Introduzione
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Introduzione
Il recente sviluppo dell’attività economica a livello globale segna
un sempre maggiore ricorso a contratti atipici o “innominati”,
coerenti con lo spirito del diritto commerciale internazionale.
Rispondendo, infatti, a necessità contrattuali e formule
applicative peculiari ed esclusive, non riconducibili alle figure
tipiche dei singoli ordinamenti nazionali, essi sono in grado di
garantire uniformità nella negoziazione tra parti contraenti di
diversi Paesi.
A tale categoria si ascrive il contratto di gestione, meglio noto
come management contract, secondo la denominazione
discendente dalla sua origine anglosassone.
La diffusa applicazione del contratto in numerosi e vari settori
industriali non impedisce di notare come, oggi, il contesto in cui
esso meglio si muove sia il settore alberghiero.
Soprattutto in tale ambito, infatti, si dà voce all’intento di
affermare una nuova classe manageriale, dotata di competenze
specifiche nella gestione e nella conduzione aziendale. In una
fase di intense trasformazioni che interessano la governance, gli
assetti organizzativi ed il management delle strutture alberghiere,
segnata da meccanismi di innovazione in linea con il nuovo
modello d’impresa, il contratto diventa lo strumento prediletto
dalle grandi catene internazionali. E questo in quanto assurge a
canone di perfetta dissociazione tra proprietà e direzione
dell’hotel.
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Le questioni principali, tuttavia, cui il management contract dà
luogo si snodano intorno alla sua regolamentazione.
La diffusa applicazione del contratto sul piano internazionale è
dovuta alla pacifica valorizzazione della prassi contrattuale del
commercio, fondata sul principio cardine dell’autonomia delle
parti. La forte “necessità di creare un common bridge tra i diversi
ordinamenti” (Frignani e Torsello, Il contratto
internazionale,2010, p.57) ha costituito il fattore determinante la
nascita di una vera e propria lex mercatoria che ha contribuito a
dare giustificazione e legittimazione all’utilizzo del contratto.
Nonostante anche gli interventi comunitari a tutela della libera
concorrenza sul mercato abbiano contribuito notevolmente a
rafforzare la libertà negoziale, l’assenza di qualunque forma di
controllo sembra però allontanarsi dalla legislazione interna
degli Stati.
In particolare nell’ordinamento italiano, aspri rimangono i
contrasti in merito al ruolo del giudice relativamente al sindacato
di liceità e meritevolezza della causa del contratto, oltre che alla
difficoltosa questione della qualificazione giuridica.
Difatti, talune peculiarità della fattispecie, che ben aderiscono ai
sistemi imprenditoriali inglese ed americano, si allontanano dalle
formule e dalle strutture conosciute in un paese di civil law quale
il nostro.
La problematica, dunque, nel tempo affrontata dalla dottrina è
quella di ricercare un possibile adeguamento del management
contract ai capisaldi del diritto dell’impresa italiano, e specie del
diritto societario.
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Attraverso gli apporti di autorevoli autori e l’analisi di alcuni tra
i principali casi giurisprudenziali, si analizzeranno, pertanto, le
svariate soluzioni che sono state prospettate, accompagnate di
volta in volta da favori e dissensi, in un cammino di esame ed
integrazione degli interessi coinvolti.
Obiettivo della ricerca è, pertanto, analizzare il management
contract alberghiero alla luce dell’integrazione tra i profili che
caratterizzano il contratto quale tradizionale istituto giuridico
atto a realizzare un solido vincolo tra le parti che lo stipulano, e
la sua nuova finalità di agevolare gli scambi e l’attività
d’impresa.
Per questo motivo, la disamina prenderà le mosse
dall’approfondimento e dalla descrizione del profilo soggettio
della fattispecie (Capitolo 1). A seguito di uno sguardo alla
definizione e prima apparizione del management contract in
Gran Bretagna, si aprirà una breve parentesi sulla tradizione
contrattuale anglo-americana per spiegare le esigenze alla base
dell’ideazione della fattispecie, tracciandone i caratteri e le
funzioni fondamentali.
Dalla sua rappresentazione come «modello di organizzazione dei
poteri» nella corporation americana e nella company inglese,
mediante la ripartizione delle competenze gestionali tra business
policy (riservata al Board of Directors) e day-to-day
management (affidato al Management) che il contratto realizza,
si perverrà agli sviluppi odierni. Si procederà precisamente verso
l’individuazione degli ambiti interessati, nel nuovo contesto
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globale, nonchØ a quelli che escludono l’esternalizzazione di
funzioni di alta direzione.
A questo punto, si giungerà alla specificazione della tipologia
nell’hotel management contract, strumento che favorisce
alleanze globali nella governance delle strutture alberghiere. Di
fondamentale importanza, sul tema, gli scritti di Autori italiani
quali Chiara Alvisi, Paolo Montalenti, Serenella Rossi, e
stranieri come Anselmo Martínez Caæellas.
Fondato su un lungo e complesso processo di formazione, il
contratto formalizza i poteri e gli obblighi delle due parti
protagoniste del rapporto, che costituiscono particolare campo
d’interesse nella ricerca condotta. La relazione instaurata tra i
contraenti permette, infatti, di evidenziare il superamento di
vecchi assetti, mediante la nuova concezione di impresa come
“nexus of contracts”.
Ci si avvarrà, a questi fini e per una migliore specificazione dei
concetti, anche di autorevole dottrina aziendalistica, specie
inglese, oltre che di recenti pronunce della Corte di Cassazione
italiana.
