Il controllo delle concentrazioni nel diritto europeo e Introduzione
nel diritto interno. Il mercato delle pay-tv in Italia
operazioni di concentrazione, l’analisi economica riveste dunque maggiore importanza
rispetto al caso delle altre due figure giuridiche, ma poiché tali operazioni sono
riconosciute apportatrici anche di effetti positivi sul benessere sociale, non sono vietate,
bensì, obbligate ad essere notificate anticipatamente, allo scopo di poterne valutare i
probabili vantaggi e svantaggi.
Il lavoro svolto verte proprio sulle operazioni di concentrazione, che offrono
interessanti spunti sia dal punto di vista dell’economia industriale che del diritto
commerciale. Le differenze si colgono già nel definire una concentrazione: infatti per
gli economisti, si ha concentrazione allorché due o più entità economiche,
precedentemente indipendenti, vengono successivamente controllate da un unico
soggetto, mentre dal punto di vista giuridico un’operazione di concentrazione può
essere realizzata attraverso una serie di forme giuridiche poco paragonabili tra loro.
Pur non mancando collegamenti con il diritto antitrust nordamericano, già contenente
molti principi dei più moderni ordinamenti del settore, il lavoro svolto si concentra sul
diritto europeo ed italiano, illustrando interazioni, analogie, differenze.
E’ stato valutato il settore televisivo, settore in continua evoluzione e che si prospetta
andrà a convergere con altri mercati mediatici, quali la telefonia, sia fissa che mobile,
internet e l’informatica. E’ doveroso menzionare il recente utilizzo commerciale, in tale
settore, di due mezzi di trasmissione televisiva alternativi al digitale satellitare: il cavo
ed il digitale terrestre, anche se al momento ancora poco competitivi; sarà senz’altro
interessante capire se e come suddetti mezzi competeranno con l’affermata tecnologia
satellitare, sfruttando eventuali sinergie con altri media.
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Il controllo delle concentrazioni nel diritto europeo e Introduzione
nel diritto interno. Il mercato delle pay-tv in Italia
Nel caso particolare è stato preso in esame il mercato italiano di televisione a
pagamento che, nato circa 13 anni or sono, è progredito sempre più ed ha conosciuto
una crescita continua, che pare non arrestarsi, almeno nel prossimo futuro. Inizialmente
erano forniti solamente un paio di canali sui quali, analogamente a tutti gli altri paesi in
cui era presente un’offerta televisiva a pagamento, i contenuti principali offerti sono
stati il cinema e lo sport di grande richiamo, il calcio nel caso particolare. Col
progredire della tecnologia, dal momento in cui è stato possibile anche trasmettere, in
modalità digitale satellitare, direttamente a casa dell’utente, sostituendo la precedente
trasmissione analogica, vi è stata un’esplosione dei canali offerti. Il risultato ottenuto è
stato un aumento dei clienti e conseguentemente dei ricavi, ma anche dei costi, dovuti
all’aumento del numero di programmi offerti, accentuato dall’entrata nel mercato di un
nuovo concorrente, stimolato quest’ultimo dall’aumento della contestabilità dei diritti
televisivi relativi al calcio. Nella competizione fra Telepiù e Stream, l’autorità antitrust
italiana ha rilevato un abuso di posizione dominante da parte dell’incumbent televisivo,
di cui si discutono alcune conseguenze collaterali sulle relazioni contrattuali fra
l’operatore abusivo ed i club calcistici; si è successivamente assistito ad un
contemporaneo aumento delle dimensioni del settore, ma anche delle perdite
accumulate dalle emittenti. Dopo due tentativi falliti coi quali il gruppo Canal Plus,
intendeva acquisire la concorrente Stream, il duopolio ha cessato di operare, in seguito
alla fusione con cui Newscorp ha acquisito le attività delle precedenti Stream e Telepiù,
dando vita a Sky Italia e creando un quasi-monopolio, con la sola Fastweb a competere
via cavo.
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Il controllo delle concentrazioni nel diritto europeo e Introduzione
nel diritto interno. Il mercato delle pay-tv in Italia
Sono discussi alcuni argomenti trattati dall’istruttoria comunitaria, fra cui i motivi che
hanno spinto l’autorità antitrust ad assentire al progetto e le condizioni imposte per tale
assenso.
