Il concorso di persone nel reato proprio
Nicola Angioni
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Con un quadro, sia pur generale, completo, sarà più agevole (anche
mediante la tecnica argomentativa dei rimandi agli argomenti generali già
trattati) svolgere la trattazione riguardante il concorso di persone nel reato
proprio, tracciando bene la differenza della condotta che l’extraneus
dovrà porre in essere per la realizzazione del fatto da parte dell’intraneus,
a seconda che si concorra in un reato proprio esclusivo ovvero non
esclusivo; successivamente si vedrà di argomentare la vera portata
dell’art. 117 del codice Rocco in base al quale vi è un mutamento del
titolo di reato per il soggetto non qualificato che, anche
inconsapevolmente, collabori alla realizzazione di un reato proprio
dell’intraneus.
Una successiva sezione sarà dedicata poi all’art. 48 del codice penale,
il quale disciplina una ipotesi speciale di concorso di persone nel reato e
presenta delle particolarità molto interessanti proprio in tema di concorso
personale nel reato soprattutto di mano propria.
Completato l’argomento, si tratterà brevissimamente e per sommi
capi dei progetti di riforma più importanti anche se non andati in porto: il
progetto Pagliaro e il progetto Grosso: si esaminerà l’evoluzione cui
tende il diritto penale italiano (anche in comparazione con il diritto
penale degli altri stati dell’Unione Europea e degli Stati Uniti d’America)
nel disciplinare l’istituto in parola.
Detto ciò, è utile iniziare col tracciare una nozione di concorso di
persone nel reato e vedendo la funzione che le norme di cui agli artt. 110
ss. svolgono nella disciplina dell’istituto.
Il concorso di persone nel reato proprio
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6
Capitolo I
Profili generali dell’istituto del concorso di persone nel reato
1. Il concorso di persone nel reato: funzione delle norme sul
concorso
La caratteristica fondamentale della materia concorsuale è costituita
dalla presenza di fattispecie che hanno determinate caratteristiche
fondamentali: una pluralità di condotte riferibili a soggetti diversi (di cui
almeno uno in dolo di concorso), tutte convergenti, con una precisa
efficacia, verso la realizzazione di un fatto tipico (almeno allo stadio di
tentativo, ove ciò è possibile) così come descritto da una norma penale
incriminatrice.
Il legislatore, nel prevedere le ipotesi di reato di parte speciale, ha
previsto varie modalità di aggressione del bene tutelato: ciò nonostante,
anche avendo messo al riparo il bene da quasi ogni tipo di condotta per
esso offensiva (ciò accade solamente nelle fattispecie causalmente
orientate), restano degli spiragli aperti alla sua lesione o messa in
pericolo: infatti, la pura e semplice causazione di un determinato risultato
non sempre basta ad integrare il fatto tipico: a volte è richiesto che il fatto
debba essere prodotto da un particolare mezzo, altre volte con particolari
modalità ed altre ancora che sia posto in essere da un soggetto avente una
particolare qualifica: in questo tipo di fattispecie, per ragioni di politica
criminale, si disciplina con maggior rigore l’ambito penalmente rilevante
della fattispecie. Per offrire una miglior tutela, è necessaria una norma
integratrice, ovvero una norma che, unendosi con le fattispecie di parte
speciale, dia una protezione piena al bene tutelato
2
: questa norma, nel
sistema penale italiano, è rappresentata dall’art. 110 del codice Rocco,
norma dalla quale occorre partire per cogliere il significato delle altre
disposizioni in tema di concorso che la seguono.
Prima di iniziare la trattazione del tema oggetto della tesi, si rende
utile fare almeno un cenno alla funzione che rivestono le norme sul
concorso di persone nel reato: infatti, si tratta in primo luogo di vedere
quali presupposti fanno sì che una condotta possa considerarsi
concorsuale, evitando di ignorare il contributo (materiale o morale)
apportato dagli altri soggetti che può pure non corrispondere alla
condotta tipizzata dalla norma penale incriminatrice di parte speciale; in
secondo luogo, si tratta di disciplinare il trattamento sanzionatorio sulla
base della modalità dell’offesa arrecata al bene giuridicamente protetto
3
ed al rilievo che tale contributo abbia avuto nella realizzazione del reato.
