6
Tabella 1 Comuni analizzati2
Abitanti al
31/12/2005
Famiglie al
31/12/2005
Totale
Dipendeti
% Segretario
Convenzionato
Aurigo 351 183 3 25
Borgomaro 878 442 4 50
Caravonica 309 142 1,5 25
Cesio 183 148 1,66 33
Chiusanico 580 312 3 66
Chiusavecchia 500 253 1,5 50
Lucinasco 281 144 2 25
Per meglio comprendere la realtà operativa oggetto di studio sono stati analizzati sette
Comuni localizzati nell’entroterra di Imperia, le cui caratteristiche strutturali sono
riepilogate nella riportata Tabella 1.
I Comuni analizzati, tipico esempio dei così detti Comuni “polvere”, costituiscono un
valido esempio di una situazione strutturale che caratterizza la Provincia d’Imperia, la
quale ha una popolazione di 205.238 abitanti ricompresi in 67 Comuni. Oltre a quelli
costieri ovviamente più popolosi, la Provincia, particolarmente montuosa dal punto di
vista orografico, ha 41 Comuni con una popolazione inferiore ai mille abitanti, pari al
61% del totale. La fattispecie considerata acquista maggior rilievo in considerazione
che in questi 41 Comuni vivono 18.802 abitanti pari al 9,16% della popolazione
provinciale3.
Sul piano della struttura organizzativa i Comuni considerati hanno un numero di
dipendenti mediamente pari a tre unità. Il Segretario comunale opera in convenzione
con altri due Comuni, è quindi presente mediamente da un minimo di una giornata a
non più di due giornate a settimana nell’Ente.
I servizi erogati dai Comuni considerati sono sostanzialmente analoghi, quello più
popoloso conserva le scuole elementari, che gli altri hanno perso per la progressiva
riduzione della popolazione residente.
I servizi sociali sono svolti in convenzione mediante un distretto all’uopo creato.
La gestione degli acquedotti e dei rifiuti attende di trovare una gestione coordinata in
un apposito organismo previsto dalla legge, denominato Ambito Territoriale Ottimale.
2
Dati al 31/12/2005 forniti dagli Uffici Anagrafe dei Comuni analizzati;
3
Dati Istat del 14° Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni anno 2001,
www.dawinci.it;
7
Gli altri servizi, da quelli di tipo amministrativo a quelli di tipo tecnico, come la
manutenzione delle strade e degli impianti, fino a quelli a domanda individuale, come
il trasporto scolastico, sono svolti in maniera non coordinata, e faticano quindi a
sviluppare economie di scala.
Al fine di conferire un taglio operativo al lavoro è stata riportata integralmente la
normativa citata in appendice e sono state inoltre inserite delle schede tipo per la
rilevazione degli obiettivi di gestione nel corso della trattazione.
***
La metodologia d’analisi seguita ha preso il via dal preliminare studio dell’evoluzione
normativa afferente al comparto degli Enti Locali e in particolare al tema dei controlli
interni.
Determinante è stato l’approfondimento di numerosi e attuali contributi elaborati da
una nuova Dottrina impegnata nell’analisi delle problematiche derivanti
dall’introduzione di logiche aziendali negli Enti Locali.
Per meglio comprendere lo stato dell’arte sul tema dei controlli interni ed in particolare
del controllo di gestione, sono state compiute una serie di interviste non strutturate tra i
protagonisti della vita amministrativa degli Enti considerati.
Primi tra questi sono stati sentiti i Segretari Comunali titolari delle sedi prese a
riferimento, in considerazione della centralità che questa figura riveste nella gestione
degli Enti, a seguire i Responsabili dei Servizi Finanziari figure di riferimento nella
gestione dovendo coordinare le risorse finanziarie a disposizione.
Gli incontri con alcuni Sindaci dei Comuni analizzati sono stati volti a capire il grado
di percezione delle potenzialità che gli strumenti di controllo di gestione offrono agli
organi elettivi, che in forza delle riforme degli anni novanta non hanno più un potere
diretto di gestione all’interno del Comune.
Fondamentale è stata la personale duplice e contemporanea esperienza lavorativa
condotta in qualità di Responsabile del Servizio Tributi e Controllo di Gestione presso
il Comune di Caravonica e Responsabile del Servizio Amministrativo presso il
Comune di Chiusavecchia. Per un anno ciò ha permesso di osservare direttamente le
problematiche di ordine organizzativo, tecnico e psicologico insite nel perseguire
8
obiettivi di sviluppo, volti all’introduzione di nuovi approcci orientati alla
programmazione e al controllo. Nel contempo l’esperienza ha consentito di cogliere lo
sforzo che si rende necessario per assicurare l’espletamento dell’ordinaria attività
amministrativa, delineando una condizione comune a tutti gli operatori di Comuni non
dotati di un’adeguata struttura organizzativa.
