strategica si è sviluppato un nuovo sistema di pianificazione denominato ge-
stione strategica
13
. La gestione strategica viene “identificata come un approccio gestio-
nale integrato che riunisce tutti i singoli elementi coinvolti nella pianificazione,
nell’attuazione e nel controllo di una strategia operativa”
14
. A tal fine la gestione strate-
gica si integra con la pianificazione strategica (di cui conserva l’articolazione), e si pro-
6
“In un ambiente post-OPEC e post-recessione, credere in una crescita non perturbata pare poco pertinen-
te. È per questo che la pianificazione non dovrebbe mai diventare un processo di estrapolazione, che de-
prime la creatività” P. LORANGE, Pianificazione strategica, McGraw-Hill, Milano, 1990, p. 25.
7
G. COZZI, G. FERRERO, Marketing, principi, metodi, tendenze evolutive, Giappichelli, Torino, 1996, p.
171.
8
Cfr. M. E. PORTER, La strategia competitiva – analisi per le decisioni, Compositori, Bologna, 1982, p. 2
e ss.
9
P. LORANGE, Pianificazione strategica, op. cit., p. 21.
10
Per area strategica d’affari deve intendersi un segmento di mercato che presenta fattori critici di succes-
so differenti rispetto a quelli degli altri segmenti.
11
Cfr. P. LORANGE, Pianificazione strategica, op. cit., p. 34 e ss.
12
P. LORANGE, Pianificazione strategica, op. cit., p. 30.
13
Anche denominato strategic management; cfr. G. COZZI, G. FERRERO, Marketing, principi, metodi,
tendenze evolutive, op. cit., p. 173 e K. WARD, La nuova contabilità gestionale, Franco Angeli, Milano,
1994, p. 58 e ss.
14
K. WARD, La nuova contabilità gestionale, op. cit., p. 15.
5
pone di focalizzare maggiormente l’attenzione del management sulla conquista di van-
taggi competitivi
15
e sull’importanza della strategia aziendale adottata
16
.
La gestione strategica, al pari della pianificazione strategica, opera nell’ottica di un
continuo sforzo volto ad assumere una posizione attiva nei confronti dell’ambiente e-
sterno, al fine di prevedere, anticipare e provocare i cambiamenti nel modo più favore-
vole per l’impresa (impresa che diventa così proattiva
17
).
1.2. Contenuto della pianificazione
Dopo aver accennato brevemente all’evoluzione storica della pianificazione
18
, si
cercherà di evidenziarne ora il contenuto. La pianificazione deve intendersi, almeno in
prima battuta, come quel processo aziendale volto all’individuazione degli obiettivi a-
ziendali e della strategia per raggiungerli
19
. La scelta della strategia, a sua volta, è de-
terminata da una “continua mediazione” tra diversi elementi interni ed esterni
all’azienda stessa
20
(vedasi figura 1.1).
Fig. 1.1 – Quadro di riferimento per la formulazione della strategia
15
Tali vantaggi devono “consentire di offrire al consumatore un beneficio percepito superiore a quello dei
concorrenti. L’attenzione non si concentra più prevalentemente sulla ricerca di mercati attrattivi, ma sulle
strategie competitive per acquisire, sviluppare e difendere vantaggi competitivi significativi”. G. COZZI,
G. FERRERO, Marketing, principi, metodi, tendenze evolutive, op. cit., p. 173.
16
La gestione strategica pone in secondo piano la tradizionale analisi di settore: per conseguire una soddi-
sfacente redditività, le capacità competitive e le strategie dell’impresa sono considerate più importanti
dell’attrattività del settore occupato dall’impresa stessa.
17
Cfr. G. COZZI, G. FERRERO, Marketing, principi, metodi, tendenze evolutive, op. cit., p. 51 e ss.
18
A partire da questo momento per pianificazione si intenderà la pianificazione strategica.
19
La strategia è intesa, in questo contesto, come l’azione aziendale capace di determinare un equilibrio
dinamico (omeostasi) tra l’impresa e l’ambiente, collegandoli; cfr. M. E. PORTER, La strategia competiti-
va – analisi per le decisioni, op. cit., p. 11.
