8
disomogeneo, in cui le diverse pronunce di merito, anziché consistere in un
continuum logico e temporale coerente, evidenziano un andamento
discontinuo e altalenante, privilegiando talvolta una soluzione, talvolta la
contraria.
A questo si aggiunga che, aldilà di una debolezza strutturale di fondo
della suddetta categoria di reati, le definizioni delle condotte associative
illecite spesso richiedono a chi redige le norme, a chi è chiamato ad
interpretarle e a colui a cui spetta applicarle una padronanza di concetti, di
strumenti interpretativi e di nozioni che con il diritto ben poco hanno a che
fare.
9
1.2 La carente tipizzazione delle fattispecie delittuose
Una delle principali garanzie che un moderno stato di diritto deve
fornire ai suoi cittadini è senza dubbio quella della necessaria
predeterminazione legale delle fattispecie di rilevanza penale.
Il principio di tassatività o sufficiente determinatezza delle
fattispecie penali, come corollario del più ampio e poliedrico principio di
legalità, tende, come principale obbiettivo, a rendere più chiaro il rapporto
norma-cittadino: tanto più chiaro, preciso e definito è il contenuto della
norma, tanto più agevolmente il soggetto sarà messo in grado di
identificare il confine che separa il lecito dall’illecito.
Pur non tralasciando dunque l’importante significato di tale principio
sul piano sostanziale, il requisito della precisa determinazione delle
fattispecie da parte del Legislatore riveste una considerevole importanza
soprattutto sul piano processuale.
L’elusione del principio di tassatività in tali casi pregiudica
l’obbligatorietà della stessa azione penale, in quanto sarebbe ostico
verificare puntualmente l’osservanza o meno di tale obbligatorietà in
presenza di norme dai contenuti poco chiari, e lederebbe il diritto
10
costituzionale alla difesa, posta la difficoltà di confrontarsi con
imputazioni poco precise.
Inoltre, il grado di prevedibilità e di verificabilità delle decisioni
giudiziarie, dipende dalla possibilità di sindacarne le motivazioni sia sulla
scorta delle garanzie processuali, sia sulla base della natura più o meno
formalizzata delle espressioni linguistiche usate dal Legislatore nella
redazione delle norme incriminatrici.
Le fattispecie associative non sono certamente caratterizzate da una
stretta osservanza del principio in questione, contenendo in molti casi rinvii
a nozioni e contesti politici-sociologici, più che a stretti richiami normativi
e si sono ben prestate, per le loro elastiche formulazioni, ad essere
strumenti modulabili agli scopi della pubblica accusa
1
.
Il concetto d’associazione non è definito con precisione, poiché il
Legislatore guarda più che altro alla globalità della realtà associativa, con
una spiccata attenzione rivolta agli scopi del sodalizio, ai mezzi e metodi
utilizzati per il raggiungimento delle finalità perseguite dai membri della
societas sceleris e all’accordo;
1
Iacoviello F.M., Ordine pubblico e associazione per delinquere, in Giust.pen., 1990,
II, p.38.
11
quest’ultimo, in antitesi totale con il principio cogitationis poenam nemo
patitur, è visto come un presupposto essenziale sulla cui base identificare le
varie forme di strutture associative, aprendo purtroppo la strada ad
un’eccessiva discrezionalità giurisprudenziale e ad una vastissima
elaborazione dottrinale in merito alla sua esatta individuazione.
Tale carenza di tassatività e determinatezza riscontrabile nelle
fattispecie associative è dovuta sostanzialmente alla difficile identificazione
degli elementi distintivi di associazioni complesse e in continuo sviluppo,
dedite ai più diversificati settori di attività criminale, dal traffico di droga a
quello delle armi, dal riciclaggio del denaro di provenienza illecita
all’immigrazione clandestina.
