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Capitolo 1
L’eccellenza operativa:
regole per vincere sul mercato
1. L’analisi dell’eccellenza operativa
Porsi l’intento di analizzare il contesto aziendale è
oggi quanto meno una sfida ardua perché vuol dire
indagare una vasta serie di variabili che, in un modo più o
meno diretto, influenzano il modo di operare nonché di
sopravvivere dell’organizzazione. In un contesto
ipercompetitivo, come quello attuale, non è più pensabile
ragionare in un’ottica statica di equilibrio finanziario da
conseguire e da mantenere nel tempo ma, la possibilità di
permanere sul mercato, dipende dalla capacità
dell’azienda di rendersi portavoce di tutti quei bisogni e
attese che provengono dai diversi stakeholders che a vario
titolo intrattengono rapporti con la stessa. Di qui la
necessità di saper riformulare continuamente la strategia
da attuare in risposta agli stimoli del mercato nonché nel
cogliere le opportunità latenti. Un’azienda che adotta un
comportamento inerte rispetto al contesto è destinata al
fallimento, un’azienda che analizza il contesto solo come
possibilità da cui trarre profitto non avrà un orizzonte
temporale di lungo termine ma è fondamentale innescare
un percorso del tipo win-to-win con tutti gli stakeholders.
È un gioco dove ognuno che abbia un interesse reale,
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seppure differente, deve poter trarre un proprio rendiconto
personale. È indubbio che lo stakeholders principale
rimane il consumatore del quale bisogna incrementare la
customer satisfaction per poi condurre la relazione verso
una loyalty di lungo periodo. Ma in questo scenario un
ruolo fondamentale gioca il controllo interno di tutte
quelle variabili legati ai processi aziendali per far si che
l’azienda punti all’eccellenza operativa. Perseguire
l’eccellenza vuol dire saper innovare, accrescere il
background del capitale umano, puntare alla qualità e
gestire i processi in ottica integrata. In quest’ottica il
punto di partenza per poter diventare best in class nel
mercato è partire dall’analisi interna all’organizzazione,
porsi in un’ottica critica di analisi e individuare le aree che
determinano sprechi, inefficienze, scarti ovvero tutte
quelle attività che generano i costi della non qualità che si
ripercuoteranno ovviamente sul prodotto offerto al cliente.
2. Circolo della condivisione e circolo
della creazione
L’eccellenza operativa può essere intesa come uno
stato di funzionamento dell’organizzazione ad
elevatissimi livelli di efficienza sviluppando routine di
processo che diano ripetitività e continuità alle operazioni
svolte
1
. Il successo alla base di queste azioni va indagato
1
F. Azzariti, Il caos:nuova regola di mercato. Principi e metodi di
sopravvivenza per imprenditori e manager, FrancoAngeli, Milano
2006, p.50
6
nella capacità del manager di favorire un clima di
condivisione di valori, filosofia e cultura sia all’interno
che all’esterno dell’organizzazione dando luogo a quello
che comunemente viene definito capitale relazionale. La
capacità relazionale risulta essere la leva per
implementare azioni coerenti con gli obiettivi aziendali
pianificati, ciò garantisce la continuità nel tempo di tali
azioni e ha come risultato quello di ampliare l’eccellenza
operativa. Il tutto porta alla condivisione che consente di
migliorare il contesto nel quale si opera creando un
circolo virtuoso che alimenta nuovamente il circolo della
condivisione.
In un contesto iperdinamico, tipico del mondo
attuale, nel quali si trovano ad operare le imprese uno
degli imperativi fondamentali per le organizzazioni è
quello di innovare continuamente in modo da operare e
presentarsi al mercato con idee originali tali da accrescere
il vantaggio competitivo. Si rende necessario affiancare
alle soluzioni di continuità viste in precedenza degli
elementi di rottura che favoriscano il sorgere di idee
innovative per l’intera organizzazione. Creatività vuol dire
apportare idee nuove, uscire dagli schemi di quanto
pianificato e introdurre elementi di rottura rispetto alle
routine sedimentate. Ciò introduce elementi di entropia
che vanno gestiti per renderli coerenti con il disegno
strategico generale. L’obiettivo è quello della creazione di
nuovi contesti che a loro volta consentano di rinforzare
l’azione di immaginazione di nuovi scenari alimentando
nuovamente il circolo della creazione.