20
Cfr. M. E. PORTER, La strategia competitiva – analisi per le decisioni, op. cit., p. 4.
Forze e debolezze
aziendali
Orientamenti del-
la direzione
Strategia
Minacce ed op-
portunità
Aspettative
dell’ambiente
6
Nel rispetto del principio di contingenza
21
(tenendo quindi conto della realtà varia e
variabile all’interno delle differenti imprese) è possibile compiere alcune affermazioni
di carattere generale sulla pianificazione:
- essa, tenendo conto delle caratteristiche attuali e prospettiche
dell’ambiente circostante
22
, stabilisce gli obiettivi di medio – lungo
termine dell’azienda
23
e definisce le strategie da perseguire per il loro
conseguimento
24
, indicando le risorse necessarie;
- la pianificazione comporta un processo che deve essere esplicitato (nel
senso che il management dovrà produrre un documento formale) in
modo tale da farlo divenire patrimonio dell’intera azienda (e non solo
del vertice), e soprattutto in modo da garantire il coordinamento azien-
dale
25
;
- la pianificazione deve necessariamente articolarsi su più livelli
26
. Se-
guendo l’impostazione di P. Lorange, se si prende in considerazione
una impresa strutturata per divisioni (ma il discorso è valido, così come
specifica l’autore stesso, anche per tutte le altre imprese) sarà facile i-
dentificare la direzione centrale (che cercherà di garantire un vantag-
gioso posizionamento dell’impresa nel suo complesso, realizzando un
corretto equilibrio fra le divisioni), le varie divisioni, e, all’interno del-
le divisioni, le unità specializzate nei diversi compiti funzionali. Si de-
finiranno così tre livelli di pianificazione: livello corporate, area stra-
tegica d’affari (ovvero livello di divisione) e funzione
27
. È importante
sottolineare che fra i vari livelli sussiste una gerarchia precisa (il man-
cato raggiungimento di un obiettivo a livello funzionale infatti potreb-
be inficiare il conseguimento dell’intero obiettivo generale)
28
;
21
Cfr. G. USAI, L’efficienza nelle organizzazioni, UTET, Torino, 1990, p. 33 e ss.
22
L’analisi della dinamica ambientale è compiuta in fase di previsione. Tale attività, logicamente distinta
dalla pianificazione, sarà oggetto di trattazione nei paragrafi successivi.
23
“La pianificazione copre, in genere, un orizzonte temporale di 3 – 5 anni (…) il piano definisce gli o-
biettivi globali di lungo termine”, L. BRUSA, F. DEZZANI, Budget e controllo di gestione, op. cit., p. 23.
24
Cfr. G. COZZI, G. FERRERO, Marketing, principi, metodi, tendenze evolutive, op. cit., p. 164 e ss.
25
“Un processo esplicito di pianificazione strategica offre vantaggi sostanziali, assicurando che le politi-
che delle varie aree funzionali convergano in modo coordinato verso il raggiungimento degli obiettivi”,
M. E. PORTER, La strategia competitiva – analisi per le decisioni, op. cit., pag. 1.
26
Cfr. L. BRUSA, F. DEZZANI, Budget e controllo di gestione, op. cit., p. 21
27
Cfr. P. LORANGE, Pianificazione strategica, op. cit., p. 34.
28
“Si determina una gerarchia mezzi – fini che collega gli obiettivi perseguiti dai vari livelli della gerar-
chia aziendale in una rete sistemica di prestazioni reciproche. I livelli inferiori potranno esercitare
un’influenza sulle decisioni di interesse più generale a seconda che il sistema di pianificazione sia impo-
stato in modo top-down o bottom-up”; G. COZZI, G. FERRERO, Marketing, principi, metodi, tendenze evo-
lutive, op. cit., p. 178.
