pensare il movimento, sia per pensare l’opposto del movimento, dunque
l’eterno.
Proveremo nel primo capitolo di questo scritto a dare un resoconto
storico dei concetti espressi dai filosofi per comprendere “il tempo” sino a
giungere alla riflessione della fisica moderna sul tempo, propria dei nostri
giorni, anche se, ed è doveroso anticiparlo, non arriveremo a conclusioni
univoche e pienamente definite. Possiamo considerarlo una sostanza,
ossia ciò che ha bisogno solo di se stessa per esistere? È un’idea? Un
concetto empirico? È un a priori della nostra sensibilità? È solo e sempre
in un unicum legato al concetto di spazio?
Il mondo intero, almeno quello “civilizzato”, crede che gli scienziati, i
fisici in particolare, un giorno saranno in grado di rispondere a queste
domande svelandoci la vera natura del tempo, e non so di quante altre
cose, ma forse sono più impegnati a misurare gli intervalli del tempo
durante gli esperimenti, che non a darne una spiegazione completa; in
ogni modo a questa riflessione arriveremo più avanti in questo scritto.
Se andiamo a fondo al problema, in realtà, ciascuna delle rivoluzioni
della fisica, teoria della relatività, fisica quantistica, e le altre del passato,
ha sempre rimesso in discussione lo statuto stesso del tempo con ottima
efficacia operativa.
Gli spiragli che si aprono alimentano la speranza che un prossimo
“Einstein” finirà per conquistare una comprensione adeguata e
onnicomprensiva del concetto di tempo.
2
Tuttavia siamo sicuri che i fisici si pongano la domanda?
Le riserve sulle domande che tentano di andare alla radice delle
tematiche più complesse, che oggi gli scienziati si pongono, possiamo
considerarle come il segno di un disagio per tutti quei quesiti che
trascendono la reale operatività tecnica e pratica della scienza, e che li
porterebbero lontano da esperimenti pratici e utili. Aspettarsi dai fisici una
risposta al concetto in sé di tempo significa dimenticare che la scienza
deve il suo potere forse al fatto di aver saputo limitare nei secoli le proprie
ambizioni.
2
Trattandosi del tempo, nella scienza, non si tenta di risolvere il
problema della sua natura, tematica che non rientrerebbe del tutto
nell’operatività e nel pragmatismo propri della scienza di oggi e soltanto in
certe teorie o misurazioni, ai margini, troviamo tali quesiti.
Oggi cerchiamo di dare al tempo, più che la chiarezza che può avere
un oggetto reale, un modo di rappresentarlo, concedendogli comunque
uno statuto matematico adeguato.
3
Fin dall’Antica Grecia, filosofi e scienziati, nelle loro riflessioni sul
tempo, trovarono enormi difficoltà a darne una spiegazione scientifica che
potesse soddisfare almeno in parte l’osservazione della realtà.
Cominceremo la nostra riflessione proprio dagli albori della filosofia
occidentale, passando attraverso la rivoluzione compiuta da Galilei e
Newton, sino ad arrivare alla teoria della relatività e alle sue conseguenze
2
Cfr. Ilya Prigogine, La nascita del Tempo, intervista all’autore, Gruppo Editoriale Bompiani,
Milano, 1991, p. 21.
3
Ivi pp. 22 - 23.
3
che ancora oggi si discutono, sia in ambito filosofico sia rigorosamente
scientifico.
Parmenide e gli Eleati, che proponevano di fondere la materia e lo
spazio, concepivano il movimento come una sorta di traslazione, cioè
come una successione di posizioni fisse, di momenti congelati, ed il
tempo, la sua stessa natura, risultava inspiegabile.
Eraclito e gli atomisti proponevano di fondere materia e movimento
affermando la realtà del vuoto, e che tutta la realtà fosse mobile tanto da
non potere immaginare neppure un punto d’ancoraggio esterno al tempo,
da cui potere fare delle valutazioni sui cambiamenti.
