socialmente utili (attivit� medico-chirurgica, attivit� sportiva violenta,
informazioni commerciali).
Tale esimente opera rendendo lecito un comportamento
corrispondente a quello descritto da una norma incriminatrice
speciale, infatti, il consenso ha l�effetto di escludere l�antigiuridicit�,
quindi la formula di proscioglimento sar� ″perch� il fatto non
costituisce reato�.
Occorre sottolineare che esulano dall�ambito d�applicazione
dell�art. 50 c.p. i casi in cui il consenso � elemento costitutivo del
reato, cos� il reato di usura (art.644 c.p.) o la fattispecie dell�omicidio
del consenziente (art. 579 c.p.), in quest�ultimo caso peraltro il
consenso ha l�effetto di far degradare un�ipotesi criminosa pi� grave,
l�omicidio comune, ad una meno grave.
Inoltre in certi casi il dissenso del soggetto passivo del reato �
richiesto per la stessa esistenza del reato; in tali casi il consenso, in
quanto situazione psicologica incompatibile con il dissenso, determina
l�irrilevanza penale del fatto poich� quest�ultimo non � conforme alla
figura tipica legislativamente prevista. Cos� per l�esistenza del reato di
violazione di domicilio (art.614 c.p.) � necessario che un soggetto
s�introduca o s�intrattenga nell�abitazione altrui (o altro luogo ad essa
equiparato) contro la volont� espressa o tacita di chi ha il diritto di
escluderlo, ovvero clandestinamente o con l�inganno.
Il consenso rende il comportamento dell�agente un normale
accadimento della vita di relazione, privo di qualsiasi rilievo penale
rispetto al quale qualche autore
1
ha parlato di consenso improprio,
mentre altra parte della dottrina soprattutto tedesca ha parlato di
accordo. In queste ipotesi la formula di assoluzione usata dal giudice
sar�, pertanto, �perch� il fatto non sussiste �.
Il consenso opera invece come scriminante quando si � in
presenza di una condotta che, pur corrispondendo ad un
comportamento descritto da una norma incriminatrice di parte speciale
e pur comportando il sacrificio di un bene o interesse penalmente
tutelato, non viene punita, perch� ritenuta giustificata alla luce di una
scriminante legislativamente riconosciuta.
La difficolt� di distinguere le ipotesi in cui il consenso elimina
ogni rilevanza del fatto da quelle in cui esso opera come causa di
giustificazione, difficolt� legata all�incerta linea di confine tra normale
accadimento dalla vita sociale, come tale penalmente irrilevante, e
fatto offensivo ma giustificato, hanno portato un orientamento teorico,
1
V. PEDRAZZI, Consenso dell’avente diritto, in Enc.dir., IX, Milano 1961, P. 146.
emerso in seno alla dottrina tedesca, ad escludere che il consenso sia
un�esimente. Il consenso eliminerebbe, infatti, la stessa tipicit� del
fatto, privando la condotta dell�agente di rilievo penalistico. In questa
prospettiva si sostiene che in presenza di diritti disponibili
l�ordinamento non tutelerebbe i beni in quanto tali ma il dominio su di
essi del loro titolare.In realt� bisogna sempre tenere presente che
alcuni beni quali l�integrit� personale, la libert�, la propriet�, l�onore
hanno natura oggettiva e sono sottratti in una certa misura alla
disponibilit� del loro titolare.
L�ordinamento non � indifferente alla loro lesione, ma ne
permette il sacrificio solo se sussistono determinati presupposti, a
condizione che vi sia il consenso dell�avente diritto.
Tuttavia tale orientamento dottrinario consente di riflettere sulla
natura problematica del consenso nella sistematica delle cause di
giustificazione, complessit� dovuta al fatto che tanto pi� pacifica � la
disponibilit� del diritto in relazione al quale � prestato il consenso
tanto � meno netta la demarcazione tra consenso giustificante e
consenso che esclude in radice ogni rilievo penale del fatto.
