Introduzione
6
nell’ambito regionale in cui l’ambiente (non solo fisico ma anche sociale, politico,
culturale) sia parte integrante delle nuove teorie che hanno iniziato, con ritardo, a
considerare le tematiche ambientali nelle loro applicazioni. Occorre sottolineare
come la sostenibilità sociale, intesa come la giusta convivenza tra ricerca dello
sviluppo quantitativo e perseguimento di obiettivi “qualitativi”, è parte integrante
(e fondamentale)della sostenibilità ambientale definita dal legame tra la
salvaguardia dell’ambiente e crescita economica.
Nel primo capitolo, di carattere prevalentemente teorico-metodologico, si
ripercorrono le tappe che hanno portato alla definizione del paradigma dello
sviluppo sostenibile (Rapporto del MIT, seguito dal Rapporto Brundtland, fino ad
arrivare alla Conferenza Mondiale su Ambiente e Sviluppo). E’ opportuno
chiarire, fin d’ora che il concetto dello sviluppo sostenibile nasce come obiettivo
politico, e non possiede in sè un apporto teorico-metodologico solidamente
strutturato. In particolare, l’Earth Summit ha dato un grosso impulso
all’applicazione dell’idea di sostenibilità alle diverse scale geografiche, da quella
planetaria fino alla scala urbana e regionale.
E’ emerso che, nonostante numerosi autori riconoscano una validità
pragmatica al concetto di sviluppo sostenibile, non si può registrare una
significativa convergenza su una definizione univoca ed operativa dello stesso.
Sono state, infatti, analizzate circa 25 definizioni di sviluppo sostenibile. Si è
Introduzione
7
passati poi a considerare le implicazioni settoriali ed infine ad analizzare i
programmi delle istituzioni pubbliche nazionali ed internazionali in relazione
all’affermazione del nuovo paradigma.
Nel secondo capitolo sono stati analizzati e discussi quali strumenti possono
essere utilizzati al fine di determinare le condizioni di sostenibilità locale e
globale. Vi sono, infatti, alcune emergenze ambientali che possono essere trattate
con efficacia solo attraverso un approccio politico globale (effetto serra, buco
nell’ozono), ma la cui attuazione può risultare più problematica a livello di
sistema locali. Viceversa, gli stimoli all’attuazione di politiche globali spesso
derivano da esperienze significative a livello locale (ad esempio, la raccolta
differenziata, il riciclaggio dei rifiuti, la bioagricoltura e altre strategie di
riconversione ambientale e territoriale). Sono stati considerati, in quest’ambito, gli
strumenti preventivi, economico-ambientali e contabili per dimostrare che i
problemi ambientali hanno una causa economica e, di conseguenza, una soluzione
economica. Si tratta, in realtà, di strumenti ancora in fase di diffusione (pensiamo
all’ecolabel, ai bilanci ecologici, all’audit ambientale, alla valutazione di impatto
ambientale) e, soprattutto, di regolamentazione normativa, nonostante i vantaggi
che deriverebbero da una loro concreta applicazione a larga scala.
Il terzo capitolo analizza il rapporto tra la città e il suo territorio ed in quale
modo sia possibile definire lo sviluppo sostenibile durante la fase di
Introduzione
8
pianificazione urbana e territoriale. Il livello di città risulta, infatti, il livello ideale
di amministrazione per la progettazione e l’attuazione di politiche urbane
integrate, sebbene ciò necessiti di un coordinamento tra la città stessa e le
amministrazioni, sia esse locali che internazionali.
Si parla qui di sviluppo urbano sostenibile che, analogamente al solo
concetto di sviluppo sostenibile, non possiede ancora una sua trattazione puntuale
e specifica.
