reato di cui all'art. 416-bis del codice penale, rubricato associazione
di tipo mafioso .
Se questa riduzione da un lato potrebbe certamente essere
considerata un commodum per l'interprete, rischia d'altra parte di
ingenerare equivoci e inesattezze oltre a rappresentare un approccio
imperfetto e parziale nei confronti di una materia che, per la pro-
pria complessità e per la difficoltà di adattarsi agli schemi e alle ri-
costruzioni sinora proposte, richiede di essere trattata nel comples-
so delle proprie eventualità.
Per non dare luogo dunque ad una indagine priva di quegli as-
petti che la renderebbero pregna di significato soprattutto sul piano
genetico della fattispecie, pur riservando i più ampi spazi al fenome-
no del concorso nell'associazione di tipo mafioso sarà necessario
considerare con attenzione e servendosi, ove possibile, del metodo
sinottico, le altre ipotesi di concorso nel reato associativo che nella
quasi totalità dei casi si collocano cronologicamente in un momento
anteriore
3
rispetto al più discusso concorso nell'associazione che si
3. Pare opportuno ricordare che la fattispecie di cui all'art. 416-bis è stata introdotta dall'art. 1
della l. 13 settembre 1982 n. 646, quando già dottrina e giurisprudenza si confrontavano da
quasi un ventennio su altre ipotesi di concorso nel reato associativo, tra le quali spiccano quelle
di concorso in cospirazione politica mediante associazione (art. 305 c.p.) e banda armata (art.
306 c.p.).
- 5 -
contraddistingue per l'utilizzo, nella propria attività criminosa, del
metodo mafioso
4
.
Per queste ragioni, nello studio delle peculiarità e delle esigen-
ze emerse in dottrina e in giurisprudenza dall'esame della species
concorso esterno in associazione di tipo mafioso, che rappresenta il fe-
nomeno oggi più diffuso tra le fattispecie di concorso esterno, non
si potranno trascurare gli aspetti del genus concorso esterno sia nelle
sue forme primigenie
5
che nelle recenti rappresentazioni del pre-
sente e, si ritiene, del prossimo futuro
6
.
4. Sul significato e sul valore di questa espressione si avrà modo di indugiare in seguito,
cercando di non trascurarne l'importanza nella dommatica giuridica né, in via incidentale, la
valenza di tipo sociologico.
5. Il riferimento è alle ipotesi di concorso esterno nel reato di cospirazione politica mediante
associazione (art. 305 c.p.), che con molte probabilità costituisce il caso principe di tutte le
ipotesi di concorso esterno, e di concorso esterno nel reato di banda armata (art. 306 c.p.). Il
primo caso, risalente alla seconda metà degli anni sessanta del secolo scorso, vedeva imputati
novantatre irredentisti del Sud-Tirolo. Per la seconda ipotesi più d'una sentenza è stata
pronunciata per i delitti commessi dagli anni settanta agli anni novanta dalle Brigate Rosse.
6. Il verificarsi sempre più frequente di episodi di terrorismo internazionale fa presagire
l'avvento di una nuova stagione che vedrà inesorabilmente il moltiplicarsi di presunti episodi di
concorso esterno in associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione
dell'ordine democratico (art 270-bis c.p.).
- 6 -
1.2 Il concorso esterno o eventuale: una figura ultralegale.
Sull'opportunità di punire comportamenti che possano essere
ricondotti all'alveo dai confini non ben definiti del concorso esterno
o della contiguità all'associazione criminale, la dottrina è unanime.
Il timore però che una meritevolezza di pena intesa in termini così
generali possa ridursi a un semplicistico slogan
7
è più che giustificato
da ricorrenti errori di metodo nello studio del fenomeno
8
e dalle
strumentalizzazioni, dovute spesso alla statura dei personaggi coin-
volti, che si formano puntualmente attorno alle vicende giudiziarie
legate agli episodi di contiguità.
Ai conflitti della dottrina si aggiunge l'imbarazzo suscitato dal
silenzio del legislatore o dalle misure che questi ha ritenuto oppor-
tuno adottare e che fin ora hanno evidenziato solo una profonda in-
adeguatezza
9
. Il mutismo del legislatore potrebbe giustificarsi solo
7. In questi termini si esprime C, Op. cit., p. 33.
8. C, Op. cit., p. 33, rileva come un gran numero di argomentazioni della dottrina, in
ordine alla meritevolezza della pena, si fondino su rapporti che evidenziano condotte già
punibili fuori dai casi di concorso esterno, quali ad esempio le ipotesi di commissione in
concorso dei singoli reati-scopo o di reati finalizzati ad agevolare l'associazione.
