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INTRODUZIONE
Le frane sono le più diffuse tra i rischi naturali. Ogni anno, solo all’interno dell’Unione
Europea esse comportano un costo per la collettività di svariati miliardi di Euro. I fenomeni
più pericolosi, in grado di devastare aree di decine di chilometri quadrati, e con volumi
nell’ordine di 106 m3 o più, accadono in Europa due o tre volte ogni dieci anni e, sebbene
piuttosto rare, comportano un rischio notevole per le comunità interessate. Molto più
frequente sono i colamenti di detrito o di terra, di piccolo volume, ma molto dannosi per le
infrastrutture e le attività economiche, nonché potenzialmente pericolosi per la vita umana
quando interferiscono con le grandi arterie di comunicazione e gli edifici.
La presente tesi contiene, nella sua parte iniziale, una rassegna introduttiva dello stato
dell’arte della valutazione del rischio e della previsione dei movimenti franosi che contiene le
definizioni delle tipologie di frane, le categorie di rischio e le classificazioni dell’intensità e
pericolosità delle frane. Sono poi descritti in dettaglio i sistemi strumentali, compresi i sistemi
di misura automatici “in situ” ed i sistemi remoti di controllo “real time”, nonché le nuove
tecnologie per il controllo a distanza dei movimenti franosi basati sulle tecniche
interferometriche radar, come i SAR (Synthetic Aperture Radar) satellitari e da terra, ed i
laser, come il laser scanner (TLS). Quest’ultima tecnologia è stata applicata sperimentalmente
su due movimenti franosi di diversa tipologia: uno che interessa un terreno detritico -
morenico e l’altra una frana in roccia interessata nel corso degli ultimi anni da frane di crollo.
Le due tipologie differenti di fenomeni franosi hanno consentito l’applicazione della tecnica
di misura per la valutazione dei movimenti in seguito a scansioni multi temporali e per le
valutazioni diagnostiche di stabilità dell’ammasso roccioso. Vengono, quindi, mostrati i
risultati sperimentali di ricostruzione morfologica della frana.
Tra gli sviluppi metodologici fondamentali nell’applicazione del TLS ai fenomeni franosi,
vengono affrontate le tematiche derivate dalle nuove tecnologie d’integrazione e
visualizzazione dei dati per ottenere modelli virtuali 3-D di rappresentazione della morfologia
di frana. In tale ambito sono state sviluppate procedure per la definizione di modelli virtuali
3D a differenti livelli di dettaglio, ottenuti decimando la “nuvola” originale di milioni di punti
acquisiti, e procedure per l’applicazione di tecniche avanzate di resa grafica (rendering),
quali la sovrapposizione fra geometria e immagine fotografica (texture mapping). Tali
tecniche nel caso di versanti rocciosi forniscono sicuramente un supporto visivo importante
per una corretta interpretazione dei dati ai fini delle analisi di stabilità.
Tra gli strumenti diagnostici innovativi è stato sviluppato nuovo software per l’analisi geo
strutturale degli ammassi rocciosi fratturati. Il metodo applicato ad un caso concreto di studio
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ha permesso l’estrazione di dati geometrici dei piani di discontinuità di una frana in roccia
seguita dall’analisi delle caratteristiche e dei cinematismi del corpo roccioso. Il metodo è stato
verificato mediante un rilievo tradizionale che ha richiesto l’accesso diretto alla parete
rocciosa. Generalmente il rilievo geo strutturale su pareti rocciose e frane di crollo è eseguito
con attrezzatura alpinistica da personale specializzato ed è generalmente molto costoso, e a
volte addirittura impossibile, a causa dell’elevata pericolosità dell’accesso ai luoghi di misura.
La tecnica TLS in questo campo applicativo costituisce una valida alternativa e risolve i
problemi logistici con una tecnica di misura indiretta, consentendo nel contempo il rilievo di
un gran numero di giaciture di piani.
È illustrata, infine, l’attività svolta riguardo alla possibilità di usare il laser scanner da
postazione fissa per il monitoraggio della frana in situazioni critiche. E’ stata eseguita a
questo scopo un’analisi di fattibilità per il controllo da remoto del laser scanner: sono state
verificate le funzionalità di collegamento, configurazione ed acquisizione da remoto e definite
le specifiche di ulteriori funzionalità necessarie all’automatizzazione ed alla programmazione
temporale delle scansioni. Tale metodologia di utilizzo costituisce una modalità di utilizzo del
laser scanner come strumento di controllo on-line del movimento della frana, soprattutto in
situazioni di emergenza.