Particolare rilevanza è stata data alla ricerca degli indicatori di sostenibilità
urbana, quali strumenti di misura in grado di riflettere e lo stato di salute
dell’ambiente e la pressione dei modelli attuali di sviluppo in rapporto alla
capacità dell’ambiente di mantenere condizioni di integrità e produttività, per
anticipare le conseguenze delle politiche settoriali o di altre azioni non solo
sull’ambiente urbano ma anche, e forse soprattutto, sull’ambiente sociale.
Sebbene molto sia stato scritto nel campo degli indicatori ambientali, i tentativi di
elaborare indicatori di sostenibilità per la città sono ancora circoscritti e a livello
sperimentale.
Nell’ultimo capitolo, infine, si passa dalla teoria all’applicazione empirica
valutando la proposta di modifica del PRG per l’area orientale di Napoli
attraverso gli strumenti dello sviluppo urbano sostenibile. La descrizione dello
stato attuale e dei luoghi e le proposte previste nel piano (che dovrà
Introduzione
9
successivamente, e speriamo in tempi brevi, produrre la Variante per la zona
orientale di Napoli) sono state completate da una nostra valutazione utilizzando
gli indicatori di sostenibilità urbana analizzati nel terzo capitolo. Per fare ciò è
stata messa a punto una matrice di valutazione, non corredata da altri esempi
analoghi, ma che ha lo scopo di fornire una nostra personale considerazione sulla
sostenibilità ambientale e sociale della proposta.
Capitolo I
10
CAPITOLO I
IL SIGNIFICATO DELLO SVILUPPO
SOSTENIBILE
Introduzione
In questi ultimi venti anni, il panorama della “questione ambientale” è
radicalmente cambiato; si è formato ed imposto un discorso diverso sulla
questione del rapporto tra ambiente e sviluppo, concetti, di per sè, estremamente
ambigui e sfumati sia sul piano teorico-concettuale che su quello delle politiche.
La letteratura che si è occupata del rapporto ambiente-sviluppo tende ad
evidenziare due posizioni estreme: la frontier economics e la deep ecology. Altri
autori preferiscono rifarsi ad un approccio tecnocentrico e a un approccio
ecocentrico o biocentrico. Lungo queste due dicotomie si sono collocati altri
approcci: protezione ambientale, gestione delle risorse, sviluppo sostenibile.
Ognuna di queste tre fasi riflette una diversa assunzione della problematica
ambientale, con proposte e strategie differenti.
Esaminiamo separatamente le tre impostazioni, che hanno, in ogni caso, dei
punti di contatto e delle aree di sovrapposizione.
Capitolo I
11
a) Frontier economics e deep ecology.
Il termine frontier economics è stato utilizzato da Boulding (1966) per
indicare l’approccio prevalente in molti paesi alla fine degli anni ‘60. La natura
veniva considerata sia sorgente inesauribile di risorse fisiche, sia come deposito
per i sottoprodotti delle attività di produzione e consumo. L’ambiente naturale
risulta un’entità, una risorsa a disposizione dell’uomo, trasformabile da parte di un
sistema produttivo teso verso una crescita economica illimitata. Alla base di
questa posizione risiede una fiducia incondizionata nel progresso tecnologico e in
una disponibilità infinita nell’uso delle risorse scarse, grazie alla giusta
allocazione dei prezzi nel meccanismo di mercato.
La posizione opposta è rappresentata dalla deep ecology. Questo paradigma
rappresenta un tentativo di sintetizzare nuovi e vecchi atteggiamenti filosofici
circa la relazione tra uomo e natura. Alla base si trova un’ideologia di sviluppo
fondata sull’eguaglianza delle biospecie, promozione della diversità biologica e
culturale, pianificazione decentrata, economie non orientate alla crescita,
tecnologie appropriate e soft (Fig. 1.1.).
1.1. COME NASCE IL CONCETTO DI SVILUPPO
SOSTENIBILE
Capitolo I
12
La pubblicazione nel 1972 de "I limiti dello sviluppo" di Meadows mostra, al
grande pubblico, un importante lavoro svolto dal MIT (Massachusetts Institute of
Technology) , per espresso invito del Club di Roma, nel quale, per la prima volta,
si giunge alla definizione dei limiti fisici in relazione alle attività dell'uomo e alla
sua moltiplicazione.