Il presente lavoro è strutturato come segue:
Il primo capitolo introduce la realtà televisiva italiana, dalla sua nascita fino al
presente, tratteggiando le caratteristiche che la differenziano rispetto agli altri paesi
europei ed agli Stati Uniti; sono di seguito esposte le differenze fondamentali fra le
emittenti a pagamento e le emittenti in chiaro ed i motivi che conducono il telespettatore
a pagare un abbonamento per accedere ai servizi di pay-tv.
Il capitolo viene chiuso illustrando il mercato dei diritti televisivi relativi al calcio ed al
cinema: i due contenuti “premium” principali.
Nel secondo capitolo sono esposte le caratteristiche della trasmissione televisiva
digitale ed i vantaggi rispetto alla precedente trasmissione analogica.
Sono inoltre descritte le infrastrutture ed i servizi tecnici necessari alla fornitura del
servizio di pay-tv.
Il terzo capitolo ha l’obiettivo di descrivere l’evolversi della vicenda italiana della
televisione a pagamento. Sono presentati gli aspetti alla base della crescita del settore, i
motivi che hanno permesso lo sviluppo della concorrenza ed alcuni risvolti che questa
ha comportato, per giungere alla conclusione del duopolio, con la recente operazione di
concentrazione fra i due operatori di pay-tv in modalità digitale satellitare.
Il quarto capitolo riguarda l’antitrust: dopo aver esposto come nel corso dei decenni si
sia evoluto il modello di mercato al quale mirare e gli interessi da tutelare, si descrivono
gli attuali ordinamenti comunitario e nazionale, la relativa ripartizione di competenza, i
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nel diritto interno. Il mercato delle pay-tv in Italia
rispettivi ruoli e poteri. Si descrivono le diverse forme giuridiche mediante le quali si
può realizzare un’operazione di concentrazione, i criteri per definirne la dimensione e la
relativa autorità giudicante, chiarendo, inoltre, il perché i precedenti progetti di
concentrazione fra gli stessi gruppi avessero dimensione nazionale ed il più recente,
dimensione comunitaria.
Il quinto ed ultimo capitolo analizza proprio la sentenza M 2876 Newscorp/Telepiù,
relativa a tale ultimo progetto, con cui l’antitrust comunitario ha dichiarato l’operazione
di concentrazione fra i due operatori di pay-tv, attivi in Italia, compatibile col mercato
comune.
Si discute della relazione fra emittenti in chiaro ed a pagamento per definire il mercato
rilevante e del pericolo derivante dalla creazione di un near-monopoly in tale mercato.
Viene preso in considerazione l’impatto sulla concorrenza attuale e potenziale che
potrebbe comportare il controllo, da parte della piattaforma congiunta, su due asset
(infrastruttura satellitare e sistema di accesso condizionato) necessari ad operare come
pay-tv. Il particolare stato di crisi di una delle imprese di cui si prevede l’integrazione,
dà adito a discussioni sull’opportunità di applicare il concetto di fusione salvataggio,
chiamando in causa la giurisprudenza precedente. Successivamente sono discussi gli
impegni presentati dal gruppo Newscorp, in particolare a riguardo dell’accesso ai
contenuti e di come la presenza di Telecom Italia nel capitale di Sky Italia possa influire
sulla competizione, in vista della probabile convergenza dei mercati dei media.
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Il controllo delle concentrazioni nel diritto europeo e La televisione in Italia
nel diritto interno. Il mercato delle pay-tv in Italia
1 La televisione in Italia
In questo capitolo parliamo della televisione in Italia, partendo dal suo esordio, negli
anni ’50 proseguendo fino ai giorni nostri; dalle prime trasmissioni televisive Rai alla
nascita delle emittenti private, fino alla comparsa delle emittenti a pagamento.
Rileviamo poi le differenze fra i due tipi di emittenti per giungere ai motivi che
spingono i telespettatori, abituati fino a quel momento, ad accedere a costo nullo ad
informazione, intrattenimento e sport, a pagare un abbonamento per scegliere la
particolare offerta di pay-tv.