Dalla lettura degli artt. 110 ss. del codice penale si può ricavare una
duplice funzione delle norme sul concorso: da un lato non solo la
2
C. PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, G. Prilla editore, Palermo, 1952, 5 ss.
3
T. PADOVANI, Diritto penale, Giuffrè, 1999, 369 ss.
Il concorso di persone nel reato proprio
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7
tipizzazione di condotte che sarebbero altrimenti atipiche in base alla
norma incriminatrice di parte speciale ma anche l’ulteriore tipizzazione
delle condotte che sarebbero già tipiche in virtù di una norma che le
sanziona come tali (funzione incriminatrice); dall’altra, sia le une (le
condotte atipiche) che le altre (le condotte già di per sé tipiche) si
trascinano dietro la disciplina particolare dettata per il concorso di
persone nel reato (funzione di disciplina): si faccia l’esempio di quattro
persone che assoldano un killer professionista per uccidere un loro
avversario in affari: in questo caso la disciplina concorsuale
(precisamente l’art. 112 n. 1) prevede l’applicazione di una circostanza
aggravante dettata esplicitamente per il concorso di persone nel reato, la
quale sarà applicabile sia ai quattro istigatori la cui condotta è estranea
alla fattispecie regolata dall’art. 575 del codice Rocco e sia all’autore
materiale dell’omicidio.
Nell’uno e nell’altro caso non bisogna perdere di vista due dati
normativi molto importanti: l’art. 25 comma 2 della nostra carta
costituzionale il quale impone che « Nessuno può essere punito se non in
forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso»: è
la legge, dunque, secondo la costituzione e l’art. 1 del codice Rocco (di
assai simile formulazione), lo strumento idoneo sul quale deve basarsi
ogni responsabilità penale; l’art. 27 comma 1, sempre della nostra carta
costituzionale, il quale stabilisce che « La responsabilità penale è
personale», evitando di attribuire ad altri la responsabilità per la
commissione di un fatto illecito da parte di un altro soggetto.
Un esempio di tale duplice funzione è dato dall’art. 115 che, in
combinato disposto con gli artt. 56 e 49, disciplinando l’istigazione non
accolta e l’accordo a cui non segue la commissione di un reato, segna un
limite negativo delle condotte penalmente sanzionabili e, inoltre, da
queste disposizioni, in base al principio di legalità, discende che autore
del reato può essere soltanto chi realizza un fatto di reato previsto nella
parte speciale del codice
4
. Tornando all’esempio di prima, se il killer non
avesse posto in essere l’azione tipica, nessuno dei cinque soggetti
risponderebbe per il solo accordo o la sola istigazione (salva
l’applicazione di eventuali misure di sicurezza). Sfuggirebbe, viceversa, a
tale doppio schema l’art. 113, disciplinante la cooperazione colposa, il
quale, a detta di autorevole dottrina
5
, assumerebbe esclusivamente una
funzione di disciplina, ma vedremo in seguito come ciò non corrisponda
a verità.
4
A. R. LATAGLIATA, I principi del concorso di persone nel reato, 1964, 52 ss.; S.
SEMINARA, Tecniche normative e concorso di persone nel reato, Milano, 1987, 203 ss.
5
M. GALLO, Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nel reato, 1957, 7 ss.; G.
GRASSO, Art. 110, in M. ROMANO – G. GRASSO, Commentario sistematico al codice
penale, II, Milano, 1996, 141
Il concorso di persone nel reato proprio
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8
2. Modello unitario e modello differenziato
Il modello di tecnica normativa e di disciplina delle condotte
concorsuali scelto dal legislatore italiano nel 1930 non è l’unico (e forse
neanche il migliore) che poteva essere utilizzato per la disciplina
dell’istituto
6
: accanto al modello unitario, più incline ad una tecnica di
tipizzazione causale, vi è il modello differenziato, in cui il legislatore
definisce le condotte concorsuali rilevanti in modo autonomo
7
. Di certo il
codice Rocco si distanzia e non poco dalle posizioni del previgente
codice Zanardelli datato 1889.
