che adottano le banche centrali per informare il pubblico della direzione che assumerà la
politica monetaria.
Nella seconda parte della tesi, evidenzio le differenze tra le due principali banche centrali: la
Federal Reserve e la Bance Centrale Europea.
Nel terzo capitolo analizzo i diversi approcci alla gestione della politica monetaria; in
particolare nel paragrafo 3.1 prendo in esame lo schema teorico di riferimento alla base della
strategia di politica monetaria ed evidenzio come, nel caso della Federal Reserve, questa è
riconducibile alla Taylor Rule, poiché come evidenziato anche dall’esperienza storica, la Fed
come obiettivo finale ha indicato nel proprio statuto sia il perseguimento dell’obiettivo di
bassa inflazione sia il perseguimento dell’obiettivo di crescita sostenibile dell’output. Tuttavia
tale schema teorico, criticato da molti perchè rende la politica monetaria scarsamente
trasparente e prevedibile, negli ultimi anni, grazie all’utilizzo di una strategia di
programmazione e standardizzazione degli interventi compiuti dalla banca centrale, è
divenuto molto più facilmente interpretabile da parte degli operatori di mercato.
Al contrario la Bce ha indicato nel’ suo statuto, come traguardo, il perseguimento di un
obiettivo d’inflazione inferiore o uguale al 2% nel medio-lungo periodo, che consente un
certo grado di flessibilità nella gestione della politica monetaria, in caso di shock. Tuttavia lo
schema teorico di riferimento non è esattamente riconducibile allo schema dell’Inflation
Targeting, ma piuttosto viene definito come l’approccio dei due pilastri : analisi economica e
analisi monetaria. In particolare l’analisi monetaria ha perso la sua validità nel corso degli
anni, a seguito dell’innovazione degli strumenti finanziari, portando la banca centrale alla
decisione di trasformarla da variabile di policy a variabile di riferimento.
Altro aspetto che differenzia le due banche centrali è il sistema di misurazione dell’inflazione,
descritto nel paragrafo 3.2, che nel caso della Bce, è misuarata dall’indice IPCA che si
caratterizza per il fatto che non considera la distinzione tra componente core e food & energy;
2
distinzione che viene fatta dalla Fed sulla base dell’idea che la componente core rappresenta
l’inflazione prodotta dal paese, mentre la componente food & energy rappresenta l’inflazione
su beni principalmente importati, che possono causare shock in misura solo temporanea e
pertanto, secondo la Fed, è opportuno depurare l’indice d’inflazione di questa componente per
evitare di ottenere un risultato “falsato” ai fini delle decisioni di politica monetaria.
Il paragrafo 3.3 affronta la struttura del sistema di vigilanza, che nel caso della Bce, è in
continua evoluzione e che prevede la divisione nel caso dei conglomerati finanziari tra home
country e host country, i quali indicano rispettivamente il paese di “residenza” dell’organismo
transnazionale ed il paese “ospitante” delle varie branches. Tuttavia questa duplice struttura,
che a sua volta si articola in diversi gradi di frammentazione settoriale a seconda del paese,
richiede un grado di cooperazione tra i vari organismi di vigilanza nazionali e proprio alla
luce dell’ultima crisi finanziaria è diventato molto più sentito il problema di una
“centralizzazione” del sistema di vigilanza a livello europeo, per la sempre maggiore presenza
di conglomerati finanziari.
Il quadro del modello statunitense si fonda su multipli, e in alcuni casi competitivi,
supervisori a livello nazionale e federale. Le banche e le istituzioni finanziarie sono soggette a
supervisione sia a livello nazionale sia federale, mentre le società assicurative solo a livello
nazionale. Gli Usa hanno un duplice sistema bancario, nel quale le banche possono scegliere
tra licenza a livello nazionale e a livello di stato federale.