***
La struttura della trattazione è articolata in sette capitoli, e si apre con l’analisi
cronologica dei provvedimenti normativi che hanno contribuito a modificare
radicalmente il modo di governare il Comune.
Dalle definizioni date dalla normativa si giunge a descrivere le quattro tipologie di
controlli interni previste dal Legislatore per governare gli Enti.
Particolare attenzione è stata posta nell’analisi delle competenze e delle relazioni
intercorrenti tra i soggetti che sono individuati come attori dei controlli interni,
evidenziando la necessità di un intervento legislativo volto a favorire, da un lato un
maggior apporto di cultura economico aziendale all’interno degli Enti, grazie ad un
nuovo ruolo del Revisore dei Conti, e dall’altro ad individuare un soggetto non
contiguo all’Amministrazione che realmente eserciti un controllo di tipo ispettivo-
sanzionatorio.
Il controllo di gestione, oggetto centrale della trattazione, è stato analizzato in via
preliminare in relazione alle sue finalità e ai suoi destinatari.
L’opportunità di individuare un Responsabile del controllo interno di gestione e
l’ampiezza che tale controllo deve assumere, è stata analizzata in funzione della
struttura organizzativa limitata degli Enti considerati in questo studio.
Il controllo di gestione è stato quindi collocato all’interno del sistema di
programmazione, che l’Ente deve valorizzare perché esso costituisca una reale
supporto direzionale a disposizione degli organi di governo e di gestione.
Il sistema degli indicatori utilizzato per compiere le rilevazioni utili al controllo di
gestione è stato analizzato in funzione del sistema informativo contabile effettivamente
presente negli Enti oggetto di studio, che si caratterizzano per adottare esclusivamente
la contabilità finanziaria. E’ stato così introdotto il principio di necessità
9
dell’informazione e di contenimento del suo costo di elaborazione, a cui deve essere
ispirato ogni sistema di controllo di gestione che si pone l’obiettivo di ridurre la spesa.
Al termine del capitolo dedicato allo studio degli indicatori, è stato introdotto il tema
della rilevazione della qualità, come nuova frontiera verso cui tendere anche nelle
piccole realtà analizzate, inserendo in calce alla trattazione un esempio di questionario.
In conclusione si è affrontato il problema dell’organizzazione delle informazioni
desunte con l’attività di controllo nel capitolo dedicato al sistema di reporting, dove si
evidenzia come sia necessario giungere ad una tempestiva elaborazione dei documenti
programmatici e consuntivi, affinché i report elaborati possano utilmente contribuire a
supportare un razionale processo decisionale interno all’Ente.
***
Le conclusioni contengono considerazioni di tipo critico e indicazioni di taglio
prospettico, volte a costituire elementi di stimolo e discussione sull’implementazione
dei sistemi di controllo interno.
Il controllo di gestione nei piccoli Comuni è condizionato dalle limitate dimensioni
dell’Ente, che comportano l’insorgere di fattispecie non contemplate dalla normativa di
riferimento.
Le resistenze allo sviluppo di forme di controllo di gestione derivano da una distorta
visione delle sue finalità, spesso percepite come ispettive piuttosto che volte a
supportare l’assunzione di decisioni razionali.
La scelta legislativa di mutuare dal D.Lgs. 30/07/1999 n. 286 la normativa dei controlli
per Enti Locali di piccole dimensioni, ha dato adito ad interpretazioni elusive, che
hanno pregiudicato lo sviluppo e l’affermazione dei controlli interni.
Le dimensioni limitate nel numero di dipendenti in forza e nei servizi espletati
generano una minore esigenza di sviluppare forme di controllo interno, data
dall’apparente sensazione che la gestione sia nel suo complesso facilmente
governabile. Considerando inoltre che è ancora consolidato un approccio di tipo
burocratico, storicamente vagliato in forma ispettiva fino alla riforma costituzionale
occorsa nell’anno 2000, si comprende la ragione per la quale forme di controllo interno
di gestione stentino a trovare completa attuazione.
10
Vi è quindi la necessità di un’evoluzione di tipo culturale, che sappia mettere in luce gli
aspetti di tipo valoriale caratterizzanti l’approccio al controllo di gestione e che
sottendono l’implementazione dei controlli interni previsti dalla normativa.
