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Introduzione
Il percorso che ha portato la sociologia ad
interessarsi alla circolazione ed al consumo dei beni è stata
lunga e si è proiettata in una prospettiva sempre più sociale
e comunicativa. Le valenze simboliche degli oggetti di
consumo mettono in luce processi sociali e mediatici. Il
termine oggettificazione proprio della cultura
antropologica inglese è la lettura del concetto di cultura
materiale. Solo se esiste un patrimonio di significati
socialmente condivisi, il consumo può divenire
comunicazione sociale e come tale, strategia atta a
manipolare il significato intrinseco degli oggetti ad
organizzare gli oggetti stessi in comportamenti mentali di
consumo. In questo modo gli oggetti stessi divengono
mediatori simbolici all’interno del campo delle relazioni
sociali. Al consumo materiale viene anche affidata la
differenza di “status”, in un paradigma di emulazione e
tendenze alla conformità. Un altro aspetto da sottolineare è
il diretto riferimento alla stratificazione sociale, attraverso
una lettura del processo di differenziazione\imitazione,
vista come confine labile e negoziale tra le classi sociali.
La ricerca del progresso tecnologico e merceologico è essa
stessa un consumo è l’Uroboro dal greco ( οὐ ροβόρ
ος ὄφις), cioè l’immagine di serpente che si morde la
cosa e la ingoia. Questa immagine che appare anche nelle
dottrine esoteriche come l ’alchimia, sta a simboleggiare
l ’ eterno ritorno, cioè la metafora espressiva di una
riproduzione ciclica come avviene con il denaro nella
cultura materiale e che rispecchia il ciclo consumistico. Per
l’antropologia culturale tutto è un insieme di valori,
costumi, credenze ed abitudini che caratterizzano i
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determinati gruppi sociali e mentre in ogni società la
cultura intensa in un senso classico è una sola anche se con
le sue differenziazioni interne e storiche, in un senso
antropologico e sociologico ogni gruppo sociale ha una
propria cultura di appartenenza, quindi la società diviene
un insieme di culture diverse tra loro. La società
multiculturale e globalistica, porta ad una comprensione
più vasta della società, dove il rapporto tra produzione,
scambio, utilizzo dei beni divengono fatti sociali che
definiscono, all’interno delle diverse culture, i valori ed i
significati su cui esse si fondano e dove i consumi
rappresentano la parte visibile della cultura, strumento e
materiale per definire la realtà. In tale senso il consumo e
quindi il materialismo sono espressione dell’esigenza
dell’individuo di relazionarsi, di disporre e gestire il
materiale che rende possibile l’interazione, la
comunicazione, il rapporto sociale. In quest’ottica i beni
sono accessori rituali ed in definitiva il consumo è esso
stesso un processo rituale. Per Zygmunt Bauman in
“Consumo dunque sono”, nella società dei consumatori
nessuno può diventare soggetto senza prima trasformarsi in
merce, e nessuno può tenere al sicuro la propria
soggettività senza riportare in vita e reintegrare
costantemente le capacità che vengono attribuite e richiesta
ad una merce vendibile. Da questo è deducibile come nella
società consumistica non sia facile conservare la
“soggettività.” Nel lavoro di Bauman, dove si analizza la
“vita liquida”, si deduce che essa è una vita di consumi,
dove gli oggetti perdono la propria utilità man mano che
vengono usati. Consumatori ed oggetti di consumo sono i
due poli di un continuum in cui si collocano e si muovono i
soggetti che fanno parte della società dei consumi. La
cultura materiale è quindi la concretizzazione della nostra
cultura e costruendola, usandola, combinandola, ci
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riportiamo continuamente ai significati più profondi della
nostra società odierna.