Riassumendo, il sistema statunitense ha alcuni elementi del modello funzionale, ma mantiene
anche un orientamento settoriale. La banca centrale (la Fed) è responsabile per la stabilità
sistemica ed ha ampie responsabilità in termini di supervisione prudenziale, mentre ad altre
agenzie (in particolare la SEC) è affidato il compito di proteggere l’interesse degli investitori
(Padoa-Schioppa, 2003). Come quello europeo, il modello di supervisione statunitense sta
vivendo un processo di transizione. L’ultimo modello non è ancora chiaro; da un lato, le
3
restrizioni sull’unione di differenti attività finanziarie sono state abolite consentendo la nascita
di conglomerate finanziarie, dall’altro lato, la supervisione conserva ancora divisioni settoriali
con il coordinamento cross-settoriale da parte della Fed.
L’ultimo aspetto, affrontato nel paragrafo 3.4, riguarda la gestione dell’instabilità finanziaria e
soprattutto le problematiche ad essa connesse: innanzitutto le cause dell’instabilità finanziaria
ed i suoi possibili effetti, in particolare il moral hazard ed il fenomeno del “too big to fail”;
altro aspetto molto dibattuto è se bisogna considerare la stabilità finanziaria come un obiettivo
della banca centrale e quale peso deve assumere in relazione agli altri obiettivi, stabilità dei
prezzi e massimizzazione dell’output; infine l’aspetto del credito di ultima istanza e quindi il
“salvataggio” di banche da parte delle banche centrali che deve essere consentito solo in
occasioni straordinarie che possono pregiudicare la crescita economica.
Nel quarto capitolo il confronto tra le due banche centrali si sposta sul diverso atteggiamento
assunto nella gestione della politica monetaria durante la crisi finanziaria iniziata nell’agosto
2007. Dopo aver analizzato nel paragrafo 4.1 alcune delle cause e l’evoluzione che ha assunto
la crisi negli ultimi mesi, nel paragrafo 4.2 si descrivono i vari interventi di politica monetaria
compiuti dalla Federal Reserve e dalla Bce per fronteggiare la situazione di illiquidità che si è
verificata sui mercati, ponendo l’accento sul fatto che gli interventi della Fed sono stati sia
riduzioni dei tassi d’interesse sia iniezioni di liquidità in diverse forme, come le TAF (Term
Auction Facility), sia accettazione di una più vasta gamma di classi di assets come garanzie a
fronte dei repo (repurchase agreement); al contrario la Bce è intervenuta in maniera decisa nel
garantire il funzionamento del mercato interbancario attraverso interventi sulla liquidità,
anche in coordinamento con le altre banche centrali, ma non è mai intervenuta con la
riduzione dei tassi d’interesse, perché il tasso d’inflazione nell’UE è molto superiore al livello
obiettivo.
4
Nel paragrafo 4.3 si affrontano le possibili implicazioni che possono avere le diverse strategie
di politica monetaria ed in particolare il dibattito si è sviluppato a seguito dell’atteggiamento
della Fed, perché secondo molti studiosi un intervento così deciso per “salvare” il mercato e le
banche provocherà un incentivo all’assunzione di maggiori rischi da parte delle banche e dei
privati. Tale visione non è condivisa da Poole che spiega come l’intervento della Fed, poiché
compiuto per evitare un eccessivo deteriorarsi dei fondamentali dell’economia, è stato
efficace, anzi un mancato intervento da parte della banca centrale, avrebbe provocato, come
nella crisi del 1929, una situazione di recessione economica molto forte. Sul fronte opposto si
colloca l’atteggiamento della Bce, che anche in considerazione del fatto che le prospettive di
crescita nell’area Euro saranno superiori rispetto a quanto si verificherà negli Usa, non ha
provveduto a ridurre il tasso ufficiale di sconto, viste le crescenti pressioni inflazionistiche.
Nel paragrafo 4.4 vengono riportate le soluzioni proposte, durante il Financial Stability Forum
del 7 aprile 2008, per prevenire l’insorgere di tali crisi finanziarie.
Il report propone cinque azioni nelle seguenti aree: rafforzare la supervisione prudenziale del
capitale, della liquidità e della gestione dei rischi, migliorare la trasparenza e la valutazione,
adottare cambiamenti nel ruolo e negli usi dei rating di credito, rafforzare la reattività delle
autorità ai rischi, creare una solida organizzazione per fronteggiare situazioni di stress nel
sistema finanziario.