Una cultura orientata, inoltre, a sviluppare nei responsabili e negli operatori quelle
competenze e quegli atteggiamenti manageriali che permettano di operare in una logica
progettuale e che risultino più mirati al raggiungimento di obiettivi ed al perseguimento
di risultati, piuttosto che alla logica dell’adempimento formale4.
L’introduzione di nuovi strumenti di controllo deve sicuramente, per affermarsi,
svilupparsi in un clima di condivisione delle finalità cui è preposta.
L’esigenza d’individuare all’interno di ciascun Ente una figura responsabile di
progettare e attuare un sistema di controllo di gestione è da ritenersi fondamentale, sia
per sfruttare il particolare punto di vista che ha un osservatore interno, sia per dare un
punto di riferimento agli altri soggetti coinvolti con cui confrontarsi.
Ogni sistema di controllo di gestione deve essere pensato e realizzato in funzione delle
reali esigenze informative dell’Ente e del sistema informativo di cui esso dispone,
altrimenti l’attività di controllo invece di concorrere a ridurre la spesa contribuisce ad
aumentarla.
L’attività di programmazione e controllo non deve comprendere così tutta l’attività
sviluppata dall’Ente, ma si deve concentrare solo su quegli obiettivi ritenuti più critici e
sfidanti per l’Amministrazione.
La definizione di un adeguato set d’indicatori, pone l’Amministrazione nella
condizione di misurare concretamente gli elementi che concorrono a determinare
l’efficienza, l’efficacia e l’economicità della gestione, riempiendo di significato
oggettivo questi termini, spesso abusati come slogan.
Facendo propri i correlati aspetti dinamici esistenti tra programmazione, gestione,
controllo e attività d’aggiustamento, i responsabili della gestione potranno vincere il
costante stato di emergenza che spesso si registra nel quotidiano operare dei piccoli
Enti, ricondurre ad un piano di razionale gestione l’attività e sviluppare comportamenti
proattivi volti a prevenire le situazioni critiche.
4
B. Angelici, “Gestione delle risorse umane e strumenti di innovazione culturale: un
ulteriore contributo”, Rivista del Personale dell'Ente Locale n. 6/2002;
11
2 IL CONTROLLO DI GESTONE NELL'EVOLUZIONE
NORMATIVA DEGLI ENTI LOCALI
2.1 Premessa
Questo lavoro nasce dalla constatazione che nel mondo dei piccoli Comuni è in atto un
processo di cambiamento avviato ormai da tempo e basato sui principi dell’efficacia,
dell’efficienza e dell’economicità dell’azione della Pubblica Amministrazione, da
ritenere assolutamente irreversibile e dal quale non è possibile sottrarsi.
Soprattutto nel recente passato la Pubblica Amministrazione ha assorbito ingenti
risorse finanziarie contribuendo ad una notevole crescita del debito pubblico, per il
quale era garantita una remunerazione completamente sganciata dalla produttività degli
impieghi, per i quali era usato, e tale, per volumi, da provocare uno squilibrio con il
mondo delle imprese nel reperimento dei capitali di rischio, determinando il così detto
effetto “spiazzamento”.
La consapevolezza che le risorse economiche a disposizione dello Stato fossero un
quantum finito e che quelle trasferite ai Comuni fossero sempre più ridotte, ha reso non
più accettabile, né economicamente possibile, il mantenimento di strutture sganciate da
logiche tendenti all’efficienza .
A livello locale la P.A. e in particolare il Comune è chiamato ad un nuovo ruolo di
promotore mediante interventi tendenti a coordinare le energie, il sapere e le
potenzialità economiche, culturali e naturalistiche, che il suo territorio è in grado di
esprimere. Nei Comuni analizzati nel corso di questo studio si sono scoperti progetti
tendenti a valorizzare antiche vie commerciali, a creare marchi di prodotto, a
coordinare l’offerta ricettiva al fine di agevolare la fruizione del territorio in tutte le sue
componenti.
Spostando il punto d’osservazione in un’ottica europea, gli impegni che l’Italia è
chiamata ad onorare con il consolidarsi del processo d’integrazione europea, che
nonostante congiunturali frenate, tende a delineare un’Unione sempre più soggetto
politico maturo e pienamente operativo sulla scena politica internazionale, non
permettono più l’uso delle tradizionali leve di politica economica in modo non
armonico rispetto agli altri partner europei. Si pensi alla politica monetaria ormai
12
affidata alla Banca Centrale Europea, e alla politica fiscale costantemente monitorata
dai commissari europei al fine di garantire concorrenza leale e condizioni d’equilibrio
tra i vari stati membri.