Verso la fine degli anni ’40 l’Italia incrementa le proprie infrastrutture nel campo delle
telecomunicazioni che, in quel momento comprendono la trasmissione radiofonica e,
solo a livello sperimentale, le prime prove di trasmissione televisive, via etere. Negli
anni successivi si provvede ad impiantare nuovi trasmettitori televisivi ed il 3 gennaio
del 1954 ha inizio ufficialmente il regolare servizio di televisione. Visto il seguito di
pubblico e la diffusione sempre più capillare del nuovo mezzo di comunicazione, nel
1961 viene lanciato un secondo canale Rai; il finanziamento delle reti giunge in parte
dai contribuenti, attraverso il pagamento del canone della televisione pubblica ed in
parte dagli inserzionisti pubblicitari, già presenti nei primi anni di servizio.
Per trasmettere via etere, si utilizza un bene pubblico, l’etere, sottoposto a concessione
in quasi tutti i Paesi; poiché, per ogni canale, è necessario un certo range di frequenza e
lo spettro di frequenze non è illimitato, i canali di trasmissione sono considerati una
risorsa scarsa e, per il momento, assegnati, dal governo, alla sola emittente pubblica.
In questa prima fase, in Europa e più marcatamente in Italia, lo sviluppo del mezzo
televisivo risulta lento ed in netto ritardo nei confronti degli Stati Uniti; per esempio, nel
1977, mentre in Italia partono ufficialmente le prime trasmissioni a colori, in U.S.A.
questo servizio è già presente ed è in funzione una emittente a pagamento, Home Box
Office, che conta già un milione di abbonati e due anni di servizio. Inoltre, mentre negli
U.S.A. lo sviluppo di questo mezzo è stato aperto sin dall’inizio all’iniziativa privata,
finanziata dalla pubblicità, in Europa, gli stati nazionali, preoccupati dell’eventualità di
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nel diritto interno. Il mercato delle pay-tv in Italia
dover lasciare un mezzo così potente in mani private e, dunque, non controllabili, hanno
agito d’autorità arrogandosi il diritto di utilizzare le frequenze e chiudendo, di fatto, il
mercato.
All’inizio degli anni ’70, in Italia, partono le trasmissioni delle prime emittenti private,
esclusivamente via cavo e monocanali, per legge, ma qualche anno più tardi escono dal
mercato lasciando spazio all’emittenza privata via etere che, sebbene fuorilegge
inizialmente, si sviluppa rapidamente; le reti Fininvest (ora Mediaset) nascono in questo
periodo come emittenti a livello locale.
Dalla metà degli anni ’80 fino ai giorni nostri la situazione della televisione in chiaro
rimane pressoché immutata con tre reti sotto il controllo statale, altre tre appartenenti al
gruppo Fininvest/Mediaset e altre minori
1
: TMC mutato poi in La7, Mtv Italia e ReteA,
che trasmettono a livello nazionale
2
; a queste si aggiungono le emittenti private che
trasmettono a livello locale: oltre seicento
3
, pari a circa un quinto delle emittenti
mondiali. Anche la tv a pagamento, come quella free-to-air, entra nel mercato italiano in
ritardo rispetto agli Stati Uniti ed agli stati europei più evoluti: la prima pay-tv italiana
entra in servizio solamente nel 1991, ma si adegua velocemente agli standard del
settore, divenendo la prima pay-tv europea a lanciare un’offerta in modalità digitale
satellitare, nel 1996.
Sin qui abbiamo visto il nascere ed i crescere della televisione in Italia, dalla diffusione
libera a quella selettiva della pay-tv; andiamo ora ad analizzare le principali differenze
fra i due tipi di emittenti.
1
Le emittenti Rai e Mediaset, congiuntamente, raccolgono poco meno dell’85% di share e l’85% degli
introiti pubblicitari, canone incluso. [Fonte: Gambaro e Ricciardi (1997)]
2
La legge 223/90 , cosiddetta legge “Mammì”, consente ad un ente privato di detenere al massimo il 25%
dei canali nazionali in chiaro; oltre ai nove canali sopra citati, al momento dell’entrata in vigore della
legge, sono presenti, in chiaro, anche i canali Telepiù1, Telepiù2 e Telepiù3. Questa situazione consente a
Rai e Fininvest di non dover spegnere alcun canale a loro disposizione.