Chiarificatrice in merito è la posizione espressa dal Conso, che
evidenzia come, dopo un periodo di relativa chiarezza da parte del
Legislatore:
<< […] è subentrata, anche a seguito di emergenze varie, una crescente
trascuratezza nell’uso del linguaggio legislativo. Si fanno decreti, leggi, decreti-
legge, uno dopo l’altro, sempre sotto l’assillo dell’urgenza, senza curare i
particolari, che poi particolari neppure sono, in quanto una legge non chiara, […]
12
crea agli operatori nel quotidiano espletamento di loro compiti ostacoli e
difficoltà non facilmente superabili>>
2
.
In tale situazione risulta dunque preferibile spostare l’attenzione, più
che sulla genesi o sulla struttura inafferrabile delle associazioni, sul metodo
che ne contraddistingue l’attività, capovolgendo i tradizionali criteri di
tipizzazione delle ipotesi delittuose ed evitando la redazione di fattispecie
pesantemente descrittive sul piano dogmatico, ma carenti dal punto di vista
dell’accertamento processuale delle responsabilità a causa della loro
possibile vulnerabilità probatoria
3
.
Così l’associazione per delinquere di stampo mafioso viene
identificata dalla forza di intimidazione del vincolo e dalla condizione di
assoggettamento e di omertà che le è propria; l’associazione segreta è
individuata dalla segretezza di finalità e attività sociali; l’associazione
sovversiva viene contraddistinta da obiettivi di sovversione e dai metodi
per raggiungerli.
L’influenza di valutazioni socio-politiche nella redazione delle
norme incriminatrici e la complessità di alcuni fenomeni criminali, ha
2
Citazione tratta da Conso G., La criminalità organizzata nel linguaggio del
Legislatore, in Giust.pen., 1992, III, p.385.
3
Vedi Iacoviello F.M., I controlli della Cassazione sulla motivazione non persuasiva:
la disagevole prova della partecipazione ad associazione per delinquere di candidati
alle elezioni sostenuti dal voto mafioso, in Cass.pen., 1993, p.852.
13
pesantemente condizionato, ad esempio, la formulazione dell’art.416-bis
C.p. relativo alle associazioni di tipo mafioso.
Tale norma, inserita nel Codice dall’art.1 della l. 13 settembre 1982
n.646, si differenzia in maniera sostanziale dagli artt.305 (cospirazione
politica mediante associazione), 306 (banda armata) e 416 (associazione
per delinquere) C.p., in quanto non rivolge attenzione al momento iniziale
dell’associarsi, ma solo sul fare parte, con ruoli di maggiore o minore
importanza, dell’associazione mafiosa; le altre norme, con diverse
espressioni quali << quando tre o più persone si associano….>> (artt.305 e
416 C.p.) o <<Quando […] si forma una banda armata, […]>> danno
rilievo invece al momento della nascita e della costituzione delle
associazioni stesse.
Le peculiarità sociali e storiche della criminalità mafiosa hanno
costretto il Legislatore a tralasciare il fenomeno statico dell’associarsi,
preferendo spostare la propria attenzione sul momento in cui l’associazione
stessa opera mediante gli strumenti dell’intimidazione,
dell’assoggettamento e dell’omertà.
Il Turone osserva che la singola associazione mafiosa s’inserisce in:
14
<< un più vasto fenomeno di contropotere criminale, che trascende nel
tempo e nello spazio, la singola entità associativa, per modo che il momento
costitutivo di quest’ultima (inteso naturalisticamente, come momento in cui viene
a crearsi l’unione stabile di almeno tre persone) è normalmente indiscernibile>>
4
.
Sebbene tra le condotte punibili previste dall’art.416-bis C.p. figuri
anche quella del promotore, accanto a quella di chi dirige o organizza
l’associazione mafiosa, il Turone evidenzia come tale ruolo sia da
interpretare come un contributo alla formazione e al consolidamento
dell’apparato strumentale mafioso, ruolo diverso perciò da colui che
costituisce il sodalizio nel caso, ad esempio, della più comune associazione
a delinquere.
