5
Questa esplosione ha alimentato un intenso dibattito circa la reale natura del
fenomeno: se ed in che misura, cioè, esso fosse da imputare ad una genuina scelta
per l’autonomia, ovvero al tentativo di eludere la normativa sul lavoro subordinato.
Le linee di politica del lavoro cui vuole ispirarsi il Governo è enunciato nel c. d.
Libro Bianco sul mercato del lavoro presentato nell’ottobre del 2001. Il governo
assume una chiara posizione nei riguardi delle collaborazioni coordinate e
continuative sostenendo che, nella maggior parte dei casi, si tratta di elusione
della disciplina del lavoro subordinato, decidendo di voler porre fine alla
sua“farisaica accettazione”.
Poi c’è stato l’assassinio di Marco Biagi che del Libro bianco è stato uno degli
ispiratori. Da quel momento è stata impressa una notevole accelerazione
all’iniziativa parlamentare. Presentato dal Governo alla Camera, nel novembre
2001, un disegno di legge delega per la riforma del mercato del lavoro e delle
tipologie contrattuali, questo diviene legge nel febbraio del 2003.
La delega è stata esercitata con il decreto legislativo n. 276/2003, entrato in
vigore il 24 ottobre, prima dell’anno che era riservato al Governo. Si tratta di un
decreto corposo, composto di ben 86 articoli.
Il titolo VII (Tipologie contrattuali a progetto e occasionali) negli articoli da 61 a 69,
si occupa della nuova figura del contratto a progetto, che è figura nuova e centrale
della legge di riforma.
6
CAPITOLO I
NOZIONE E AMBITO DI APPLICAZIONE
1. Premessa: dalla collaborazione coordinata a continuativa al lavoro a
progetto
Con la l. delega 14 febbraio 2003, n. 30 e il susseguente d. lgs. 10 settembre
2003, n. 276 (c.d. legge Biagi) è stata introdotta una serie di consistenti
innovazioni nella disciplina del mercato del lavoro. I molteplici strumenti
normativi approntati rappresentano solo una parte di quanto Marco Biagi aveva
immaginato per modernizzare il nostro ordinamento.
1
Tra le innovazioni introdotte dal legislatore acquista particolare importanza il
lavoro a progetto poiché va ad intaccare la storica dicotomia (autonomia –
subordinazione) che ha da sempre caratterizzato la disciplina giuslavoristica
italiana, nel tentativo di riformare, per ammissione dello stesso legislatore, le
collaborazioni coordinate e continuative.
1
Sono rimasti fuori della normativa argomenti importanti quali la disciplina dei licenziamenti
con la revisione dell’art. 18 della statuto dei lavoratori e tutta la problematica relativa agli
ammortizzatori sociali
7
Per poter comprendere la valenza della nuova fattispecie è opportuno
ripercorrere le principali tappe evolutive della normativa in materia di
collaborazioni coordinate e continuative, che si estrinsecano in una progressiva
circoscrizione e specificazione della materia.
La storia dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa trova una
prima e timida definizione nelle legge Vigorelli (l. n. 741 del 14/7/1959), la
quale nasce con lo scopo di “assicurare minimi inderogabili di trattamento
economico e normativo” e, pur non volendo disegnare una nuova categoria di
rapporti giuridici, nell’art. 2 accenna a “rapporti di collaborazione che si
concretano in prestazioni d’opera continuata e coordinata”.
Per trovare, però, una norma dell’ordinamento che faccia esplicito riferimento
alla categoria del lavoro parasubordinato è necessario aspettare il 1973 quando il
legislatore, con la legge 11 agosto 1973, n. 533, ha esteso la disciplina speciale
del processo di lavoro non solo ai rapporti di agenzia e di rappresentanza
commerciale, ma anche a tutti gli “altri rapporti di collaborazione che si
concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata,
prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato” (art. 409, co.
3, c.p.c.).
8
Questa disposizione, pur limitando la sua operatività all’applicazione della
disciplina processuale, dà l’avvio ad un dibattito
2
sui profili sostanziali della
figura, che sarebbe poi stata unificata nella molto fortunata formula dottrinale
della parasubordinazione quale categoria teorica funzionale. Questo processo
conduce da un lato all’estensione, per via interpretativa, di alcune tutele tipiche
della subordinazione anche a rapporti di facere personale, e dall’altro
all’identificazione delle caratteristiche tipiche di queste prestazioni, in
particolare quelli della coordinazione, della continuità e del carattere
prevalentemente personale della prestazione.