3
Fonte Frt, associazione delle imprese radio-televisive.
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Il controllo delle concentrazioni nel diritto europeo e La televisione in Italia
nel diritto interno. Il mercato delle pay-tv in Italia
1.1 TV: free-to-air vs pay
Come riconosciuto più volte in sentenze precedenti sia dalla Commissione europea (casi
IV/M.99-Bertelsman/Kirch/Premiere e COMP/JV.37-B_SKY_B/Kirch_pay-TV ) che
dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (casi A274-Stream/Telepiù,
provv. n. 8386 , C4754-Groupe Canal+/Stream e C5109-Groupe Canal+/Stream) una
differenza fondamentale è costituita dalla modalità di finanziamento. Infatti, come
argomentato dall’AGCM, “nel mercato della televisione a pagamento s’instaura una
relazione economica diretta fra emittenti ed abbonati, mentre nel mercato della
televisione la domanda è costituita dagli inserzionisti pubblicitari che acquistano spazi
televisivi per la promozione dei prodotti, né sussiste alcun tipo di relazione economica
diretta fra le emittenti ed i telespettatori. [Il pagamento del canone alla televisione
pubblica non può essere assimilato ad un abbonamento in ragione del fatto che esso
costituisce una tassa per il possesso di un apparecchio televisivo il cui ammontare non è
determinato dalle emittenti] “
4
Conseguenza diretta di ciò è la distinzione, fra i due
mercati: quello della televisione a pagamento e quello della televisione in chiaro.
La differenza viene colta meglio da parte del telespettatore nel senso che, per accedere
ai servizi di televisione incontra costi differenti a seconda del tipo di emittenti: uno di
tipo monetario verso la pay-tv ed uno di tipo temporale verso le emittenti in chiaro
(ipotizzando che il telespettatore, a parità di condizioni, preferisca programmi senza
pubblicità rispetto a programmi con pubblicità). Le emittenti in chiaro cedono
gratuitamente ai telespettatori la visione dei programmi in cambio della loro attenzione
e del tempo supplementare alla durata dei programmi, che vengono rivenduti, ad un
prezzo definito, agli inserzionisti pubblicitari. Le emittenti a pagamento, al contrario,
offrono la loro programmazione chiedendo in cambio il solo corrispettivo per la
produzione dei programmi senza chiedere tempo extra ai telespettatori. La scelta del
telespettatore se abbonarsi o meno alla pay-tv, avviene dunque in base al reddito
disponibile e al costo attribuito al tempo “perso” in interruzioni pubblicitarie.
4
Punto 13 Sentenza C5109-Groupe Canal+/Stream
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Il controllo delle concentrazioni nel diritto europeo e La televisione in Italia
nel diritto interno. Il mercato delle pay-tv in Italia
Sempre dalla parte dell’utente si nota chiaramente la diversità\disparità di palinsesto.
Mentre per quanto riguarda la televisione in chiaro vi è un palinsesto di tipo
“broadcasting”, cioè rigido, programmato con un certo anticipo e non modificabile,
salvo casi eccezionali, la pay-TV risulta adattarsi molto di più alle esigenze dell’utente
sia come contenuti che come tempistica, ha cioè un palinsesto di tipo “narrowcasting”.
L’origine di ciò è dovuta al fatto che la TV in chiaro ha a disposizione pochi canali con
i quali adoperarsi per farsi preferire agli altri network dal maggior numero di persone e
senza la possibilità di repliche (almeno nel breve periodo). La pay-TV, al contrario, ha a
disposizione una vasta gamma di canali (SKY ne ha circa 100) con la quale andare
incontro alle esigenze dei propri utenti; può cioè servire contemporaneamente non solo
la maggioranza degli utenti, ma proporre anche programmi di nicchia per servire il
maggior numero di segmenti di utenza. Altro vantaggio ad appannaggio della pay-TV è
la facoltà concessa all’utente di consumare il prodotto (in particolare films), non solo in
un preciso momento programmato, ma anche in svariati momenti successivi ad
intervalli molto ravvicinati fra loro (solitamente ogni mezz’ora) ,col Near-Video-on-
Demand, oppure in qualsiasi momento lo desideri, all’interno di una striscia solitamente
di due-tre settimane, col Video-on-Demand. Inoltre questi ed altri eventi sono erogati
con la formula “Pagare Per Vedere” e, quindi spetta all’utente decidere se acquistare o
meno il prodotto, senza alcun costo fisso. Questi servizi si adattano alle esigenze di
tempo ed economiche degli utenti consentendo loro una libertà di scelta molto più
ampia rispetto alla televisione in chiaro, sia essa pubblica, sia privata.
