SINTESI LAVORO DI TESI
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carattere socio-antropologico e il tutto è stato inserito all’interno di un
contesto normativo imprescindibile ai fini del lavoro in questione.
L’elaborato in questione è scaturito dalla necessità di dare una
risposta, o forse una non risposta, alla domanda “cos’è (oggi) la
razza?” e soprattutto perché si parla di “razza” se ne è
scientificamente dimostrata l’inesistenza. Conseguenzialmente il
lavoro è incentrato sull’interrogativo se sia lecito parlarne in termini
normativi.
Il lavoro potrebbe apparire come frutto di una Weltanschuung
meramente formalista e considerando gli enormi problemi della
società contemporanea, considerando le frequenti violazioni dei diritti
dell’uomo, un formalismo di questo tipo potrebbe essere considerato
infruttuoso. Ma ciò che attraverso l’elaborato si è provato a realizzare
è stato un qualcosa di diverso.
Nel testo, nonostante si abbia coscienza dei limiti che inevitabilmente
lo caratterizzeranno, non si è voluto solo fare la “storia semantica di
un’idea”, e dunque la storia del concetto di “razza” quale si è
prospettato nei diversi secoli, ma anche entrare nel vivo del problema
della condizione giuridica e della protezione internazionale che ne è
conseguita.
Nel lavoro di tesi l’analisi della presenza e del significato della
categoria “razza” in documenti ed atti di diritto internazionale ha reso
necessaria l’elaborazione di un excursus storico sull’introduzione del
lemma “razza” nel linguaggio giuridico internazionalista. A tal fine si
è esaminato il periodo compreso tra il XVI e il XX sec., è infatti in
quest’arco di tempo, che tra alterne vicende, si è assisto alla nascita ed
all’implementazione di alcuni di quei principi etico-morali che si
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evolveranno in seguito in principi giuridici tutelati da apposite norme
legislative.
Lo studio si è però incentrato sul XX sec. soffermandosi
principalmente sul fatidico 1948. Il 10 dicembre del 1948, infatti, sarà
adottata la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo il primo
documento di diritto internazionale che si è occupato dei diritti
dell’uomo.
Nel corso dello studio si è avuto modo di analizzare la Dichiarazione
Universale dei diritti dell’uomo anche attraverso alcuni dei lavori
preparatori e ciò ha permesso di ricostruire la storia di taluni articoli
particolarmente importanti ai fini del lavoro, in particolar modo
l’articolo 2 della Dichiarazione Universale. Una simile impostazione è
stata dettata dall’esigenza di analizzare il valore della categoria
“razza” alla luce del moderno diritto internazionale, dunque inserito
nel contesto della tutela dei diritti dell’uomo il cui avvento sulla scena
mondiale si è registrato in questo particolare momento storico.
Principalmente nei capitoli I e II del lavoro, volendo studiare gli
sviluppi e la diffusione del concetto di “razza”, si è analizzata
l’introduzione di tale categoria attraverso la formulazione di articoli
riguardanti l’eguaglianza tra gli esseri umani, la non discriminazione e
la tutela delle minoranze, in documenti ed atti di diritto internazionale
universale e regionale.
In particolar modo, per ciò che concerne il diritto internazionale
intercontinentale, ci si è soffermati oltre che sui due Patti
internazionali firmati nel 1966, l’uno sui diritti civili e politici, l’altro
sui diritti economici, sociali e culturali, anche su altri documenti quali
la Dichiarazione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di
discriminazione razziale, l’analoga Convenzione, la Convenzione sui
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diritti del fanciullo, la Convenzione relativa allo status dei rifugiati,
etc.
Oltre che un’analisi di documenti ed atti internazionali
intercontinentali si è condotta anche un’indagine su documenti ed atti
intracontinentali. A tal fine si è esaminata sia la Convenzione Europea
sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,
adottata nel 1950 dal Consiglio d’Europa, composto oggi da quasi tutti
gli Stati del continente europeo, sia il diritto comunitario (vincolante
al momento per i quindici Stati membri). Lo studio è stato condotto
oltre che attraverso le Dichiarazioni e Convenzioni adottate da tali
organi, anche attraverso altri documenti quali le direttive comunitarie
etc. Inoltre, coscienti del fatto che il continente europeo non detiene il
monopolio della regolamentazione regionale delle tematica dei diritti
dell’uomo, ci si è soffermati sull’analisi di documenti extraeuropei
quali la Convenzione interamericana relativa ai diritti dell’uomo del
1969, la Carta Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli del 1981, la
Dichiarazione sui diritti dell’uomo nell’Islam del 1990, la Carta
asiatica dei diritti dell’uomo del 1998 etc.