4
Parmenide di sicuro, almeno da un punto di vista tecnico, è stato
colui che ha avuto influenza maggiore sulla fisica, proprio perché
quest’ultima ha lo scopo di cercare relazioni immutabili tra le cose e
rapporti che non siano sottratti al cambiamento. Anche quando viene
applicata a dei processi che hanno storia o evoluzione, la fisica tenta di
descriverli partendo da forme, leggi e regole che siano indipendenti dal
tempo. L’eredità lasciata da Platone e Aristotele, che prenderanno spunto
proprio da questa prime riflessioni filosofiche, durerà per secoli sino alla
grande rivoluzione compiuta nella scienza a partire da Copernico sino ad
Isaac Newton.
Nel Timeo, Platone sostiene, come è noto, che il Demiurgo, spinto
dalla sua liberalità e razionalità, si decise a realizzare un'immagine il più
4
Cfr. Carlo Diano e Giuseppe Serra, Eraclito, frammenti e testimonianze, Arnoldo Mondatori
Editore, Milano, 1993.
4
possibile perfetta dell'eternità del mondo ideale, non trovando niente di
meglio che la creazione di un mondo retto da un tempo ciclico, la cui
Anima, penetrata d'intelligenza, produce il tempo cosmico, "immagine
mobile dell'eternità”, che procede secondo il numero.
“In sintesi non gli si può conferire nessuna di quelle proprietà che la
generazione applica a quelle cose che si muovono sul piano del sensibile,
ma queste, invece, sono forme del tempo che imita l'eternità e si muove in
circolo secondo il numero.” (Timeo)
Giorni, notti, anni, sono forme del tempo che imita l'eternità e si
muovono in circolo secondo il numero, ed il tempo stesso, in questo
senso, è un numero, cioè un'armonia matematica, per cui deve essere
rapportato all'intelligenza e alla razionalità.
5
Per Aristotele invece lo spazio è finito in estensione, ma continuo e
quindi divisibile all'infinito e il tempo che è un numero, è infinito, almeno
potenzialmente e questo vuol dire che si può aggiungere un’unità a quella
già conteggiata con un processo senza fine.
Aristotele pensa che il movimento sia eterno, in particolare quello
delle stelle fisse, ma senza entrare nel merito della sua dimostrazione, si
può dire che il tempo compare come una proprietà del movimento, del
5
Cfr. Juan José Sanguineti, Tempo circolare e tempo lineare. Alcune indicazioni
storiche a proposito della creazione, Convegno della Facoltà di Filosofia del Pontificio Ateneo
della Santa Croce, Dio e il senso dell'esistenza umana, 26 - 27 febbraio 1998.
5
suo essere misurabile, cioè numerabile, non solo nel senso di colui che
conta, ma anche nel senso di ciò che rende numerabile il movimento.
Con un salto di alcuni secoli esporremo le tesi di S. Agostino che
risultano di notevole interesse, soprattutto per un’idea di tempo
soggettivo, che ritornerà nella filosofia moderna e contemporanea
camminando di pari passo con il concetto di tempo della fisica..
La fisica moderna inizia con Galileo Galilei che studia la natura del
tempo per pensare il movimento e questo, seguendo i moderni canoni di
scienza, lo porterà a considerare il tempo come una grandezza misurabile
e quantificabile.
Con questo spirito Galilei studiò la caduta dei gravi e comprese che
se si sceglieva come parametro fondamentale il tempo, piuttosto che lo
spazio percorso, allora la caduta dei gravi obbediva ad una semplice
legge, che la velocità acquistata è proporzionale alla durata della caduta,
e questa intuizione aprì la strada alla matematizzazione del tempo.
Proprio questa matematizzazione del tempo, ripresa e formalizzata
poi da Newton, ha portato in maniera insidiosa ad accentuare una sorta di
personificazione del tempo stesso, che, da quel momento in poi, ha
assunto una posizione preponderante nella scienza, divenendo una
matrice trascendentale che fa da contenitore di eventi passati e futuri
sempre misurabili.