Questo caso specifico dimostra, quanto sia difficile costruire degli
schemi normativi comuni per la generalità dei fenomeni associativi
criminosi, ciascuno dei quali è caratterizzato da elementi di identificazione
delle condotte punibili assai diversi tra loro.
4
In Turone G., Il delitto di associazione mafiosa, Giuffrè, Milano, 1995, p.291.
15
1.3 L’associazione criminale nell’elaborazione giurisprudenziale:
dalla rigida struttura organizzativa all’affectio societatis
La carenza di una specifica e dettagliata definizione legislativa del
concetto stesso di associazione, ha portato a tutta una serie di pronunce
giurisprudenziali in merito assai diverse tra loro, in quanto, nel tentativo di
precisarne i contenuti, hanno esaltato o mortificato taluni dei suoi elementi
descrittivi.
Inizialmente erano ritenuti elementi essenziali ai fini della
configurazione del reato di associazione a delinquere sia l’elemento
soggettivo sia quello oggettivo
5
: l’esistenza di un vincolo associativo teso a
commettere un indeterminato numero di delitti e la predisposizione
materiale di attività e di mezzi necessari al compimento delle singole azioni
Alcune pronunce hanno focalizzato l’attenzione soprattutto
sull’elemento della struttura organizzata per gerarchie interne
6
,
caratterizzate da un’efficiente ripartizione di compiti e funzioni; la
5
Vedi Cass., Sez.I, 10 giugno 1982 in Cass.pen., 1983, p.837.
6
Tra le tante Cass. Sez.I, 25 ottobre 1983, in Cass.pen., 1985, p.318 e in Giust.pen.
1984, II, p.649; Cass. Sez.I, 14 ottobre 1986, in Cass.pen., 1988, p.1005 e in Giust.pen.
1987, II, p.622; Cass. Sez.I, 28 novembre 1988, in Cass.pen., 1990, p.834 e in
Giust.pen. 1989, II, p.555.
16
Cassazione, Sez.VI del 19 giugno 1987
7
, ad esempio, riconosce che la
costituzione di un’associazione per delinquere non si verifica nel momento
in cui interviene l’accordo tra i compartecipi, ma in quello in cui si
costituisce un’organizzazione permanente e stabile, realizzando così quel
minimum di mantenimento della situazione antigiuridica.
Altre soluzioni, al contrario, non hanno ritenuto essenziale la rigidità
e formalità della struttura organizzativa, attesa la non agevole
dimostrabilità in concreto di tali complesse articolazioni interne.
In merito a quest’ultima posizione, chiarificatrice è certamente la
sentenza della Cassazione, Sez.VI, del 16 dicembre 1985 che in materia di
associazione mafiosa afferma:
<< La mancanza di atti costitutivi e di formali iscrizioni tipiche delle
organizzazioni delinquenziali d’indole mafiosa, nonché la loro segretezza,
comporta che alle stesse non possano essere applicati rigidi schemi di
identificazione e che le qualifiche, funzioni e ruoli nel loro ambito svolti possano
essere i più disparati, con compartimentazioni interne che non consentono o
addirittura escludano la conoscenza tra loro di tutti gli associati>>
8
.
7
In Cass.pen., 1989, p. 794.
8
In Cass.pen., 1987, p.49.
17
Ancora sulla falsa riga della precedente sentenza la Cassazione, Sez.I
del 3 ottobre 1989 precisa che:
<<La legge non richiede l’apposita creazione di un’organizzazione, sia
pure rudimentale, ma l’uso di una struttura che può anche essere preesistente
all’ideazione criminosa e già adibita a finalità lecite>>
9
.
Progressivamente l’associazione perde i suoi elementi distintivi
oggettivi e la stessa Corte finisce per considerare sufficiente, ai fini della
configurazione del reato di associazione per delinquere previsto
dall’art.416 C.p., la mera affectio societatis sceleris, ovvero:
<< […] l’esistenza di un vincolo associativo non circoscritto ad uno o più
delitti determinati, ma consapevolmente esteso ad un generico programma
criminoso>>
10
.
