Il consumo di droghe, fra Psiche e Techne.
Per una prospettiva psico-antropologica
INTRODUZIONE
DIO SI CHIESE PERCHE’?
”Dio si chiese perché non aveva mai visto un uomo nero in paradiso. Era perché essi erano rimasti nelle proprie vite
peccaminose. Ricordò ch’egli aveva creato due popoli, uno bianco e uno nero, ma i preti dei neri non arrivavano in
paradiso. Come poteva aiutare i neri?Un giorno, guardò giù e vide un Pigmeo su un albero atanga che stava raccogliendo
dei frutti. Lo fece cadere e morire, e prese il suo spirito in paradiso. Tagliò via il suo dito destro della mano e il suo dito
destro del piede e li sparse nella foresta. Questi divennero la pianta dell’iboga. Egli disse al Pigmeo:”Quando la tua gente
mangia questa pianta e prega a me, la udirò, e quando morirai, avendo mangiato iboga, verrai in paradiso”. Dio prese
quindi le ossa del Pigmeo e le mie in un ruscello. I fratelli del Pigmeo lo cercarono, ma non riuscirono a trovare il suo
corpo, e fecero un funerale senza questo. Un giorno, la moglie del Pigmeo, Akengue, andò a pescare nella profondità della
foresta. Lasciò i suoi compagni e, ascoltando un gemito che proveniva dall’acqua, vi scavò, e trovò le ossa, di un uomo.
Pensando che potessero essere le ossa di suo marito, le lavò e le pose sulla sponda del ruscello, con l’intenzione di portarle
a casa. Ma mentre stava pescando, sopraggiunse un gatto selvatico che raccolse le ossa e le portò via. Rimase perplessa, e
si mise in partenza per tornare a casa, ma, improvvisamente, una voce le parlò chiamandola, attraverso la foresta, da una
grotta. Lì, nel fondo della grotta, v’era il mucchio di ossa su una pelle di gatto dell’ingresso. la voce le chiese di girarne .
Improvvisamente, mosca olarezen volò nel suo occhio lacrimante e girò intorno, le ossa erano andate, e suo marito stava
dritto davanti a lei. Egli le disse che era stato con Dio (zame) ed era tornato con la religione dei neri. Egli la rinamò
Disumba (“Origine” )poiché era l’inizio del Buiti. Era la pianta di iboga che metteva in grado i neri di vedere i propri
morti. Ma doveva essere fatto un pagamento (okzando). Così la donna tornò al villaggio, e arrivò quotidianamente con cibo
e offerte. Intanto, il fratello di suo marito defunto (suo marito per levirato) si insospetti,e la seguì. La sorprese nella grotta.
Ma essa avrebbe voluto non dirgli nulla. Quindi, suo marito defunto le parlò, dicendole di dare iboga a suo fratello. Quando
egli mangiò l’iboga, vide suo fratello morto. Immediatamente il morto chiese il pagamento, l’okzando, per i poteri che aveva
concesso.”Cosa posso darti, io pover’uomo, disse il fratello vivente. “Dammi tua moglie”, disse il fratello defunto, e
immediatamente il fratello vivente si gettò su di essa e la strangolò, così che la volenterosa donna trapassò per riunirsi con
il suo primo marito”
(Samorini G., 1991)
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L’ESPERIENZA ALLUCINOGENA TRASCENDENTALE
Il racconto appena descritto, fa parte del repertorio di credenze religiose tramandate da
generazione in generazione nei templi Buiti del Gabon, ed è stato raccolto
dall’etnobotanico Giorgio Samorini, durante una sua missione di ricerca nella foresta
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equatoriale africana nel 1991. Attraverso la poderosa Ibogaina anche per i neri vi è la
possibilità di accedere al paradiso, questo credo è presente all’interno del Buiti una
religione di carattere sincretico, dove ai dogmi del pensiero cattolico cristiano, sono stati
aggiunti rituali provenienti dalle antiche tradizioni pagane locali. Un esempio di questo
sincretismo è dato dall’ostia offerta durante alcune cerimonie, essa è composta dalla radice
polverizzata dell’ibogaina, la quale scatena un chiaro effetto psichedelico nei fedeli.