A livello internazionale le sfide cui l’Italia è chiamata, hanno tra le condizioni di base
una P.A. che sappia essere volano di informazioni, di relazioni, offrendo anche servizi
altamente specializzati tali da supportare le iniziative commerciali e industriali delle
imprese italiane sui mercati internazionali.
Da questo quadro caratterizzato da un cambiamento profondo dello scenario in cui è
chiamata ad operare la Pubblica Amministrazione, non possono restarne fuori gli Enti
Locali, i quali anche per le dimensioni più ridotte e per il loro maggior collegamento
con il tessuto sociale, devono attuare innovazioni che investono le logiche del fare
amministrazione non solo da un punto di vista organizzativo e gestionale, bensì più
profondamente da un punto di vista culturale.
Il Comune è l’istituzione più antica dello Stato e da sempre è chiamata ad adeguarsi ad
una realtà dinamica, e nel contempo, ad agire su di essa per plasmarla in funzione delle
istanze che provengono dalle comunità che sul suo territorio vivono.
Nel 1984 un ordine del giorno approvato dal Senato, frutto di un dibattito pluriennale
definiva il Comune come "l’ente autonomo di base, preposto alla rappresentanza ed al
governo degli interessi generali della comunità locale", era quello l’inizio di un onda
lunga che avrebbe cambiato il ruolo, l’organizzazione ed anche la percezione che i
cittadini hanno dell’Ente a loro più vicino.
Sempre all’avanguardia i Comuni, anticipano in qualche modo il tema del federalismo,
rappresentano ormai un vero e proprio governo locale le cui competenze, in questo
ventennio, si sono andate sviluppando tumultuosamente, superando e travolgendo le
stesse deleghe contenute nel D.P.R. n. 616 del 1977, tanto da far emergere un evidente
contrasto con quella concezione di subalternità che era implicita nel vecchio controllo
"tutorio", operato fino ai primissimi anni ’70 dalle Prefetture, che in seguito è
sostanzialmente continuato, sia pure con qualche limitata diversità formale, dai
CO.RE.CO fino al 2001, momento in cui l’architettura piramidale dello Stato è stata
spazzata via della riforma costituzionale attuata con la Legge .Costituzionale n.
3/2001.
L’onda lunga del cambiamento ha investito un ampio ventaglio di settori dai "servizi a
domanda individuale", allo sviluppo di un’autonomia impositiva, dalle disposizioni che
13
coordinano i bilanci e la programmazione locale con quella, regionale e nazionale,
attraverso il rispetto di patti di stabilità, all’introduzione sistematica delle logiche di
controllo.
Le organizzazioni sindacali, per parte loro, con i contratti di lavoro del personale del
comparto delle autonomie locali, hanno dimostrato concretamente, anticipando talvolta
il diritto positivo, la volontà di premiare una maggiore professionalità degli addetti,
associando a questa retribuzioni incentivanti, oltre che una maggiore flessibilità ed
efficienza dell’organizzazione.
L’attività del Comune, in questi anni, si è dunque profondamente modificata, da ente
con poche e ben delimitate competenze il Comune è divenuto ente con competenze
generali.
Si nota però l’acuirsi di una forbice, che da un lato vede gli Enti maggiormente
strutturati proiettati verso nuove sfide tese all’ampliamento dei servizi offerti ai
cittadini con un costante miglioramento qualitativo e quantitativo, rispetto a quelli che
l’ente erogava in passato, dall’altro vede i Comuni di piccole dimensioni, non in grado
di sfruttare le economie di scala e le sinergie attuabili dai primi, impegnati a mantenere
lo stock di servizi erogati, a fronte della costante riduzione delle risorse provenienti
dalla finanza derivata.
Questa considerazione è ancor più drammatica se si pensa che la maggior parte degli
8.101 comuni che amministrano il territorio nazionale ha dimensioni di gran lunga
inferiori ai 3.000 abitanti. S’impongono quindi, anche alla luce degli strumenti messi a
disposizione dalla normativa vigente, scelte che sappiano garantire, soprattutto per i
Comuni più polverizzati e localizzati in zone montane, lo sviluppo di politiche in grado
di favorire attività congiunte, sinergie, economie di scala, che permettano di continuare
a rispondere favorevolmente al massimo delle domande della popolazione
amministrata, senza essere costretti ad applicare tariffe impopolari o imporre riduzioni
e persino tagli inaccettabili ai servizi.