5
CAPITOLO I
IL PROBLEMA REGOLE-DISCREZIONALITA’
1.1 Il modello Barro-Gordon
La concezione che la banca centrale potrebbe essere soggetta ad una distorsione
inflazionistica affonda le sue radici nella letteratura dell’incoerenza temporale, argomento
affrontato e studiato per la prima volta da Kydland e Prescott nel 1977 e Barro e Gordon nel
1983.
Nell’approccio dell’incoerenza temporale, la “Grande Inflazione” degli anni ’70 viene
ricondotta, come ogni altra fase inflazionistica, all’esistenza di un bias inflazionistico
nell’economia.
L’idea di Barro e Gordon parte dal fatto che nella gestione della politica monetaria in maniera
discrezionale, la banca centrale può stampare più moneta e creare più inflazione di quella
attesa dal pubblico. I benefici di una sorpresa inflazionistica comprendono sia un’espansione
della domanda aggregata sia una riduzione del valore reale delle passività dello Stato.
Ma, chiaramente, la creazione di una bias inflazionistica provoca benefici e costi; la banca
centrale nel determinare il proprio comportamento analizza il trade-off tra i due attraverso la
sua funzione obiettivo valida per un periodo :
)(b2)
2
a
(z
e
ttttt
Σ ΣΣ dove a, (1)
Il primo termine
0 !
t
b
2
2
t
a
Σ ÷
≠
•
♦
♥
♣
, rappresenta i costi dell’inflazione, mentre il secondo termine
, rappresenta i benefici derivanti da uno shock inflazionistico. )(b
e
ttt
Σ Σ
6
Ma, se consideriamo più periodi, l’obiettivo al tempo t è rappresentato dalla minimizzazione
del valore attuale atteso del costo :
≈
…
≡
↔
←
♠
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
...2
11
1
1
1
1
1
1
t
tt
t
t
tt
z
rr
z
r
zEZ , (2)
dove r
t
è il tasso di sconto che si applica tra il periodo t e t+1.
Se si conduce una politica monetaria in maniera discrezionale, il costo è dato da
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
÷
≠
•
♦
♥
♣
2
t
a
b
2
1
z . (3)
Se la politica monetaria è condotta secondo una regola che permette di legare l’inflazione
t
3 ad una serie di variabili, per cui l’obiettivo è quello di ottenere un’inflazione attesa
uguale a quella effettiva ed un’inflazione obiettivo = 0, il costo derivante da tale
regola è . (4)
Pertanto i costi derivanti da una politica monetaria secondo le regole sono più bassi di quelli
derivanti da una politica monetaria gestita con discrezionalità.
e
t
3
t
3
*
t
3
0z
*
t
Se, invece, le persone hanno aspettative di inflazione pari a 0, i policymaker potrebbero
generare un tasso d’inflazione positivo per garantire i benefici derivanti da uno shock
inflazionistico.
Infatti i costi attesi derivanti da una politica monetaria con sorpresa inflazionistica sono
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
÷
≠
•
♦
♥
♣
2
t
a
b
2
1
)Z(E (5)
In questo caso i costi attesi sono più bassi di quelli derivanti da una politica monetaria
secondo le regole 0z
*
t
, che rappresenta l’equilibrio di second best.
La sorpresa conduce a risultati migliori, perché lo shock inflazionistico elimina parte delle
distorsioni nell’economia.
7
Tuttavia questo tipo di sorprese non si possono realizzare sistematicamente nella condizione
di equilibrio, poiché il pubblico adegua le aspettative d’inflazione per eliminare tali sorprese.
Quindi in questo caso si realizza il fenomeno delle aspettative autorealizzantesi, per cui
all’aumentare dell’offerta di moneta si ottiene un tasso d’inflazione di equilibrio più elevato.
Gli studi condotti da Barro e Gordon evidenziano che una maggiore attenzione verso le regole
a discapito della discrezionalità, elimina la potenziale sorpresa inflazionistica, ottenendo così
un tasso d’inflazione più basso nel caso in cui si adotti una politica monetaria secondo le
regole anziché una secondo la discrezionalità.