7
Ciò che va sottolineato è che non si può scindere
l’analisi dei due circoli analizzati ma si può asserire come
siano uno il completamento dell’altro. Il circolo della
condivisione focalizzato sul presente e sul rispetto delle
routine porta a focalizzare l’attenzione sulla necessità di
non rompere gli equilibri ma di mantenere un
atteggiamento statico rispetto a quanto accade per avere
una curva di eccellenza operativa costante. Ma in uno
scenario caratterizzato da un mercato in continua
evoluzione è fondamentale che accanto alla tradizione e
all’ottica di gestione manageriale vi sia un’ottica
imprenditoriale di gestione del rischio affiancata alla
capacità di introdurre elementi di rottura nei sistemi di
programmazione.
3. Perseguire l’eccellenza operativa:
l’analisi dei cinque pilastri
Uno dei temi più trattati negli studi moderni di
management riguarda la possibilità per le aziende di
trovare una soluzione ottimale che consenta di
incrementare il livello di efficienza e di efficacia operativa
per perseguire l’eccellenza nel proprio settore.
L’eccellenza non è un concetto che può essere definito a
priori, schematizzato e racchiuso all’interno di modelli
che definiscono le linee guida da perseguire ma è un
obiettivo che va continuamente rivisitato considerando la
giusta interconnessione tra cambiamento e miglioramento.
Nonostante il limite derivante dal non poter definire il
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concetto di eccellenza in maniera standardizzata vi sono
stati dei tentativi volti ad individuare le variabili chiave
che incidono sulle performance dell’organizzazione e
sulla possibilità di conseguire risultati di eccellenza. In
particolare si parla di cinque pilastri sui quali puntare per
raggiungere o meglio per avvicinarsi all’ideale
dell’eccellenza aziendale.
Analisi e controllo. Nei cinque pilastri
dell’eccellenza viene menzionato anche il tema
dell’analisi e del controllo perché per raggiungere quella
condizionale ottimale di operatività, che consenta di
acquisire una pozione rilevante nell’ambito del mercato, è
necessario affiancare a decisioni più strettamente
operative e gestionali anche un buon sistema di
monitoraggio dell’attività. Rispetto al passato dove il
focus del controllo si sostanziava essenzialmente nel
INTEGRAZIONE VERTICALE
DECENTRAMENTO
MIGLIORAMENTO
CONTINUO
NETWORKING
STRATEGICO
ANALISI E CONTROLLO
DELLE PERFORMANCE
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controllo dei rendiconti imposti dalla legge e nel
soddisfare le attese del mercato azionario oggi nella
dizione di controllo rientra una serie di analisi che ha
come sunto di base la visione sistemica dell’impresa. Ogni
politica, ogni azione e ogni strategia perseguita deve
essere analizzata alla luce degli obiettivi di fondo della
gestione. L’analisi è volta ad individuare quali siano le
deviazioni rispetto alla rotta pianificata, quali siano le
mancanze ma anche per individuare quegli aspetti sui
quali l’imprese eccelle. In questo senso un ruolo
importante è assunto dal controller che ha il compito di
analizzare, indagare e controllare in maniera sistematica e
continuativa tutte le variabili che incidono sulle scelte
strategiche assunte dall’alta direzione. Ciò non si
esaurisce in un semplice ruolo di analisi dei piani dei
conti, dei report economici e nell’elaborazione e analisi di
informazioni contabili ma è fondamentale che vi sia anche
un’analisi critica di tutti quegli aspetti che determinano
cambiamenti significativi nella struttura organizzativa. Il
ruolo del controller deve assumere pertanto una
prospettiva ampia tesa a realizzare prima di tutto processi
di controllo orientati non solo all’efficienza ma anche
all’efficacia, ad accogliere il contributo proveniente dalle
diverse aree del management, nonché a conoscere tutto
ciò che può essere essenziale per conseguire il successo
competitivo
2
. Il controller pertanto è una figura importante
nell’organico aziendale in quanto funge da interprete delle
2
A. Tullio, Analisi dei costi e contabilità industriale, Ipsoa editore,
Milano 2006, p.13
10
informazioni disponibili e delle azioni implementate e
riveste un importante ruolo di mediazione rispetto ai
manager, avendo una valenza di raccordo sistemico di
quanto accade nell’organizzazione.