E’ necessario però tenere bene in mente che qualunque revisione delle circoscrizioni
territoriali dei comuni, perché non sia un mero esercizio contabile o peggio
coercizione, quale quella attuata nel periodo fascista, deve preoccuparsi di riuscire a
salvaguardare l’identità che caratterizza i gruppi di popolazione, anche sotto il profilo
della rappresentanza degli specifici interessi, senza costringerli a rinunziare ai servizi
ed alla loro qualità e completezza.
14
Molti sono gli strumenti, contenuti in varie disposizioni, in grado di assicurare anche
agli Enti più piccoli la possibilità di allargare la gamma di servizi offerti, quali
municipi, convenzioni, consorzi, unioni di comuni, patti territoriali. Lo sviluppo di
queste opportunità garantite dalla normativa vigente favorisce la specializzazione del
personale, che nelle piccole realtà è chiamato ad operare in settori eterogenei vedendo
sfavorita la possibilità di essere maggiormente reattivi alle istanze dei residenti.
Per il cittadino, il Comune è il livello di governo più accessibile, al quale, di fatto, sono
rivolte tutte le istanze, che siano o meno di competenza, e dal quale il cittadino si
attende di trovare un’organizzazione che sia in grado di ascoltare e capire i problemi, al
fine di attivare le proprie strutture, se competenti, o sollecitare i titolari dei poteri di
volta in volta interessati al problema.
Qualsiasi Comune inoltre, anche il più piccolo, è ormai chiamato ad intervenire su
problemi che superano il proprio territorio, mediante la predisposizione di atti di
pianificazione quali piani regolatori intercomunali, programmi di protezione civile,
progetti di infrastrutture viarie, piani di sviluppo industriale, piani di marketing
territoriale, che necessitano di alte professionalità per essere attuate.
L’esigenza di soddisfare i bisogni, d’ordine generale e particolare fin qui accennati
non può che spingere con forza all’applicazione di metodologie di controllo che
forniscano agli organi di gestione, siano essi dirigenti di diritto o di fatto, quali i
responsabili dei servizi nei comuni minori, strumenti in grado oggettivamente di
monitorare lo stato di raggiungimento degli obbiettivi fissati. Gli organi di governo
potranno così valutare l’operato dei propri responsabili e la coerenza degli obbiettivi
raggiunti in relazione alle linee programmatiche stabilite a inizio mandato.
Stimolo a rigorosi approcci al controllo deve essere la consapevolezza della ricaduta
negativa che l’aumento dei costi pubblici finisce per provocare, sia sui cittadini sia sul
sistema produttivo complessivo attraverso il prelievo fiscale.
Le logiche che sottendono la ricerca del consenso elettorale, obiettivo primario dei
componenti degli organi di governo, non sempre stimolano comportamenti virtuosi.
Questa difficoltà s’incontra sviluppando politiche in grado di riuscire ad ottimizzare la
spesa. Là dove razionalizzare le spese, promuovere azioni di accertamento sulle entrate
da tributi locali, adeguare le tariffe dei servizi locali alle prescrizioni della normativa
nazionale, può significare scontrarsi con situazioni ormai consolidate, il rischio di
creare mal contento è reale e viene percepito con timore dagli organi di governo. Se pur
15
la Legge 142/90 ha sancito la separazione tra competenze gestionali e di governo, nelle
piccole realtà quotidiane, forte è ancora l’ingerenza politica nelle scelte puramente
gestionali, la quale per altro, come si vedrà in seguito, non deve essere sempre
considerata in un’accezione negativa.
Emblematico è il caso del servizio idrico, per anni l’acqua è stata percepita come un
bene pubblico essenziale che doveva essere fornito al di là di ogni logica tendente alla
copertura dei costi del servizio, alla razionalizzazione dell’uso della risorsa, questo ha
determinato per le prime amministrazioni che hanno introdotto l’uso dei contatori, delle
tariffe che disincentivano gli sprechi e che tengono conto degli investimenti pluriennali
per mantenere efficiente il servizio e potenziarlo gradualmente, una perdita immediata
di consensi nel breve periodo.