Prima di accingermi a definire ed a spiegare la differenza tra il
modello unitario adottato dal codice tuttora vigente da quello
differenziato adottato dal codice precedente nonché da altri paesi quali la
Francia e la Germania, per citare i principali, risulta senz’altro utile
richiamare l’art. 110 del codice del 1930 e gli artt. 63 e 64 dell’oramai
abrogato codice Zanardelli per coglierne le differenze di forma e di
sostanza.
Iniziando il discorso dal codice Zanardelli per questioni di cronologia
storica, l’art. 63 era così formulato: « Quando più persone concorrono
nella esecuzione di un reato, ciascuno degli esecutori e dei cooperatori
immediati soggiace alla pena stabilita per il reato commesso. Alla stessa
pena soggiace colui che ha determinato altri a commettere il reato; ma
all’ergastolo è sostituita la reclusione da venticinque a trenta anni, e le
altre pene sono diminuite di un sesto, se l’esecutore del reato lo abbia
commesso anche per motivi propri»; l’art. 64 completava il quadro
dell’istituto disponendo che: « È punito con la reclusione per un tempo
non minore di dodici anni, ove la pena stabilita per il reato commesso sia
l’ergastolo, e negli altri casi con la pena stabilita per il reato medesimo
diminuita della metà, colui che ha concorso nel reato: 1. con l’eccitare o
rafforzare la risoluzione di commetterlo, o col promettere assistenza od
aiuto da prestarsi dopo il reato; 2. col dare istruzioni o col somministrare
mezzi per eseguirlo; 3. col facilitarne l’esecuzione, prestando assistenza
od aiuto prima o durante il fatto. La diminuzione di pena per il colpevole
di alcuno dei fatti preveduti nel presente articolo non è applicata, se il
reato senza il suo concorso non si sarebbe commesso»: tale codice tipizza
condotte diverse, sanzionandole in modo differente; l’art. 110 del codice
Rocco, al contrario, disponendo :« Quando più persone concorrono nel
medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita,
salve le disposizioni degli articoli seguenti», non distingue tra le varie
condotte di concorso, considerandole equivalenti.
6
S. SEMINARA, Tecniche normative, op. cit., 3 ss.
7
Vedi infra par. 2.1 e 2.2, nei quali si tratterà più nello specifico quanto si va dicendo
per grandi linee in questa prima parte del discorso.
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9
2.1 Il modello unitario
Il codice penale del 1930 ha adottato questo modello. Il modello
unitario è caratterizzato dalla mancanza di ogni differenziazione
descrittiva fra le varie figure dei concorrenti e per quanto riguarda la
tipicizzazione unitaria della fattispecie concorsuale, ad essa corrisponde
una equiparazione di trattamento sanzionatorio sul piano delle previsioni
edittali. Sarà poi a livello di commisurazione della sanzione che si potrà
tener conto del diverso ruolo esplicato dai concorrenti
8
. Generalmente,
anche se questo non sempre accade, all’adozione del modello unitario
segue una concezione cosiddetta estensiva di autore, secondo la quale
sarebbe autore del reato chiunque porti un qualsivoglia contributo alla
realizzazione del fatto criminoso.
Da quanto detto si evince che tale modello, a rigor di logica, non
potrebbe trovare accoglimento in un sistema penale basato sul principio
di stretta legalità in cui le condotte devono trovare una loro puntuale
tipicizzazione (in base al principio della tassatività e della determinatezza
della fattispecie penale) per dare una maggiore garanzia ai cittadini sia
nei confronti dei poteri legislativo e giudiziario, sia per come possono
comportarsi tra loro, avendo ben chiara la distinzione tra le condotte
lecite e quelle lesive di diritti e interessi altrui..
C’è da aggiungere che non è vero neppure che il modello unitario si
trovi in difficoltà nei reati di propria mano in quanto, in tali ipotesi,
l’autore del reato deve necessariamente essere colui il quale possiede la
particolare qualificazione soggettiva richiesta dalla norma penale
incriminatrice: infatti, in tali ipotesi bisogna valutare se l’attività
dell’intraneus (sia egli esecutore materiale o meno secondo quanto si
preciserà oltre nel capitolo dedicato al concorso nel reato proprio) risulti
o meno sostituibile.