La dottrina, in ordine alla questione del fondamento della causa
di giustificazione del consenso dell�avente diritto, � divisa tra due
fondamentali posizioni, che non sono altro che lo sviluppo dei due
diversi modelli esplicativi elaborati per individuare dei principi
generali valevoli per tutte le scriminanti: il modello monistico e quello
pluralistico.
I sostenitori del modello esplicativo di tipo pluralistico
2
hanno
ricondotto le cause di giustificazione a diversi principi, solitamente
richiamandosi al principio dell�interesse prevalente in base al quale si
giustificano le scriminanti dell�esercizio del diritto, dell�adempimento
del dovere, della legittima difesa e dell�uso legittimo delle armi;
mentre il consenso dell�avente diritto e lo stato di necessit� sarebbero
riconducibili al principio dell�interesse mancante.
Secondo il modello monistico
3
, pur non negandosi i peculiari
caratteri di ciascuna scriminante, alla base di tutte le esimenti previste
dal legislatore vi sarebbe un unico principio ravvisato da alcuni
nel criterio del mezzo adeguato per la realizzazione di uno scopo
2
FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, parte generale, Bologna 1995, p.222; MANTOVANI,
Diritto penale, Padova 1992, p.250.
3
PADOVANI, Diritto penale, Milano 1995, p.186; ROMANO, Commentario sistematico del
codice penale, Milano 1995, p. 495.
approvato dall�ordinamento giuridico, da altri studiosi nella
prevalenza del vantaggio rispetto al danno, altri ancora ritengono che
principio comune sarebbe il giusto contemperamento tra interesse e
controinteresse oppure il principio del bilanciamento tra beni in
conflitto.Tale soluzione, mettendo in evidenza le ragioni di analogia
tra le cause di giustificazione, individua una sorta di minimo comune
denominatore che d� ragione anche della scelta del nostro legislatore
di dettare delle regole di disciplina comuni.
In particolare, in relazione al bilanciamento di interessi come
principio alla base del consenso giustificante, vi � una parte della
dottrina che ritiene che i termini del confronto sarebbero da un lato,
l�interesse che � oggetto di tutela giuridica e che � stato sacrificato
dall�atto di disposizione del titolare, dall�altro lato il diritto
all�autodeterminazione del singolo al quale � data prevalenza
ogniqualvolta si riconosce al consenso efficacia scriminante.
In questo bilanciamento a due termini un pi� recente
orientamento
4
inserisce un terzo elemento, affermando la necessit� che
il diritto di autodeterminazione del singolo sia orientato verso uno
scopo socialmente apprezzabile.
In ordine al tema della natura giuridica del consenso dell�avente
diritto, si possono registrare diverse ricostruzioni dommatiche. Una
notevole parte della dottrina soprattutto in passato, ha affermato che
il consenso d� luogo ad un negozio giuridico che per alcuni sarebbe di
diritto privato
5
, per altri giuristi di diritto pubblico
6
.
Ma contro tali ricostruzioni si afferma che il consenso non pu�
essere considerato n� un negozio giuridico privato, poich� colui che lo
manifesta non attribuisce all�agente il diritto di compiere l�azione, n�
pu� parlarsi di negozio di negozio di diritto pubblico sia perch� colui
al quale � indirizzato il consenso non pu� mutare gli effetti giuridici
dell�atto ma soprattutto per il fatto che tali effetti non sono destinati a
perseguire uno scopo tipico
7
.
4
ALBEGGIANI, Profili problematici del consenso dell’avente diritto, Milano 1995, p. 31 ss..
5
GRISPIGNI, Il consenso dell’offeso, Roma 1924, p. 101 e ss..
6
CARNELUTTI, Il danno e il reato, 1926, p. 116; DELOGU Teoria del consenso dell’avente
diritto, Milano 1936, p.192.
7
ANTOLISEI, Diritto penale, Milano 1997, p. 283.
Infatti, oggi l�opinione dominante
8
ritiene che il consenso vada
qualificato come un semplice atto giuridico, un permesso con il quale
si conferisce al destinatario un potere di agire, senza creare alcun
vincolo obbligatorio in capo all�avente diritto e senza trasferire alcun
diritto in capo all�agente .
