5
Presburgo”, trattato quest’ultimo che, di fatto, ripristinò il vecchio confine
austro – veneto precedente a Campoformido.
La ricerca si conclude con un’appendice documentaria dove sono
integralmente pubblicati vari documenti originali, ritrovati nell’Archivio di
Stato di Udine, in particolare presso il fondo Gortani per quel che riguarda la
situazione delle municipalità in Carnia e, presso l’Archivio Comunale di
Sacile, per la municipalizzazione nella circoscrizione compresa tra il Livenza
ed il Tagliamento.
6
I.
Il Friuli – Venezia Giulia dal conflitto austro – veneto a
Napoleone
7
1.1 Il territorio del Friuli conteso tra Venezia e gli Asburgo
La storia del Friuli tra Sei e Settecento è caratterizzata dalla divisione del suo
territorio in due zone d’influenza ben distinte e contrapposte: quella sotto il
dominio della Casa d’Austria e quella sotto Venezia. I territori delle odierne
province italiane di Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste non facevano ancora
parte di un unico Stato: Udine e gran parte del Friuli erano state occupate
dalla Repubblica di Venezia sul finire dell’anno 1420, allorché gli eserciti
veneziani avevano ormai preso possesso quasi interamente dei territori
compresi entro l’ambito dell’antica Patria del Friuli. La città di Pordenone
entrò a far parte dei domini della Serenissima dal 1508. Gorizia, capoluogo
della Contea di Gorizia e Gradisca, che comprendeva anche possedimenti a
sud di Udine, tra Tagliamento ed Isonzo, dopo essere stata a lungo contesa,
era divenuta dominio degli Asburgo, così come Trieste, il principale porto
austriaco
1
.
L’Impero asburgico e la Repubblica di Venezia erano stati per secoli nemici,
più volte i loro eserciti si erano scontrati per il possesso delle pianure friulane
poi, con la Pace di Madrid (1617), riuscirono a trovare un certo equilibrio:
Pontebba, divisa a metà tra i due stati ne segnava il confine a nord; ad est,
invece, Cividale apparteneva a Venezia, Gorizia e Trieste all’Austria; lungo la
costa, Monfalcone, Grado e Marano, domini veneziani circondati
nell’entroterra dai possedimenti asburgici, erano amministrati dalla Contea
di Gorizia e Gradisca
2
.
1
P. FORAMITTI, Napoleone e Campoformido, 1797. Armi, Diplomazia e Società in una regione
d’Europa, Edizioni E. Elle, Trieste, 1997, p. 13.
2
G. G. CORBANESE, Il Friuli, Trieste e l’Istria nel periodo veneziano, Edizione Del Bianco,
Trieste, 1987, p. 222. Territori della Contea principesca di Gradisca: Virco, Sivigliano,
Flambruzzo, Driolassa, Campomolle, Rivarotta, Precenicco, Titiano, S. Gervaso, Maranutto,
Carlino, S. Giorgio, Gonars, Ontagnano, Fauglis, Porpetto, Fornelli, Torre di Zuino, Ialmicco,
8
1.2 Istituzioni della Patria del Friuli alla fine del Settecento
La Pace di Madrid del settembre 1617 aveva garantito un certo equilibrio tra
Venezia e gli Asburgo, creando una certa stabilità al Friuli e definendo con
maggior chiarezza la divisione del suo territorio tra i due Stati. Il Friuli in
mano ai veneziani viveva una condizione non felicissima, dilaniato dalla
lunga guerra tra la Casa d’Austria e Venezia. Dal lontano 1420, spettava al
Senato della Serenissima la gestione della Patria del Friuli e la nomina delle
autorità militari ed amministrative. Mentre in altre province della Terraferma
questi ultimi presero il nome di Capitani, Podestà o Provveditori, solo in
Friuli ricevettero l’appellativo di Luogotenenti.
Il Luogotenente, scelto dal Maggior Consiglio di Venezia “tra i patrizi più
cospicui”
3
, risiedeva in “Udine, Città antica Metropoli de la Provincia”, aveva la
sua sede “ne l’ampio Palazzo con segnalata architettura, fabbricato sopra eminente
Colle posto a mezo di essa”
e restava in carica inizialmente un anno, in seguito
16 mesi.