Compito principale della ricerca del MIT fu lo studio, nel contesto mondiale,
dell'interdipendenza e delle interazioni di cinque fattori critici: aumento della
popolazione, produzione di alimenti, industrializzazione, esaurimento delle risorse
naturali e inquinamento.
L'importanza di quel lavoro, durato due anni, può essere colto nell' enorme
scalpore che suscitò nell'opinione pubblica e nell'interesse che richiamò sulle
tematiche ambientali.
Le conclusioni a cui giunse il Rapporto possono essere riassunte in tre punti:
1. Nell'ipotesi che l'attuale linea di crescita continui inalterata nei cinque
settori fondamentali, l'umanità è destinata a raggiungere i limiti naturali della
crescita entro i prossimi cento anni. Il risultato più probabile sarà un improvviso,
incontrollabile declino del livello di popolazione e del sistema industriale;
2. E' possibile modificare questa linea di sviluppo e determinare condizioni di
stabilità ecologica ed economica in grado di protrarsi nel futuro. La condizione di
Capitolo I
13
equilibrio globale potrebbe essere definita in modo tale che venissero soddisfatti i
bisogni materiali degli abitanti della Terra e che ognuno avesse le stesse
opportunità di realizzare compiutamente il proprio potenziale umano;
3. Se l'umanità opterà per questa seconda alternativa, le probabilità di
successo saranno tanto maggiori quanto prima essa comincerà ad operare in tale
direzione.
Quelle conclusioni portavano ad una sfida: determinare una società che
sarebbe stata in grado di avere il sufficiente sul piano materiale, socialmente equa
ed ecologicamente sostenibile.
Il MIT ha poi continuato il lavoro intrapreso nel 1970 studiando l'efficienza
energetica e i nuovi materiali, la prevenzione dell'inquinamento, l'agricoltura
ecologica.
In venti anni, l’apporto delle nuove tecnologie, la nascita di nuovi concetti e
di nuove istituzioni hanno permesso la creazione di un diverso rapporto tra
l’ambiente e lo sviluppo, un rapporto meno conflittuale e più “collaborativo”. Del
resto, non si possono certo dimenticare o sottovalutare tutti gli eventi naturali,
politici ed economici che hanno contribuito a perpetuare lo stato di povertà, lo
spreco di risorse e l’accumulo di veleni, soprattutto nei PVS
1
.
1
Il Rapporto del MIT ha suscitato, oltre ad un giusto dibattito sulle tematiche ambientali, anche
alcune critiche rivolte ad un suo inserimento in una tradizione “ecocatastrofica” dell’ecologia
Capitolo I
14
Nel 1991, con la pubblicazione de "Oltre i limiti dello sviluppo" il MIT, più
che aggiornare il testo iniziale, è giunto a nuove conclusioni circa la posizione
della società umana fino a quel punto. Infatti, molti flussi di risorse e di
inquinamento sono cresciuti oltre i rispettivi limiti sostenibili, a dispetto dei
miglioramenti delle tecnologie, della maggiore consapevolezza e delle più severe
politiche ambientali.
Le tre conclusioni tratte dal primo Rapporto mantengono il loro valore, ma
occorre rafforzarle e riformularle nel seguente modo:
1a. L'impiego di molte risorse essenziali e la produzione di molti tipi di
inquinanti da parte dell'umanità hanno già superato i tassi fisicamente sostenibili.