1. Il Materialismo
1.1. Il Concetto di cultura materiale
1.1.1La cultura materiale
Il consumo nei secoli ha avuto due passaggi
fondamentali che hanno visto il predominio del “bene
durevole” soppiantato tempo dopo dal “bene non durevole”
che ha portato il consumatore odierno ad “un consumo
senza fine” o per meglio dire “all’epoca dello scartare e
sostituire”. A proposito del concetto di “sostituire”
possiamo sottolineare come Calvino parli della città
immaginaria di Leonia, dove la maggiore opulenza è nel
volume di beni che ogni giorno si scartano. Luis Althusser
inquadra la società consumistica in un rigido schema di
pensiero in cui gli individui non sono “individui liberi” ma
sono inquadrati nel termine “consumatori” e dove la
società agisce da padrone elargendo ricompense ed
ammonizioni in base al livello delle prestazioni
consumistiche ed agisce relegando al margine gli invalidi
che definisce “consumatori difettosi”. Al contrario Michel
Maffesoli inquadra la società moderna come “tribù post-
moderne
1
” in cui i simboli del possedere aiutano ad essere
sempre un passo avanti agli altri nell’affermazione del
proprio status e nel marcare la propria appartenenza alla
compagine sociale. Il concetto di “essere sempre un passo
avanti agli altri” è riferito al quantitativo di status sociale e
gratificazioni che che la “padrona società” elargisce in base
a quanti “emblemi di appartenenza” si possiede, creando
1
Michel Maffesoli, Il tempo delle tribù. Il declino dell’individualismo nelle società postmoderne,
editore Guerini ed Associati,Milano, anno 2004,pp 12 e ss.
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nell’animo del consumatore un senso di appagamento mai
sazio ed al tempo stesso dando vita nella società ad un
“simbolismo di appartenenza sociale”. La società impone i
“simboli di affermazione e li lega ad un messaggio che
nella società è stato “codificato” con il nome di pubblicità.
Essa con il suo messaggio avverte chiaramente che
solamente il vantaggio di rispondere prontamente avrà il
beneficio di godere del relativamente status sociale che gli
garantirà la sicurezza di essere momentaneamente “un
gradino sopra gli altri”. A proposito della velocità e del
pericolo che la lentezza nel rispondere al messaggio che la
società invia, si può citare un passo interessante tratto dal
libro “La lentezza” di Milan Kundera. Lui afferma che “ il
grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità
dell’oblio[…] perchè? Per occupare la scena bisogna
cacciarne via gli altri...
2
”. Al concetto di velocità nella
società consumistica possiamo citare il Hylland Eriksen dal
titolo ”Tempo Tiranno” in cui lo scrittore sottolinea come
questa eccessiva velocità può avere conseguenze devastanti
dando vita “alla tirannia di un istante.” “Le conseguenze di
questa terribile fretta sono devastanti: il passato ed il futuro
come categorie mentali sono minacciati dalla tirannia di un
istante. La minaccia riguarda il qui ed ora visto perché
l’istante successivo arriva talmente in fretta che è difficile
vivere il presente[...]
3
”Analizzando questo passaggio ci si
accorge di essere davanti ad un interessante paradosso ed al
tempo stesso una fonte inesauribile di tensione che porta la
società ad avere unicamente il tempo di pronunciare una
minima frase invece di un discorso intero. Il concetto di
“allontanare gli altri” riporta invece in auge la passata
2
Milan Kundera,La lentezza,Editore Adelphi,Milano, anno 1999, pp 110 e ss.
3
Thomas Hylland Eriksen,Tempo Tiranno, Editore Elèuthera, Roma, anno 2003,
pp 200 e ss.
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teoria hobbesiana dell’ ”Homo homini Lupus” dando vita
ad un silenzioso scontro per essere superiori nel prestigio e
nel possesso dei migliori “distintivi sociali”. Al concetto di
“guerra contro tutti” verso la superiorità, notiamo che al
lato della società rimangono i poveri considerati come “un
fastidio” o come direbbe Thomas Mathiensen “i poveri
sono la classe che il sistema penale colpisce di più[...]
4
”.