Inoltre il ricorso delle banche centrali a creare sorprese inflazionistiche, come visto sopra, è
possibile per un solo periodo di tempo, poiché in seguito il pubblico adegua le aspettative
d’inflazione e non si verificherà più una sorpresa inflazionistica e, nello stesso tempo, la
banca centrale perderà di credibilità.
Dal momento che il rapporto tra banca centrale e privati si svolge su più periodi, la
reputazione della banca centrale costituisce un vincolo ad un comportamento non
inflazionistico ed un incentivo al rispetto delle regole.
Tuttavia nell’applicazione di alcune regole, si può notare come il risultato di equilibrio risulti
essere una situazione intermedia tra il risultato ottenibile sotto la gestione discrezionale della
politica monetaria ed il risultato ottenibile sotto la gestione secondo la regola ideale; infatti
risulta essere superiore al primo ed inferiore al secondo.
La scelta sull’opportunità di creare una sorpresa inflazionistica è spiegata dall’equazione
> ≅
2
*
1t1tt
a
b
2
1
q)zz(qEtEnforcemen ÷
≠
•
♦
♥
♣
÷
≠
•
♦
♥
♣
(6)
8
Tale equazione parte dal presupposto che i benefici derivanti dalla creazione di una bias
inflazionistica nel periodo t, produrranno costi nel periodo successivo t+1 che devono essere
scontati per il fattore
t
t
r1
1
q
.
L’enforcement rappresenta il valore attuale della perdita derivante dalla trasgressione delle
regole.
Le autorità monetarie rispettano le regole nel periodo t se l’enforcement è almeno tanto
grande quanto la temptation, cioè se
> ≅)zz(qEtenforcemen0)zz(ETemptation
*
1t1ttt
*
t
(7)
Da qui si arriva a definire la best enforceable rule per la quale il tasso d’inflazione è
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
÷
≠
•
♦
♥
♣
3
q1
q1
a
b
*
(8)
ed il costo atteso per ogni periodo è
2
2
*
t
q1
q1
a
b
2
1
)z(E
≈
…
≡
↔
←
♠
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
≈
≈
…
≡
↔
↔
←
♠
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
÷
≠
•
♦
♥
♣
. (9)
In effetti con 0<q<1, il tasso d’inflazione, л*, è intermedio tra la regola ideale, 0, e la
discrezionalità, b/a e q è il fattore di sconto medio che pondera tale rapporto.
Ad esempio, un valore di q basso che rappresenta un elevato fattore di sconto, implica una
politica monetaria altamente discrezionale e quindi un elevato valore di л* e viceversa nel
caso di un valore di q elevato.
Anche il costo atteso espresso nella (9) è un livello intermedio tra il costo secondo la regola
ideale, pari a 0, e quello secondo dicrezionalità, che è
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
÷
≠
•
♦
♥
♣
2
a
b
2
1
.
Tuttavia si ricorda sempre che tale regola è sempre una soluzione di second best, perché è
inferiore a quella che crea una sorpresa inflazionistica.
9
Ma quest’ultima non può essere applicata sistematicamente, poiché come si diceva in
precedenza, le persone rivedono le loro aspettative di inflazione e quindi nei periodi
successivi si otterrà un livello d’inflazione di equilibrio più elevato.
In ogni caso la best enforceable rule produce costi inferiori a quelli derivanti dalla regola
secondo discrezionalità.
Altro aspetto che emerge dalla (8) è il fatto che il tasso d’inflazione л* dipende dal rapporto
b/a, che rappresenta i benefici derivanti da uno shock inflazionistico.
Un incremento di tale rapporto, fa crescere la temptation che comporta un aumento di л*.
Questo è possibile sia nel caso in cui i valori di a siano particolarmente bassi sia quando i
valori di b risultano particolarmente alti.
In alcuni precedenti studi,Barro e Gordon hanno notato che questo si verifica in determinati
casi (1):
- quando il tasso di disoccupazione naturale è elevato,
- durante una recessione,
- durante una guerra o periodi in cui la spesa pubblica cresce rapidamente,
- in presenza di un elevato debito pubblico.