Anche se non manca chi ritiene
9
che il consenso possa
assumere, talvolta, natura negoziale, altre volte natura di mero atto
giuridico, o ancora vi � chi fa riferimento ad un�autonoma figura di
diritto penale
10
, per questa parte della dottrina il consenso sarebbe un
mero atto di volont�, con cui il titolare del diritto rinuncia alla tutela
del bene, rappresentandosi il fatto lesivo della sua posizione.
Al consenso non si applicano, secondo la maggioranza degli
studiosi le regole dettate per il negozio giuridico; inoltre esso � sempre
revocabile tranne i casi in cui l�attivit� consentita non possa essere
bloccata se non ad esaurimento (come avviene in certe operazioni
chirurgiche) e salva la responsabilit� per i danni eventualmente
verificatisi.
8
FIANDACA-MUSCO, cit., p.228; MANTOVANI, cit., p.261.
9
MARINI, Consenso dell�avente diritto, in Novissimo Digesto Italiano, Appendice, Torino 1980,
p.402.
10
ROMANO, cit., p.500; PEDRAZZI, cit., p.145.
Perch� il consenso abbia efficacia scriminante e possa quindi
escludere l�illiceit� penale del fatto, deve essere prestato dalla
�persona che pu� validamente disporne� (art.50 c.p.).
La legittimazione a prestare il consenso spetta, innanzi tutto, al
titolare, persona fisica o giuridica, del bene protetto dalla norma
penale il quale rappresenta il soggetto passivo del reato o pi�
precisamente sarebbe soggetto passivo laddove non avesse prestato il
consenso.
Occorre quindi il consenso del soggetto titolare dell�interesse
che costituisce l�oggetto giuridico del reato; nell�ipotesi in cui pi�
soggetti siano titolari di tale bene occorre che sia prestato il consenso
da parte di tutti gli interessati. Si discute se il consenso possa essere
validamente prestato dal rappresentante del titolare del diritto, sia esso
rappresentante legale o volontario.
A tale riguardo vi � chi ritiene che a prestare il consenso sia
legittimato anche il rappresentante, purch� la rappresentanza non sia
incompatibile con la natura del diritto e dell�atto da consentire
11
.
Altri autori
12
ritengono invece l�istituto della rappresentanza
incompatibile con il carattere personale degli interessi protetti dal
11
MANTOVANI, cit., p. 263; FIANDACA-MUSCO, cit., p. 230.
12
ANTOLISEI, cit., p. 289.
diritto penale, ammettendo l�intervento sostitutivo del rappresentante
solo eccezionalmente, quando si tratti di un vantaggio certo, di cui
l�incapace non possa rendersi conto a causa dalle sue condizioni.
Ulteriore requisito perch� il consenso esplichi efficacia
scriminante, � costituito dal fatto che il consenso sia liberamente e
spontaneamente prestato; esso deve quindi essere immune da errore,
violenza o dolo.
Occorre che il consenso sia effettivo cio� non espresso per
scherzo o simulazione e qualche autore di conseguenza ritiene
necessario riconoscere la massima espansione ai vizi del volere
13
.
Il consenso deve essere attuale e permanere durante lo svolgersi
dell�atto, determinato anche se pu� essere riferito a persone
indeterminate, inoltre esso scrimina nei limiti in cui � concesso, infatti
pu� essere sottoposto a termine (iniziale o finale), condizione
(sospensiva o risolutiva), pu� anche prevedere le modalit� di lesione
del bene.
Poich� il consenso non � un atto negoziale, non � necessario ai
fini della sua validit� che esso rivesta una determinata forma, in
quanto trattandosi della rinuncia alla tutela giuridica di un bene
disponibile e, non essendovi alcun impegno vincolante nei confronti
del terzo, ci� che viene in rilievo � esclusivamente la volont� del
soggetto.
Di conseguenza � rimasta abbastanza isolata rispetto alla
dottrina dominante
14
,la teoria della dichiarazione della volont�
elaborata dallo Zitelmann secondo cui per la validit� del consenso
sarebbe necessaria una dichiarazione negoziale.