9. Emblema di questa inadeguatezza il testo scaturito dalla conversione del d.l. 8 giugno 1992
n. 306, che porterà all'inserimento nel codice penale del reato di scambio elettorale politico-
mafioso (art. 416-ter). Il provvedimento si rende necessario nel periodo immediatamente
successivo alle stragi che coinvolsero i maggiori esponenti della magistratura antimafia
palermitana, i giudici Falcone e Borsellino. Il 20 giugno 1992 la magistratura palermitana nel
- 7 -
corso dei lavori dell’assemblea nazionale dell’A.n.m. avanzava le sue richieste: si riteneva
indispensabile procedere alla integrazione dell’art. 416-bis e si suggeriva il tenore della
integrazione stessa: «Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì a coloro i quali si
avvalgono, anche indirettamente, del sostegno intimidatorio delle associazioni mafiose per
procacciarsi voti nelle competizioni elettorali in cambio di denaro o della promessa di agevolare
l’acquisizione di concessioni, autorizzazioni, appalti, contributi, finanziamenti pubblici o,
comunque, la realizzazione di profitti o vantaggi ingiusti». Il d.l. 8 giugno 1992 n°306 non recava
disposizioni che potessero soddisfare le richieste della magistratura, né il conforto di norme
adeguate a contrastare il fenomeno dello scambio elettorale politico-mafioso giungeva dal
disegno di legge di conversione presentato dal Governo al Senato in prima lettura. Il tema
veniva introdotto ufficialmente nelle aule parlamentari solo nel corso della discussione. La
prima versione della previsione legislativa che avrebbe dovuto punire il delitto dello scambio
elettorale politico-mafioso era introdotta per mezzo di un emendamento così formulato: «Al
comma 1° dell’articolo 416-bis c.p. è aggiunto il seguente periodo: Le disposizioni del presente
articolo si applicano altresì a coloro i quali nel corso di campagne elettorali, al fine di procurare
voti a sé o ad altri, ricorrano al sostegno intimidatorio delle associazioni mafiose». L’iter
legislativo della fattispecie si mostrava sin dal primo istante tortuoso: l’emendamento appena
presentato in Senato veniva immediatamente colpito da un intervento del relatore che senza
alcuna spiegazione plausibile ne mutilava il dispositivo privandolo dell’ originario vigore che gli
era stato conferito. In un secondo momento il legislatore optava per l’opportunità di
sanzionare lo scambio elettorale politico-mafioso fuori dalla fattispecie dell’art 416-bis: in
Commissione giustizia alla Camera era avanzata la proposta di introdurre una norma,
strettamente correlata alla previsione dell’art 416-bis, che tenesse conto del rapporto
synallagmatico intercorrente tra il candidato e l’organizzazione mafiosa in occasione delle
consultazioni elettorali. Il legislatore riteneva però che per disciplinare in maniera adeguata il
fenomeno dello scambio elettorale politico-mafioso probabilmente non sarebbe stata sufficiente
l’introduzione nel codice penale di una nuova previsione isolata, piuttosto preferiva rivolgere
un invito al Governo affinché fosse quest’ultimo ad occuparsi della normativa in esame
all’interno di un più ampio provvedimento in materia di trasparenza elettorale. I propositi del
legislatore ancora una volta non erano portati a compimento: l’idea di disciplinare la materia
all’interno di una legge speciale ad essa dedicata non incontrava il favore del Parlamento, che
con un secondo emendamento richiedeva l’introduzione nel codice penale di un articolo 416-
ter così formulato: «Le pene stabilite dai primi due commi dell’art. 416-bis si applicano anche a
chi, per ottenere a proprio o altrui vantaggio il voto elettorale, si avvale, anche indirettamente, della
forza d’intimidazione del vincolo associativo di cui all’art. 416-bis accettando la promessa di
sostegno elettorale da persone sottoposte a procedimento di prevenzione o a procedimento penale
per il delitto di associazione mafiosa in cambio della somministrazione di denaro o della promessa
di agevolare l’acquisizione di concessioni, autorizzazioni, appalti, contributi, finanziamenti pubblici
o, comunque, la realizzazione di profitti o vantaggi ingiusti». Anche in questo caso
l’emendamento, prima di approdare in aula per essere esaminato dall’assemblea, era sottoposto
ad opera della Commissione Giustizia a ulteriori modifiche: veniva eliminato ogni riferimento
di qualificazione sulla soggettività dei presunti mafiosi. Gli interventi sul nuovo dispositivo non
- 8 -
ove si ritenga volontario un atteggiamento di così equivoca portata
e si rinvengano le ragioni di tale silenzio nell'affermazione di una
presunta completezza del Sistema.