Il seguito personale del Luogotenente era costituito da un cancelliere, tratto
dalla “casta” dei cittadini originari di Venezia, con attribuzioni giudiziarie, e
preposto anche agli uffici di segreteria e di archivio, otto donzelli, quattro
ragazzi e dodici cavalli. Il Luogotenente era coadiuvato nel suo incarico da un
vicario, per la giustizia civile, e da un capitano, per la giustizia criminale:
entrambi erano patrizi veneziani ed assieme al Luogotenente formavano la
corte per il criminale.
C’erano inoltre due provisori, funzionari che presiedevano la Camere fiscale,
alla quale affluivano tutte le pubbliche rendite (censi, dazi, imposte, appalti,
Cervignano, Aiello, Nogaredo, S. Vito, Crauglio, Tapogliano, Versa, Romans, Villa
Vicentina, Terzo, Fiumicello, Aquileia, S. Nicolò, Ruda, Villesse, Fratta, Villanova, Farra,
Sdraussina, Bruma, Gradisca, Sagrado, Doberdò.
3
G. G. CORBANESE, Il Friuli, Trieste e l’Istria nel periodo veneziano, cit., p. 292.
9
gravezze, sussidi ed imposizioni spettanti a Venezia) ed un miniscalco (o
maresciallo), cui era demandata la pubblica sicurezza, sovrintendente ai fiumi,
custode delle strade, che aveva ai suoi ordini gli zaffi (sbirri), uomini con
compiti di vigilanza e di polizia. Questi magistrati erano tutti scelti tra i
patrizi della città lagunare ed esplicavano il loro mandato per 16 mesi
4
.
Il Luogotenente provvedeva: al buon funzionamento del Fontico delle Biave,
che controllava e stabiliva il prezzo e la distribuzione del grano nei periodi di
carestia; all’allestimento dei lazzaretti in occasione di epidemie di peste; alla
revisione dei confini; all’organizzazione delle cernide. Le cernide o ordinanze
erano costituite da soldati – contadini, scelti nei vari paesi, addestrati ed
utilizzati in caso di eventi bellici o come supporto alle guarnigioni delle
fortezze. Il Friuli forniva alla Repubblica cinque compagnie di 500 fanti
ciascuna, più una compagnia in Carnia, che aveva compiti di tutela dei
confini, accanto e quelle di Cividale e Grado. Il Luogotenente Federico
Sanudo nella relazione presentata al Senato il 15 marzo del 1635 scriveva: “Le
Cernide della Provintia tutta, in otto compagnie divise, comprese quelle di Cividale,
et Grado […] dovevano esser, in numero di tremille, e tresento, ma ne sono defettive,
più d’ottocento, nelle sei sole compagnie da me assegnate”
5
.
L’operato dei Luogotenenti era strettamente controllato dal governo centrale
anzi, il rappresentante veneziano nella Patria del Friuli al rientro nella città
dogale al termine del suo incarico di governo aveva proprio l’obbligo di
presentare e leggere al Collegio una relazione sullo stato del territorio da lui
amministrato e sugli interventi svolti.
La Patria del Friuli, scarsamente abitata ed economicamente arretrata,
appetibile per la sua posizione strategica – militare e per le facili vie
4
A. TAGLIAFERRI, Relazioni dei Rettori veneti in Terraferma – Patria del Friuli, Vol. I, Ed.
Giuffrè, Milano, 1973, p. XXXV.
5
Ibid., p. 219.
10
d’accesso che l’attraversavano nel XV secolo era un insieme di castelli,
giurisdizioni feudali, comunità, territori “separati”, domini austriaci, borghi
e “ville”. Il Friuli rappresentava comunque un territorio importante, non solo
per la Serenissima, ma anche per gli Asburgo. Il possesso del Friuli e della
Terraferma significava per Venezia la tutela dei propri traffici con il centro
Europa, la certezza di regolari approvvigionamenti alimentari e di legname
per la sua flotta, la raccolta di ingenti entrate erariali ed infine la possibilità di
investimenti fondiari per la nobiltà veneziana.