Miglioramento continuo: perseguire l’eccellenza
vuol dire impegnarsi sul fronte del continuo rinnovamento
del modo di agire e di pensare dell’intera organizzazione.
Il miglioramento passa dall’analisi di quanto si realizza
per individuare possibili aree di innovazione al fine di
ottenere importanti traguardi in termini di realizzazione di
nuovi prodotti, di ripensamento degli standard esistesti, di
originalità e diversità nel modo di operare. I cambiamenti,
le nuove rotte sono elementi importanti per garantire che
quelle esigenze, sempre più sofisticate ed esigenti
provenienti dal mercato, vengano soddisfatte. La filosofia
del miglioramento continuo, da tempo applicata con
enorme successo nei paesi del sol levante, è oggi alla base
dei modelli organizzativi delle aziende eccellenti
occidentali, una filosofia che prevede, da un lato
l’enfatizzazione della centralità del ruolo umano come
elemento propulsore del mantenimento e del
miglioramento delle prestazioni dei singoli processi e
dall’altro dell’utilizzo delle migliori logiche di gestione,
d’efficaci strumenti operativi e di controllo ed inoltre di
11
varie soluzioni tecniche e tecnologiche in grado di
migliorare nella globalità i risultati aziendali
3
.
Nei numerosi settori in cui si esplicano i business
delle organizzazioni il modo migliore per ottenere un
vantaggio competitivo più o meno durevole è porsi
davanti a due strategie: orientarsi verso la customer
satisfaction massimizzando il valore atteso offrendo al
proprio target un servizio e/o qualità migliori rispetto ai
concorrenti o innovare costantemente mediante
beakthrought strategico radicale o miglioramenti
incrementali nel tempo
4
.
Non è più pensabile per le aziende adottare modelli
organizzativi focalizzati esclusivamente sulla possibilità
di realizzare un consistente ritorno economico, non basta
analizzare i bilanci e i rendiconti di gestione ma il tutto è
subordinato alla crescita costante e continuativa della
qualità. Un concetto che ha subito negli anni
un’evoluzione in concomitanza all’evolversi degli stessi
bisogni del consumatore. La figura mette in evidenza
come nel corso del tempo il concetto di qualità, così come
inteso dal mercato e al quale si sono dovute adeguare le
aziende, sia progressivamente mutato.
3
A. Amadio, Supply chain excellence, Franco Angeli, Milano 2006,
p.26
4
C. Ciappei, P. Citti, N. Bacci, G. Campatelli, La metodologia sei sigma
nei servizi. Un’applicazione ai modelli di gestione finanziaria, Firenze
University press, Firenze 2006, p.18
12
….eccellenza
……....etica
………soddisfazione del cliente
…..…prodotto affidabile nel tempo
…..……prodotto senza difetti
Da una logica di miglioramento inteso come ricerca
della perfezione nella fase di produzione e realizzazione
del prodotto, si è passati ad un concetto più complesso di
soddisfazione nel tempo delle attese del consumatore.
Soddisfazione di bisogni ed esigenze sempre più
complessi che associano alle classiche attività operative
inerenti la fabbricazione di prodotti di qualità, al rispetto
dei tempi di consegna, tutta una serie di benefit aggiuntivi
che sempre più spesso vengono ricercati dal cliente e che
sono quelli che ne condizionano le scelte di acquisto.
Pertanto perseguire l’eccellenza è un processo continuo di
miglioramento che non si sostanzia esclusivamente nella
ricerca e nel rendere stabile un processo ottimale di
produzione, ma richiede un impegno costante, un rivedere
le tecniche adottate, le procedure seguite per raggiungere
QUALITA’
TEMPO
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quell’ideale verso cui tende il mercato. L’eccellenza in
questo senso è un’utopia in quanto non è possibile
delimitare il miglioramento all’interno di parametri che
possano essere conseguiti ma ci sarà sempre un input, una
possibilità di realizzare qualcosa in maniera più efficiente
e più coerente alle richieste del mercato. Pertanto
rappresenta quel limite infinito verso cui l’azienda deve
sempre tendere soprattutto per acquisire quel ruolo di
leadership rispetto ai diretti concorrenti.
