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perché in questa storia ricopro anche il ruolo dell’attore, e ciò rende più
difficile osservare i fatti e descrivere le trasformazioni con equidistanza.
Tornando al titolo, esso sintetizza la nascita in Italia, o con minor
presunzione la sua affermazione presso il grande pubblico, della figura
del consulente agli investimenti, ma vuole anche trasmettere un moto di
“giustizia” nel considerare tale evoluzione come un passaggio necessario
per livellare le asimmetrie informative che rendono i soggetti operanti
nella finanza attori che giocano una partita “scendendo in campo” con
armi diseguali: ecco il perché della “sfida di democrazia finanziaria”.
Il lavoro nasce e si sviluppa su linee molto pragmatiche dettate da
esigenze reali, da bisogni manifesti e da una cultura ed un senso comune
che si scontrano con una realtà mutata; come ogni cambiamento, anche
questo produce delle ferite ma se ben interpretato apre spazi
all’affermazione di un nuovo ruolo professionale che impiega risorse
intellettuali per rispondere all’enorme domanda che ad oggi è solo
potenziale, ma che in breve potrebbe rivelarsi assai più significativa delle
aspettative.
Nella prima parte l’attenzione si focalizza sulla nascita della figura del
financial planner nel resto del mondo, con un occhio di riguardo per la
realtà anglosassone, in cui l’idea della consulenza finanziaria
indipendente nasce e si sviluppa fin dal dopoguerra; si rende necessario
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analizzare le differenze e le analogie tra culture, modelli economici e
sistemi finanziari. È utile aprire una riflessione sulla consuetudine, in
Italia consolidata, di recarsi presso la banca dove solitamente si opera
per motivi perlopiù territoriali a chiedere consulenza di natura finanziaria
in base alla quale effettuare delle scelte di investimento che spesso
abbracciano periodi temporali lunghi e i cui risultati influiscono in
maniera significativa sui risparmi faticosamente accumulati durante tutto
il corso della vita.
Una seconda parte approfondisce la figura del consulente
all’investimento, tracciandone un profilo che parte dagli aspetti
normativi e si sviluppa lungo le direttrici delle sue competenze distintive
in termini organizzativi, relazionali e di natura prettamente tecnico-
finanziaria. In tale approfondimento vengono identificati nella
professionalità e nella riservatezza i punti di forza della consulenza;
l’indipendenza si manifesta come vero tratto distintivo rispetto alle
figure già esistenti. Nei capitoli successivi, infatti, viene raffigurato il
quadro dell’offerta di consulenza finanziaria in cui in Italia si inserisce la
figura del consulente indipendente. Vengono presi in esame il ruolo e la
professionalità dell’operatore dello sportello bancario, la cui evoluzione
ha determinato la nascita del private banker, realtà storica e punto di
riferimento insostituibile per il risparmiatore italiano a prescindere dalle
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reali competenze dimostrate. Viene quindi analizzata la figura del
promotore finanziario, contraddistinta da un chiaro inquadramento
normativo e da un livello minimo di conoscenze appurate dall’istituzione
di un albo per accedere al quale risulta necessario il superamento di un
esame. Alla luce di episodi eclatanti che negli ultimi anni hanno inciso in
maniera indelebile sui risparmi degli italiani e sulla fiducia da essi
riposta nelle istituzioni bancarie, si rende necessario quindi sottolineare
la reale mancanza di una figura professionale che, slegata da qualsiasi
pressione commerciale e di conflitto di interesse nei confronti del
risparmiatore, svolga la mansione di “consiglio indipendente e
professionale” e abbia come unica remunerazione la parcella che
l’investitore gli corrisponde: il consulente di investimento. L’oggettiva
coincidenza degli obiettivi tra cliente-investitore e consulente-
indipendente rende nobile il ruolo in quanto tale indipendentemente dal
soggetto che lo ricopre e apre ampi spazi a scelte più consapevoli da
parte dei risparmiatori e ad una conseguente offerta maggiormente
attenta ed efficiente da parte dell’industria dell’asset management.
Si rende necessario quindi il recepimento a livello nazionale della nuova
normativa comunitaria di recente approvazione, al fine caratterizzare tale
nuova figura e di renderne chiari i confini nei confronti dell’utilizzatore
finale. Tutto ciò potrebbe essere accompagnato da una campagna di
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informazione su larga scala nei confronti del vasto pubblico in merito
alla nascita di tale nuova figura professionale. Da ciò potrebbe scaturire
una maggiore trasparenza e competitività in termini di servizi offerti,
costi richiesti ed efficacia del lavoro svolto, generando, come in
qualunque libera professione, un processo di forte crescita iniziale e di
successiva selezione al raggiungimento della fase di maturità.