Queste regioni indussero la Dominante a concedere sempre meno autonomia
amministrativa alle antiche istituzioni locali, mentre l’autorità centrale
s’infiltrava capillarmente nel governo della provincia. Il patriziato friulano fu
relegato ad una marginale partecipazione al potere decisionale e creando un
progressivo irrigidimento nei rapporti tra nobiltà dominante e nobiltà
dominata. Anche se con limitati poteri, il Friuli fu però l’unica regione a
vedere mantenuta, pressoché inalterata, durante la dominazione veneziana la
primitiva struttura politico – amministrativa. Il Friuli poteva essere
considerato come la più “feudale” delle province venete di Terraferma, “una
congerie di ringhiosi staterelli, gelosi degli antichi ordinamenti statutari e delle
tradizionali norme consuetudinarie”
6
.
Il Governo veneziano riconosceva tre “Corpi”, che componevano il Governo
veneto in Friuli: la città di Udine, il Parlamento e la Contadinanza.
La città di Udine, capitale della Patria del Friuli, costituiva un corpo a sé
stante, i cui organismi principali erano il Maggior Consiglio (organo
deliberativo composto di 230 membri, di cui 150 nobili ed 80 popolari) ed il
Minor Consiglio, detto anche Convocazione, formato da 17 persone: sette
6
M. BERENGO, La società veneta alla fine del ‘700. Ricerche storiche, Sansoni, Firenze, 1956, p.
27.
11
Deputati in carica, sette Deputati Predecessori e tre Aggiunti. I Deputati della
Città, ovvero i sette in carica, costituivano il nucleo dell’attività
amministrativa, essendo l’organo esecutivo competente sulle varie materie di
cui si occupava il Maggior Consiglio. Restavano però esclusive del Maggior
Consiglio alcune prerogative specificate dalla legge, come la nomina dei
funzionari e la concessione della cittadinanza.
La Patria del Friuli e tutta la vasta Provincia che circondava Udine, con
villaggi grandi e piccoli, aveva il proprio organo di rappresentanza nel
Parlamento.
“Lo General Consiglio, nominato Parlamento”
come lo definì nel 1635 Pietro
Marchettano, cancelliere della Patria era composto di 69 voci, cioè
rappresentanti: 13 delle Comunità
7
, 12 dei Prelati
ed i restanti 45 dei Castellani
e Giusdicenti nobili
8
.
Il Parlamento, corpo rappresentativo e deliberativo era affiancato
nell’amministrazione dal Consiglio, un organo esecutivo emanazione
dell’assemblea parlamentare.
Il Consiglio del Parlamento (tre deputati ecclesiastici, otto nobili e quattro
rappresentanti delle comunità) fu poi soppresso e sostituito dai “sei Deputati
della Patria” (due per ogni stato – nobili, prelati, comunità – uno per quelli di
qua e l’altro per quelli di là del Tagliamento).
I sei Deputati della Patria avevano il compito di assistere il governatore
veneziano nell’espletamento dei propri poteri, di convocare l’assemblea col
consenso del Luogotenente, di sorvegliare l’assolvimento delle “imposizioni”,
di occuparsi della sanità pubblica in caso di epidemie, di difendere i membri
7
L. CARGNERLUTTI – R. CORBELLINI, Udine Napoleonica. Da metropoli della Patria a capitale
della Provincia del Friuli, Arti Grafiche Friulane, Udine, 1997, p. 137. Sistema parlamentare ed
amministrativo del Friuli alla fine dell’età veneta in Appendice, Allegato 1, p. 115.
8
Ibid.
12
del Parlamento nelle controversie con i sudditi o con gli ufficiali del governo
veneziano, ecc.
Sebbene il Luogotenente detenesse un potere forte il Parlamento riuscì a
mantenere il suo antico potere legislativo, espresso e contenuto nelle
“Costituzioni della Patria del Friuli”
9
.
Il Luogotenente convocava e presiedeva annualmente l’assemblea con sede
nel Castello di Udine nel giorno di San Lorenzo, dopo aver formulato
l’ordine del giorno. Le giurisdizioni territoriali, composte dai nobili, dai
prelati e dalle comunità erano di ampiezza molto diversa.