L’affermazione da parte della Suprema Corte in numerose sentenze
della non essenzialità dell’elemento oggettivo della rigida struttura
associativa e dell’importanza, al contrario, dell’elemento soggettivo
dell’affectio rende plasmabile l’imputazione di associazione per delinquere
9
In Cass.pen., 1991, p.744 e in Giust.pen., 1990, II, p.610.
18
a secondo delle maggiori esigenze repressive dettate da scelte di
contingente politica criminale.
Queste esigenze repressive dei pericolosi fenomeni criminali
associativi talvolta portano la giurisprudenza, ammettendo comunque
contestualmente la necessità di integrazioni e riscontri probatori in merito,
a tali indicative posizioni:
<< […] l’accertato sistematico concorso di tre o più persone nella
consumazione di una serie di reati comporta, per via sintomatica, la presunzione
dell’esistenza di una societas scelerum cui i consorti siano affiliati>>
11
L’indeterminatezza della figura delle fattispecie associative
determina perciò un’espansione eccessiva del suo campo applicativo, che
invade spesso quello del semplice concorso eventuale di persone e sovente
si sostituisce ad esso.
Nonostante vi siano pronunce che abbiano tentano di stabilire i
confini tra i casi di fattispecie associative e concorso di persone nel o nei
reati, non sempre vi è stata chiarezza in materia.
10
Cass. Sez.I, 1 giugno 1983, in Cass.pen., 1985, p.621 e in Giust.pen., 1984, II, p.347.
11
Corte di Appello di Catanzaro, Sez.I, 2 febbraio 1985, in Cass.pen., 1985, p.1698.
19
La Cassazione, Sez.II del 17 novembre 1978
12
stabilì, ad esempio,
che il reato previsto dall’art.416 C.p. si configura anche quando l’accordo
si riferisce ad una serie di reati già ideati e predeterminati (non solo perciò
nel tradizionale caso dell’accordo comprendente un vasto e indeterminato
numero di reati tesi alla realizzazione delle finalità dell’associazione),
lasciando spazio applicativo al concorso di persone nel reato solo nel caso
in cui risulta evidente che i reati sono stati commessi a seguito di accordi
presi di volta in volta
Più di recente la Cassazione, Sez.VI del 12 maggio 1995
13
ha
stabilito che, se anche l’accordo può costituire elemento comune nei due
casi, il concorso di persone e l’associazione per delinquere (nel caso
specifico l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di
stupefacenti) sono caratterizzati da aspetti strutturali e teleologici
profondamente differenziati.
L’accordo, nella fattispecie plurisoggettiva semplice, è funzionale
alla realizzazione di uno o più reati, consumati i quali esso si esaurisce;
infatti l’accordo in tale ipotesi assume rilievo solo nel caso di commissione
del reato o dei reati, restando assoggettato, in assenza di una reale condotta
esecutiva, alla disciplina dell’art.115 C.p..
12
In Giust.pen. 1979, II, p. 554; in Cass.pen. 1980, p.347 e in Giust.pen. 1980, II, p.151.
13
In Giust.pen. 1996, II, p.55 e in Riv.polizia, 1997, p.99
20
Nel caso del reato associativo, al contrario, l’accordo è elemento
fondante dell’associazione stessa e non trova il suo limite nella realizazione
di un singolo reato, ma investe un più vasto programma criminoso,
permanendo in vita anche dopo la consumazione di ciascun reato.
Inoltre, come riconosciuto dal Tribunale di Ragusa del 11 novembre
1994
14
, l’accordo, mentre nel concorso di reati è occasionale ed accidentale
perché diretto alla commissione del singolo reato (o di più reati nel caso di
concorso nel reato continuato), nell’associazione per delinquere realizza un
vero e proprio vincolo associativo e costituisce, determinando pericolo per
l’ordine pubblico, già di per sé motivo di allarme sociale, ritenendosi
irrilevante la mancata consumazione dei delitti programmati
15
.