7
- relativamente alle scelte di livello corporate, esse dovranno determina-
re un “orientamento strategico di fondo”
29
. A questo livello sarà deci-
so: in quale aree strategiche d’affari operare, l’attribuzione delle risorse
alle varie divisioni, il coordinamento ed il controllo strategico, la defi-
nizione di eventuali accordi con altre imprese, l’attribuzione di respon-
sabilità e gli ambiti di autonomia
30
;
- il livello di pianificazione successivo è quello di area strategica
d’affari. Compito della strategia sarà la ricerca di una sempre migliore
posizione competitiva all’interno di una determinata area d’affari. Tale
obiettivo potrà essere raggiunto cercando di individuarne i segmenti
che paiono essere più attrattivi, sviluppando attività supplementari a
quelle già esistenti, oppure determinando una migliore allocazione del-
le risorse;
- l’ultimo livello è quello funzionale. A questo livello si pianifica
l’attività delle funzioni aziendali (per esempio marketing, produzione,
R&S, ecc.) operanti nell’ambito di una stessa area strategica d’affari. Il
piano funzionale deve contribuire al successo di un’area d’affari, ope-
rando sulle variabili strategiche affidate alle singole funzioni aziendali
dalle scelte di livello corporate. Importante sottolineare la necessità
che i vari piani funzionali siano redatti in chiave interfunzionale, al fi-
ne di evitare una loro possibile sub-ottimizzazione;
- la gerarchia fra i diversi livelli di pianificazione (che deve essere ben
definita
31
), non ne deve però ostacolare il coordinamento, “nel modello
proposto, infatti, la formulazione dei piani avviene sempre attraverso
l’interazione tra i managers dei vari livelli. Si passa così dalla defini-
zione degli orientamenti generali alla loro progressiva specificazio-
ne”
32
;
- la pianificazione, infine, non deve rispondere ad uno schema rigido, ma
deve essere flessibile: come già ampiamente sottolineato essa “deve es-
29
L’espressione è di V. CODA, L’orientamento strategico dell’impresa, UTET, Torino, 1988, p. 67.
30
Cfr. G. COZZI, G. FERRERO, Marketing, principi, metodi, tendenze evolutive, op. cit., p. 178. e P. LO-
RANGE, Pianificazione strategica, op. cit., p. 34.
31
“E’ un requisito necessario che un sistema di pianificazione strategica sia gerarchico” P. LORANGE,
Pianificazione strategica, op. cit., p. 36.
32
G. COZZI, G. FERRERO, Marketing, principi, metodi, tendenze evolutive, op. cit., p. 179.
8
sere uno strumento capace di adattarsi ai mutamenti imprevisti e, quin-
di, essere aggiornato in ogni momento”
33
.
Si giunge così a definire la pianificazione come quel processo flessibile nel quale
“si definiscono gli obiettivi di fondo della gestione aziendale e si individuano le linee
strategiche per raggiungerli. Tale processo è proiettato in un lasso di tempo futuro piut-
tosto lungo”
34
, è orientato alla gestione della turbolenza ambientale e si articola in piani
di livello corporate, area strategica d’affari e funzione.
1.3. La previsione
Il processo di pianificazione in senso stretto (ovvero quello volto alla redazione del
piano) è preceduto temporalmente e logicamente da un’altra importante attività azienda-
le: la previsione. La previsione è un’attività complessa, che si propone di analizzare:
1) la situazione ambientale ed interna di partenza;
2) i punti di forza e di debolezza dell’impresa rispetto alle altre imprese del set-
tore;
3) le prevedibili evoluzioni delle variabili ambientali.
Come giustamente afferma K. Ward, il punto di partenza più logico per il processo
di pianificazione strategica è quello prendere in considerazione la situazione attuale
dell’impresa e le sue possibili evoluzioni
35
. Quindi, in relazione al punto sub 1), l’analisi
della situazione ambientale di partenza dovrà comporsi dello studio dell’ambiente di
“riferimento generale”, dell’ambiente di “primo riferimento”, dell’ambiente “operati-
vo”
36
e dell’impresa nel suo interno (tale scomposizione risulta necessaria per poter ren-
dere gestibile l’evidente complessità ambientale).
Cronologicamente, lo studio dei vari ambienti dovrebbe precedere l’analisi
dell’attività interna all’impresa. Questa sequenza, come suggeriscono Brusa e Dezza-
ni
37
, risulta consigliabile perché anteponendo l’analisi ambientale, si potranno mettere in
maggiore evidenza i vincoli e le opportunità esterne rispetto a quelle interne. Tenuto
33
L. BRUSA, F. DEZZANI, Budget e controllo di gestione, op. cit., p. 8.
34
L. BRUSA, F. DEZZANI, Budget e controllo di gestione, op. cit., p. 49.
35
Cfr. K. WARD, La nuova contabilità gestionale, op. cit., p. 41.