2.2 Il modello differenziato
Il codice Zanardelli del 1889 ha adottato un modello differenziato:
infatti gli artt. 63 e 64 di quel codice sono previste tipicizzazioni
autonome delle varie forme di partecipazione in funzione dei ruoli
rispettivamente assunti dai concorrenti, differenziando, nel caso in esame,
la figura dell’autore, del cooperatore immediato e del complice
necessario (figura questa molto discussa sia in dottrina che in
giurisprudenza)
9
da quella di altri concorrenti, quali per esempio,
8
Vedi G. GRASSO, Art. 110, op. cit., 122 ss.
9
Cfr. S. SEMINARA, Tecniche normative, op. cit., 30 ss.
Il concorso di persone nel reato proprio
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10
l’istigatore o il complice. Ad ogni diversa forma di partecipazione
corrisponde una diversa pena edittale
10
.
Adottando tale sistema, come è accaduto in Germania ed in Francia
che, col codice del 1810, adotta una disposizione sul concorso molto
dettagliata e rispettosa del principio di determinatezza e tassatività per
quanto riguarda l’ambito delle condotte penalmente rilevanti
11
, si segue
più fedelmente il principio di legalità e, inoltre, si dà maggiore rilevanza
alle singole condotte di partecipazione ed al disvalore che ciascuna di
esse apporta nella realizzazione del fatto di reato.
2.3 Il modello accolto dal codice del 1930
Leggendo l’art. 110 del codice penale vigente, notiamo che la
fattispecie in parola manca di ogni descrizione comportamentale dei
singoli compartecipi al reato, formulando una descrizione tautologica
dell’istituto in parola
12
. È posto a carico delle altre norme regolanti il
concorso disciplinare il diverso trattamento sanzionatorio riservato ai
singoli compartecipi, secondo un sistema di circostanze aggravanti ed
attenuanti che il giudice dovrà applicare in sede di commisurazione della
pena.
Ciò non di meno, pur avendo accolto tale modello di tecnica
normativa, il nostro codice ha assegnato alle norme sul concorso anche
una funzione estensiva della punibilità, conseguenza logica della scelta di
tecnica normativa operata. Si deve infatti distinguere tra concezione
estensiva di autore e concezione unitaria di autore: secondo quest’ultima,
è autore chiunque apporti un qualsivoglia contributo eziologico alla
realizzazione del fatto di reato mentre, accedendo alla prima concezione,
si amplia solamente la nozione di autore, senza che sia precluso un
differente trattamento sanzionatorio
13
.
A differenza di quanto è avvenuto nel 1889, in cui il codice
Zanardelli (frutto di una concezione liberale dello Stato) ha abbracciato il
modello differenziato, il codice Rocco (nato durante il regime fascista) ha
10
Vedi G. GRASSO, Art. 110, op. cit., 122 ss.
11
Cfr. art. 60 codice penale francese 1810: Saranno puniti come complici di un fatto
qualificato come crimine o delitto coloro che, mediante doni, promesse, minacce, abuso
di autorità o di potere, macchinazioni o artifici colpevoli, avranno provocato questo fatto
o dato istruzioni per commetterlo; coloro che avranno procurato armi, strumenti o
qualsiasi altro mezzo che sia servito al fatto, nella consapevolezza che sarebbe stato per
esso utilizzato; coloro che avranno consapevolmente aiutato o assistito l’autore o gli
autori del fatto, nella preparazione o nella facilitazione o nella consumazione di esso,
senza pregiudizio delle pene specificamente previste dal presente Codice contro gli
autori di complotti o attentati alla sicurezza dello Stato anche nei casi in cui il crimine
oggetto della cospirazione o dell’attentato non sia stato commesso.
12
Cfr. T. PADOVANI, Diritto penale, op. cit., 376 ss.
13
S. SEMINARA, Tecniche, op. cit, 193 ss.
Il concorso di persone nel reato proprio
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11
adottato « Un modello di tipizzazione unitaria basato sul criterio
dell’efficienza causale della condotta di ciascun concorrente
14
».