Networking strategico: in un contesto
iperdinamico si rende necessario focalizzare l’attenzione
non solo sulle possibilità interne di miglioramento ma il
focus va necessariamente spostato anche sulla necessità di
trovare le giuste alleanze esterne per accrescere la forza
competitiva sul mercato. Oggi operare in un contesto
globale diventa una sfida ardua soprattutto per le imprese
di piccole e medie dimensioni che pur avendo conseguito
eccellenti risultati in termini produttivi e di qualità del
prodotto offerto non hanno i mezzi e la forza tale da poter
affrontare le sfide imposte da un contesto competitivo
allargato. In quest’ottica diventa importante analizzare la
concorrenza, non solo come variabile critica da superare
in termini di prestazioni, ma come valido alleato per
perseguire quella forza comune necessaria per imporsi nel
contesto internazionale. La ricerca di forme di
cooperazione e di alleanze strategiche diventa un pilastro
necessario oggi per vincere in un mercato sempre più
ampio, dove i confini geografici sono notevolmente labili
e dove i sistemi di offerta sostitutivi sono numerosi. Lo
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sviluppo di relazioni sinergiche diventa un tassello
fondamentale per accrescere il vantaggio competitivo.
Decentramento integrato: si inserisce in una logica
di flessibilità imposta dal mercato e che ha portato negli
anni numerose aziende, prima negli Stati Uniti e
successivamente anche in Europa, a focalizzare
l’attenzione sui processi a reale valore aggiunto. La
politica del decentramento, definita in gergo outsourcing,
considera la necessità di delegare all’esterno attività,
funzioni, rami del processo produttivo a soggetti terzi che
abbiano le competenze adeguate per realizzare al meglio
quanto delegato. Si tratta di strategie di gestione che si
rendono necessarie proprio nell’ottica che si va
affermando dell’azienda snella che deve essere in grado di
fornire un prodotto costantemente adattato alle richieste
del mercato il che rende necessario evitare ingenti
investimenti che rendano eccessivamente rigido il sistema
produttivo aziendale. Lo scopo è concentrare l’attenzione
sul core business, sul fulcro dell’offerta aziendale
demandando all’esterno tutte quelle attività che non
generano valore aggiunto per il cliente. Ciò tuttavia
richiede comunque un adeguato sistema di controllo sulle
aziende terze per evitare che le attività e i processi che
vengono delegati non siano coerenti con l’obiettivo
generale dell’azienda.
Integrazione verticale. Lo scopo dell’integrazione
verticale va ricercato nella possibilità per le imprese di
esercitare un maggiore controllo su più fasi del processo
15
produttivo/distributivo inglobando nelle attività aziendali
alcune fasi a monte o/e a valle del processo. In questo
caso si determina un aumento del valore aggiunto
conseguente al fatto che l’impresa aggiunge all’attività
manifatturiera precedente ulteriori funzioni di
trasformazione industriali e commerciali a monte e a valle
incorporando con esse il valore aggiunto precedentemente
realizzato da altre imprese
5
. Nel decidere in quale misura
l’impresa debba integrarsi verticalmente è necessario
considerare gli effetti che questo tipo di decisione avrà
sulla gestione aziendale. È chiaro che un incremento di
attività, tanto rivolte all’approvvigionamento quanto alla
distribuzione, comportano un incremento del carico di
lavoro da svolgere internamente comportando un
appesantimento in termini di responsabilità e di flessibilità
produttiva. È anche vero che la possibilità di gestire in
un’ottica globale l’intera rete consente di avere un polso
più veritiero sulla reale situazione senza incorrere in
controversie con i fornitori per le mancate consegne o con
i distributori per la gestione non condivisa dei rapporti con
i clienti. È una scelta che va ponderata anche alla luce
dell’evolversi della fisionomia del mercato attuale che, da
un lato è caratterizzato dalla crescita incessante di aziende
di grandi dimensioni che inglobano al proprio interno
diverse fasi dell’interna catena logistica, riuscendo in
questo modo ad avere un taglio dei costi relativi agli
5
A. Ricciardi, L’outsourcing strategico, Franco Angeli, Milano 2006,
p.18
16
intermediari, e dall’altro si richiede una maggior velocità
nell’erogazione di servizi e prodotti sempre differenti.