36
Per maggiori approfondimenti sui concetti di ambiente generale, di primo riferimento e operativo cfr.
G. USAI, L’efficienza nelle organizzazioni, op. cit., p. 96 e ss.
37
L. BRUSA, F. DEZZANI, Budget e controllo di gestione, op. cit., p. 9.
9
conto che l’impresa opera in un ambiente altamente instabile
38
, questo modo di procede-
re risulta certamente più adeguato.
I dati raccolti durante il processo di previsione sono spesso troppi, di incerta valuta-
zione ed incompleti rispetto alle necessità. Per giungere ad un quadro ordinato ed atten-
dibile delle prospettive e delle alternative d’azione, è bene precisare che sarà necessario
compiere una attenta selezione delle informazioni ottenibili.
Lo studio dell’ambiente di riferimento generale è volto alla costruzione di un qua-
dro dell’ambiente che circonda l’impresa. Saranno quindi oggetto di osservazione le va-
rie componenti culturali, sociali, politico-legislative, tecnologiche ed economiche.
L’ambiente di riferimento generale (e la stazionarietà, ciclicità o dinamismo che lo pos-
sono caratterizzare) può avere forti capacità di influenza sulle scelte di indirizzo del
management
39
. Basti precisare che il condizionamento dell’ambiente generale
sull’impresa può assumere molteplici forme, infatti esso:
- concorre a determinare la disponibilità ed il costo delle risorse fisiche,
finanziarie ed umane;
- influisce sulle infrastrutture, sui servizi e sulle economie esterne di cui
le imprese possono usufruire;
- contribuisce a far evolvere la struttura competitiva, mediante lo svilup-
po di nuove tecnologie e di nuovi vincoli legislativi.
L’impresa è influenzata non soltanto dall’ambiente di riferimento generale, ma ri-
sente in maniera più diretta dei vincoli e delle opportunità che si manifestano nel settore
di sua appartenenza
40
. Per settore si intende “un gruppo di imprese che produce beni che
sono intercambiabili l’uno rispetto all’altro”
41
, quindi il settore rappresenta l’ambiente
competitivo dell’impresa. Tenendo conto del fatto che, come è ormai universalmente
riconosciuto, gran parte della redditività potenziale di un’impresa dipende dal settore in
cui essa opera, lo studio delle caratteristiche del settore stesso si rivela estremamente
38
Cfr. E. GIUDICI, I mutamenti nelle relazioni impresa–ambiente, Giuffrè, Milano, 1997, p. 13 e ss.
39
Al fine di poter analizzare la rilevanza dei vari elementi ambientali di carattere generale si rimanda al
modello di flusso per l’identificazione dei fattori critici ambientali in E. VALDANI, Marketing strategico.
Un’impresa proattiva per sviluppare capacità market driving e valore, ETAS, Milano, 1995, p. 217.
40
Tali vincoli ed opportunità sono riscontrabili sia a livello di ambiente di primo riferimento (che racco-
glie le specificità socio-economiche più prossime all’impresa), sia in quello operativo (che raccoglie gli
stake holders); cfr. G. USAI, L’efficienza nelle organizzazioni, op. cit., p. 101 e ss.
41
M. E. PORTER, La strategia competitiva – Analisi per le decisioni, op. cit., p. 13.
10
importante
42
. Seguendo l’impostazione di M. E. Porter, si può affermare che l’analisi
del settore si compie attraverso lo studio di “cinque fattori competitivi fondamentali”
43
:
- le minacce di nuove imprese entranti nel settore in cui si opera;
- le minacce di prodotti o servizi sostitutivi rispetto a quello prodotto;
- l’intensità della concorrenza fra le imprese presenti nel settore;
- il potere contrattuale dei fornitori;
- il potere contrattuale dei clienti.