Scelte illuminate e coraggiose in grado di favorire il cammino verso logiche tendenti
all’economicità dei servizi offerti, sono quindi necessarie per garantirne la
sostenibilità. Per far questo è necessario, superare i campanilismi, in un’ottica
d’integrazione dei servizi e maggior collaborazione funzionale tra i piccoli Comuni,
introdurre metodologie di controllo, sia di gestione che strategico, supporti essenziali
per gli organi di gestione e di governo e strumentali per attuare una professionale
azione di comunicazione rivolta alle comunità amministrate sullo stato d’attuazione
dell’integrazione e i benefici che da essa derivano.
Questo lavoro si rivolge ai comuni di piccole dimensioni, che carenti di una effettiva
organizzazione, maggiormente risentono delle difficoltà di una finanza derivata sempre
più ridotta, di una normativa sempre più incalzante, e di una dottrina che spesso
nell’analizzare i cambiamenti in atto trascura questa loro importante realtà.
A questa realtà si cercherà di ricondurre la normativa e le problematiche che si
rivolgono alla pluralità degli Enti. Al fine di dare maggior contenuto operativo allo
studio, che aspira ad essere fonte di stimolo per quegli operatori chiamati ad attuare per
primi un primo nucleo di sistema di controllo di gestione, si sono analizzati sette
Comuni montani con una popolazione che va da 300 a 1000 abitanti.
Nel seguito saranno vagliate le problematiche operative riscontrate dall’analisi dei sette
Comuni di piccole dimensioni, che dovranno essere affrontate per attuare un sistema di
controllo di gestione coerente con la normativa vigente.
16
2.2 Un cambiamento culturale
L'evoluzione normativa degli anni 90 è pervasa di tentativi atti ad introdurre una nuova
cultura nella valutazione dell’attività della Pubblica Amministrazione improntata a
criteri della valutazione, dell’economicità, dell'efficacia, e dell'efficienza dei servizi
pubblici offerti ai cittadini, alle imprese e alle diverse organizzazioni, con cui la
società civile si organizza e con cui la Pubblica Amministrazione istituzionalmente
deve interrelarsi.
Il cambiamento che s’introduce è prima di tutto culturale, in quanto investe la sfera dei
valori dei singoli soggetti, il modus operandi degli organi di governo e degli organi
gestionali, vincolando i primi a scelte coerenti con le linee programmatiche definite ad
inizio mandato, e definendo per i secondi, obbiettivi chiari, condivisi e misurabili da
raggiungere al di là di pressioni contingenti che dovessero sorgere nel corso del
mandato.
Come tutti i processi culturali, anche l'introduzione di una nuova metodologia di
controllo ha bisogno di tempo per essere condivisa e attuata, dovendosi gli Enti liberare
da un secolare modo di fare amministrazione, che ha determinato il progressivo
allontanamento dell’intero sistema amministrativo dalle esigenze della collettività,
seguendo un approccio organizzativo-gestionale caratterizzato dalle seguenti logiche:
Logica formalistica: il cui obiettivo è il rispetto formale del precetto normativo.
L’effetto è la produzione considerevole di documentazione amministrativa, che
spesso evidenzia uno squilibrio non tollerabile in relazione alla portata
dell’intervento da realizzare o rende sfuggente il percorso logico per realizzare
l’intervento.
Logica atomistica per atti: riguarda le relazioni tra Enti. La norma è vissuta
come un carico di lavoro aggiuntivo da eseguire. Il motivo per cui è stato
introdotto l’adempimento non è percepito dagli uffici e quindi non viene attuato
cercando di creare del valore aggiunto, né per l’Ente che compie l’elaborazione,
né per l’Ente a cui la stessa è destinata. Sono evidenti i difetti di comunicazione
tra le diverse amministrazioni. Significativo è il caso dei rapporti statistici che
una pluralità di Enti richiedono ai Comuni, dai quali si osserva che gli
adempimenti sono espletati con grande disorganicità e ridondanza di
17
informazioni, ma ciò che più colpisce è l’eterogeneità di comunicazioni
effettuate nei diversi Comuni.
Logica individualistica per uffici: riguarda l’organizzazione interna degli uffici
e il modo con il quale comunicano tra loro e la percezione che essi hanno
dell’intero iter amministrativo per raggiungere un obiettivo. E’ frequente che
ogni ufficio delimiti il proprio orizzonte alle competenze ad esso attribuite e
come in una catena di montaggio non si preoccupi di ciò che avviene prima e
dopo il proprio contributo. Nonostante questo fenomeno sia meno frequente
negli Enti meno strutturati, anche in questi ultimi si può osservare come spesso
variabili quali l’urgenza di un intervento possano sfuggire a chi si deve
preoccupare esclusivamente della disponibilità di bilancio o di altri aspetti più
puramente formali.