Consumare droghe non è una caratteristica dei tempi moderni, ma come sostiene Lewin
(1928) “con le prime notizie a noi giunte sulla vita degli uomini sulla terra ne sono giunte
altre, che si riferiscono all’uso di sostanze le quali non servirono per nutrire né per dare
senso di sazietà, ma venivano usate deliberatamente per provocare durante un certo tempo
1
L’Ibogaina è il primo di dodici alcaloidi derivati dalla pianta Tabarnathe Iboga e cresce
prevalentemente nelle zone occidentali dell’Africa. Gli effetti fisici più caratteristici sono:
la dilatazione delle pupille, l’aumento della pressione sanguigna, allucinazioni simili a
quelle che si riscontrano nell’LSD, disfunzioni motorie, vomito. Alcuni all’inizio del viaggio
sentono un forte desiderio di danzare. Altri invece possono sperimentare delle esplosioni
d’ira improvvisa e non correlata alla situazione presente. Questi comportamenti, sostiene
lo psichiatra Naranjo (1973), sono dovuti probabilmente perché gli effetti psicotropi
dell’Ibogaina tendono a far rivivere o a ricordare situazioni vissute durante l’infanzia.
Durante la conferenza del 1966 organizzata a S. Francisco (USA) da Baker, Naranjo ha
presentato uno studio sulle possibili applicazioni dell’alcaloide in psicoterapia. Negli
ultimi anni questa sostanza viene utilizzata in via sperimentale anche come sostituto al
metadone per la disintossicazione dagli oppiacei (Mash, Kovera, Pablo, et al., 2001).
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un aumento del senso soggettivo di benessere, lo stato cosiddetto di euforia”. Lo psichiatra
Henri Margaron sostiene un’ipotesi simile: “… per tutto il paleolitico l’homo sapiens ha
vissuto in orde predatrici, oltre a cacciare raccoglievano radici, funghi o frutta, imparando a
riconoscere gli effetti di questa o quella “erba”, riuscendo a sceglierla in funzione del
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sintomo o dello stato da indurre...”.
A sostegno di questa ipotesi sono stati ritrovati, ad esempio, alcuni reperti archeologici i
quali attestano che nell’area di foresta tropicale distribuita tra Perù, Ecuador, Colombia e
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Brasile il consumo dell’Ayahuska, risale al periodo neolitico. Omero nel VIII sec. a.c.
scrive di una sostanza che se consumata ha l’effetto di annientare qualsiasi turbamento:
“Elena sorta da Zeus la pensò diversamente; e gettò nel vino, da cui tutti bevvero una
sostanza contro le preoccupazioni, la rabbia e la memoria di tutto il male. Chi la ingerisce
dopo averla mischiata nel calice non piange più lacrime nello stesso giorno, neppure se gli
fossero morti madre e padre neppure se gli venissero uccisi col ferro il suo caro figlio o
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Lewin L. (1928), Manuale delle Droghe, tr. it. I Dioscuri, Genova, 1992, pag.3
3
Margaron H. (2001), La Stagione degli dei: storia medica e sociale delle droghe, Raffaello
Cortina, Milano, pag.1.
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L’Ayahuska o Quechua (ovvero liana dei morti perché dà la possibilità a chi la ingerisce di
poter entrare in contatto con gli antenati defunti), è considerata tra gli allucinogeni più
diffusi in Amazzonia, dove è consumata per scopi religiosi. Essa viene ottenuta tramite la
prolungata bollitura di una liana chiamata Banisteris Caapi, insieme alle foglie dell’arbusto
Psychotria Viridis; la liana contiene alcaloidi beta-carbolini, in particolare l’armalina,
mente le foglie di Psychotria Viridis contengono dimetiltriptamina o DMT. A seguito
dell’assunzione, si sviluppa inizialmente un senso di nausea e vomito, seguiti
successivamente da stati di euforia, di forte eccitazione, e allucinazione visiva.