Sempre secondo Porter, le cinque forze sopraelencate determinano (se considerate
congiuntamente) due fattori chiave nello studio del settore: l’intensità della concorrenza
ed i profitti potenziali del settore stesso (e quindi la sua attrattività). Un efficace e sinte-
tico metodo di studio del settore (e delle sue prospettive di sviluppo) si può ottenere con
una rappresentazione grafica dei principali raggruppamenti di imprese presenti nel setto-
re medesimo
44
.
Per quanto riguarda l’analisi della situazione interna all’impresa, obiettivo
dell’indagine è la valutazione delle capacità dell’azienda di far fronte alle tendenze
dell’ambiente esterno, sia adattandosi ai mutamenti, sia anticipandoli, sia provocandoli.
Dal punto di vista della pianificazione e gestione strategica risulterà essenziale definire
quali siano i fattori critici di successo del settore, e se l’impresa dispone al suo interno
delle capacità distintive necessarie per trasformare tali fattori critici in vantaggi compe-
titivi
45
. Saranno quindi oggetto di studio le singole funzioni aziendali (marketing, pro-
duzione, finanza, ecc.) nel tentativo di determinare:
- le capacità e le risorse possedute;
- la struttura dei costi;
- eventuali caratterizzazioni strutturali interne che possano limitare le al-
ternative strategiche e gli obiettivi praticabili.
42
Lo sviluppo dell’analisi di settore è un’attività molto complessa. In questa sede ci si limiterà ad indicar-
ne i principali elementi da considerare.
43
M. E. PORTER, La strategia competitiva – Analisi per le decisioni, op. cit., p. 11.
44
Ci si riferisce alla “Mappa del settore delle seghe circolari”; posto che per raggruppamento di imprese
si intende un insieme di imprese che persegue una strategia convergente, tale mappa consente di verifica-
re la posizione relativa di un raggruppamento rispetto agli altri presenti nel settore, mettendo così in evi-
denza eventuali barriere alla mobilità e i vari percorsi strategici seguiti. Cfr. M. E. PORTER, La strategia
competitiva – Analisi per le decisioni, op. cit., p. 144.
45
I vantaggi competitivi, in estrema sintesi, possono fondarsi su due basi: maggior valore creato nel pro-
dotto, oppure minori costi del prodotto stesso al consumo Cfr. G. COZZI, G. FERRERO, Marketing, princi-
pi, metodi, tendenze evolutive, op. cit., p. 200 e ss.
11
A questo proposito l’analisi della catena del valore
46
appare una metodologia utile
sia per cogliere eventuali possibilità di miglioramento, sia per operare confronti più
puntuali rispetto ai concorrenti (infatti la catena del valore considera sia il valore ag-
giunto generato dall’impresa, sia quello generato dal settore in cui essa opera)
47
.
Lo studio dell’ambiente generale, del settore e dell’attività interna all’impresa, si
perfeziona e si completa con l’analisi SWOT
48
. Tale analisi è volta alla determinazione
dei punti di forza e di debolezza relativi dell’impresa stessa, e quindi a chiarirne meglio
il posizionamento strategico relativo all’interno del settore di appartenenza
49
. Quello
della relatività è un aspetto molto importante delle analisi relative alla situazione attuale
di business. E’ infatti assolutamente necessario che tali analisi siano calate in un conte-
sto competitivo: i valori assoluti (es.: affermare che il “nostro” prodotto è di buona qua-
lità) non hanno alcun senso, ha invece molta importanza comprendere la posizione rela-
tiva dell’impresa nei confronti delle concorrenti
50
.
Il processo di previsione termina con lo studio della probabile evoluzione delle va-
riabili ambientali interne ed esterne appena descritte. Uno degli strumenti tradizional-
mente più utilizzati a tal proposito è quello degli scenari
51
. La ricerca scientifica più re-
cente, inoltre, ha portato alla scoperta che la statistica, potendo misurare e simulare con
discreta precisione le dinamiche ambientali, è in grado di imbrigliarle nelle sue formule
e nei suoi processi logici. Il soggetto economico può quindi oggi disporre di migliori
strumenti per valutare le opportunità offerte dalle diverse alternative d’azione. In prati-
ca, dopo aver definito le alternative strategiche perseguibili, si compiranno delle simu-
lazioni matematiche (che potranno anche usufruire di dati provenienti da impianti pilo-
ta), per consentire al manager di compiere la scelta migliore in termini di efficienza ope-
rativa. “Simulare la gestione futura per sperimentare le proprie scelte ed i risultati otte-
nibili è come vivere due volte la vita aziendale, per provare nella prima ciò che renderà
la seconda più facile e vincente”
52
. In conclusione si può quindi affermare che l’attività
46
Per una completa analisi della catena del valore cfr. M. E. PORTER, Il vantaggio competitivo, Comunità,
Milano, 1987.