Qualora questa ipotesi si fosse rivelata veritiera, il giudice
avrebbe utilizzato gli strumenti già previsti dalla legge
10
e il legisla-
tore sarebbe rimasto ragionevolmente inerte. La storia giudiziaria
del fenomeno tuttavia mostra un diverso epilogo: il giudice, potendo
scegliere tra una condanna per associazione a delinquere
11
e una
erano terminati: appena in aula il Ministro di grazia e giustizia decideva di scindere
l’emendamento in due parti e disponeva il voto separato per ciascuna. La cesura veniva
collocata appena dopo l’inciso «in cambio della somministrazione di denaro». Tale misura si
rendeva necessaria, a giudizio del Ministro, poiché la fattispecie, come originariamente
formulata, avrebbe lasciato spazio ad interpretazioni diverse ed eventualmente ad arbitrii. La
prima parte della norma era approvata a larga maggioranza, la seconda parte rigettata per
pochissimi voti. Contro la necessità di predisporre strumenti utili a contrastare il fenomeno di
collaborazione mafia-politica espresso dalla magistratura, il dispositivo giungeva mutilato al
Senato, ove si tentava senza successo di restituire vigore alla norma. Una storia legislativa così
complessa e equivoca non mancò di suscitare le perplessità della dottrina, che in quella
occasione coraggiosamente parlò di deficit di coraggio (B, Premessa al commento della
legge 13 settembre 1982, n. 646, in Leg. pen., 1983, p.240 ripreso da C, Scambio elettorale
politico mafioso: deficit di coraggio o questione irrisolvibile? in Riv. it. di dir. e proc. pen, 1999,
p.877).
10. Le forme tipizzate di contiguità, comunque esistenti, saranno oggetto di indagine
successiva.
11. O associazione di tipo mafioso o associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti o
una qualsiasi altra fattispecie di reato associativo.
- 9 -
condanna per favoreggiamento
12
, elegge una tertiam viam: il concor-
so esterno.
Di fronte a un provvedimento atipico e indeterminato di tale
portata, il legislatore che sostiene la pregressa completezza del pro-
prio Sistema, avrebbe dovuto optare per un immediato intervento
chiarificatore.
L'intervento auspicato stenta a verificarsi: le dispute dottrinali
procedono e si moltiplicano, numerosi divengono gli orientamenti
della giurisprudenza
13
. Tutto questo con buona pace dei principi di
determinatezza, tassatività e certezza che reggono il corpus della
legislazione penale.
Ad orientare il lavoro della dommatica giuridica sulla deter-
minazione delle caratteristiche e dei limiti che il concorso esterno
dovrebbe presentare, non sono sufficienti le pur legittime analisi
della giurisprudenza. Queste ultime si sono spesso basate su para-
metri o accertabili solo soggettivamente, quali l'intensità del contri-
12. O assistenza, o una qualsiasi altra forma tipizzata di contributo all'associazione o agli
associati.
13. Se ne rinvengono nel corpus delle decisioni della Suprema Corte almeno tre, accompagnate
da una serie interminabile di sfumature. L'evoluzione del pensiero giurisprudenziale sarà
oggetto di successiva indagine.
- 10 -
buto prestato all'associazione o l'intento dell'agente di sposare fino
in fondo o solo parzialmente gli obiettivi dell'associazione, o dall'ac-
certamento complesso o impossibile, quale ad esempio la presenza
di cerimoniali formali di affiliazione. Una base euristica solida deve
fondarsi anzitutto sul principio di determinatezza
14
, che può essere
portato alla luce solo dal legislatore che anteponga alla soluzione del
fenomeno il fenomeno stesso, delineandone confini che non lascino
irragionevoli margini di incertezza.