Logica dell’autoreferenza5: riguarda i rapporti con l’utenza. E’ caratterizzata
dall’incapacità di adeguarsi alle istanze degli interessati guidati dal buon senso.
Culmina nel momento in cui le regole interne all’Ente diventano assiomi non
modificabili a cui ci si deve conformare, nonostante siano difficilmente
adattabili al caso concreto. Tale modo di procedere genera insoddisfazione e
irritazione nell’utenza.
L’introduzione di sistemi di controllo, come si vedrà meglio in seguito analizzando le
variabili che ne determinano il successo, può rivelarsi addirittura inutile, se non è
accompagnata da un graduale cambiamento del modo di impostare l’azione
amministrativa. E’ quindi auspicabile un cambiamento culturale volto a favorire la
diffusione dei seguenti approcci:
Amministrare per obiettivi e non per atti: è un cambiamento mentale che vede
l’atto amministrativo come il mezzo per raggiungere un determinato fine.
Incrementare l’interpretazione teleologica della norma per favorire processi
organizzativi virtuosi. Gli adempimenti devono essere da stimolo ad innovare le
procedure e i modelli organizzativi, tenendo presenti le finalità che la norma si
prefigge, e le esigenze dei soggetti coinvolti. Il ruolo della comunicazione inter
5
Ciro d’Aries, Il Controllo di gestione negli Enti Locali, Il sole 24ore 2000;
18
istituzionale a tutti i livelli, è fondamentale, per far comprendere le esigenze,
coordinare le forze e condividere i valori.
La normativa innovatrice che si analizzerà, è tesa a sviluppare questi approcci,
sollecitando gli Enti a promuovere una cultura basata sulla responsabilità personale
degli organi di gestione, dirigenti o responsabili dei servizi, a sviluppare le proprie
capacità di programmazione, a favorire la crescita dei controlli interni, a sviluppare
gestioni virtuose, al fine di avviare una sempre maggiore autonomia finanziaria.
2.3 Il sistema previgente
Il controllo sui Comuni è stato storicamente affidato all’Amministrazione Diretta
Centrale dello Stato in modo più o meno penetrante in funzione del periodo storico e
dei contingenti orientamenti politici. Nel periodo fascista i controlli hanno assunto la
massima ingerenza nella vita degli Enti locali, al fine di uniformarli alle direttive del
regime in modo totalitario. Nel periodo che va dal 1926 fino alla fine del periodo
totalitario gli organi elettivi del Comune furono sostituiti da un organo individuale di
nomina governativa.
Con l’avvento della Liberazione nel 1945 ed il ritorno alla democrazia, molte furono le
pressioni per ridurre al minimo i controlli e l’ingerenza dello Stato; sull’onda di queste
aspirazioni molti Comuni che durante il ventennio erano stati accorpati ad altri, si
ricostituirono, Aurigo e Lucinasco nell’entroterra di Imperia ne sono un esempio.
Il nuovo corso fu sancito dalla Costituzione del 1947, che all’art.130 delineò un nuovo
sistema di controllo esterno, caratterizzato dalla preminenza del controllo preventivo di
legittimità sugli atti amministrativi.
La Costituzione affidava ad apposito organo della Regione, detto Comitato Regionale
di Controllo, nel prosieguo CO.RE.CO., il potere di esercitare il controllo sugli atti
delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali.
La previsione costituzionale istitutrice delle Regioni contenuta nella VIII disposizione
transitoria, disattesa per oltre venti anni, a causa di diffuse preoccupazioni per possibili
eversioni, aspirazioni separatiste e per l’avversione di più gruppi politici
19
all’ordinamento regionale6, diventa operativa solo nel 1970, quando si conclude il
percorso normativo necessario a disciplinarne il funzionamento7.
Nel lungo periodo che va dall’adozione della Costituzione del 1947 fino all’istituzione
delle Regioni con il CO.RE.CO., il controllo sugli atti degli Enti Locali veniva
esercitato dalle Prefetture.
Il controllo di legittimità del CO.RE.CO verificava la conformità alla legge e ai
regolamenti dell’emanando provvedimento, esso si differenzia dal controllo di merito
teso ad analizzare l’atto in funzione del principio di buona amministrazione, cioè di
quei precetti di convenienza amministrativa che gli organi amministrativi devono
tenere presenti per realizzare nel modo migliore le esigenze del pubblico interesse8, al
fine di evitare spreco di risorse pubbliche, si parla in questo ambito di opportunità
dell’atto ad essere adottato9.