A definire le collaborazioni coordinate e continuative sono poi intervenute
alcune leggi speciali sul versante fiscale e previdenziale.
L’art. 49, comma 2, lett. a), t. u. imposte dirette (TUIR), approvato con D. P. R.
917/1986 considerava reddito di lavoro autonomo anche quelli derivanti da
“rapporti di collaborazione coordinata e continuativa aventi per oggetto la
prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un
determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza
impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita”.
2
Il problema è stato posto da Santoro Passarelli 1979, Il lavoro parasubordinato; prospettiva
condivisa da Napoli, 1993, I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa in ALAR,
Autonomia negoziale e prestazioni di lavoro. Tra coloro che non hanno reputato possibile
estendere in via interpretativa ai lavori parasubordinati diritti ulteriori rispetto a quelli
espressamente ricollegati di recente Ferraro, 1998, Dal lavoro subordinato al lavoro
autonomo, in Giorn. Dir. Lav. Rel. Ind. 1998 e Ghiera, 2003, La subordinazione e i diritti
atipici nel diritto italiano in AA. VV. Du Travail salarié au travail indipendant: permanence
e mutations.
9
Nell’art. 2 della legge 8 agosto 1995 n. 335, per la riforma del sistema
pensionistico, si afferma che i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa di cui all’art. 49, comma 2, lett. a), del Testo Unico sulle Imposte
sui redditi, debbano essere iscritti ad apposita Gestione Separata presso l’Inps.
L’art. 34, l. 11 novembre 2000, n. 342, ha poi equiparato i redditi da
collaborazione coordinata e continuativa non più a quelli da lavoro autonomo,
ma a quelli da lavoro dipendente.
Altre norme hanno, quindi, esteso a questa figura tutele già appartenenti al
lavoro subordinato: indennità di maternità (art. 64 d. lgs. 151/2001), assegni del
nucleo familiare (art. 59, comma 16, l. 449/1997), assicurazione contro gli
infortuni e le malattie professionali (art. 5, d. lgs. 38/2000).
Negli anni novanta queste forme atipiche e non regolate di rapporti di lavoro,
subirono una crescita incredibile, come viene documentato in tutte le analisi
3
sul
mercato del lavoro, spaziando dai lavori più professionalizzati ai lavori manuali
e meno qualificati. Con questo tipo di contratto si cercava di dare una risposta
alle aziende, da un lato a tendenze fisiologiche dell’organizzazione dei moderni
processi produttivi con la ricerca di maggiore flessibilità, dall’altro, con la
manifestazione di “false” collaborazioni poste in essere per aggirare i vincoli
del lavoro dipendente, tendenti a ridurre i costi, sotto la spinta della crescente
3
CNEL, rapporto sul mercato del lavoro 2002
ISTAT, Rapporto Annuale, La situazione del paese nel 2002
ISFOL, 2002, Rapporto 2002
10
della concorrenza, oramai a livello internazionale, a causa di una progressiva
globalizzazione dei mercati.
Alcune ricerche
4
presentano dati, che sono però da verificare con estrema
attenzione. Gli iscritti alla gestione separata dell’INPS hanno raggiunto nel 2002
la cifra di 2.437.426
5
. Il numero non rispecchia le posizioni effettivamente
esistenti: gli iscritti, difatti, non coincidono con il numero dei contribuenti
poiché si rimane iscritti anche se cessa la contribuzione, e l’INPS non dichiara le
cessazioni. Più realisticamente si può presumere che i co. co. co. siano circa un
milione e mezzo.
6
Il problema posto da un così elevato numero di collaborazioni coordinate e
continuative, è rappresentato dal deficit di tutele tra collaborazione coordinata e
continuativa ed il lavoro subordinato, che coinvolge soggetti che lavorano fianco
a fianco svolgendo gli stessi compiti ma che ricevono trattamenti giuridici
differenti.
Per colmare questo deficit di tutela vi sono state numerose proposte di riforma
normativa, tutti nel senso dell’aumento delle tutele di co. co. co.: alcuni con
successo (gravidanza, infortuni, ecc.), altri si sono arenati (d.d.l. Smuraglia).
4
Rapporto CeRP, Gennaio 2003, La previdenza dei parasubordinati:situazione attuale e
prospettive
I.N.P.S. Coordinamento Generale Statistico Attuariale, 1° rapporto sul lavoro
parasubordinato INPS, 2003, Rapporto annuale 2002
G. Altieri, C. Otieri, 2003,Terzo rapporto sul lavoro atipico in Italia: verso la stabilizzazione
del precariato? IRES-CGIL
5
Pedrazzoli, 2004, Tipologie contrattuali a progetto e occasionali in Il nuovo mercato del
lavoro, commentario al D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276
6
Così Pedrazzoli in Tipologie contrattuali a progetto e occasionali, cit.