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Capitolo 1 - Valutazione del rischio e della previsione dei
movimenti franosi.
1.1 Analisi del rischio
Il rischio di dissesti di versanti, indicato con il termine di “rischio geomorfologico”, è
insieme al rischio inondazione, indicato con il termine di rischio idraulico, la categoria di
rischio interessata dal Piano Straordinario per l’Assetto Idrogeologico previsto con il
dispositivo del D.L. 11/6/1998, n. 180, convertito con L. 267/98 e successive modificazioni,
che riguarda le "Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico" e si articola in
tre fasi che prevedono:
- 1 fase: l’individuazione delle aree a soggette a rischio e pericolosità idrogeologica;
- 2 fase: la perimetrazione e valutazione dei livelli di rischio e pericolosità e definizione delle
conseguenti misure di salvaguardia;
- 3 fase: la programmazione straordinaria per la mitigazione dei rischi più elevati.
1.1.1 Definizione del “rischio” :
A fondamento di ogni valutazione di rischio occorre distinguere tra pericolosità, detta anche
“hazard”, intesa come il potenziale capace di causare danni, e rischio, noto anche come
“risk”, il quale rappresenta la probabilità che il potenziale sopra indicato diventi effettivo
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.
Tale premessa è intesa a focalizzare l’attenzione sul fatto che spesso i due termini, anche nella
loro espressione in lingua inglese, possono essere confusi e sembrare sinonimi, cosa che, in
realtà non lo sono.
Di conseguenza il rischio totale R può essere definito come: “il valore totale atteso delle
perdite umane, feriti, danni a proprietà, infrastrutture, in conseguenza di un particolare
fenomeno naturale o antropico”.
Per quanto riguarda altri tipi di catastrofi naturali, quali gli eventi meteorologici estremi, le
piene o i terremoti, la definizione dell'intensità di un evento è immediata in quanto può essere
fatta corrispondere rispettivamente all'altezza di precipitazione, alla portata al colmo di piena
o alla magnitudo del sisma. Per i fenomeni franosi, invece, la definizione dell'intensità è più
problematica, infatti, la severità di una frana dipende da una serie di fattori di difficile
valutazione. Spesso l'intensità delle frane è valutata secondo scale che forniscono una
previsione delle possibili conseguenze.
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Pearce, 1998.
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Tale approccio, analogo a quello utilizzato in sismologia con la scala Mercalli per esprimere
l'intensità dei terremoti appare, tuttavia, sconsigliabile, in quanto presuppone già nella
definizione dell'intensità del fenomeno una valutazione delle possibili conseguenze, ovvero
del rischio. Sarebbe preferibile, invece, definire la severità del fenomeno a priori rispetto alle
conseguenze attese in base alle sole caratteristiche geometriche, cinematiche e meccaniche. In
questo caso, potranno essere considerate scale di intensità diverse a seconda che siano basate
sulla velocità, sul volume o sull’energia. Per ogni tipologia di frana sono individuate delle
classi differenziate in base all'intensità del fenomeno (velocità, volume, energia, ecc.).
1.1.2 Categorie di rischio
Nel decreto legge 180/98 e nell’atto d’indirizzo e coordinamento per l'individuazione dei
criteri relativi agli adempimenti (DPCM 29/9/1998), sono distinte quattro categorie di rischio,
definito in base al tipo di danno prodotto:
- R1 - rischio moderato: per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio ambientale
sono marginali;
- R2 - rischio medio: per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture
ed al patrimonio ambientale che non pregiudicano l’incolumità del personale, l’agibilità degli
edifici e la funzionalità delle attività economiche;
- R3 - rischio elevato: per il quale sono possibili problemi per l’incolumità delle persone,
danni funzionali agli edifici ed alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi,
l’interruzione di funzionalità delle attività socioeconomiche e danni rilevanti al patrimonio
ambientale.
- R4 - rischio molto elevato: per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni
gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture ed al patrimonio ambientale, la
distruzione di attività socioeconomiche.