Come verrà illustrato più ampiamente nel capitolo riguardante la tecnologia del settore,
il segnale inviato verso gli utenti di pay-tv viene criptato in trasmissione e
successivamente decriptato in ricezione dall’utente abilitato. Affinché ciò possa avere
luogo, è necessario che il telespettatore si doti di un decoder, eventualmente integrato
nel ricevitore satellitare, e degli asset indispensabili per la ricezione del segnale: antenna
parabolica per la trasmissione digitale satellitare, dispositivo di cablaggio per la
trasmissione via cavo oppure adeguare le antenne nel caso la trasmissione avvenga in
modalità digitale terrestre. E’ questa una spesa che va nel computo dei costi per il
telespettatore in quanto destinata a pesare decisamente sulla decisione di acquisto: il
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Il controllo delle concentrazioni nel diritto europeo e La televisione in Italia
nel diritto interno. Il mercato delle pay-tv in Italia
costo del decoder sommato all’antenna parabolica installata costa all’incirca quanto
l’abbonamento annuale al pacchetto base.
Ma ciò che rende particolarmente attraente l’offerta della televisione a pagamento e
induce il telespettatore a sottoscrivere un abbonamento è l’accesso a certi contenuti che,
invece, non risultano fruibili con la sola televisione in chiaro. I contenuti in questione
sono principalmente la possibilità di assistere in diretta agli eventi sportivi “premium”
(il calcio in particolare) e di visionare i film “premium” a pochi mesi (a volte a poche
settimane) dall’uscita nelle sale cinematografiche (detti 2nd e 1st window): un’offerta
decisamente più appetibile rispetto alla televisione in chiaro che può offrire solamente
gli eventi sportivi in differita (per intero o i relativi highlights) ed i film con un ritardo
di circa 24-36 mesi dall’uscita nelle sale cinematografiche (cosiddetti “Catalogue
films”).
Abbiamo riconosciuto che la pay-tv, a fronte del pagamento di un abbonamento,
riconosce ai suoi abbonati un servizio migliore e più completo rispetto alla televisione
in chiaro. Infatti, consente agli abbonati, di sfruttare meglio la risorsa tempo in due
sensi: non interrompendo i programmi con inserzioni pubblicitarie e tramite il Video-
on-Demand lasciando all’utente la scelta del momento più propizio nel quale consumare
il programma. La vasta gamma di canali a disposizione della pay-tv permette di
soddisfare la quasi totalità delle esigenze degli spettatori, servendo anche coloro con
preferenze marginali, ma il motivo principale che spinge alla sottoscrizione
dell’abbonamento è, in ogni caso, l’accesso ai contenuti “premium”.
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Il controllo delle concentrazioni nel diritto europeo e La televisione in Italia
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1.2 I contenuti della televisione a pagamento
Come riconosciuto anche dalla Commissione europea, “il cinema e gli eventi sportivi
costituiscono i due prodotti faro della televisione a pagamento. L’acquisizione dei diritti
sportivi e cinematografici è indispensabile per produrre programmi con caratteristiche
tali da attirare e convincere i futuri abbonati a pagare per ricevere tali servizi televisivi:
si tratta pertanto di prodotti che fungono da richiamo per la televisione a pagamento.”
5
;
precisando che “in particolare è importante avere accesso ai film di prima qualità
(“premium”) ed ai principali avvenimenti sportivi, la cui diffusione suscita l’interesse
dei potenziali acquirenti di un pacchetto di pay-tv”
6
.