In particolare, le grandi famiglie nobili esercitavano amministrazione e
giustizia in modo “consortile”, cioè i vari rami familiari si avvicendavano
nell’esercizio del potere. Gli antichi feudatari abusavano spesso dei loro
privilegi che sfociavano in continui scontri con il rettore veneziano.
A completare il quadro istituzionale vi era infine il corpo della
“Contadinanza” o “corpo villatico”, riconosciuta dal doge Andrea Gritti
10
nel
1525, rappresentanza delle comunità rurali disseminate sul territorio,
contribuenti della “Camera fiscale” di Udine e composta di otto sindaci,
“quattro dimoranti nel territorio posto sulla destra, quattro in quello situato sulla
sinistra del Tagliamento. Eletti da una congrega di decani e di nunzii, dovevano i
medesimi sotto la vigile direzione dei sei Deputati della Patria sindacare le cosiddette
liste dei fuochi rurali.
Queste liste costituivano il criterio e la base per ripartire equamente le comandate e
tutte la altre pubbliche gravezze fra i villaggi non privilegiati della pianura, il cui
numero ascendeva a 455. I villaggi privilegiati andavano esenti delle comandate, ma
in ricambio pagavano una sorta di imposta alla Camera fiscale.
9
A. TAGLIAFERRI, Relazioni dei Rettori…, cit., p. XXXVIII.
10
P. S. LEICHT, Breve Storia del Friuli, Ed. Aquileia, Tolmezzo, 1987, p. 233.
13
La Contadinanza che aveva Statuti e redditi propri, doveva per ultima tutelare le
ragioni e gli interessi generali del ceto villatico”
11
.
A capo del nuovo corpo organizzativo delle plebi rurali vi erano quindi otto
sindaci, nominati dai decani dei villaggi (capi villaggio) degli otto quartieri
nei quali era ripartito il Friuli veneziano, appunto, quattro di qua e quattro di
là del Tagliamento
12
.
Nell’intento formale di Venezia la Contadinanza doveva rappresentare, di
fronte al Luogotenente ed alla stessa Serenissima, gli interessi del ceto rurale,
in contrapposizione al Parlamento. Nelle scelte politiche caratterizzate dal
bilanciamento di forze contrapposte, il nuovo istituto doveva rappresentare
lo strumento per arginare in qualche modo l’eccessivo assolutismo
aristocratico, per stabilire un equilibrio, come affermava Berengo e porre un
“sospettoso controllo alla classe feudale”
13
; al tempo stesso doveva permettere
alla Dominante di accattivarsi maggiormente le simpatie e la fedeltà dei
contadini.
Sul piano politico, con l’istituto della Contadinanza furono raggiunti ben
pochi risultati per il miglioramento delle condizioni dei contadini, come
confermano le relazioni dei Luogotenenti e dei Provveditori veneti ed il
nuovo organismo non raggiunse quasi mai la forza per opporsi al
Parlamento. Il governo centrale frequentemente intervenne in favore delle
categorie inferiori, ma questi interventi non avevano lo scopo principale di
11
P. ANTONINI, Del Friuli ed in particolare dei trattati da cui ebbe origine la dualità politica in
questa regione – Note storiche per Prospero Antonini, tip. P. NARATOVICH, Venezia, 1873, pp.
272-273.
12
G. G. CORBANESE, Elenco in ordine alfabetico delle comunità rurali in Appendice, Allegato 2,
p. 117.
13
M. BERENGO, La società veneta alla fine del ‘700…, cit., p. 28.
14
un innalzamento delle classi meno abbienti, bensì tendevano semplicemente
ad arginare il potere dei signori feudali e mantenere un equilibrio interno. Le
popolazioni rurali continuavano così a sopportare il maggior peso dei dazi e
delle “gravezze” imposte dalla Dominante.
C’erano poi le “Ville Communi”, una cinquantina di villaggi
14
, che erano
“sottoposte immediatamente alla superiorità del Illustrissimo Luogotenente”
15
.