Questa concezione ha fortemente influenzato il pensiero occidentale,
che percepisce il tempo come un qualcosa di astratto, universale, come
6
un involucro meccanico del mondo e dell’universo stesso nel quale l’uomo
si ritrova bloccato e costretto, intrappolato tra gli infiniti passato e futuro e
con l’obbligo di percorrere il tempo nella direzione che esso ci impone;
approfondiremo l’argomento esaminando la rivoluzione del concetto di
tempo compiuta dalla teoria della relatività ristretta del 1905.
Da Aristotele ad Einstein, passando per Galilei e Newton,
considereremo uno sviluppo del concetto di tempo della fisica che non
può in alcun modo comunque prescindere dalla riflessione filosofica che
gli sta intorno, che lo precede e lo segue.
In realtà con la suddivisione delle scienze, il concetto di tempo
seguirà due strade distinte, una è quella della fisica, l’altra è la riflessione
dei filosofi sul tempo oggettivo e soggettivo che continuerà a portare un
supporto necessario fino ai giorni nostri.
Le tappe della storia del concetto di tempo soggettivo, dopo la
rivoluzione scientifica, saranno scandite da grandi filosofi che si
occuparono direttamente o indirettamente del tempo. I due pilastri sui
quali ci soffermeremo, tra gli altri, sono Immanuel Kant ed Henri Bergson,
passando per Hegel e per filosofi nei quali, ai margini delle loro
dissertazioni e teorie troviamo una descrizione del tempo.
La riflessione poi più densa e complessa sarà quella di Martin
Heidegger che tenta di rifondare il concetto stesso del tempo.
Alla riduzione meccanicistico-materialistica del “tempo”, operata
dalla filosofia e dalla scienza moderna pre-kantiana, il celebre pensatore
7
di Königsberg, Immanuel Kant, impegnato nel superbo sforzo di rifondare
la metafisica classica su basi matematico-scientifico rigorose, enunciò
una tesi che riduceva “l’ordine di successione temporale” ad un “ordine di
causalità”, costituendo entrambi le principali categorie dell’intelletto
umano, intese quali “forme a priori” della conoscenza fenomenica, nella
misura in cui sono assolutamente necessarie all’esperienza e allo studio
della realtà sensibile.
6
Hegel considera il “tempo” come “divenire intuìto”, cioè come
intuizione del movimento. In particolare “il tempo è il principio medesimo
dell’Io = Io, della pura autocoscienza; ma è quel principio o il semplice
concetto ancora nella sua completa esteriorità ed astrazione.”
7
Hegel dunque, non identifica il “tempo” con la “coscienza”, bensì con
qualche aspetto parziale o astratto della coscienza medesima.
Un altro grande pensatore più contemporaneo, il francese Henry
Bergson si è fermamente opposto alla visione scientifica del “tempo”,
proprio quello della teoria della relatività, definendo il “tempo” della
scienza come un tempo ”spazializzato” e che perciò non possiede alcun
carattere che la coscienza riconosce in quanto proprio del “tempo”.
Discuteremo in dettaglio le critiche mosse da Bergson contro il tempo
della fisica nel terzo capitolo.
Infine, un’altra via per trattare il tema del “tempo”, è quella ispirata
dall’esistenzialismo.
6
Cfr. Giuseppe Riconda, Invito al pensiero di Kant, Mursia Editore, Milano, 1987.
7
Cfr. Hegel , Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1827), Laterza, Bari, 1967, vol
I, paragrafo 258, p. 217
8
Essa concepisce il “tempo” come “struttura delle possibilità”. Tale
visione offre alcune significative innovazioni concettuali nell’analisi
dell’idea del “tempo”, ed è illustrata da Martin Heidegger nella
monumentale opera intitolata “Essere e tempo” del 1927, che già nel titolo
annuncia l’identità tra i due termini.
Mentre le due precedenti concezioni di tempo oggettivo e soggettivo,
si fondano sul primato del “presente”, la teoria esistenzialista di Heidegger
riconosce invece il primato dell’”avvenire” nell’interpretazione del “tempo”
in termini di “possibilità” o di ”progettazione”.