I motivi per i quali il legislatore del 1930 si distacca dal modello
adottato col vecchio codice va ricercato in molteplici ragioni che stanno a
capo delle varie scuole di pensiero che hanno cooperato nell’elaborazione
del testo definitivo del codice penale. In primo luogo va messa in
evidenza la politica criminale – repressiva tipica di quegli anni; quindi le
difficoltà interpretative che avevano incontrato la giurisprudenza e la
dottrina nel ricercare la nozione delle due figure equiparate all’autore del
fatto, ovvero il cooperatore immediato e il complice necessario; infine, la
profonda convinzione che quando più persone cooperano nella
realizzazione di un fatto criminoso, ciascuno di essi assume pari
responsabilità nei confronti della legge e ogni condotta che ha apportato
un contributo causale alla realizzazione del fatto merita lo stesso
trattamento rispetto alla condotta principale
15
.
14
Così G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto penale (parte generale), Zanichelli editore,
2002, 451 ss.
15
Cfr. Relazione al Progetto definitivo, 166
Il concorso di persone nel reato proprio
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12
3. Spiegazione logico – dogmatica del concorso di persone nel
reato: il fondamento politico – sostanziale della disciplina
concorsuale
Da sempre la dottrina e la giurisprudenza si sono sforzate a delineare
un quadro unitario sulla disciplina in esame, seppur in posizioni differenti
per le differenti esigenze che contraddistinguono il loro modus operandi.
I tre principali filoni dottrinali dai quali si cerca di dare una spiegazione
del fenomeno concorsuale sono: la teoria dell’accessorietà nelle sue tre
graduazioni, la teoria della causalità con le sue varianti e la teoria della
fattispecie plurisoggettiva eventuale.
Comunque sia, qualunque modello teorico si abbracci, il fondamento
politico – sostanziale della punibilità a titolo di concorso può ben essere
sintetizzato dall’antica massima “quis per alium facit per se ipsum facere
videtur”. È da questo brocardo, il quale esprime l’essenza più intima
dell’istituto in parola, che dobbiamo prendere le mosse per tentare di
ricostruire sotto il profilo giuridico – dogmatico la disciplina del
concorso di persone nel reato.
3.1 Segue: teoria della causalità, sue varianti e loro inammissibilità
col nostro sistema di stretta legalità
Innanzitutto v’è da dire che in un sistema ispirato al principio di
stretta legalità come il nostro è la legge e solo la legge che può estendere
la punibilità di un soggetto oltre a quanto è previsto nella singola norma
penale incriminatrice. È per questo motivo che, nonostante le
affermazioni contenute nella relazione al progetto definitivo (la quale
afferma che l’accoglimento della teoria causale in tema di concorso è in
diretta conseguenza dell’applicazione dell’art. 41 del codice stesso) tale
teoria, detta anche estensiva di autore, è da respingere perché, dicendo
che è concorrente chiunque apporti un contributo causale alla
realizzazione del reato (un contributo che sia conditio sine qua non del
fatto commesso) si trova in difficoltà soprattutto nelle ipotesi in cui il
contributo del concorrente risulti all’atto pratico inutile: si pensi al caso
in cui Tizio, millantando particolari doti in qualità di scassinatore di
casseforti, messosi d’accordo con un complice per forzarne una, all’atto
pratico dimostrasse di non essere per nulla in grado di assolvere il suo
compito. In questo caso, stando alla teoria in esame, si dovrebbe
concludere per la non responsabilità del soggetto.
Dall’esempio fatto è ora da intendersi sul vero significato dell’art. 41
comma 3 e sulle differenze con l’art. 110
16
: l’art. 41, per ciò che concerne
il concorso di cause, attribuisce rilevanza giuridica alle singole condotte
16
A. R. LATAGLIATA, I principi, op. cit., 268 ss.
Il concorso di persone nel reato proprio
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13
che, tra l’altro, sono tra loro indipendenti; l’art. 110, invece, attribuisce
rilevanza a quelle condotte che hanno apportato un contributo alla
realizzazione del fatto di reato: se non si fosse realizzato il reato è pure
possibile che tali condotte possano non avere rilevanza penale. Una cosa
è il concorso di cause tra loro indipendenti che hanno determinato il fatto
e ben altra cosa è la rilevanza di condotte legate tra loro dalla
convergenza verso la realizzazione del reato collettivo
17
.