A riguardo dei diritti sportivi, un’altra particolarità, anch’essa riconosciuta dalla
Commissione, è quella di presentare “una elevata deperibilità connessa all’interesse del
telespettatore relativo ad un’immediata fruibilità dell’evento trasmesso. L’attrattiva di
un evento sportivo, infatti, per il telespettatore è generalmente data soprattutto dalla sua
trasmissione in diretta”
7
. Fra questi eventi sportivi è possibile individuare un più
ristretto set che gode di vasta popolarità fra il pubblico, denominato con l’aggettivo
“premium”; sono considerati eventi sportivi premium : il campionato di calcio, innanzi
tutto la serie A, ma anche la serie B, le fasi finali della Champions League e della coppa
UEFA e in seconda battuta il campionato di Formula 1 ed i tornei del Grande Slam di
tennis (Wimbledon, Roland Garros, Australian Open, U.S. Open).
I diritti sportivi relativi ad altri sport, anch’essi generalmente venduti in
esclusiva, possono riscuotere grande popolarità in uno o più paesi, per un ravvicinato
numero di anni a causa (o , meglio, per merito) di un atleta o di una formazione che
raggiunge risultati straordinari a livello internazionale; si pensi alla popolarità dello sci
in Italia negli anni ‘90 grazie alle vittorie di Alberto Tomba, negli stessi anni il ciclismo
in Spagna con le vittorie di Miguel Indurain, ecc. Salvo che in alcuni paesi e per periodi
limitati, questi ultimi diritti non rappresentano eventi “premium” e non possono dunque
5
Cfr. decisione della Commissione del 3 marzo 1999, TPS
6
Cfr. decisione della Commissione del 27 maggio 1998, Bertelsmann/Kirch/Première
7
Punto 21 sentenza 13/5/2002 C5109
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essere decisivi nella sottoscrizione dell’abbonamento; purtuttavia, questi ed altri eventi
relativi a sport meno popolari, concorrono alla formazione del bouquet di pay-tv e
consentono alle emittenti a pagamento di allestire una programmazione sportiva
sufficientemente variegata.
I diritti cinematografici, per loro natura, si prestano ad uno sfruttamento più
prolungato nel tempo, rispetto a quelli sportivi, anche se col passare del tempo aumenta
la loro deperibilità. Questi diritti sono solitamente venduti in licenza esclusiva per un
determinato periodo, funzione della contrattazione delle parti e della tipologia
commercializzata; in genere i diritti relativi alla modalità di pay-per-view sono ceduti
non in esclusiva.
A causa del necessario doppiaggio (o sottotitolazione) le licenze sono concesse
generalmente su base linguistica e per una zona determinata, racchiusa nei confini
nazionali. Le imprese di distribuzione cinematografica, generalmente, non concedono
licenze relative a singoli film, bensì a pacchetti: definiti preliminarmente (c.d. package
deal) oppure indefiniti e coincidenti con l’intera produzione di una casa cinematografica
per un determinato periodo (c.d. output deal).
Un ulteriore elemento attrattivo, offerto negli ultimi anni, è stato l’inserimento nel
bouquet (nel caso, esclusiva di Stream e successivamente Sky) di un “reality show” di
grande richiamo: “Il grande fratello” visibile in diretta 24 ore su 24 e scegliendo
continuamente da quale telecamera assistere, al pari di una cabina di regia.
A completare l’offerta vengono proposti svariati canali tematici, contenenti programmi
già confezionati, la maggior parte dei quali non in esclusiva. Fra questi sono presenti
canali di informazione, sia generale, solitamente 24 ore su 24,(come CNN International,
CFN, CNBC, BBC world, Stream News, INN), che sportiva (in primis Eurosport),
scientifica (quali Discovery Channel, MT Channel, National Geographic Channel),
musicale (in particolare Mtv). Altri canali tematici che completano l’audience
famigliare sono quelli destinati ad intrattenere i bambini, fra cui Cartoon Network, Fox
Kids, RAISAT Ragazzi.
Nell’offerta della pay-tv sono presenti anche alcuni canali interattivi destinati a servizi
di home-banking, trading-on-line (vedasi Borsa ITV) e intrattenimento riguardanti il
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meteo, l’oroscopo, il lotto, il fantacalcio; si tratta di servizi complementari, non
specifici, notevolmente standardizzati e reperibili anche tramite le rete Internet.
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