In generale si può affermare che un elevato valore di b conduce ad un elevato valore di л*,
cioè un elevato tasso di espansione dell’offerta di moneta da parte delle banche centrali;
pertanto la credibilità di una banca centrale dipende dai costi in cui essa incorre se perde la
reputazione.
Inoltre l’evoluzione degli studi sul problema della distorsione inflazionistica suggerisce che
l’indipendenza della banca centrale, essenzialmente definibile come autonomia dalle pressioni
politiche, è un elemento chiave per la sua risoluzione.
Infatti, molti studiosi sembrano concordare sul fatto che i banchieri centrali devono essere del
tutto indipendenti dai loro governi, perché questi ultimi hanno la tendenza a spendere troppo
10
ed impediscono ai primi di svolgere al meglio la loro funzione, ovvero mantenere la stabilità
del livello dei prezzi. Gli approcci principali che danno soluzione al problema sono di due
tipi: l’approccio del banchiere centrale “conservatore” e l’approccio dei contratti di
performance.
1.2 Il modello di Rogoff
Rogoff (1985) sostiene che la società può diventare maggiormente benestante nominando un
banchiere centrale che non condivide la funzione obiettivo sociale, ma pone un peso maggiore
sulla stabilizzazione del tasso di inflazione, piuttosto che sulla stabilizzazione
dell’occupazione. Viene ampiamente riconosciuto che, anche se un paese ha una banca
centrale perfettamente benevolente (che tenta, cioè, di massimizzare la funzione del benessere
sociale), può soffrire a seguito di un tasso di inflazione che è sistematicamente troppo elevato.
Supponiamo, per esempio, che una distorsione (come la tassazione sul reddito) renda
subottimale il tasso di occupazione. Ne consegue che l’inflazione può crescere poiché coloro
che determinano i salari razionalmente temono che la banca centrale cercherà di avere
vantaggi dalle rigidità nominali di breve termine per aumentare sistematicamente
l’occupazione.
Solo fissando elevati tassi di inflazione salariale, coloro che determinano i salari possono
scoraggiare la banca centrale dal cercare di ridurre il salario reale sotto il loro livello
obiettivo.
Tale problema di incoerenza temporale può essere risolto, come dice appunto Rogoff (1985),
nominando un Governatore conservatore a capo della banca centrale, o dando incentivi
concreti a raggiungere un obiettivo monetario intermedio. Nominando un agente conservatore
11
a capo della banca centrale, o dando ad essa degli incentivi per arrivare ad un obiettivo
monetario intermedio, è possibile indurre una contrattazione dei salari meno inflazionistica.
Tutto ciò avviene al costo della distorsione delle risposte della banca centrale a disordini non
anticipati, come la risposta agli shock dell’offerta e comunque costituisce un costo poiché,
sebbene la banca centrale non può sistematicamente aumentare l’occupazione (dal momento
che gli agenti privati anticipano i suoi incentivi ad inflazionare), la politica monetaria può
anche essere usata per stabilizzare l’inflazione e l’occupazione intorno ai loro livelli medi
determinati dal mercato; perciò, un targeting monetario rigido è appropriato solo in
determinati casi.
È importante mettere in evidenza che, mentre il targeting monetario flessibile è preferibile sia
alla politica monetaria pienamente discrezionale sia al targeting monetario rigido, non è
necessariamente la soluzione di first-best, ovvero l’optimum.
Questo dipende dalla fonte della distorsione del mercato del lavoro sottolineata che causa un
livello di occupazione, determinato dal mercato, troppo basso.
Una soluzione di second-best, che non fa nulla per aumentare il livello medio
dell’occupazione, servirebbe per imporre legalmente una regola dell’offerta di moneta
completamente stato-contingente, ma è solo quando le soluzioni di first-best e di second-best
sono troppo costose o irraggiungibili che il targeting monetario (o la nomina di un banchiere
centrale “conservatore”) dovrebbe essere usato come soluzione di third-best.