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fratello e lo vedesse con i propri occhi. Di tale buon effetto erano le sostanze, che vennero
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allora regalate alla figlia di Zeus in Egitto”. La sostanza capace di elidere i cattivi umori
descritta da Omero è molto probabilmente l’oppio. Conosciuto e ampiamente apprezzato
nell’antica Grecia da remoto tempo, da quando probabilmente i Pelasgi lo importarono
dalla lontana Asia. Il rapporto ancestrale tra le droghe e la psiche umana è presente anche
all’interno dei racconti mitologici provenienti dal continente asiatico, ad esempio, il dio
Shiva secondo la tradizione induista, come ricorda Grinspoon, sembra apprezzare la
canapa: “un tempo Shiva trascurava la sposa Parvati, preferendo alla sua compagnia il
vagabondaggio nei boschi e la seduzione delle ninfe divine. Stufa dei continui tradimenti,
Parvati si mise a cercare un qualcosa che potesse tenere a sé lo sposo. Trovò allora una
pianta di canapa, e appena Shiva tornò a casa, gli fece fumare la resina prodotta dalle
foglie. Immediatamente Shiva si eccitò e si unì alla compagna sperimentando un’estasi
cosmica. Da quel momento il Dio rimase sempre accanto a Parvati, e sempre prima dei
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rapporti, entrambi fumarono la canapa”.
LA SOCIETA’ “DROGATA”
Confrontando il passato con il presente, il “fenomeno droga”, presenta oggi due nuovi
aspetti. Il primo è dovuto alla quantità di psicotropi consumati nel mondo, il secondo deriva
dal giudizio patologico che la psicologia clinica esprime, con frequente facilità, nei
confronti delle persone che consumano stupefacenti.
5
Odissea, Libro V, cit. in Margaron H. (2001), La Stagione degli dei: storia medica e sociale
delle droghe, Raffaello Cortina, Milano, pag.21.
6
Grinspoon L. (1996), Marjuana, tr. it. Urra, Torino, pag.4.
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La relazione annuale 2008 compiuta dall’“Osservatorio europeo sulle droghe e sulle
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tossicodipendenze” (OEDT), dichiara un alto e diffuso consumo di droghe all’interno della
società. Al primo posto troviamo la cannabis, assunta almeno una volta nella vita dal 22%
della popolazione, a seguire, le due sostanze illegali più assunte sono le anfetamine e la
cocaina, i dati si possono così sintetizzare:
- durante l’anno 2006, 70 milioni di cittadini europei hanno consumato cannabis almeno
una volta nella vita, questo significa che 1 persona su 5, in un range d’età variabile tra i
15 e i 64 anni, ha consumato cannabis almeno una volta nella vita; di questi, circa 23
milioni di europei hanno consumato cannabis almeno una volta durante l’anno. La
produzione mondiale di resina di canapa per l’anno 2006 è stimata intorno alle 6000
tonnellate;
- durante l’anno 2006, 11 milioni di cittadini europei hanno consumato amfetamine,
questo significa che 1 persona su 5, in un range d’età variabile tra i 15 e i 64 anni, hanno
consumato amfetamine in una percentuale che oscilla da 0,1% a 11,9% almeno una volta
nella vita; di questi, circa 2 milioni hanno fatto uso di esse almeno una volta durante
l’anno. La produzione europea era stimata intorno alle 266 tonnellate.
- durante l’anno 2006, 9,5 milioni di cittadini europei hanno consumato l’ecstasy; questo
significa che 1 persona su 5, in un range variabile tra i 15 e i 64 anni, ha consumato
ecstasy in una percentuale che oscilla da 0,5% e 14,5% almeno una volta nella vita; di
questi, circa 3 milioni hanno fatto uso di essa almeno una volta durante l’anno. La
produzione europea era stimata intorno 14 milioni di pasticche.
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Osservatorio europeo sulle droghe e sulle tossicodipendenze, Relazione annuale 2008:
evoluzione del fenomeno della droga in Europa, Lussemburgo, 2008.
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- durante l’anno 2007, 12 milioni di cittadini europei hanno consumato la cocaina;
questo significa che 1 persona su 5, in un range d’età variabile tra i 15 e i 64 anni, ha
consumato la cocaina in una percentuale +/- 3,6% almeno una volta nella vita; di questi,
circa 4 milioni hanno fatto uso di essa almeno una volta durante l’anno. La produzione
mondiale era stimata intorno alle 994 tonnellate di cocaina idrocloride pura (UNODOC
2008).
- durante l’anno 2007, erano presenti circa 1,3 – 1,7 milioni di cittadini europei
consumatori problematici d’oppiacei. La produzione era stimata intorno alle 8870
tonnellate di oppio, da questo dato si può presumere la quantità di eroina prodotta è
stimata intorno le 733 tonnellate (UNODOC 2008).