Senza voler riesumare antiche dispute sulle qualità dei sistemi
di civil law in contrapposizione a quelle degli ordinamenti che adot-
tano i principi del common law
15
, né voler riaccendere le contese
sull'intensità della facoltà in capo al giudice di adeguare e dare vita
con la sentenza al disposto normativo
16
, una posizione precisa e dai
ridotti margini di equivocità sul fenomeno deve essere assunta pri-
ma che dall'interprete, sia esso uno studioso che un giudice, dal le-
14. Questa la condivisibile opinione di C, Il concorso eventuale nel reato associativo,.
cit., p. 26.
15. Un indagine di tale natura esulerebbe dal lavoro che in questa sede si svolge. Per
approfondire il tema si confronti A, La legge oscura (come e perché non funziona), 2002,
Laterza Editore.
16. Utile a questo proposito confrontare le tesi sulla iuspoietica giurisprudenziale dei
Giusrealisti scandinavi e americani, oltre alle precedenti prese di posizione dell'Utilitarismo
sulla Jurisprudence, in primo luogo con le tesi di Bentham e successivamente con Austin.
- 11 -
gislatore. Solo l'autorità di quest'ultimo potrà infatti imporre agli
osservatori le regole della contesa, e solo in presenza delle suddette
regole dottrina e giurisprudenza potranno svolgere il compito ad
esse demandato dall'Ordinamento.
1.3 Pericolosità aggiunta delle «proiezioni verso
l'esterno».
17
Tutti gli ordinamenti dell'età contemporanea hanno sempre
guardato con particolare attenzione al fenomeno dell'associazione
per delinquere. Non ne furono esenti i codici preunitari in Italia
18
,
che su esempio del Code Napoléon punivano con severità i malfat-
tori, veri e propri antenati degli odierni associati per delinquere.
La ragione di una così accentuata severità è da rinvenire
nell'estrema pericolosità che alle associazioni per delinquere è stata
riconosciuta unanimemente da ogni legislatore sin dalla seconda
metà del XVIII secolo. Il timore ingenerato da un'associazione per
17. L'espressione è di V, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino 2003,
p.XXXII.
18. Se ne rinvengono tracce nei codici Sardo, delle Due Sicilie e Toscano, che inevitabilmente
finirono con l'influenzare la stesura del Codice Zanardelli e, successivamente e con la massima
rarefazione dell'elemento dello scopo, Rocco.
- 12 -
delinquere, sia per gli scopi che questa potrebbe prefiggersi e sia per
le forze impiegabili in astratto, è certamente superiore a quello che
il singolo delicturus ispirerebbe.
Quando alla pericolosità intrinseca dell'associazione a delin-
quere si aggiunge una proiezione più o meno occulta volta a creare
punti di contatto e di interesse comune con il mondo delle istituzio-
ni, dell'imprenditoria o della politica, il pericolo della lesione di quel
bene che è l'ordine pubblico non solo si accresce, ma aumenta espo-
nenzialmente. Si può parlare in questi casi di una vera e propria
pericolosità aggiunta.
Un ulteriore aggravamento della pericolosità è ipotizzabile se
si considera che molte tra le associazioni a delinquere non si limi-
tano alla ricerca di sponsor esterni per ragioni di episodica opportu-
nità, ma fanno di questo modus operandi una «pratica iscritta nel
loro codice genetico
19
».
Se una evidente distinzione si rinviene tra gli appartenenti al
sodalizio criminoso e i soggetti presunti esterni, non altrettanto
semplice è cogliere in che modo le attività delle due categorie di
soggetti si distinguano: si può azzardare l'ipotesi che vuole gli asso-
19. V, Contiguità alla mafia e responsabilità penal., cit., p. XXXII
- 13 -
ciati in grado di pianificare il progetto criminoso, stabilirne fini e
utilità. D'altro canto ad operare sarebbero i soggetti esterni i soli a
poter consentire l'attuazione del piano criminoso attraverso la legit-
timazione ad agire che di questi è propria nelle sfere dei rispettivi
ambienti.
Un ingranaggio a doppia velocità quindi, una delinquenza dai
colletti bianchi e le mani unte che consente a ciascuna delle due
parti relazionate dal synallagma di trarre i profitti più diversi senza
prodursi in manovre che, fuori dalla rispettiva sfera di competenza,
potrebbero risultare inefficaci o clamorosamente evidenti.
- 14 -
C A P I T OL O II
P ROFILI DI G E N ETI C A N OR M A TIV A .