Difficoltà ben maggiori, in ultimo, le riscontrerebbe in campo
normativo: all’art. 114 che prevede un’attenuante facoltativa applicabile
dal giudice per il contributo di minima importanza (mentre la teoria
causale attribuisce a ogni compartecipe eguale responsabilità
incondizionatamente) e agli artt. 116 e 117 sempre del codice Rocco in
cui è certamente arduo l’accertamento dell’efficienza causale nella
partecipazione psichica
18
. Non basta. Se si propendesse per tale soluzione
(ovvero la soluzione dell’efficacia causale delle condotte di concorso)
sarebbe assai arduo distinguere, come si avrà modo di chiarire in tema di
dolo di concorso, tra l’art. 83 e l’art. 116 dello stesso codice.
Eguale sorte trovano le teorie che derivano da questa principale: la
causalità agevolatrice o di rinforzo (la quale ritiene che sia concorsuale
tutti quei contributi che, in qualunque modo e sotto qualsiasi forma,
agevolino o rinforzino l’altrui proposito per la consumazione di un reato)
e la teoria dell’aumento del rischio (la quale si fonda su una prognosi da
formulare ex ante sulla possibilità o meno che un certo fatto con quel
contributo si verifichi o meno). Certa dottrina (così Fiandaca – Musco)
esclude in modo assoluto tale orientamento perché aprirebbe la strada al
tentativo di concorso che nel nostro sistema è precluso normativamente
dall’art. 115 che considera l’istigazione non accolta e l’accordo cui non
segue la commissione del reato meritevoli, al massimo, dell’applicazione
di una misura di sicurezza.
17
In proposito vedasi Cass. 13 giugno 1959, in Giust pen. 1959, II: « Il concorso di più
persone nel reato scaturisce non già dal mero concorso di cause che fanno capo a più
persone, ma dal comune intento verso il conseguimento di un determinato risultato (del
risultato caratteristico di quel reato) che anima più persone legate dalla coscienza di
ciascuna di contribuire, in maggiore o minore misura, alla produzione dell’evento»;
idem Cass. 13 aprile 1959, in Giust. pen. 1959, II
18
T. PADOVANI, Diritto penale, op. cit., 378 ss.; A. R. LATAGLIATA, I principi, op. cit.,
rispettivamente 183 ss. e 213 ss.
Il concorso di persone nel reato proprio
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14
3.2 Segue: teorie dell’accessorietà e della fattispecie plurisoggettiva
eventuale
Si tenta allora di spiegare il collegamento tra le condotte con il
cosiddetto dogma dell’accessorietà. La manualistica
19
presenta il dogma
con questi profili: perché si possa parlare di concorso di persone nel reato
è necessario che una condotta “secondaria”, quindi accessoria, acceda ad
una condotta principale. Nel tempo si sono succedute varie visioni di tale
teoria: in principio vigeva il dogma della teoria dell’accessorietà cd
estrema: tale modello prevedeva che per esserci concorso eventuale è
necessaria la realizzazione di un fatto principale tipico, obiettivamente
antigiuridico e colpevole al quale acceda la condotta secondaria; un
secondo orientamento, l’accessorietà limitata, prevede, invece, che
perché si versi in concorso di persone nel reato è necessaria la
commissione di un fatto principale tipico, obiettivamente antigiuridico
ma non colpevole al quale acceda, come sempre, una condotta accessoria;
e la terza e più recente evoluzione storica del dogma dell’accessorietà, la
cd accessorietà minima, prevede che si possa concorrere ad un fatto tipico
sì ma né obiettivamente antigiuridico né colpevole.
Secondo i fautori di questo dogma, la teoria in esame troverebbe
riconoscimento normativo nell’art. 115, il quale prevede, come più volte
detto, la non punibilità delle condotte di istigazione ed accordo qualora
non segua la commissione del reato: il corollario che se ne fa derivare è
semplice: in tanto le condotte di cui all’art. 115 possono acquistare
rilevanza in quanto esse accedano ad un fatto principale di reato
realizzato almeno allo stadio del tentativo. In realtà, l’art. 115 non dice
altro se non che sono irrilevanti gli atti che, privi dell’originaria tipicità,
non sono seguiti da un’altrui condotta che sia idonea e diretta in modo
non equivoco alla commissione di un delitto
20
: è infatti dal combinato
disposto degli artt. 56 e 115 che si ricava la vera natura della disposizione
in esame in quanto da tale combinazione di articoli si evince che perché
una condotta possa considerarsi concorsuale essa deve “partecipare”,
nella creazione della fattispecie ex novo, convergere verso la
realizzazione di un fatto di reato almeno allo stadio del tentativo. Tali
atti, in sé e per sé considerati, sono sforniti di rilevanza penale anche a
livello di tentativo.