Analizziamo ora il benessere che deriva alla società sotto la guida della politica monetaria da
parte di un banchiere centrale “conservatore”, il quale risulta essere una risposta alternativa e
meno drastica.
Rogoff dimostra che la società può rendersi maggiormente benestante attraverso la selezione
di un agente a capo della banca centrale indipendente, di cui è risaputo il sostenimento di un
peso maggiore sulla stabilizzazione dell’inflazione (relativamente alla stabilizzazione
12
dell’occupazione), rispetto a quanto incluso nella funzione di perdita della società.
Quest’ultima dipende dalle deviazioni dell’occupazione e dell’inflazione dai loro livelli
ottimali (desiderati dalla società):
2'
t
2'
ttt
)()n
~
n( Σ Σ Φ / (1)
Nella scelta tra diversi candidati, non è mai ottimale scegliere colui del quale già si conosce la
scarsa attenzione alla disoccupazione.
Supponiamo, per esempio, che nel periodo t-1 la società selezioni un agente che andrà a capo
della banca centrale nel periodo t. La reputazione di questo individuo riguarda la conoscenza
della sua funzione obiettivo, ovvero, se egli viene nominato per dirigere la banca centrale,
massimizzerà la seguente funzione obiettivo (dove, il termine temporale t viene omesso in
quanto il suo significato è ovvio):
2'2'
))(()n
~
n(I Σ Σ Η Φ (2)
dove (χ+ε)>0. Quando ε è strettamente maggiore di zero, allora questo agente pone un peso
relativo sull’inflazione più ampio rispetto a quanto fa la società.
Il valore atteso della funzione di perdita della società sotto il regime “I” è il seguente:
II2'I
)n
~
n( ∗ 3 Φ / (3)
Per risolvere il valore di ε che minimizza ΛI, calcoliamo le derivate che riguardano la
precedente equazione rispettivamente a ε:
Γ Η
∗ Γ
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
Γ Η
3 Γ
Φ
Γ Η
/ Γ
III
(4a)
≈
≈
≈
≈
…
≡
↔
↔
↔
↔
←
♠
Η Φ ∆
÷
≠
•
♦
♥
♣
∆
Η
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
Κ
ς
Γ Η
∗ Γ
3
2
2
2
2
z
I
2 (4b)
13
32
'
I
)(
a
n
~
n
2
Η Φ
≈
…
≡
↔
←
♠
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
Γ Η
3 Γ
(4c)
Definiamo εmin come il valore di ε che minimizza ΛI. Siamo pronti per provare il seguente
teorema.
Teorema: per φ Η !
min'
0,n
~
Occorre evidenziare che ε>-χ per assunto. Perciò, analizzando l’equazione (4c), è
strettamente negativo. Bisogna notare inoltre, dall’analisi dell’equazione (4b), che è
strettamente negativo per -χ<ε<0, zero quando ε=0, e positivo per ε>0.
Γ Η 3 Γ /
I
Γ Η ∗ Γ /
I
Inoltre, è strettamente negativo per ε≤0. δΛI/δε deve cambiare da negativo a positivo
per alcuni valori sufficientemente ampi di ε, dal momento che ε si approssima all’infinità
positiva, converge a zero al valore ε-², dove δΠI/δε converge a zero al valore ε-³.
Γ Η / Γ /
I
Γ Η ∗ Γ /
I
Inoltre, εmin < ∞. Segue immediatamente che
per n = ñ' , εmin = 0.
Il teorema stabilisce che, alla presenza di una distorsione del mercato del lavoro, è ottimale
scegliere un Governatore della banca centrale che ponga una maggiore, ma non infinitamente
maggiore, importanza sull’inflazione rispetto a quanto fa la società. Per interpretare il teorema
intuitivamente, consideriamo gli effetti dell’aumentare ε a partire da zero.
Aumentando il commitment della banca centrale per combattere l’inflazione, il tasso medio
dell’inflazione da salario con incoerenza temporale viene diminuito; tuttavia il peso relativo
che la banca centrale mette sull’inflazione nei confronti della stabilizzazione dell’occupazione
è alterato, e questo distorce la risposta delle autorità monetarie agli shock non anticipati.