Nel lavoro verranno presi in esame dei casi concreti che già
caratterizzano gli albori di tale mansione in Italia: la nascita
dell’Associazione italiana dei consulenti di investimento e lo sviluppo
del concetto di Family office e le sue prime realizzazioni già poste in
essere in Italia per clientela appartenente ad un target di alto standing
patrimoniale. La parte conclusiva verifica le reali opportunità di sviluppo
della professione di consulente di investimento, le forze presenti nel
mercato che ad essa si contrappongono, gli interessi economici che la
stessa potrebbe ledere, lo status quo predeterminato che potrebbe
soverchiare. Tale analisi prospettica viene sviluppata nel modo più
lucido possibile, senza lasciare spazio a tanto facili quanto inutili
sentimentalismi, ma con una certa tensione emotiva, nella
consapevolezza che è anche in questa piccola battaglia che si gioca il
futuro della sfida ben più ampia di una maggiore democratizzazione
finanziaria nel nostro paese.
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CAPITOLO 1
LE ORIGINI
1.1 LA NASCITA DELLA FIGURA
Il bisogno di consulenza, nell’accezione più ampia del termine, vede la
sua nascita agli albori dei tempi: i suoi caratteri distintivi sono
sicuramente l’esistenza di un differente livello di conoscenza e la
possibilità, attraverso un qualunque mezzo di comunicazione, di
trasmettere un livello di informazioni tale da poter colmare questo vuoto
conoscitivo. L’evoluzione del servizio e la raffinazione del processo
all’interno di un mondo che nell’ultimo secolo ha dovuto constatare il
passaggio di testimone dal bene materiale a quello immateriale ci
portano a chiamare generalmente il primo carattere distintivo
“asimmetria informativa” ed il secondo “fornitura di un servizio
consulenziale”.
La realtà consulenziale è quindi da sempre estremamente eterogenea;
proprio per le sue caratteristiche intrinseche, si è sviluppata nel tempo in
maniera trasversale all’evoluzione economica e culturale, in parte
cercando di adattarsi al “mutare del tempo” ed in parte determinando e
anticipando le nuove tendenze socio-culturali del quadro evolutivo.
All’interno delle numerosissime branche dell’offerta di consulenza,
quella finanziaria nasce e si sviluppa parallelamente allo sviluppo di un
sistema economico basato sulla proprietà privata, sul libero scambio e
sull’esistenza di un sistema di pagamento efficiente ed affidabile. Nel
XV secolo tutto ciò esisteva già in Toscana e non risulta casuale né il
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notevole rifiorire culturale ed economico dell’epoca, né la nascita a
Siena del primo istituto di credito al mondo, avvenuta un ventennio
prima della scoperta dell’America. La consulenza finanziaria, così come
viene intesa nel linguaggio moderno, raggiunge il suo stadio di maturità
solo grazie ad un solido sistema finanziario basato sull’esistenza di
istituzioni finanziarie, di strumenti finanziari e di mercati finanziari.
L’esperienza anglosassone dimostra come l’esistenza di un solido
sistema finanziario svolga una funzione propulsiva per il sistema
economico nel suo complesso al punto tale che, visto lo sviluppo
inarrestabile del processo di globalizzazione e la rapidità del movimento
dei capitali, l’assenza o la diminuzione di fiducia nei confronti del
sistema finanziario di un paese può essere l’elemento scatenante della
successiva crisi economica.
La consulenza di investimento deve quindi trovare una sua collocazione
all’interno della consulenza finanziaria: essa è rivolta ai soggetti in
surplus di risorse monetarie che incessantemente sono alla ricerca di
investimenti che massimizzino il rendimento ottenibile minimizzando il
rischio assunto.
Sintetizzato in questi termini potrebbe sembrare che il compito della
consulenza di investimento possa essere ricondotto esclusivamente
all’applicazione dei principali teoremi dell’allocazione efficiente delle
risorse finanziarie, mentre in effetti la sua trattazione non è affatto esente
da problemi di natura psicologica e di ordine etico.
All’interno del sistema finanziario le unità in surplus detentrici delle
risorse monetarie sono principalmente le famiglie: esse presentano
contestualmente anche il maggiore bisogno di consulenza di
investimento, considerata la loro naturale appartenenza all’anello più
debole del sistema informativo finanziario.
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In Italia la figura del consulente di investimento indipendente è agli
albori e non ha ancora assunto una dignità propria distinta da quella di
altre figure che nel tempo l’hanno surrogata:
L’agente di cambio, figura in via di estinzione in seguito alla legge
sulle SIM (società di intermediazione mobiliare) del 1991, ha sempre
svolto un ruolo di affiancamento alle famiglie detentrici di
significativi patrimoni nelle loro scelte di investimento;
La banca, effettiva detentrice delle risorse finanziarie, ha
rappresentato e rappresenta tuttora il principale interlocutore dei
risparmiatori, favorita da una tanto naturale, quanto poco razionale,
fiducia in essa riposta;
Il commercialista, che conosce le realtà aziendali e professionali e
detiene un significativo bagaglio informativo afferente alla loro
situazione patrimoniale e finanziaria, ha interpretato ed interpreta il
ruolo di confidente e di fiduciario anche nelle scelte di allocazione dei
propri risparmi per intere generazioni di imprenditori e di
professionisti.