Gli incerti limiti applicativi del reato di associazione per delinquere,
hanno dato vita ad una vasta serie di contestazioni che vanno dalle
associazioni finalizzate alla commissione di furti, ad attività pseudo-
religiose
16
, a evasioni fiscali, fino a quelle dedite a frodi comunitarie.
14
In Riv.pen., 1995, p.783
15
Su quest’ultimo punto in particolare anche Cass., Sez.I, 26 ottobre 1977 in Cass.pen.
1979, p.306; Cass., Sez.I, 22 febbraio 1979 in Cass.pen. 1981, p.736 e in Giust.pen.
1980, III, p.494; Cass. Sez.VI, 22 aprile 1989, in Cass.pen. 1991, I, p.222.
16
Si tratta del “caso Scientology”.
21
Per completezza, bisogna precisare che in taluni casi la contestazione
da parte dell’accusa della figura associativa invece del concorso di persone
mira ad ottenere <<scorciatoie probatorie>> o <<modalità di indagine>>
17
(ad esempio per quanto riguarda le intercettazioni telefoniche), altrimenti
precluse senza il ricorso ad essa.
La già difficile dimostrabilità dell’oggettiva esistenza fisica di una
struttura associativa, lascia il posto alla più malleabile identificazione dei
caratteri dell’accordo.
Inizialmente la Corte aggancia pur sempre l’affermazione
dell’esistenza di un’associazione a delinquere alla necessità di un quid
pluris rispetto alla semplice commissione del o dei reati: la Cassazione,
Sez.I del 21 ottobre 1987
18
stabilisce il ricorso all’assoluzione con formula
ampia e non a quella con formula dubitativa nel caso in cui non fosse
emersa la presenza di un accordo espresso e programmato, volto alla
realizzazione di una quantità indeterminata di reati.
Ma anche tale suo iniziale orientamento viene agevolmente superato,
riconoscendo addirittura la possibilità che l’accordo stesso non abbia
17
Le espressioni sono di Siracusano F., Reati associativi e processo penale in AA.VV.,
I Reati Associativi a cura del Centro Nazionale Di Prevenzione e Difesa Sociale
(relazioni del XXI Convegno Enrico De Nicola sul tema "I reati associativi",
Courmayeur, 10-12 ottobre 1997), Giuffrè, Milano, 1998, p.210.
18
In Cass.pen., 1989, p.793. e in Giust.pen. 1989, II, p.20.
22
nemmeno il caratteri della stabilità; infatti nella già ricordata sentenza della
Corte di Cassazione, Sez.I del 3 ottobre del 1989 si afferma che:
<<[…] ai fini della sussistenza del delitto di associazione per delinquere di
cui all’art.416 C.p., non è necessario che il vincolo associativo assuma carattere
di assoluta stabilità>>
19
.
Talvolta la Corte afferma la configurabilità del reato di associazione
per delinquere escludendo addirittura, non solo la stabilità, ma addirittura la
necessità dell’esistenza di un previo accordo:
<<Ai fini della configurabilità dell’associazione per delinquere finalizzata
allo spaccio di sostanze stupefacenti non è necessario che sia intervenuto un patto
espresso tra gli associati, essendo sufficiente che questi siano portati ad operare,
anche in assenza di un accordo, nella consapevolezza che le attività proprie ed
altrui ricevano vicendevole ausilio e che insieme contribuiscano ad attuare il
programma di attività criminale>>
20
.
19
In Cass.pen., 1991, p.744 e in Giust.pen. 1990, II, p.610.
20
Cass., Sez.VI, 27 maggio 1991 in Cass.pen., 1992, p.3138 e in Giur.it. 1993, II,
p.163.