47
Cfr. G. COZZI, G. FERRERO, Marketing, principi, metodi, tendenze evolutive, op. cit., p. 225 e ss.
48
SWOT sta per Strengths (forze), Weaknesses (debolezze), Opportunities (opportunità), Threats (minac-
ce). L’analisi SWOT, se compiuta correttamente, dovrebbe porre in risalto i più importanti fattori di suc-
cesso per l’impresa e quindi far comprendere quali cambiamenti strategici possono essere vantaggiosi.
Cfr. G. COZZI, G. FERRERO, Marketing, principi, metodi, tendenze evolutive, op. cit., p. 188 e ss.
49
Cfr. P. LORANGE, Pianificazione strategica, op. cit., p. 30.
50
Cfr. K. WARD, La nuova contabilità gestionale, op. cit., p. 43.
51
Per ovvie ragioni espositive risulta impossibile descrivere in modo diffuso il concetto di scenario in
questa sede, si rimanda a M. E. PORTER, La strategia competitiva – Analisi per le decisioni, op. cit., p.
147 e ss. e L. BRUSA, F. DEZZANI, Budget e controllo di gestione, op. cit., p. 18.
52
S. BERNARDI, Il controllo di gestione ed il budget per la piccola impresa, De Vecchi, Milano, 2000, p.
5.
12
di previsione risulta “immanente al razionale svolgimento delle operazioni aziendali. La
continuità dell’attività di previsione è garanzia di un operare consapevole”
53
.
1.4. Le fasi del processo di pianificazione
Da quanto detto emerge che solo dopo aver condotto una approfondita previsione si
potrà correttamente intraprendere il processo di pianificazione in senso stretto
54
. Le
principali tappe logiche di tale processo sono:
1) definizione degli obiettivi (globali ed intermedi);
2) formulazione delle strategie (corporate, di area strategica d’affari e funziona-
li) per raggiungere i prestabiliti obiettivi;
3) redazione dei piani ai livelli corporate, di area strategica d’affari e funziona-
le;
4) approvazione dei piani da parte degli organi competenti, esecuzione e con-
trollo dei medesimi.
1.4.1. Definizione degli obiettivi
Dato che determinare gli obiettivi significa delineare il futuro dell’azienda
55
, la de-
finizione degli obiettivi stessi rappresenta il momento fondamentale della pianificazio-
ne.
Il processo di definizione degli obiettivi deve rivolgersi sia all’impresa intesa nel
suo complesso, sia allo specifico delle unità organizzative in cui è suddivisa la sua atti-
vità. Solitamente la definizione degli obiettivi rispetta infatti il seguente ordine
56
:
a) obiettivi globali che si riferiscono all’azienda nel suo complesso (tali obietti-
vi si intendono quindi a livello corporate);
b) obiettivi intermedi che si riferiscono alle singole unità dell’impresa (aree
funzionali e funzioni aziendali).
53
G. USAI, L’efficienza nelle organizzazioni, op. cit., p. 149.
54
Alcuni autori (ad esempio P. Lorange) comprendono all’interno del concetto di pianificazione strategi-
ca anche la previsione. A parere di chi scrive tale impostazione potrebbe risultare poco chiara e si è quindi
optato per separare i momenti logici di previsione (relativo all’analisi delle dinamiche ambientali) e di
pianificazione (relativo alla definizione di obiettivi e strategie).
55
Il processo di definizione degli obiettivi, a sua volta, può essere scomposto in due momenti logici: pro-
blem solving e decision making. Cfr. G. USAI, L’efficienza nelle organizzazioni, op. cit., p. 136 e ss.
56
Cfr. L. BRUSA, F. DEZZANI, Budget e controllo di gestione, op. cit., p. 21.