In assenza di significative riduzioni dei flussi di energia e di materiali, vi sarà, nei
prossimi decenni, un declino incontrollato della produzione industriale, del
consumo di energia e della produzione di alimenti pro-capite;
2a. Questo declino non è inevitabile. Per non incorrervi sono necessari due
cambiamenti. Il primo è una revisione complessiva delle politiche e dei modi di
agire che perpetuano la crescita della popolazione e dei consumi materiali. Il
secondo è un drastico, veloce aumento dell'efficienza con la quale materiali ed
energia vengono usati;
politica collocabile tra l’inizio degli anni ‘60 e la seconda metà degli anni ‘70. La critica principale
si fonda soprattutto sulla staticità del modello previsionale adottato che non considera le nuove
Capitolo I
15
3a. Si giunge così alla definizione di una società sostenibile che non tenta
di risolvere i propri problemi affidandosi ad un'espansione costante, ma che
richiede un bilanciamento accurato tra mete a lungo e a breve termine, e ad una
accentuazione degli aspetti di sufficienza, equità, qualità della vita anzichè della
quantità del prodotto.
Il passaggio ad una società sostenibile è tecnicamente ed economicamente
possibile, anche se è scoraggiante dal punto di vista politico e psicologico: tanta
speranza, tante identità personali, tanta parte della moderna cultura industriale
sono state costruite sulla premessa di una crescita materiale perpetua.
Le idee di limiti, di sostenibilità, di sufficienza, di equità, di efficienza, non
sono barriere o ostacoli. Sono guide verso un mondo sostenibile.
Il Rapporto suggerisce poi in che modo rispondere ai segnali indicanti che
consumo di risorse ed emissione di inquinanti sono cresciuti oltre i limiti
sostenibili.
Il primo modo è quello di celare, non riconoscere o confondere i segnali;
naturalmente queste "non risposte" sono il rifiuto a trattare i problemi portati dai
limiti e garantiscono ulteriori problemi per il futuro.
scoperte di giacimenti, nè le riduzioni dei consumi dovuti alle innovazioni tecnologiche.
Capitolo I
16
Un altro modo è quello di alleviare le pressioni esercitate dai limiti
attraverso artifici tecnici o economici. Questi interventi sono necessari e non
possono attendere ulteriormente.
L'ultimo modo consiste nel fare un passo indietro, riconoscere che il sistema
socioeconomico, così come è organizzato oggi, non è gestibile e che dunque
occorre cambiarne la struttura
2
.
Concludendo, si può solo immaginare il comportamento del sistema
mondiale nel futuro. E' probabile che si possa compiere una transizione verso una
società sostenibile senza ridurre nè popolazione, nè prodotto industriale, ma per
fare questo saranno necessari sia vincoli sociali (imposti dall' ulteriore crescita
della popolazione e dell'industria), sia un impiego molto più efficiente delle
risorse scarse della Terra. Via via che ci si avvicina ai limiti del pianeta, e tanto
più quando li si è superati, si rendono inevitabili compromessi tra il numero degli
abitanti che il pianeta può sostenere e il livello materiale dei vita che ciascuno può
conseguire. Non è possibile conoscere con precisione i termini quantitativi di tale
compromesso, termini che peraltro cambiano nel tempo al cambiare delle
tecnologie, delle conoscenze, delle capacità umane di reagire. Il carico
2
Nel linguaggio dei sistemi, cambiare la struttura ha un significato preciso: cambiare le relazioni
di informazione in un sistema. Un sistema con una nuova struttura di informazione può, nel
tempo, trasformarsi socialmente e fisicamente; può sviluppare nuove istituzioni, nuove regole,
Capitolo I
17
demografico sostenibile e il tenore di vita possono spostarsi verso l'alto o verso il
basso.
Da ciò emerge una risposta rapida ed efficiente alle tante questioni presenti e
future circa l'idea di un vivere sostenibile.
.
