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Il confine orientale e la questione dell‟esodo
istriano
Premessa
Il filosofo tedesco Nietzche nella seconda metà del IXX secolo si interroga
sull‟utilità della storia per gli uomini e giunge alla conclusione che gli uomini
hanno bisogno della storia per tre motivi essenziali. L‟uomo ha bisogno della
storia per ricavarne l‟esempio di uomini gloriosi, che suscitino in lui ammirazione
e spirito di emulazione, ma ha anche bisogno di conoscere gli errori che l‟umanità
ha commesso nel passato per far sì che quegli sbagli non si ripetano. Inoltre
l‟uomo, per la sua stessa natura di essere razionale, sente la necessità di dare un
senso alla propria esistenza e di sapere qual‟ è il suo posto nel mondo, le sue radici
storiche.
Credo che la scelta di questo argomento per la mia tesi di laurea sia stata dettata
dall‟insieme di queste esigenze. Mio nonno era un triestino che visse a Pola, città
dalla quale fu costretto ad emigrare, perdendo la sua casa, la sua terra ed i suoi
cari. Suo padre venne ucciso in circostanze misteriose, probabilmente colpevole di
essere un ufficiale della marina italiana ed un possidente terriero italiano.
Vedere spesso il suo dramma, e quello di migliaia di altre famiglie italiane,
dimenticato, tralasciato dai libri di storia, se non denigrato e ricollegato alla
propaganda fascista fa male a chi, come me, si sente un erede di quella storia.
Ricordare queste vicende non vuol dire cercare di scatenare uno spirito di
vendetta e rivalsa, al contrario, la mia riflessione vuole essere una condanna di
qualsiasi forma di discriminazione verso l‟altro. Nel corso della storia troppi
delitti e troppe atrocità sono state commesse in nome di facili etichette incollate
sugli uomini, e di confini disegnati a tavolino dalle grandi potenze, senza rispetto
per le popolazioni interessate. Ma se la storia, come sostiene Nietzche, deve
offrire anche degli eroi, io credo che eroici siano stati quegli esuli che lasciavano
un‟Istria nella quale avevano vissuto gioiosamente le proprie vite e nella quale
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improvvisamente era impossibile per loro stare perché deportati, fucilati, infoibati,
derisi e discriminati per la loro lingua, la loro cultura, la loro religione. Eppure chi
sopravvisse non si arrese ai soprusi ed alla subordinazione ed emigrò da profugo
in Italia o in altri Paesi esteri in condizioni miserevoli e ricominciò a costruirsi
una vita facendo i lavori più umili, e tenendosi stretti la propria famiglia ed i
propri figli perché i comunisti jugoslavi gli avevano tolto tutto, ma non erano
riusciti a togliergli ciò che di più caro un uomo possa avere: la sua dignità.
«Non c‟è dolore più grande della perdita della terra natìa» - Euripide
Introduzione
Il fluire della storia può spesso apparire semplice, lineare, come un susseguirsi di
fatti concatenati tra loro dal principio di causa-effetto; ma spesso la realtà è assai
più complessa, fatta di legami a noi ignoti, di corrispondenze segrete, di singoli
episodi solo apparentemente poco rilevanti.
È questo il caso della storia che coinvolse, o meglio “sconvolse” il confine nord-
orientale italiano tra il 1919 ed il 1975.
Con la fine della Prima Guerra mondiale la zona assistette al crollo di due imperi:
l‟Impero austro-ungarico e quello ottomano e la creazione al loro posto di un
nuovo Stato: il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (che dal 1929 avrebbe assunto il
nome di Jugoslavia), governato dal Primo ministro Cvetković e dalla dinastia
serba dei Karađorđević, che racchiudeva nei propri confini popolazioni
completamente diverse tra loro per etnia, cultura, religione (serbi, ortodossi,
croati, sloveni cattolici, bosniaci musulmani).