Nelle comunità più importanti il governo centrale inviava altri patrizi veneti
col titolo di Rettori, che dipendevano direttamente da Venezia: Marano
aveva un suo Provveditore; alla Chiusa (Chiusaforte), la Serenissima “manda
un Clarissimo Castellano”
16
; Pordenone fu aggregata a Venezia nel 1537,
“quando quel feudo fu devoluto alla Camera fiscale per la morte dell’ultimo fra’
discendenti maschi di Bartolommeo d’Alviano”
17
ed affidato ad un Provveditore –
Capitanio che, governava la città e le sue sette ville, del tutto separate dalla
Patria del Friuli; Portogruaro aveva un suo Podestà, come Monfalcone e
Caneva; a Sacile c’era un Podestà e Capitanio; Cividale fu separata dalla Patria
con l’istituzione del provveditorato; avulso dalla Patria del Friuli anche il
14
G. G. CORBANESE, Il Friuli, Trieste e l’Istria nel periodo veneziano…, cit., p. 350; Ville Comuni
nella Patria del Friuli soggette direttamente al Luogotenente erano: Arcano di Sotto; Bagnaria;
Basagliapenta; Basaldella; Barazzetto; Blessano; Buia; Buttrio e Camino di Buttrio; Castellario
e Zampis; Cavalicco; Campolongo; Cornazzai; Colloredo di Prato; Clauiano; Colugna;
Cordovado; Carpacco; Cisterna; Cuccana; Coseano; Cussignacco; Chiavris; Fagagna;
Lumignacco; Manzinello; Mellarolo; Moggio; Masieris; Nimis; Nogaredo di Corno; Orgnano;
Palazzolo; Pasian Schiavonesco; Piancada; Pozzo; Pradamano; Reana; Rodeano; Rosa;
Orcenico di Sotto; Sottoselva; Santo Stefano; Salt; Savalons; Silvella; Sedegliano; Tissano;
Tomba; Tricesimo; Vernasso; Vidulis; Variano; Villafredda.
15
P. MARCHETTANO, Nomi delle Città, Terre, Fortezze…, cit., p. 24.
16
P. MARCHETTANO, Nomi delle Città, Terre, Fortezze…, cit., p. 29.
17
P. ANTONINI, Del Friuli…, cit., p. 269.
15
territorio di Palmanova, che con la costruzione della fortezza fu posta alle
dipendenze del Generale di Palma, autorità che godeva di pieni poteri militari
su tutte le truppe veneziane nel Friuli, superando per le competenze della
difesa militare lo stesso Luogotenente. Particolare poi il caso della comunità
di Mossa, in mano agli imperiali ma che contava in Parlamento una
rappresentanza fiscale.
Dal Luogotenente della Patria dipendevano anche i due distretti più
settentrionali della Terraferma veneta, cioè la Carnia ed il Cadore.
In particolare, il passaggio sotto il governo della Serenissima non ebbe
apparentemente influenza sugli ordinamenti che fino allora avevano regolato
la vita amministrativa e civile della Carnia e di Tolmezzo, caratterizzata da
un ampia autonomia.
Del resto, la politica veneziana, improntata alla conservazione degli antichi
assetti costituzionali acquisiti, cercava di volgere a proprio favore il
frazionamento dei poteri e la dispersione dei diritti giurisdizionali, ereditati
dalla Signoria patriarcale, al fine di salvaguardare la sua sovranità, l’integrità
territoriale e gli interessi fiscali e commerciali, tentando di circoscrivere la
portata dei contrasti, delimitando scontri ed abusi, annodando strette
relazioni di interesse con una parte della classe dirigente locale
18
. Ciò spiega i
diversi gradi di autonomia goduti dalle tante comunità friulane nei confronti
del governo centrale veneziano, al quale si ricorreva quando, ad esempio, il
Luogotenente della Patria tentava di intaccarne i privilegi: in questi casi, i
messi delle Comunità si recavano direttamente a Venezia dove erano ricevuti
18
F. BIANCO, 1511 – La Crudel Zobia Grassa. Rivolte contadine e famiglie nobiliari in Friuli tra
‘400 e ‘500, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, Pordenone, 1995, p. 21.