1.2. LA PRIMA DEFINIZIONE DI SVILUPPO
SOSTENIBILE
"L' umanità dovrà impegnarsi nei prossimi anni per rendere lo sviluppo
sostenibile, assicurando il soddisfacimento dei bisogni essenziali della
generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future
di realizzare i propri. Il concetto di sviluppo sostenibile implica dei limiti, non
assoluti, ma imposti dal presente stato dell'organizzazione tecnologica e sociale
nell'uso delle risorse ambientali e della capacità della biosfera di assorbire gli
effetti delle attività umane. Assicurare i bisogni essenziali significa realizzare una
crescita economica per i paesi più poveri secondo modalità che rispettino
l'ambiente, ma anche che i paesi più ricchi devono adottare stili di vita compatibili
con le risorse del pianeta " (WCED,1988).
individui addestrati per nuove funzioni e così via. Questa trasformazione è naturale, evolutiva e
Capitolo I
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Questa definizione è tratta dal lavoro svolto dalla Commissione Mondiale per
l’Ambiente e lo Sviluppo, creata dalle Nazioni Unite in seguito a una risoluzione
dell’Assemblea Generale del 1985, noto come Rapporto Brundtland (dal nome
della presidente norvegese della Commissione), dove viene proposto il principio
dello sviluppo sostenibile come fondamento della politica economica mondiale
per i decenni futuri
3
.
Il Rapporto Brundtland ha dunque introdotto il concetto dello sviluppo
sostenibile nel 1987, quando il lavoro svolto dalla Commissione venne pubblicato
con l’ormai famoso Our Common Future. Si tratta di un documento di grande
interesse, che si propone di prefigurare una politica mondiale verso uno sviluppo
sostenibile sia sul piano ambientale, che su quello sociale.
Il Rapporto prescrive di lasciare a coloro che verranno dopo di noi un'eredità
di ricchezza, intesa come insieme di conoscenze scientifico-tecnologiche, di
capitale prodotto dall'uomo e di beni ambientali, non inferiore a quelle che
abbiamo ereditato.
pacifica.
3
Il concetto dello sviluppo sostenibile nasce come paradigma politico in quanto, come afferma
Vallega “la politica dello sviluppo sostenibile, che costituisce la proposta basilare emersa nel
contesto internazionale, non è stata partotita a seguito di una speculazione scientifica sfociata in
una teoria ben definita, ma è stata il prodotto della volontà di trovare un modo con cui far
coesistere, e addirittura far comprenetare e interagire, due obiettivi all’apparenza antinomici:
sviluppo economico e conservazione dell’ambiente” (Vallega, 1995).
Capitolo I
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J. G. Nelson e H. E. Eisdvik hanno definito quel documento come una "guida
fondamentale e ideale per programmare e gestire meglio i sistemi globali" e "una
guida sociale basilare, un processo che permette al genere umano di ridurre o
eliminare molte delle maggiori tensioni che minacciano i sistemi globali,
nazionali e locali"
4
.
In realtà il Rapporto Brundtland, nel definire lo sviluppo sostenibile non è
sempre chiaro, ma il suo scopo non era quello di studiare a fondo il problema
quanto piuttosto di indicare una via da percorrere, lasciando agli economisti di
stabilire i fondamenti della teoria
5
.
Il messaggio è stato comunque raccolto e sicuramente oggi prevale la
convinzione della concreta possibilità di realizzare uno sviluppo sostenibile.
La tesi su cui si fonda il concetto espresso nel Rapporto Brundtland poggia su
due presupposti fondamentali.
Il primo è quello che si riferisce alla continua interferenza tra sistema
economico e sistema ambientale. Le attività economiche hanno infatti un duplice
impatto sull'ambiente: in primo luogo, quando ne utilizzano le risorse e poi, in un
4
I commenti riportati appaiono nell'articolo NELSON J. G. e EISDVIK H. E. , Sustainable
Development, Conservation Strategies and Heritage. Three Basic Tools for Influencing the Global
Future, in "Alternatives", Londra, 1990, vol.16, n. 1, pp.62-71.
5
PINNA S., Alcune riflessioni sul concetto di sviluppo sostenibile, in "Bollettino della Società
Geografica Italiana", Roma, 1993, fascicolo n. 4, p. 555.