D A L FR A G ORE DE LL A M A Z Z A FE RR A T A A L
SILE N Z I O DE L CODI C E RO CCO . OP P OR T U N O
RIMP I A N G E RE IL LE G I SL A T ORE B ORB ON I CO?
In seguito all'avvento della Costituzione Repubblicana
20
, la
fattispecie del concorso nei reati di tipo associativo trova la propria
20. Tradizionalmente si preferisce dividere le epoche del diritto penale italiano in relazione al
codice penale adottato nel singolo periodo storico. Potremmo distinguere, ad esempio, un'epoca
Zanardelli da un'epoca Rocco. In questo caso si è scelto di adottare, quale spartiacque
temporale, l'adozione del regime repubblicano parlamentare. Tale scelta viene motivata con la
superficialità che il codice Rocco ha riservato alle tematiche scaturenti dal discorso sulle ipotesi
di configurabilità del concorso nel reato associativo. La questione si presentò infatti in sede di
lavori preparatori alla stesura del Codice Rocco. Fu lo stesso Alfredo Rocco a liquidare le
obiezioni in maniera sì chiara, ma alla luce dei successivi riscontri, probabilmente troppo
sbrigativa. Per una più attenta analisi di questa circostanza si cfr. ultra. Per il momento basti
giustificare la scelta metodologica di separazione dei periodi, fissando come limes l'avvento
della Costituzione Repubblicana, con la volontà di evidenziare l'irrilevanza del Codice Rocco
nella genesi del fenomeno di cui si tratta.
- 15 -
affermazione ontologica
21
in un ristretto numero di sentenze rela-
tive a reati contro la personalità dello Stato
22
.
Prima di questo riconoscimento moderno ad opera della
giurisprudenza, molti legislatori del passato hanno affrontato il
problema, spesso investendovi considerevoli energie
23
.
Il fenomeno che in passato ha polarizzato l'attenzione del le-
gislatore, e che potrebbe considerarsi antenato dell'attuale associa-
zionismo per delinquere, soprattutto a connotazione mafiosa
24
, è il
banditismo, al quale si è affiancato o sostituito in determinate
epoche storiche il c.d. brigantaggio.
21. Da intendere come affermazione negativa, o negazione, nel caso della sentenza Cass. 11
luglio 1987, mediante la quale la Suprema Corte pare, con parziali ammissioni, auspicare un
ritorno all'inconfigurabilità del concorso nei reati di natura associativa.
22. La prima delle quali, Cass. 27 novembre 1968, costituisce baluardo nomopoietico più che
nomofilattico per l'immediatamente successiva giurisprudenza di merito (Corte d'Assise di
Brescia 2 febbraio 1978 e Corte d'Assise di Torino 23 giugno 1978) e rappresenta indispensabile
precedente logico negativo per la sentenza Cass. 11 luglio 1987 che, in uno slancio sospeso tra
diritto, sociologia e istituzionalismo, intende con dovizia di particolari redigere il manifesto
dubitativo dell'esistenza di diverse forme di partecipazione, sostegno o concorso nei reati
associativi.
23. Tali da far auspicare in alcuni casi la necessità di un diritto speciale, dedicato
esclusivamente a fenomeni di criminalità collettiva.
24. In questi termini, pur con qualche riserva, cfr. V, Contiguità alla mafia e
responsabilità penale., cit., p. 2. Secondo l'autore non solo il fenomeno del banditismo, e
successivamente quello del brigantaggio, conservano analogie con l'associazione di tipo
mafioso, ma persino nelle diverse politiche legislative che si sono occupate di contrastare questi
fenomeni è possibile rintracciare una «significativa continuità».
- 16 -
Tra XVI e XVII secolo, in ossequio agli unici principi ispira-
tori di diritto dell'epoca, ossia le fonti della tradizione romanistica, i
giuristi adattano ai casi che progressivamente si presentano, solu-
zioni «ad modum belli
25
», utili a relazionare senza eccessivi attriti il
metallo pregiato di cui è costituita la bilancia della iustitia, con la
più robusta materia che forgia il mazzafrusto.