Non compare in modo esplicito, all’interno di queste definizioni, il termine di probabilità che
i danni indicati vengano prodotti e quindi la frequenza con cui ci si può aspettare che l’evento
calamitoso abbia luogo. E’ tuttavia opportuno chiarire i termini di pericolosità e rischio.
1.1.3 Pericolo di frana
Il pericolo di frana e l’individuazione dell’area a rischio non possono prescindere da una
classificazione delle frane. La frana è un fenomeno naturale, o indotto in alcuni casi,
direttamente o indirettamente, dall’attività umana, controllato essenzialmente dalla gravità.
Disloca, per gravità, materiale da una quota maggiore a una minore e la superficie di distacco
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può essere superficiale o profonda, interessare un intero versante o parte di esso. Il
movimento può essere da lento a rapido. La genesi di una frana è riferita a cause molteplici ed
interagenti, queste possono essere riassunte schematicamente in due gruppi:
- 1 gruppo - cause predisponenti : sono intrinseche all’ammasso roccioso o più in generale al
pendio;
- 2 gruppo - cause scatenanti: agiscono da catalizzatori del movimento franoso su un pendio
intrinsecamente indebolito. Il movimento accade quando le forze destabilizzanti superano per
intensità quelle stabilizzanti.
1.1.4 Classificazione
La classificazione delle frane è spesso controversa. Il sistema di solito adottato è quello
proposto da Varnes
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, anche se, per completezza, riporto di seguito anche altre classificazioni
meno diffuse e basate su parametri diversi. I parametri di cui tiene conto la classificazione di
Varnes sono:
Tipo di materiale coinvolto:
- Roccia;
- Detrito;
- Terra.
Nel classificare il materiale coinvolto nel fenomeno franoso, si fa riferimento al materiale che
costituiva il pendio prima del movimento. La suddivisione è fra rocce e terre, ove la
differenziazione è basata su alcune caratteristiche, quali la presenza, nelle prime, di coesione
per cementazione ed una resistenza a compressione semplice >25 MPa. Si parla di roccia
quando l’evento ha coinvolto materiale lapideo, che, in precedenza, costituiva un ammasso
roccioso. Detrito e terra sono termini relativi a materiali sciolti, un aggregato naturale di grani
minerali che può essere facilmente disgregato per agitazione: il primo si riferisce ad un
terreno prevalentemente grossolano, l’altro a materiale fine. In particolare, il detrito è un
materiale contenente una percentuale di granuli con dimensioni > 2 mm compresa tra il 20% e
l’80%, mentre la terra è un materiale costituito all’80% da particelle con dimensioni < 2mm.
Inoltre, nella classificazione di Varnes, le classi fondamentali, in base alla tipologia di
movimento, sono cinque:
- Crollo;
- Ribaltamento;
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Varnes, 1978 e Cruden & Varnes, 1996.
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- Scivolamento;
- Espansione;
- Colata.
Nella figura sotto sono riportate illustrazioni schematiche delle diverse tipologie di frana:
- CROLLO (FALL): è caratterizzato dallo spostamento di materiali in caduta libera e dal
successivo movimento; il materiale si stacca da una parete verticale o sub-verticale. Il
movimento è di caduta libera, rotolamento, rimbalzo, su una superficie non definita e la
velocità del fenomeno risulta da molto rapida ad estremamente rapida.
Esempio schematico di un generico crollo; Immagine tratta da: Strumenti e metodologie per il rilievo ed il
monitoraggio di frane, www.monitoraggiodeimovimentifranosi.it.
- RIBALTAMENTO (TOPLING): tale movimento, che interessa tipicamente materiali
rocciosi, è caratterizzato dal ribaltamento frontale del materiale che ruota intorno ad un punto
al di sotto del baricentro della massa interessata. Il fenomeno può evolvere in crollo o in
scorrimento se non intervengono fattori frenanti. La velocità di un fenomeno di ribaltamento
varia da estremamente lenta ad estremamente rapida e può subire delle variazioni, specie tra la
fase iniziale e quella finale, durante il movimento.
Esempio schematico di un generico ribaltamento; Immagine tratta da: Strumenti e metodologie per il rilievo ed il
monitoraggio di frane, www.monitoraggiodeimovimentifranosi.it.