Il 12 novembre 1920 viene siglato a Rapallo un accordo che prevede la cessione
allo Stato italiano di tutta l‟Istria, Trieste, Gorizia, Gradisca, Zara, alcuni distretti
della Carniola, le isole di Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa e la creazione dello
Stato libero di Fiume, che rimase tale solo fino al 27 gennaio 1924 quando, con il
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trattato di Roma, venne annesso allo Stato italiano dal neonato regime fascista
guidato da Benito Mussolini.
Il 13 luglio 1920 gruppi di squadristi avevano dato alle fiamme lo Slovenski
Narodni Dom (Casa del popolo sloveno), vero e proprio simbolo della comunità
slava a Trieste. Con l‟avvento del regime fascista al potere (28 ottobre 1922)
simili azioni vengono legalizzate con l‟obiettivo di realizzare un‟opera di
“bonifica etnica” dei territori nord-orientali.
« Il 28 marzo 1923, col decreto n. 900, ebbe inizio la snazionalizzazione ufficiale
con l‟italianizzazione delle denominazioni slave della regione e in dicembre con
la scrittura dei nomi di battesimo slavi in italiano. Dal ‟21 al ‟28, soprattutto dopo
la riforma Gentile, furono soppresse tutte le scuole slovene e croate e reso
obbligatorio l‟insegnamento nella sola lingua italiana.[…] Nel 1925 in forma
ufficiale fu abolito l‟uso della lingua slovena e croata negli uffici, nei tribunali,
nelle scuole, nelle chiese e nei locali pubblici.»
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Il 25 marzo 1941 lo Stato Jugoslavo aderisce al Patto tripartito (cedendo alle forti
pressioni provenienti soprattutto dalla Germania di Hitler), ma nella notte tra il 25
e il 26 marzo, un gruppo di ufficiali serbi, contrari all‟alleanza con i nazisti,
compie un colpo di Stato che riesce a rovesciare il governo di Cvetković e a porre
sul trono re Pietro II, che nomina come Primo Ministro Simović.
La reazione da parte degli Stati dell‟Asse non tarda a farsi sentire: il 6 aprile 1941
i tedeschi e i loro alleati attaccano il Regno di Jugoslavia per via terrestre e per via
aerea con un massiccio bombardamento di Belgrado che costringe gli jugoslavi a
firmare la resa il 17 aprile. La Jugoslavia, sconfitta, viene spartita tra italiani,
tedeschi, ungheresi, albanesi e bulgari, ad eccezione della Croazia, che si
costituisce come Stato indipendente, sotto l‟egida di Ante Pavelić.
Due anni dopo, in Italia, nella notte tra il 24 e il 25 aprile 1943, una riunione del
Gran Consiglio del fascismo, presieduta da Dino Grandi, mette in minoranza
Benito Mussolini e ne decreta l‟allontanamento. Il giorno seguente il re fa
1 P. PALLANTE, La tragedia delle “foibe”, Roma Editori Riuniti 2006, p.25.
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arrestare Mussolini e lo sostituisce al governo con il generale Badoglio, con il
quale avvia trattative segrete per la negoziazione di un armistizio con gli Alleati.
L‟8 settembre 1943 dai microfoni dell‟ EIAR il generale Badoglio annuncia
l‟armistizio dell‟Italia con gli Alleati. Questo annuncio, preceduto da quello del
generale americano Eisenhower, dai microfoni di Radio Algeri, getta nel caos
l‟Italia, ma in particolar modo la Venezia Giulia e l‟Istria, le cui popolazioni
divengono il capro espiatorio per due vendette incrociate: da un lato quella dei
tedeschi e dall‟altro quella delle formazioni partigiane slave che si erano andate
costituendo in Jugoslavia e nell‟Istria. Il 1 ottobre 1943 la Wehrmacht dà avvio
alla “Operazione Nubifragio” che mira al controllo della Venezia Giulia, di
Lubiana e dell‟Istria, ed è caratterizzata da rastrellamenti, incendi, decimazioni di
massa che non fanno distinzione tra armati e civili. Nel quartiere industriale di
San Sabba, a Trieste, le SS trasformano una risiera in un lager, nel quale vengono
deportati, rinchiusi e uccisi, oltre agli ebrei, dissidenti sloveni, croati, italiani,
combattenti partigiani ed oppositori politici.