16
dal Senato o dal Doge in persona, riuscendo ad ottenere quasi sempre
soddisfazione, attraverso la riconferma dei propri Statuti
19
.
Alcune comunità come nel caso di Tolmezzo, avvantaggiata dal fatto di
essere posta ai confini dello Stato veneziano, avevano una quantità di
prerogative tale da poter esercitare autonomamente i loro diritti politici ed
amministrativi loro competenti
20
.
Per tutta l’età moderna, la comunità di villaggio costituì in Carnia la struttura
fondamentale della società contadina; la comunità di villaggio, in relazioni
economiche e sociali più o meno complesse con l’esterno, era inserita in un
organizzazione politica, civile, amministrativa ed ecclesiastica più ampia
21
.
Dopo l’occupazione veneziana nel XV secolo, la Repubblica aveva mantenuto
sostanzialmente inalterata la struttura della Provincia della Carnia;
delimitata a settentrione dalla dorsale alpina, lungo lo spartiacque tra il
bacino del Tagliamento e quello del Gail, ad ovest dal Cadore, a sud dalla
Valle del Tagliamento e ad oriente dai territori posti sotto la giurisdizione
dell’Abbazia di Moggio, la Carnia conservò fino alla caduta della
Serenissima, salvo modificazioni, l’antica compattezza ed il corpo originario
di privilegi e di norme statutarie esclusive
22
.
Sottoposta al controllo del “gastaldo”, che risiedeva in Tolmezzo, ed al
Luogotenente della Patria, quale rappresentante dell’autorità centrale, con
limitati poteri e competenze, la Carnia era amministrativamente suddivisa
nei quattro “Quartieri” di San Pietro, Gorto, Socchieve, Tolmezzo e nella
19
C. PUPPINI, Tolmezzo – Storia e cronache di una città murata e della Contrada di Cargna,
editrice CO. EL, Udine, 1996, pp. 103-104.
20
Ibid.
21
F. BIANCO, Carnia XVII – XIX. Organizzazione comunitaria e strutture economiche nel sistema
alpino, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, Pordenone, 2000, p. 15.
22
Ibid.
17
“Comunità” di Tolmezzo. Ognuno di questi quattro quartieri eleggeva un
capitano. I capitani dei quattro quartieri, la Comunità di Tolmezzo ed il
consorzio dei cosiddetti “gismani feudatari”, discendenti di alcune famiglie
che avevano ottenuto dal Patriarca a titolo di feudo perpetuo ministeriale
l’investitura di terreni e castelli, formavano la rappresentanza amministrativa
del paese
23
.
La Comunità di Tolmezzo, comprendente oltre Tolmezzo le ville di Sappada,
la conca di Sauris, Forni Avoltri, Cleulis, Alesso e Timau, aveva voto in
Parlamento ed una struttura giurisdizionale del tutto particolare. Era
amministrata da due istituti: l’arengo, l’adunanza dei capi famiglia ed il
consiglio, formato da 20 – 21 membri, tutti scelti annualmente durante
l’assemblea plenaria, da cui erano esclusi i rappresentanti delle “ville
comuni”. La sfera di azione del consiglio era ampia e si estendeva per alcune
materie (giustizia, fisco, sanità, organizzazione militare, ecc…) su tutta la
Carnia; eleggeva un cameraro, tre provveditori, il capitano e tre giurati, che con il
gastaldo giudicavano nelle cause civili e criminali
24
.
Ad ogni singolo “Quartiere” erano delegati compiti di carattere tributario e
finanziario – dalla ripartizione delle imposte alla gestione del bilancio – la
trattazione di questioni di carattere generale, l’elezione dei rispettivi
“capitani”, la custodia dei boschi banditi, la manutenzione di ponti e strade,
la suddivisione degli oneri imposti dal rettore veneziano, decisi
autonomamente nelle periferiche “comanderie”, nelle assemblee dei
rappresentanti delle ville, o ancora, stabiliti durante le riunioni dei quattro
capitani convocati per deliberare su questioni inerenti tutta la Provincia
25
.
23
F. BIANCO, Carnia XVII – XIX. Organizzazione…, cit., pp. 16-19.
24
Ibid.
25
Ibid.