Il controllo di merito, che per alcuni aspetti è l'antenato delle moderne logiche di
controllo di gestione, aveva una dimensione residuale, in quanto la Costituzione
rimandava alla legge ordinaria10 l'individuazione delle fattispecie in cui esso poteva
essere attuato e definiva un poco efficace procedimento per attuarlo. Il CO.RE.CO.,
qual’ora avesse ravvisato in un atto amministrativo la lesione del principio di buona
amministrazione, emetteva entro venti giorni, una ordinanza motivata di rinvio
proponendo il riesame dell’atto. L’ente deliberante alla luce delle motivazioni
dell’Organo di Controllo poteva desistere o modificare l’atto in modo coerente ai rilievi
sollevati, ma se approvava nuovamente l’atto con la maggioranza assoluta dei suoi
6
R.Lucifredi, Elementi di Diritto Pubblico, Soc. Editrice Dante Alighieri, 1991, pag. 263.
7
Le leggi fondamentali che disciplinano l’ordinamento regionale sono tre:
Legge n. 62 del 10 febbraio 1953, sulla costituzione e funzionamento degli organi regionali;
Legge n. 108 del 17 febbraio 1968, disciplinante le elezioni regionali;
Legge n. 281 del 16 maggio 1970, intitolata provvedimenti finanziari per l’attuazione delle
regioni;
8
R.Lucifredi, Elementi di Diritto Pubblico, Soc. Editrice Dante Alighieri, 1991, pag. 316
9
C. Meoli, “L’amministrazione locale e il controllo amministrativo”, in Amministrazione Civile
n. 1/2000;
10 Costituzione Italiana, 1947, art. 130:
“Un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercita,
anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Province, dei Comuni e
degli altri enti locali. In casi determinati dalla legge può essere esercitato il controllo di
merito, nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro
deliberazione”.
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membri, la delibera avrebbe trovato applicazione nonostante le eccezioni del
CO.RE.CO..
Qualora il vizio riscontrato dall’Organo di Controllo fosse appartenuto alla sfera della
legittimità, analogamente entro venti giorni dal ricevimento dell’atto l’organo di
controllo doveva emettere un’ordinanza di annullamento motivata.
L’emanando provvedimento diventava efficace se trascorsi venti giorni dal suo arrivo
presso il CO.RE.CO. questi non avesse emesso ordinanze di annullamento, rinvio e
richieste di chiarimenti agli Enti controllati.
E’ importante notare che il potere di annullamento del CO.RE.CO., che nell’attuale
sistema spetta solo ai T.A.R., risponde al principio di tripartizione dei poteri, secondo il
quale un atto emesso da un organo amministrativo, emanazione del potere esecutivo,
potrà essere annullato solo da un altro organo rispondente allo stesso potere; questa è la
ragione per la quale non è possibile richiedere l’annullamento di una deliberazione
all’Autorità Giudiziaria Ordinaria. Il giudice ordinario, può disapplicare il
provvedimento amministrativo, ma non può annullarlo, a causa dei limiti che le norme
dell’allegato E della L. n. 2247 del 20 marzo 1865, pongono ai poteri del giudice
ordinario nei confronti della pubblica amministrazione11. Inoltre secondo la Corte di
Cassazione, n. 11812 del 29/11/1993, si ritiene che il giudice ordinario non avendo il
potere di annullare il provvedimento amministrativo, non possa neppure disporne la
sospensione12.
I CO.RE.CO. erano dotati del potere di emettere un atto amministrativo in nome e per
conto di un Ente, il quale obbligato per legge, a causa di inerzia non lo emanava; si
configurava in questo modo il così detto controllo sostitutivo.
Oggi il potere sostitutivo è esercitato dai T.A.R. su istanza del ricorrente che, di fronte
a una pubblica amministrazione cui è stato annullato un provvedimento per illegittimità
e che resta inerte nell’emettere un nuovo provvedimento, adisca nuovamente il
tribunale amministrativo al fine di instaurare il giudizio di ottemperanza. Tale giudizio
si configura come un vero e proprio giudizio di merito, dove il giudice amministrativo,
nominando un commissario ad acta, può emanare un nuovo provvedimento, che prende
il posto di quello illegittimo annullato.
11
Francesco Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, VI edizione, UTET, pag. 310.
12
Francesco Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, VI edizione, UTET, pag. 311, nota 24,
Boll.trib., 1994, 1037.