La critica che viene mossa alla teoria dell’accessorietà (la versione cd
minima, posto che sia la versione estrema sia la limitata non trovano
riscontro positivo in numerose norme del nostro codice) è duplice: da un
19
Così: T. PADOVANI, Diritto penale, op. cit., 374; G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto
Penale, op. cit., 454; A. PAGLIARO, Principi di Diritto Penale (parte generale), Giuffrè,
2001, 531 s.; R. RIZ, Lineamenti di diritto penale, Cedam, 2002, 361 ss.; F.
MANTOVANI, Diritto Penale (parte generale), Cedam, 2001, 529; F. ANTOLISEI,
Manuale di diritto penale (parte generale), Giuffrè, 2001, 484 ss.;
20
M. GALLO, Lineamenti, op. cit., 47
Il concorso di persone nel reato proprio
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15
lato si dice che essa fallisca nelle ipotesi di esecuzione frazionata, in cui
nessuno dei soggetti del concorso pone in essere un fatto di reato
principale al quale possa agganciarsi una condotta accessoria: si pensi al
caso classico di Tizio che usa violenza a Caio mentre Sempronio gli
sottrae il denaro: in questo caso non c’è dubbio che nessuno dei due,
isolatamente preso, ha commesso il delitto di rapina di cui all’art. 628 del
codice. Parte della dottrina
21
ritiene superabile il problema e parla di
“accessorietà reciproca”: in questo caso l’accessorietà ci permette di
qualificare le due condotte che sono solo parzialmente tipiche, le quali,
confluendo in un’azione unitaria, si completano conferendo l’una all’altra
gli elementi tipici che fanno difetto; dall’altro la difficoltà che incontra
nell’ipotesi di concorso nel reato proprio, ipotesi in cui l’esecuzione del
reato deve essere fatta dall’intraneus: cosa accadrebbe se a porre in
essere la condotta tipica fosse l’extraneus privo di qualifica? Anche qui
parte della dottrina
22
risponde dicendo che non si vede il motivo per cui il
soggetto privo di qualifica dovrebbe restare impunito se ed in quanto
abbia partecipato, con suitas ed essendo a conoscenza della qualifica
personale dell’intraneus, quando abbia contribuito alla consumazione del
reato proprio.
Per quanto concerne la teoria della fattispecie plurisoggettiva
eventuale è indispensabile prendere le mosse dall’opera monografica di
Renato Dell’Andro dal titolo “La fattispecie plurisoggettiva in diritto
penale”.
L’autore parte dall’idea che prima di ogni cosa si devono prendere le
distanze dalla concezione dell’accessorietà delle condotte in ogni sua
forma in quanto « in sede metodologica, nulla vi sarebbe di più erroneo
che tentare la costruzione di una teoria sul fatto plurisoggettivo
penalmente illecito con gli schemi propri del fatto monosoggettivo
23
».
Sempre secondo l’autore, « in sede di fattispecie plurisoggettive ogni
distinzione d’essenza, ai fini lesivi, va contrastata come il più grave
pericolo per la teoria del concorso eventuale. Nella fattispecie il
contributo dei diversi concorrenti va invece unitariamente considerato
[…] la lesione o il pericolo va riportato, così, per intero, a ciascuno dei
concorrenti, anche se qualcuno di questi, a causa della non negativa
valutazione della personale relazione tra il medesimo e la situazione
tipizzata, che tutti i concorrenti contribuiscono a realizzare, non subisce
la conseguenza sanzionatoria
24
». D’altra parte un conto è configurare una
situazione di concorso e un’altra ben diversa e sancirne la punibilità dei
concorrenti.
21
C. PEDRAZZI, Il concorso di persone nel reato, G. Prilla editore Palermo, 1952, 96 s.
22
M. GALLO, Lineamenti, op. cit., 104 ss.; A. R. LATAGLIATA, I principi, op. cit., 269
ss.
23
R. DELL’ANDRO, La fattispecie plurisoggettiva in diritto penale, 1956, 77
24
R. DELL’ANDRO, La fattispecie, op. cit., 21