Nella complessità di una così articolata situazione, due sono
gli indirizzi che i giuristi del passato hanno lasciato in eredità alla
scuola giuridica moderna
26
. In primo luogo è pervenuta fino ai nos-
tri tempi, attraversando indenne
27
l'imponente opera codificatoria
del XVII secolo, l'idea fondamentale che l'associazione a delin-
quere
28
costituisca un crimine a prescindere dai singoli reati scopo
che si realizzino o si dovessero realizzare; la seconda teorizzazione
risalente, che interessa in maniera più pregnante la presente
indagine, è quella che intende distinguere la condotta dei latrones da
25. V, Contiguità alla mafia e responsabilità penale., cit., p. 3.
26. L'analisi storica è compiuta con magistrale perizia da V, Contiguità alla mafia e
responsabilità penale., cit., pp. 1 e segg. Il presente excursus ne segue sinteticamente
l'evoluzione.
27. Unica deviazione dall'eziologia originaria può essere rappresentata esclusivamente dal
progressivo processo di astrazione dei termini di configurabilità della fattispecie associativa.
28. Nel caso di specie il banditismo, inteso, prima del XVI secolo, anche come latrocinium.
- 17 -
quella di quanti si limitino a prestare a questi ultimi sostegno
morale o materiale, ossia i receptatores
29
.
Sulla persona del receptator è utile svolgere brevi considera-
zioni di carattere storico-sociologico. Si nota infatti che la figura ap-
pena citata costituisce inequivocabilmente un precedente logico
dell'odierno concorrente esterno
30
. Paradigmatico può essere consi-
derato il dato della realtà che, in passato come oggi, riconosce nella
figura del receptator non solo personaggi di scarso spessore, che si
unirebbero al latro per timore o per mere ragioni di opportunità,
ma anche esponenti di spicco della società civile. Si ha notizia infatti
che il numero dei banditi crebbe nella Napoli dei primi anni del XVI
secolo «per il favore che trovavano negli abitanti delle campagne, e
29. Le condotte che identificano questa figura sono molteplici. Si sono considerati receptatores
i ricettatori dei proventi di reato, quanti hanno prestato assistenza agli associati prima dei
singoli reati-scopo, quanti hanno soccorso i latrones in stato di bisogno, quanti hanno prestato
consiglio, quanti hanno trasmesso informazioni e persino quanti con quelli abbiano stretto
relazioni amichevoli.
30. O dell'assistente o del favoreggiatore o del ricettatore. La scelta dipende dall'accoglimento o
meno delle tesi che ammettono l'esistenza della figura del concorrente nel reato associativo.
Senza voler intraprendere battaglie ideologiche di scarso valore, bisogna riconoscere che
l'ammissibilità della figura del concorrente esterno è dato pressoché unanime nell'odierno
panorama della scienza giuridica italiana. Chi scrive in questa sede il contrario non nutre
velleità rivoluzionarie né pretende di offrire margini di innovazione al dibattito, ancora aperto e
dai toni accesi, sull'ammissibilità della figura del concorrente, ma solo intende sostenere una
soluzione dal carattere più logico che ideologico, che si tenterà di dimostrare ultra.
- 18 -
specialmente nei baroni, che, invece di combatterli e punirli, come
avrebbero dovuto, partecipavano alle loro criminose prede
31
».
Le pene comminate al receptator dalle leggi della repubblica
genovese sono la relegazione o la pena dei remi
32
. Pene certamente
più lievi rispetto a quelle che sanzionavano il bandito
33
. La stessa
politica di graduazione delle pene è seguita dai legislatori di tutti gli
Stati di antico regime.
La storia legislativa del XIX secolo raccoglie l'eredità
dell'epoca precedente e ne costituisce il naturale sviluppo. Ad ispi-
rare chiaramente le norme che compariranno nei codici preunitari è
il codice napoleonico del 1810. Quest'ultimo, al § 1 della Section V,
dapprima rappresenta le Associations de malfaiteurs come toute asso-
ciation de malfaiteurs envers les personnes ou les propriétés, identi-
ficando inoltre il bene giuridico tutelato nella paix publique
34
. L' arti-
31. C, Svolgimento storico del diritto penale in Italia dalle invasioni barbariche alle riforme
del secolo XVIII, in Enc. dir. pen. it., a cura di E. Pessina, vol II, Milano, 1906, p. 163.
32. Consistente nella pena detentiva a bordo di galere, con il compito di remare.
33. In epoca ancora precedente, tuttavia, una Costituzione di Federico II del 1219 puniva
indifferentemente bandito e receptator. Le fonti romane inoltre non si mostrano univoche,
raccomandando talora la stessa pena prevista per i latrones, talatra invocando un regime più
lieve.
34. C, #éorie du Code pénal, Bruxelles, 1837, pp. 31-32.
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