Il dato sulla diffusione delle droghe nella società post-moderna sale sensibilmente se al
numero delle sostanze trafficate all’interno del mercato illegale aggiungiamo il numero dei
farmaci venduti legalmente, i quali hanno potere d’azione sul sistema nervoso come gli
ansiolitici, gli antidepressivi e gli antipsicotici.
Secondo una ricerca effettuata da Federfarma nel 2008, i medicinali per il sistema nervoso
rappresentano il 9,7% della spesa totale che gli italiani investano sui farmaci. Il presidente
europeo della Società per la Ricerca Psicoterapeutica Niccolò, a seguito di alcune ricerche
da lui svolte, dichiara che in Italia tra il 2001 e il 2006 il consumo di psicofarmaci è
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aumentato del 75%.
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www.ciumeo.it
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Cifre allarmanti provengono anche dal mondo dell’infanzia, da 30000 a 60000 bambini
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italiani assumono ogni giorno psicofarmaci. Un altro dato fece clamore in Gran Bretagna,
quando nel 2004 la BBC diramò la notizia che tracce di fluoexetina erano state trovate
nell’acquedotto, ciò significava che le acque di scarico, in parte purificate per essere
reinserite nella rete idrica, nonostante la filtrazione contenevano ancora tracce dello
psicofarmaco. Se consideriamo che in Gran Bretagna, tra il 1991 e il 2001 il numero delle
prescrizioni sia salito da 9 a 24 milioni, la vicenda dell’acquedotto si fa più razionale.
All’Europa, spetta il secondo posto nella classifica dei consumi di psicofarmaci “oggi circa
28 milioni di americani, il 10 per cento dell’intera popolazione, si sono sottoposti a cure
10
incentrate su Prozac o su prodotti similari”, afferma Fukuyama (2002) convinto
dell’influenza che ha avuto sul popolo statunitense il bestseller dello psichiatra Kramer “La
pillola della felicità”, un elogio degli effetti benefici del Prozac.
ALLA RICERCA DI UNA SPIEGAZIONE
Desiderando compiere una ricerca tra i vari studi effettuati dalla Psicologia accademica
contemporanea, con l’obiettivo di osservare il comportamento tossicomane, è possibile
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notare che essi tendono a descrivere esclusivamente i casi borderline. Questa lacuna
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www.giulemanidaibambini.org
10
Fukuyama F. (2002), L’uomo oltre l’uomo: le conseguenze della rivoluzione
biotecnologica, Mondadori, Milano, pag.62.
11
Il termine borderline viene utilizzato in quest’opera con lo scopo di descrivere i casi di
(tossicomania conclamata) o drug abuser.
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indicata già da diversi studiosi (Weill 1972, 1983; Zinberg 1984; Cohen 1990, 1993), oltre
a non riuscire a rappresentare un autentico riflesso della società reale, provoca un forte
distanziamento tra la Psicologia come disciplina accademica e l’esperienza individuale. Il
suo compito dovrebbe essere quello di svolgere un servizio di counseling a tutte le persone.
Orientando però gran parte dei suoi sforzi all’osservazione e alla cura dei casi borderline,
essa non riesce a operare un autentico intervento di supporto e consiglio nei confronti della
maggior parte delle persone che fanno uso di droghe, poiché il loro stile non rientra nel
profilo drug abusers.
Un altro limite presente all’interno della Psicologia accademica è dato dalla tendenza a
considerare spesso l’individuo come un soggetto vulnerabile, fragile, se non limitato. A tal
riguardo, Frank Furedi scrive: “l’immagine dell’individuo che si realizza attraverso la
riflessione su di sé e attraverso l’autonomia di scelta è contraddetta nella pratica dalla
premessa fondamentale della cultura terapeutica, secondo la quale l’individuo è definito
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dalla sua vulnerabilità”. Così quando la psicologia non si è interessata al possibile
collegamento tra sostanze d’abuso e comorbidità psichica, essa si è orientata verso la
quantificazione della percezione del rischio tra gli adolescenti e non nei confronti delle
tendenze tossicomani (cfr. Jessor, 1991, 1998; Zuckerman 2000; Bonino, 2005; Pini,
Calamari, et al. 2008).
Il pregiudizio di base che la psicologia classica possiede nei confronti del comportamento
tossicomane, oltre a risiedere nella visione negativa che ha dell’essere umano, affonda le
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Furedi F. (2005), Il nuovo conformismo, tr. it. Feltrinelli, Milano, pag.133.
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