13
Gli obiettivi globali determinano come conseguenza logica gli obiettivi di livello
inferiore, questi ultimi sono legati ai primi da un vincolo di strumentalità. Nel caso in
cui gli obiettivi inferiori non possano essere raggiunti, sarà infatti necessario modificare
coerentemente l’obiettivo globale dell’impresa (si applica, in questo caso, il principio
del second best
57
). Da ciò si deduce che:
- gli obiettivi di livello superiore influenzano profondamente la determi-
nazione degli obiettivi inferiori;
- parallelamente, gli obiettivi inferiori, seppur gerarchicamente meno ri-
levanti, possono convalidare o meno la possibilità di raggiungere gli
obiettivi superiori.
Per comprendere meglio come il sistema di obiettivi sia determinato gerarchi-
camente dall’alto verso il basso, ma sia anche influenzato dal basso verso l’alto, si pren-
da in considerazione la seguente fig. 1.2
58
.
Obiettivi
di 1° livello
Determinano Convalidano
Obiettivi
di 2° livello
(sono anche mezzi per otte-
nere gli obiettivi di 1° livello)
Obiettivi
di 4° livello
(sono anche mezzi per otte-
nere gli obiettivi di 3° livello)
Obiettivi
di 3° livello
(sono anche mezzi per otte-
nere gli obiettivi di 2° livello)
Determinano Convalidano
Determinano Convalidano
Determinano Convalidano
Ecc.
Livello
AZIENDA
Livello
FUNZIONE
Livello
STABILIMENTO
Livello
REPARTO
Azienda struttura ta
PER FUNZIONI
Livello
AZIENDA
Livello
DIVISIONE
Livello
FUNZIONE
Livello
REPARTO
Azienda struttura ta
PER DIVISIONI
Fig. 1.2 – Il sistema degli obiettivi aziendali
57
Cfr. G. USAI, L’efficienza nelle organizzazioni, op. cit., p. 135.
58
Nella fig. 1.2 si fa riferimento ad un’impresa strutturata per divisioni e ad una per funzioni. L’impatto
della struttura organizzativa ha sul controllo di gestione sarà studiato nel corso del capitolo successivo.
14
La pianificazione, come già accennato, copre un arco temporale abbastanza ampio
(dai 3 ai 5 anni). Se gli obiettivi generali d’impresa fossero volti ad una cieca rincorsa
alla massimizzazione del profitto a breve, non si riuscirebbe a tener conto delle minacce
e delle possibilità di sviluppo generate dalla dinamica ambientale nell’arco di tempo
considerato. Proprio al fine di non soccombere davanti all’innovazione ed al cambia-
mento, ma anzi di trarre da essi profitto, è necessario stabilire obiettivi generali di lungo
termine volti all’innovazione ed aperti verso l’ambiente
59
.
In sintesi, gli obiettivi, sia globali che intermedi, dovrebbero indicare in che modo
generare vantaggio dalle minacce e opportunità ambientali
60
.
Nonostante la definizione degli obiettivi richieda un notevole sforzo di astrazione,
bisogna evitare di tramutare l’obiettivo stesso in una enunciazione artificiosa, priva di
riferimenti pratici. Come ricordano diversi autori, gli obiettivi devono essere infatti pre-
cisi e specifici in termini di mercati e prodotti, e la loro definizione non può prescindere
dalle logiche che governano il settore di appartenenza dell’impresa
61
. Di conseguenza
fra i compiti fondamentali degli obiettivi di ordine globale si segnalano:
- la decisione di porre maggiore enfasi su traguardi di lungo termine
(crescita generale dell’impresa nel settore) o di breve termine (ad e-
sempio conseguimento di un ROI elevato);
- l’individuazione del portafoglio prodotti e delle conseguenti politiche
di acquisizioni e disinvestimenti;
- la definizione della posizione competitiva da raggiungere all’interno
del settore, in relazione a quella occupata dai concorrenti;
- la fissazione del saggio di rendimento del capitale investito (o di altro
indice ad esso assimilabile) da assumere come traguardo;
In riferimento agli obiettivi intermedi, si è già accennato al particolare nesso di
strumentalità che li lega agli obiettivi globali. Gli obiettivi intermedi possono riferirsi
sia alle singole funzioni aziendali
62
, che alle aree strategiche d’affari. Cercare tuttavia di
59
“La definizione degli obiettivi è una fase estremamente critica del processo di pianificazione, in quanto
dovrebbe promuovere quel clima creativo ed innovativo, rivolto verso l’ambiente, che è una caratteristica
della buona pianificazione”. P. LORANGE, Pianificazione strategica, op. cit. p. 47.