Tom Peters, sull’argomento, sostiene un’idea
contrastante secondo la quale tutti i tentativi delle grandi
fusioni lasciano il tempo che trovano perché si presentano
come grandi opportunità ma che di fatto si traducono per
il territorio in grandi fallimenti in termini occupazionali e
di impatto sulle realtà economico locali.
Tutto ciò che non fa altro che salire e salire non
continuerà a salire ancora di più e per sempre.
Nell’affermazione si mette in discussione quanto la
dottrina afferma in numerosi scritti di economia e
management professando azioni quali le grandi fusioni, e
acquisizioni e le joint venture come carte vincenti per
incrementare le quote di mercato e il valore offerto agli
azionisti. Trovare quale sia la verità tra due visioni così
contrastanti non è di certo un compito facile ma volendo
fornire una risposta si potrebbe ammettere che ciascuna
strategia perseguita non avrà successo se non plasmata
sulle reali potenzialità e capacità insite nell’azienda.
4. L’eccellenza è un concetto pratico
non uno slogan pubblicitario: un approccio
nordico
Per comprendere l’importanza e i fattori alla base di
ciò che viene definito eccellenza operativa uno dei passi
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da compiere è calarsi negli studi di Tom Peters. È
considerato il Savonarola della controcultura manageriale:
un predicatore infervorato e ipercritico che, con un
approccio evangelico, esorta i manager a dimenticare
quello che hanno imparato nelle business School e ad
abbracciare la rivoluzione di quella che definisce le 7S
(strategia, skills, struttura, sistemi, stili di gestione, staff,
shared value)
6
.
Tom Peters, considerato da tanti il padre del
management moderno a livello internazionale, ha una
mentalità anticonformista, non si limita alle definizioni
teoriche date per scontate in molti manuali che vengono
propinati come il guru della gestione ma affronta il tema
della gestione aziendale con toni ironici. Ha pubblicato
numerosi scritti sul tema dell’eccellenza e di come fattori
quali la qualità e la rilevanza delle risorse umane possano
cambiare il successo di un’organizzazione ma quando gli
si chiede cosa si intende per eccellenza e se sia possibile
darne una definizione risponde:
Non l’ho trovata in un libro di economia. E’ del
regista Robert Altman che descrive il ruolo del regista. Il
ruolo del regista è quello di creare uno spazio dove
l’attore può diventare di più di quanto sognasse essere. E’
una definizione che si adatta benissimo al mondo del
management. Nel 90% delle volte, invece, quello che
6
M. Grasso, D. Verga, Glossario di marketing e comunicazione,
FrancoAngeli, Milano 2002, p.120
18
chiamano management è come rendere complicate cose
che in partenza sono semplici.
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Tom Peters tende a concepire il management in un
modo del tutto rivoluzionario, realizzandolo in vista del
raggiungimento di un unico obiettivo: l’eccellenza, la
perfezione, ovvero ciò che fa la differenza tra una gestione
d’impresa tradizionale, improntata ai criteri razionali, di
tipo finanziario, ed una che tenga conto di alcuni fattori di
natura diversa, ma ugualmente basilari per ottenere il
successo aziendale
8
. Tom Peters identifica diversi fattori
sui quali oggi le aziende devono far leva per perseguire
l’eccellenza:
· Una gestione condotta con passione: l’autore
sottolinea l’importanza di attuare una gestione che sia allo
stesso tempo pianificata ma anche gestita a seconda degli
imprevisti, dei gap e delle idee innovative che si
presentano in corso d’opera. Dare la giusta attenzione alle
risorse umane diventa un fattore basilare per il successo
dell’organizzazione perché comporta motivazione,
impegno, soddisfazione personale, tutti elementi
importanti per far si che chi lavora nell’organico di
un’azienda si senta adeguatamente apprezzato. Trovare il
giusto compromesso tra ottica di gestione verticale e
7
G. Mariggiò, Tom Peters e la ricerca dell’eccellenza. Manager,
imprese e la capacità di reagire al cambiamento,
http://www.spheragroup.it/pdf/Tom%20Peters.pdf, p.3
8
http://gem4pmi.com/giuseppemonti/?p=79