Il tempo-reale della biologia ed il tempo-illusione della fisica sono
due concezioni del tempo sulle quali si dibatte parecchio, soprattutto in
riferimento alla polemica classica del ventesimo secolo tra Albert Einstein
e Henri Bergson, che appaiono come inconciliabili, ma che in realtà
trovano punti comuni fondanti.
8
L’idea che il tempo concettualmente sia esterno alla fisica è un
elemento comune ad entrambi, come anche ad altri filosofi e fisici
contemporanei, e per trovare la giusta collocazione al problema bisogna,
come sempre, risalire alle fonti del pensiero filosofico occidentale.
Aristotele ci dice che “il tempo è il numero del movimento secondo il
prima e il dopo”.
9
Egli comunque non dice da cosa è data questa prospettiva
affermando che forse è l’anima ad effettuare l’operazione del contare e
8
Cfr. Ilya Prigogine, La nascita del tempo, Gruppo Editoriale Fabbri, Milano, 1991, p. 20.
9
Aristotele, La Fisica, Laterza, Bari 1968.
9
Albert Einsten, più di due millenni dopo, riprende la stessa domanda
chiedendosi dove è il tempo e se esso si trovi nella fisica e nelle sue leggi,
rispondendo testualmente, in una conversazione con Rudolf Carnap che
“Il tempo non è nella fisica”.
10
Se scegliamo il punto di vista della scienza, il tempo, in quanto
irreversibilità, diventa un’illusione e sembra quasi non fare più parte della
scienza stessa. Su questo punto, a mio avviso cruciale, Einstein sembra
incontrarsi con Bergson, il quale sostiene che il tempo non può essere
oggetto di scienza perché è troppo complesso per la scienza.
Noi oggi osserviamo e studiamo i processi irreversibili della natura,
ne comprendiamo il ruolo costruttivo, e proprio questi possono essere in
grado di darci quella prospettiva aristotelica del prima e del poi se
riusciamo ad incorporare questa irreversibilità nella struttura fondamentale
della scienza.
Se intendiamo l’uomo come facente parte di questa corrente di
irreversibilità, concetto che è vicino e connesso con quello di entropia,
inteso come freccia e direzione del tempo, egli diventa elemento
essenziale e costituente dell’universo. È probabile che il tempo della
scienza, della fisica in particolare, abbia di per sé una struttura lineare ed
irreversibile, ma è anche un dato di fatto che per avvertire e misurare il
suo fluire è necessario per noi appoggiarci ai fenomeni periodici e
soprattutto al nostro percepire lo scorrere biologico del tempo.
10
Cfr. Ilya Prigogine, op.cit, p. 20.
10
Nonostante la polemica tra Bergson e Einstein sia di fatto superata,
visti i punti in comune, tra tutti la stessa collocazione del tempo fuori dalla
fisica, il dibattito e le riflessioni filosofiche che seguirono alla teoria della
relatività proseguono su altri piani. Perché questa teoria, che in questo
lavoro proveremo ad esporre in modo esauriente nei suoi punti
fondamentali, ha provocato tante e tali ripercussioni filosofiche?
Questa teoria compie un passaggio chiave, dalla convinzione,
comune a tutta la storia del pensiero filosofico del carattere assoluto dello
spazio e del tempo, visti come concetti comunque separati e distinti, a
quella del loro carattere relativo nel senso di essere individualmente
oggetto di opinioni differenti a seconda delle condizioni di misurazione.
Alla fine, la relatività, in particolare quella ristretta, formulata da
Einstein nel 1905, emerge come frutto del passaggio dal consenso
sull’assolutezza dello spazio e del tempo, intesi come entità separate, a
quello della realtà di un continuo spazio-temporale, inteso come unica
entità geometrica di carattere euclideo.