60
Per raggiungere tale scopo risultano fondamentali le analisi svolte in sede di previsione:
l’evidenziazione dei segmenti del settore col miglior potenziale di crescita, l’analisi dei punti di forza e
debolezza relativi, la previsione degli effetti di un improvviso evento innovativo, ecc.
61
A tal proposito cfr. P. LORANGE, Pianificazione strategica, op. cit., p. 48 e G. USAI, L’efficienza nelle
organizzazioni, op. cit., p. 151.
62
Ad esempio un possibile obiettivo della funzione marketing potrebbe essere quello di raggiungere un
determinato volume di vendite o una determinata immagine sul mercato; un possibile obiettivo della fun-
zione di produzione potrebbe riguardare la qualità dei prodotti o il livello dei costi di produzione, ecc.
15
teorizzare il contenuto degli obiettivi intermedi risulta operazione ardua, soprattutto te-
nendo conto del fatto che la loro natura è molto meno astratta rispetto a quella degli o-
biettivi di grado superiore
63
.
È comunque possibile affermare che gli obiettivi intermedi debbano essere struttu-
rati in modo da formare un sistema, ovvero fra essi deve essere presente un elevato gra-
do di coordinamento
64
.
1.4.2. Definizione delle strategie
Nella fase di definizione degli obiettivi l’impresa ha formulato scelte precise sui
traguardi da raggiungere, il problema è ora quello di determinare quali vie gestionali
(quindi quali strategie) potranno condurre più facilmente a tali traguardi.
Al fine di garantire la migliore posizione possibile all’impresa nell’ambiente, la
strategia da adottare dovrebbe riuscire a valorizzare al massimo le competenze azienda-
li
65
, affrontando i problemi gestionali in modo creativo e nuovo, senza basarsi in modo
esclusivo sulle esperienze passate
66
.
L’assunzione di strategie (ovvero l’individuazione delle possibili alternative strate-
giche e la successiva scelta di una di queste) deve considerarsi come un processo conti-
nuo, pronto a registrare rapidamente eventuali minacce od opportunità ambientali. Tale
processo dovrebbe tendere alla definizione di un programma strategico aziendale unita-
rio, che garantisca una effettiva coerenza tra l’orientamento strategico stesso e i vari o-
biettivi aziendali precedentemente definiti
67
.
Per questa ragione anche le strategie, al pari degli obiettivi, sono suddivise in:
- strategie globali;
- strategie funzionali (relative quindi alle singole funzioni aziendali).
63
Poiché gli obiettivi intermedi saranno definiti in modo da riflettere le specificità proprie della singola
impresa, risulta impossibile, in questa sede, proporre uno schema sufficientemente sintetico del possibile
contenuto degli obiettivi intermedi stessi. Per una descrizione della piramide degli obiettivi aziendali cfr.
H. WEIHRICH, Produttività con l’MBO, McGraw Hill, Milano, 1987, p. 56 e ss.
64
Cfr. G. USAI, L’efficienza nelle organizzazioni, op. cit., p. 154.
65
Le strategie dell’impresa devono essere volte ad esaltarne le capacità competitive. Solo se l’impresa
svilupperà una formula imprenditoriale capace di assicurare coerenza tra le aspettative ed i vincoli espres-
si dall’ambiente da un lato e le capacità competitive dall’altro, solo allora si potranno generare vantaggi
competitivi duraturi. Cfr. E. VALDANI, Marketing strategico, ETAS, Milano, 1986, p. 67 e ss.
66
Cfr. M. E. PORTER, La strategia competitiva – analisi per le decisioni, op. cit., p. 53; P. LORANGE, Pia-
nificazione strategica, op. cit., p. 54.