Centrale ai fini di questo lavoro è stato lo studio di alcuni documenti,
particolari per la loro natura, elaborati dall’Organizzazione delle
Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO). Si
tratta di studi condotti su tematiche razziali da “esperti” in materia che
sono confluiti in una serie di Dichiarazioni; tali documenti
rappresentano un caso notevole d’intersezione e di problematica
collaborazione fra scienza e politica, giacché la loro elaborazione ha
comportato un’aspra battaglia combattuta in seno alla comunità
scientifica internazionale, i cui settori si mostrarono discordi e litigiosi
sul significato da dare al concetto di razza, e sulle sue implicazioni.
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In particolar modo l’elaborazione dei primi due Statements on race
messi a punto dall’UNESCO nel 1950 e nel 1951 hanno evidenziato
l’esistenza di diverse e talora discordanti posizioni sostenute da una
comunità scientifica che allora cominciava a muovere i primi passi
riguardo a un’indagine scientifica della problematica razziale priva di
un’interpretazione razzista.
La Dichiarazione sulla razza del luglio del 1950 e la Dichiarazione
sulla natura della razza e delle differenze razziali del giugno del 1951,
sono state seguite dall’elaborazione di ulteriori documenti sulla
medesima problematica quali la Proposta sugli aspetti biologici della
questione razziale dell’agosto del 1964, la Dichiarazione sulla razza e
il pregiudizio razziale del settembre del 1967, la Dichiarazione sulla
razza e sui pregiudizi razziali adottata dalla Conferenza Generale
dell’UNESCO nella sua XX sessione dell’autunno del 1978.
Inoltre, sempre nel terzo capitolo, in cui ci si è occupati dei testi
summenzionati, si è proceduto anche all’analisi di documenti
recentissimi quali la Dichiarazione di Durban ed il suo Programma
d’azione adottati l’8 settembre 2001 dalla Conferenza Mondiale
contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e la
relativa intolleranza.
Prefiggendosi il lavoro di tesi l’obiettivo di analizzare la presenza ed il
significato del lemma “razza” nelle Carte di diritto internazionale, non
ci si è limitati solo ad una digressione storica sulle cause socio-
politiche per cui si è avvertita l’esigenza di elaborare i principi di
eguaglianza, non discriminazione e tutela delle minoranze,
inevitabilmente centrali in quanto prevedono la presenza della
categoria oggetto d’analisi. Invero, proprio perché si è avvertita la
necessità di attualizzare tale problematica, lo studio ha posto
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particolare attenzione all’analisi di documenti di ultima generazione,
come la summenzionata Dichiarazione contro il razzismo, la
discriminazione razziale, la xenofobia e la relativa intolleranza e i
relativi lavori preparatori o la Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea del luglio del 2000.
Inevitabilmente, speciale considerazione è stata data all’analisi del
concetto di “razza” pur nei limiti imposti dalla natura non scientifica
dell’elaborato in questione. Inoltre, si è proceduto, nel Capitolo IV
principalmente, allo studio di categorie d’analisi affini che hanno
rappresentato, o rappresentano, tentativi di sostituzione o
avvicendamento della categoria “razza” quali, ad esempio, la categoria
colore o etnia, etc.
È bene sottolineare che il fine ultimo del lavoro di tesi è dato dal voler
dissuadere dall’utilizzare nella terminologia giuridica la categoria
“razza”; obiettivo ambizioso e difficilmente conseguibile
considerando la limitata esperienza e preparazione di chi scrive.
Comunque, volendo perseguire tal fine si è usufruito dell’avallo di
studi paleo-antropologici e medico-genetici che, attraverso la lettura
del DNA e metodologie affini, hanno dimostrato in qualche modo
l’inesistenza delle “razze”. Conseguenzialmente si è tentato di
illustrare come l’introduzione di siffatta categoria abbia costituito un
palese errore storico e scientifico.
Nello studio si è inoltre palesato che ragionamenti di questo tipo non
dovrebbero indurre nel fallace errore secondo cui si disconosce il
problema del razzismo quale conseguenza del disconoscimento
dell’esistenza delle “razze”. Purtroppo non è così! Il razzismo è!
Si è pertanto evidenziato che il razzismo contemporaneo quasi mai
appare allo stato puro, infatti raramente si richiama all’ineguaglianza e
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alla razza biologica, esso è diverso, difficile da individuare perché più
edulcorato e meglio mimetizzato all’interno di una società che si
autoproclama antirazzista. Il nuovo razzismo è un razzismo senza
razza e/o razze.
Ebbene, si può asserire che la categoria “razza”, nella sua accezione
bio-sociologica, il razzismo e la consequenziale lotta al razzismo, con
strumenti giurisprudenziali, sono categorie indipendente l’una
dall’altra e il mancato riferimento negli atti e nei documenti di diritto
internazionale alla categoria “razza” non implicherà disconoscimento
di siffatti fenomeni. E allora perché parlare di “razza”?