Il 16 settembre 1943 il Fronte di liberazione sloveno delibera l‟annessione del
Litorale sloveno (termine creato dai tedeschi) ed il 20 settembre il Comitato
interregionale del Fronte di liberazione nazionale per la Croazia(Zavnoh) dichiara
l‟annessione dell‟Istria, di Fiume e di Zara alla Croazia libera, nell‟ambito della
Jugoslavia federativa.
« È in questo improvviso vuoto di potere, dove non c‟è più il riferimento ad
alcuna autorità costituita civile o militare, che si inserisce il fenomeno inquietante
delle foibe istriane dell‟autunno‟43, l‟eliminazione brutale di diverse centinaia di
italiani bollati come nemici del popolo, fucilati dopo processi-farsa, o più
sbrigativamente massacrati e fatti sparire nelle grandi voragini carsiche.
Nell‟anarchia del dopo armistizio, dominata dalla confusione e dall‟incertezza, si
sviluppano due diverse dinamiche: da una parte, l‟intervento organizzato delle
formazioni partigiane slave[…], le quali assumono il potere in nome del popolo
praticamente senza trovare resistenza; dall‟altra, l‟insurrezione spontanea dei
contadini croati, che si impadroniscono delle armi abbandonate dai militari
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italiani e danno vita ad una vera e propria jacquerie, con incendio di catasti e
archivi comunali, assalti a proprietà italiane, violenze sulle persone.»
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Ben presto, soprattutto nelle zone in cui era più forte la presenza operaia, come a
Monfalcone ed a Ronchi dei Legionari, vi fu un‟esplosione della militanza
partigiana in funzione antifascista e antinazista. Per quanto riguarda le formazioni
partigiane organizzate e dirette da partiti politici, quelle che ebbero maggiore
successo in Friuli furono la “Brigata Garibaldi” (egemonizzata dal Partito
Comunista Italiano) e la “Brigata Osoppo”, che nasceva dall‟esigenza di creare
un‟organizzazione partigiana di ispirazione cattolica.
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Nel corso del 1941 si era
andato costituendo, in Slovenia, il Fronte di liberazione sloveno (Of), che divenne
il comitato di coordinamento delle formazioni partigiane jugoslave; inoltre nel
novembre 1942 era stato creato il Consiglio antifascista di liberazione nazionale
(Avnoj).
Il Partito comunista italiano considerò legittime le pretese territoriali formulate
dagli sloveni, anche se criticò le modalità con le quali tali presunti diritti erano
stati fatti valere, senza rispettare il “principio di autodecisione dei popoli”.
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Al
contrario, il Partito d‟Azione riconosceva l‟italianità di Trieste e dell‟intera
Venezia Giulia.
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Tra il 2 e il 4 aprile 1944, i comunisti italiani e sloveni siglano un accordo che
stabilisce la priorità della lotta comune in funzione antifascista e antinazista e che
rinvia la questione della definizione dei confini, in attesa dei successivi risvolti
politici nell‟Europa orientale, in Italia e in Jugoslavia. In ogni caso, quando si
tratterà di definire i futuri assetti politici e territoriali non mancheranno violenti
scontri fra le stesse forze partigiane, a causa della volontà di supremazia imposta
dai comandi sloveni, nei confronti delle unità partigiane italiane.
2 G. OLIV A, Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria, Milano
Arnoldo Mondadori Editore 2002, p.72.
3 P. PALLANTE, La tragedia delle “foibe”, p.53.
4 Ivi, p.64.
5 Ivi, p.68.