La seconda tappa sarà costituita dall’individuazione della
causa del contratto (Capitolo 2). ¨ questo il cuore della
problematica della meritevolezza posta dalla atipicità della
tipologia in esame, ampiamente affrontata da Alessio Di Amato,
nell’opera “Contributo allo studio sul management contract. Il
problema della meritevolezza del contratto”, che rappresenta un
valido punto di riferimento bibliografico per l’intero lavoro di
ricerca.
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Così, muovendo dall’inquadramento del management contract
nella prassi del diritto commerciale internazionale, ove trova
massima espressione, lo spunto di riflessione è offerto dalla
funzione attribuita alla causa in questo scenario, data la forte
valorizzazione della libertà negoziale.
Si valuta, a seguire, l’atteggiamento non omogeneo dell’Unione
Europea, che, se da una parte sembra orientare i propri interventi
normativi verso l’ammissibilità del contratto, misurata secondo il
parametro della libera concorrenza, dall’altro si muove nel senso
opposto di riaffermazione della posizione predominante degli
ordinamenti nazionali.
Sulla base di questi risvolti si tenterà, perciò, di spiegare il ruolo
del giudice italiano nella qualificazione del contratto e le
possibili soluzioni concrete cui si è pervenuti, come l’analogia
con il contratto di mandato, contemplato nella normativa del
codice civile. L’aspettativa è osservare se sia possibile un
adeguamento e quali le figure interpreti della scelta operata nella
realtà dell’impresa individuale, nella realtà delle società ed in
quella dei gruppi.
Il terzo profilo che ci si ripropone di esaminare riguarderà il
regolamento contrattuale (Capitolo 3).
Dalla sua definizione, si comprende come questo concetto consti,
in primo luogo, del fattore “oggetto”, o se si vuole “contenuto”.
L’attenzione, pertanto, è, in primo luogo, ad esso rivolta,
mediante un’indagine sull’esame del programma gestorio a
fondamento del contratto e, di conseguenza, delle competenze
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così attribuite al manager nel mutato contesto
dell’organizzazione dei processi decisionali dell’impresa.
Tale fattore va, poi, integrato con i “parametri di
determinazione” del regolamento, ricavati mediante le tecniche
di interpretazione e qualificazione.
Un’ulteriore questione critica va rintracciata, ad ogni modo, nella
contrarietà dell’oggetto così specificato, che poggia sul
conferimento di procure ad un soggetto esterno alla trama di
relazioni dell’impresa titolare (il manager), rispetto ai principi
portanti del diritto societario italiano in materia di
amministrazione e controllo delle società di capitali. L’intento
che si cercherà di raggiungere è valutare se o meno tali procure
ed il loro oggetto siano ammissibili. A questo fine, risulta
ragguardevole il contributo del Professore Dario Latella,
Docente di Diritto Commerciale presso il Dipartimento di
Giurisprudenza dell’Università di Messina, nello scritto “La
procura generale conferita a terzi dagli amministratori di
società di capitali: condizioni e limiti di ammissibilità”, ove si
analizzano i possibili riflessi sul potere degli amministratori della
società preponente.
Il quarto spunto di analisi è offerto dal momento patologico
della vita del contratto, volgendo lo sguardo a durata, invalidità,
estinzione (Capitolo 4).
Presupposto delle due parti nella stipula del contratto è la
definizione di termini stabili di durata, che possano soddisfare le
rispettive esigenze. E, malgrado gli interessi contrapposti, sia la
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legislazione sia la prassi sembrano mostrare favore verso accordi
di breve termine.
Utilizzando quale condizione di partenza lo schema del mandato,
si perviene, anche in questa sede, ad un interrogativo: è, cioè,
possibile un management contract a tempo indeterminato? Per
giungere ad una risposta occorrerà valutare se sia opportuna la
riconduzione al mandato irrevocabile ovvero a quello revocabile.
A sostegno del dibattito sulla possibilità di revoca esercitata dal
titolare senza giusta causa, si citeranno due importantissime
pronunce della Suprema Corte degli Stati Uniti.
Infine, l’ultima parte della ricerca è dedicata a taluni
approfondimenti su nozione ed utilizzo del management contract
negli Stati Uniti (Capitolo 5), nel cui sistema il contratto trova
pieno riconoscimento ed applicazione.
A questi fini si trarrà spunto direttamente dalla piø autorevole
letteratura giuridica e giurisprudenza americane. In particolare,
ci si sofferemerà sull’analisi dei contorni che il contratto assume
nel contesto statunitense, cercando, mediante un’indagine sul
cammino di evoluzione di questo sistema giuridico verso una
vera e propria contract law, possibili punti di convergenza con i
paesi di civil law. Validi riferimenti si traggono, in proposito,
soprattutto dagli Autori Brian A. Blum, Amy Bushaw e Peter
Linzer,
Pervenendo, così, all’osservazione di un nuovo e piø complesso
contesto legale all’interno del quale il manager è chiamato ad
operare, la valorizzazione che gli autori americani propongono in
merito al rapporto tra le decisioni del manager e tale contesto
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sorregge l’intenzione di individuare, quei principi – se esistenti –
che nella realtà statunitense possano venire in suo soccorso.
Princìpi, cioè, che gli consentano di muoversi agevolmente,
evitando conflitti, controversie, atti illeciti e responsabilità.
In ultimo, confermata la facile qualificazione del management
contract nel sistema statunitense, l’interrogativo che si pone
concerne piuttosto il problema dell’autonomia del manager e la
sua relazione con il proprietario all’interno di sole
proprietorship, partnerships e corporations. Seguendo gli studi
piu approfonditi in tale ambito, si tenterà, dopo aver escluso
tassativamente la relazione master-servant di accertare se sia o
meno possibile la catalogazione del manager come indipendent
contractor o se, invece, trovi definitiva conferma l’estensione
della “agency law”.