11
La teoria della relatività apre la strada a interrogativi e chiarimenti
dandoci l’impressione, a volte, di essere vicini alla conclusione del sapere;
invero essa lascia la forte sensazione che esistano regole ancora
incomprese che impongono alla realtà deviazioni verso logiche e concetti
filosofici sempre più complessi. A tal proposito vorrei ricordare che
all’interno della teoria della relatività, Einstein prevede l’esistenza di
11
Cfr. Fernando de Felice, L’intreccio spazio-temporale, Bollati Boringhieri, Torino, 2006, pp.
15-17.
11
oggetti dell’universo che vennero scoperti solo parecchi decenni dopo i
suoi studi. Dalla dimensione del tempo non si può prescindere, anche per
misurare lo spazio ci vuole tempo, e non si possono prendere pause. Il
suo essere misurabile pone il tempo sullo stesso piano di ciascuna delle
tre dimensioni dello spazio, ma la sua irreversibilità lo rende comunque
una cosa a sé, visto che nessuna cosa materiale può non essere nel
tempo, così come non può evitare di sentire la forza di gravità.
12
Fin dal suo apparire la relatività ristretta mette in discussione l’idea
che esista un tempo unico che scorra in modo indipendente
dall’osservatore, favorendo la tesi metafisica secondo cui il passare del
tempo sia una sorta di illusione soggettiva.
La meccanica statistica ha fatto intravedere la possibilità di
ricondurre l’enigmatica nozione di “direzione del tempo” al concetto di
entropia e la relatività generale ha reso possibile concepire veri e propri
viaggi nel tempo. Questi temi sono stati causa nel ventesimo secolo di
vari studi e riflessioni sia da parte di filosofi sia di fisici.
I primi contributi che hanno messo in relazione la teoria con il nuovo
concetto di tempo che si delineava sono certamente quelli di Hans
Reichenbach e di Henri Bergson, ma con il secondo dopoguerra la
riflessione sull’impatto filosofico della fisica per la nozione del tempo si è
estesa e approfondita passando attraverso diverse scuole di pensiero e
filosofi della scienza.
12
Cfr. E. Boncinelli, Tempo delle cose, tempo della vita, tempo dell’anima, Editori Laterza, Bari –
Roma, 2003, p. 16.
12
In questo lavoro, che parte con l’intento di dare spiegazione del
tempo moderno della fisica e delle successive riflessioni filosofiche che
esso ha causato, si rende necessario un preliminare percorso storico che
tenga conto anche di come la filosofia abbia trattato il tempo
prevalentemente in modo soggettivo ed interiore.
Dopo un’esposizione attenta e dettagliata, nel secondo capitolo,
della teoria della relatività ristretta e alcuni cenni alla relatività generale e
del percorso scientifico che ha portato Einstein alla loro esposizione, si
rende necessaria, a chiusura, un’analisi dei risvolti filosofici, alcuni in
favore di queste teorie, altri ad esse sfavorevoli, che hanno aperto un
dibattito peraltro ancora vivo ed attuale.
Prenderemo in esame, in una terza parte quindi, i contributi che, per
un certo tipo di analisi della teoria, hanno cercato di definire il tempo della
relatività o come soggettivo o come oggettivo, rifacendoci alle riflessioni di
McTaggart di Grünbaum e di Capek.
Mostreremo come Rudolf Carnap presenta in modo semplice e
chiaro le procedure per una corretta misurazione del tempo, e di come
invece Bergson tenta di mostrare che il tempo fisico non sia realmente
tempo ma, solo, tempo spazializzato.
Tratteremo in maniera il più possibile completa l’argomento della
simultaneità, e della sua convenzionalità, e di come Friedman contesti
tale visione. Altro argomento da affrontare è il fenomeno della dilatazione
del tempo che viene esposto in modo positivo da Feynmann ed è
13
contestato invece da Bergson. Infine, ci occuperemo dell’ordine e la
direzione del tempo, concetti introdotti da Reichenbach e ribaltati, nella
loro visione statica, da Earman e dai contributi dei fisici contemporanei
che oggi ci offrono un’immagine dell’universo, pare, il più possibile
realistica.
14