11
Il legislatore, considerando che questo “enorme” numero di contratti di
collaborazione sia frutto di pratiche elusive del rapporto di subordinazione,
cerca di superare la “farisaica accettazione” di queste forme atipiche
7
cercando
di ricondurre da un lato le collaborazioni coordinate e continuative ad un
contratto di collaborazione a progetto e, dall’altro al lavoro subordinato,
aumentando le opzioni di flessibilità.
7
Relazione di accompagnamento al decreto di attuazione della riforma Biagi
12
2 .La dottrina: statuto dei lavori e tertium genus
Negli anni precedenti l’attuale “riforma Biagi” si è sviluppato un ampio dibattito
dottrinale
8
sulla ridefinizione della fattispecie fondamentale del lavoro
subordinato, il quale ha evidenziato i due principali fattori che rendono
ineludibile una rimodulazione delle tutele:
1. la perdita di centralità della tipica figura del lavoratore dipendente della
media e grande industria, con rapporto di lavoro esclusivo, a tempo
pieno ed indeterminato, chiamato a svolgere la sua prestazione
nell'ambito di una rigida integrazione spazio-temporale con
l'organizzazione dell'impresa;
2. la progressiva e correlata emersione di nuove istanze di tutela.
Nella ricerca di possibili soluzioni la vari Autori hanno proposto, de iure
condendo, una serie di opzioni volte ad una rimodulazione delle garanzie
giuslavoristiche.
8
Il mondo dell’economia negli ultimi anni è sempre più interessato dal fenomeno della
globalizzazione. I mercati si sono internazionalizzati e per le aziende si è fatta sempre più
stringente la necessità di ridurre i costi di produzione, accentuando, nel contempo, la necessità
di un rapido adattamento all’entità della domanda, con richieste di modifiche della
legislazione nel senso di una maggiore flessibilità in entrata ed in uscita della forza lavoro.
Questo tema ha sviluppato un ampio dibattito sulla flessibilizzazione del sistema lavoro
italiano e, quindi, sulla rideterminazione delle tutele dei lavoratori. La legislazione ha subito
in questo tema notevoli sviluppo, e sono venute alla luce nell’ordine, il contratto part-time, il
contratto di formazione e lavoro, il lavoro interinale ecc.
13
In particolare, Alleva
9
e D’Antona
10
hanno suggerito di spostare il baricentro
della disciplina legislativa dal concetto di lavoro subordinato a quello ampio e
omnicomprensivo, sulla scia del dibattito francese, di “lavoro sans phrase”. In
questa proposta, che ignora la parasubordinazione intesa come articolazione del
lavoro autonomo, Alleva e D’Antona hanno immaginato di attribuire uno
zoccolo minimo di tutela al lavoro personale, ritagliando così una prima
categoria, quella del lavoro senza aggettivi, nella quale rientrerebbero gli
autonomi coordinati e i lavoratori subordinati dotati di ampio potere di
autorganizzazione della prestazione.
Al di sopra di tale categoria si collocherebbero altre, cui vengono accordate
protezioni crescenti, fino a pervenire all’ultima, grosso modo coincidente con la
subordinazione intesa nel grado più intenso. Entrambi i progetti sono partiti dal
presupposto che esistono dei diritti fondamentali che devono riguardare il
lavoratore, non come parte contrattuale, ma in quanto persona, cosicché essi
sono ineludibili.
11
Le due proposte, simili, negli obiettivi, risultano differenziate nell’impostazione.
Alleva definisce solo al negativo l’area della nuova tipologia, configurandola
come quell’area in cui vi è lavoro subordinato senza “patto di inserimento
9
Alleva, Ridefinizione della fattispecie di contratto di lavoro. Prima proposta di legge, in
Ghezzi (a cura di), La disciplina del mercato del lavoro, proposte per un testo unico, Roma
1996
10
D’Antona, Ridefinizione della fattispecie di contratto di lavoro. Seconda proposta di legge,
in Ghezzi (a cura di) La disciplina del mercato di lavoro cit.
11
Lunardon, 2004, Lavoro a progetto e lavoro occasionale in Franco Carinci (coordinato da)
Commentario al D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, tomo IV