Thomas Mathiensen ci spiega il perché di questo accanirsi
contro questa classe dicendoci che il legislatore trova più
facile sanzionare le azioni compiute da coloro per cui il
sistema non ha posto. I poveri vengono anche visti come
“sottoclasse” da Gunmar Myrdal che sottolinea come la
povertà o per meglio dire la disoccupazione sono frutti
della mancanza di lavoro da offrire a tutte le persone in
grado di lavorare. Al concetto di “sottoclasse”, Myrdal
unisce il concetto di fallimento della società. Questi due
concetti sono in un rapporto di diretto sillogismo, per
essere più chiari il fallimento della società porta alla
creazione di una sottoclasse formata dalle vittime escluse
dall’attività produttiva. All’origine di ogni forma di
proprietà c’è il desiderio di emulare e soddisfare. Stabilita
tale tesi sulla cumulabilità dell’emulazione, Thorstein nel
suo libro “La teoria delle classi agiate”, applica ai
meccanismi di distribuzione della ricchezza, il concetto
della” lotta degli egoismi” in cui ogni individuo cerca di
prendere il massimo per se stesso. Il consumismo per Max
Weber è un principio etico in base al quale la vita si
presenta sotto forma di codice di comportamento, in cui si
deve essere soddisfatti e per contro non soddisfatti. La
cultura materiale consiste soprattutto nella sindrome
dell’accumulo e la pretesa del controllo dell’accadere
quotidiano, dove si è perso il senso del limite delle proprie
4
Thomas Mathiensen,Prison on Trial, Editore Waterside Press, anno 2006,
pp 70 e ss
9
priorità e necessità primarie. Se si allargasse la riflessione
al posto che il denaro occupa nella vita di un soggetto, nei
suoi rapporti con i fattori caratteriali e pertanto quale sia
l’influenza sui comportamenti del soggetto in quanto
agente economico nel campo sociale, ci si rende conto di
quanto il materialismo del denaro, svolga il ruolo di
convertitore generale ed al tempo stesso non abbia forma
concreta, ma come l’acqua tende a prendere la forma del
carattere del momento. È quindi pure astrazione che può di
volta in volta adattarsi a tutte le cose concrete possibili.
Parlando di Marx non possiamo non citare “Il Capitale”,
per il quale “il capitalista è rispettabile solo nella misura in
cui il capitale fa l’uomo e pertanto ha il diritto all’esistenza
in misura in cui funziona come capitale personificato
5
”. Il
materialismo è l’accumulo dettato dal desiderio di
tesaurizzare. Il materialismo moderno è la derivazione
diretta della società complessa uscita dalla prima
rivoluzione industriale, che ha portato alcune classi sociali
all’accumulo materiale, in vista di una fruizione, logico
preludio, all’affermazione sociale e personale.
1.1.2 La teoria del Consumo
Un saggio di Karl Polanyi, intitolato
“Aristotele e la società opulenta” ci ricorda che le radici
del consumismo e la sua critica, affondano nella storia.
Secondo Polanyi, la filosofia economica di Aristotele era la
diretta dipendenza del concetto di comunità umana e per
tale concetto si poteva criticare lo scambio nascente, come
contrario alla buona vita. Questa forma “innaturale del
commercio” secondo Aristotele, che trascendeva
comunque l’autarchia, nacque dal bisogno di “fare denaro”,
5
Karl Marx, Il Capitale, Editore Utet, Torino, anno 1980,pp 55 e ss
10
accompagnato da una distorsione della visione della vita
quotidiana ma volta al desiderio smodato o comunque non
sano, di beni materiali che nella scala di valori, per il
desiderio si pone come preminente ed il denaro può
esaudire questo desiderio. In tale contesto si intende che
non si desidera il denaro per se stesso, ma per quello che
può procurare il suo potenziale. Il capitalismo moderno
infatti, non si fonda sulla regola “sempre più di ogni cosa”,
ma “sempre più cose nuove”. Marx lodava il capitalismo
per la sua capacità di offerta, ma il capitalismo nasconde in
sé la capacità di suscitare la domanda, senza la domanda
alla fine l’offerta non troverebbe sbocco e viceversa. Il
pericolo che l’attività economica costringa a deviare dalla
“buona vita”, che Aristotele riteneva essere il fulcro della
vita pubblica posta al servizio della “polis”, diventa una
attività anti-economica, cioè antitesi dell’attività lucrativa,
in quanto come diceva Marx “la buona vita è il
consumismo integrale”. Per consumismo integrale Marx
intende “la fine delle necessità, poiché queste sono schiave
ingegnose e calcolatrici di appetiti disumani, raffinati,
innaturali ed immaginari.
6
” Allora ci si chiede se c’è il
pericolo che l’attività economica rivolta a consumi
superflui, possa far deviare dalla “buona vita posta al
servizio della polis”. Il recente concetto di “polis”
aristotelica, si sacrifica al concetto egocentrico, ma non
rinuncia allo stesso. Attenendoci a questo concetto
torniamo a Wilde e tra i suoi paradossi celebri, troviamo
“Datemi il superfluo, rinuncerò al necessario”. Un altro
luogo comune è più che l’inutilità, la continuità della
ricerca del superfluo, riporta allo Zibaldone di Leopardi,
nel quale dove il guadagno deve portare l’uomo a
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Karl Marx,Manoscritti economico-filosofici del 1844,Editore Einaudi,Torino,
anno 2004, pp 55 e ss