Per vedere come mai il beneficio sorpassa il costo a ε = 0, è importante espandere l’equazione
(4a) come segue:
14
Γ Η
∗ Γ
≈
…
≡
↔
←
♠
Γ Η
Σ Σ Γ
≈
…
≡
↔
←
♠
Σ Σ Γ
/ Γ
Γ Η
/ Γ
II'
I'
II
)(
)(
(5)
nelle vicinanze di ε = 0, le autorità monetarie stanno minimizzando ΓI (stanno effettuando una
stabilizzazione ottimamente), così che δΓI/δε è zero.
Non si sta però minimizzando l’inflazione, quindi nessun termine nella parentesi (π-π') è pari
a zero. Possiamo argomentare in modo simile per εmin < ∞; quando ε diventa ampio, πI va
verso π' e ΠI viene minimizzato.
Ne consegue che per ε ampio, il costo marginale dell’inflazione della riduzione di ε è piccolo
relativamente al guadagno derivante dalla stabilizzazione. Di certo, quando non c’è
distorsione nel mercato del lavoro, cosicché n=ñ', allora π
D
=π', e non conviene nominare un
banchiere centrale che minimizza tutto tranne la funzione di perdita della società.
Rogoff ha assunto che le preferenze dell’agente nominato a capo della banca centrale possono
essere conosciute con certezza.
Chiaramente, molti problemi strategici sorgono quando questa ipotesi viene meno.
Comunque, così come esiste qualche informazione sulle probabili preferenze dei diversi
candidati, il punto basilare dell’analisi sopra effettuata è già appropriato.
Il modello è certamente coerente con il fatto che i banchieri centrali sono tipicamente scelti da
elementi conservatori della comunità finanziaria. Un incentivo che il capo della banca centrale
potrebbe avere a tenere bassa l’inflazione è che così può migliorare la sua posizione nella
comunità finanziaria.
Dallo studio di Rogoff possiamo concludere che risulta essere razionale per la società
strutturare la propria banca centrale in modo tale che le autorità monetarie abbiano una
funzione obiettivo molto differente dalla funzione di benessere della società.
15
Ogni volta che una distorsione causa un tasso di inflazione troppo elevato, la società può
avere benefici economici se ha una banca centrale che dia un peso maggiore alla
stabilizzazione del tasso di inflazione.
Da tale modello presentato si comprende perché molte nazioni scelgono di avere una banca
centrale indipendente e, soprattutto, perché decidono di nominare un Governatore (o dei
Governatori) dagli elementi maggiormente conservatori dell’ambiente finanziario.
Infatti lo schema di Rogoff è venuto a costituire il riferimento teorico delle banche centrali
indipendenti rispetto agli obiettivi e la Bundesbank ha rappresentato, per lungo tempo, il
prototipo.
Sebbene la società voglia che la banca centrale dia un’ampia importanza alla stabilizzazione
del tasso di inflazione rispetto alla stabilizzazione dell’occupazione, tuttavia essa non vuole
che tale importanza sia infinita.
Infatti in tal modo, si arriverebbe a portare l’inflazione più in basso del livello ottimale per la
società, inoltre, la banca centrale risponderebbe in modo inappropriato agli shock dell’offerta,
permettendo ad essi di procurare danni all’occupazione.
Il fatto che la banca centrale persegua obiettivi finali di sua scelta, prescindendo dalle
preferenze degli organi elettivi, è alla base delle critiche rivolte al modello di Rogoff.
Un primo filone di critiche fa riferimento all’accountability della banca centrale; infatti
essendo il governatore centrale accountable, perderebbe la sua assoluta indipendenza,
attenendosi alle indicazioni degli organi elettivi. Quindi il banchiere centrale conservatore,
non essendo accountable, non è compatibile con un sistema democratico.
Un secondo filone di critiche riguarda la possibilità che il banchiere centrale conservatore
abbia preferenze diverse dalla società e dal governo.
Un ulteriore corpo di critiche attiene al fatto che il banchiere centrale conservatore, sebbene
consenta di conseguire un più basso tasso d’inflazione ed una sua più bassa variabilità,
16