Diversamente da quanto affermato dai sostenitori della teoria
della direzione della volont�
15
, altri autori ritengono, per evidenti ragioni
di certezza, che non sia rilevante il consenso meramente interno o
inespresso
16
. Infatti, condizione necessaria e sufficiente perch� il
consenso abbia efficacia scriminante � che la volont� sia in qualsiasi
modo riconoscibile dall�esterno.
Dunque, contrariamente a quanto sostenuto da qualche autore
17
,
la riconoscibilit� esterna non afferisce solamente alla prova del
consenso, ma deve essere provata come sussistente prima o al
momento del fatto lesivo.
Il legittimato a consentire deve inoltre possedere la capacit� di
agire. Coloro i quali ravvisano nel consenso un negozio di diritto
13
V. PEDRAZZI, cit., p. 148.
14
ROMANO, cit., p. 501; ANTOLISEI, cit., p. 281 e ss.; MANTOVANI, cit., p. 264.
15
PEDRAZZI, cit., p. 149; RIZ, Il consenso dell’avente diritto, Padova 1979, p. 171.
16
ANTOLISEI, cit., p. 290; GALLISAI PILO, Consenso dell�avente diritto in Digesto pen., III,
1989, p.81.
privato, ritengono che per la sua validit� sia necessario applicare la
disciplina privatistica di cui all�art. 2 c.c. che richiede per il
compimento degli atti il raggiungimento della maggiore et� fissata in
passato a 21 anni ora a 18.
In realt� � necessaria la capacit� di agire civilistica soltanto in
materia di diritti patrimoniali, poich� nel nostro ordinamento la facolt�
di disporre di tali diritti � subordinata al compimento della maggiore
et�.
Qualche autore
18
ritiene che, al di fuori dei reati contro il
patrimonio e di specifiche previsioni legislative, sia sufficiente il
raggiungimento dei 14 anni; altri ritengono che debba in ogni caso
farsi riferimento al regime dell�imputabilit� oppure alle regole
sull�esercizio del diritto di querela.
La dottrina dominante
19
ritiene che sia sufficiente la capacit�
naturale, ci� che il giudice deve accertare � se il consenziente
possedeva la maturit� necessaria per comprendere il significato del
proprio atto. Se vi � capacit� di consentire l�eventuale rappresentante
legale rester� fondamentalmente fuori causa ma potr� prestare un
17
PEDRAZZI, cit., p. 149; RIZ, cit., p. 171.
18
BETTIOL-PETTOELLO MANTOVANI, Diritto penale, Padova 1986, p.404; RIZ, cit., p. 149.
19
ROMANO, cit., p. 500; ANTOLISEI, cit., p. 290; MANTOVANI, cit., p. 263.
valido consenso quando manchi la volont� del rappresentato, nei limiti
dei poteri legalmente attribuitigli.
In caso di conflitto tra le due volont�, prevale quella del
rappresentante
20
per la priorit� in generale attribuitagli
dall�ordinamento; entro questi limiti � anche ammissibile la
rappresentanza volontaria.
A volte � la legge a fissare limiti d�et� per manifestare un
consenso penalmente rilevante: cos� per l�omicidio del consenziente �
richiesto il raggiungimento dei 18 anni (art. 579 c.p.), cos� come per il
prelievo del rene (art.2 l. n.458 del 1967) o del sangue per uso
trasfusionale (art.3 l. n. 107 del 1990); il raggiungimento dei 14 anni
per la violenza carnale (art. 609 bis c.p.) e per la sottrazione
consensuale di minorenne (art.573 c.p.).
Secondo parte della dottrina
21
il consenso deve essere
considerato validamente espresso anche se il motivo che lo induce �
contrario alla legge, all�ordine pubblico o al buon costume, invece �
invalido se � il consenso stesso ad essere illecito poich� ci� rende
illecita la condotta consentita.
20
PEDRAZZI, cit., p. 150.
21
V. ROMANO, cit., p. 502; PEDRAZZI, cit., p.149; in senso contrario: ANTOLISEI, cit., p. 291.