3
INTRODUZIONE
“Non era cosa da poco privare della libertà circa cent’anni dopo la caduta dei tiranni il popolo
di Atene, un popolo che non solo non era soggetto a nessuno, ma per più della metà di questo
tempo era stato abituato ad esercitare il suo dominio su altri popoli”
1
. In questo modo Tucidide
commenta l’azione di un gruppo di politici fortemente avversi al regime democratico, che, nel
411 a.C., nel pieno della guerra del Peloponneso, tramite un colpo di Stato rovescia il governo
popolare ad Atene e conquista il controllo della polis. Gli oligarchi, tuttavia, rimangono al
potere solo pochi mesi: le gravi sconfitte belliche – la più rilevante delle quali è sicuramente la
perdita dell’isola Eubea, strategicamente fondamentale
2
– e la reazione dei soldati della flotta
ateniese di stanza a Samo, rimasti fedeli alla democrazia, provocano la repentina caduta della
boulé dei Quattrocento, emanazione degli oligarchi
3
.
Nonostante la sua brevità, questo episodio condiziona la vita politica ateniese degli ultimi anni
del V secolo. Con il 411 si apre infatti una fase di στάσις e di sanguinoso scontro fra le diverse
fazioni che lacera l’unità civica, che si concluderà solamente nel 403, con la caduta della
seconda oligarchia, quella dei Trenta, e con l’amnistia generale di Trasibulo
4
.
Il periodo trattato da questo lavoro è quello compreso fra il fallimento della spedizione in
Sicilia nel 413 e l’occupazione da parte dei Quattrocento della boulé nel 411, atto che segna
l’instaurazione del regime oligarchico ad Atene. Non sono compresi nell’esposizione né il vero
e proprio governo dei Quattrocento né, dopo la caduta di questi ultimi, quello dei Cinquemila,
che costituisce una sorta di transizione moderata verso la democrazia
5
. Si è infatti privilegiata la
trattazione dei mesi di preparazione del colpo di Stato per tentare di comprendere, seguendo le
parole di Tucidide, come sia stato possibile che, dopo circa un secolo, l’apparentemente
fiorente e saldo regime democratico sia all’improvviso stato abbattuto, senza peraltro eccessiva
difficoltà da parte degli oligarchi.
1
Thuc. VIII, 68, 4. Traduzione di M. Cagnetta.
2
Dall’Eubea dipendeva l’afflusso di grano ad Atene. La sua perdita, inoltre, lasciava pericolosamente sguarnito il
porto del Pireo (ivi, VIII, 96, 1-4).
3
Ivi, VIII, 97.
4
Cfr Xen. Hel. II, 4, 43. Trasibulo è, non a caso, uno dei principali protagonisti anche della prima restaurazione
democratica, nel 410.
5
Il governo dei Cinquemila non costituisce, da questo punto di vista, una fase meno estrema dell’oligarchia, ma
già un regime democratico, seppur più moderato, che precede la vera e propria restaurazione del 410. La vera e
propria cesura deve dunque essere posta non fra Cinquemila e ritorno della democrazia, ma con la caduta dei
Quattrocento nell’autunno del 411 (SAINTE CROIX G. E. M. DE, 1956, pp. 1-23; MARCACCINI C., 2013, p.
427).
4
In una prima sezione, quindi, la congiura che porta al potere i Quattrocento viene analizzata
seguendo la successione diacronica degli eventi, a partire sue origini, con le trame di Alcibiade
nella Ionia e a Samo, fino alla sua organizzazione ad Atene e alla caduta della democrazia, con
la decisiva assemblea di Colono. Successivamente, invece, ci si focalizzerà in particolare sul
come gli oligarchi si sono impadroniti del governo della polis. Una seconda sezione si
concentra pertanto sul metodo del colpo di Stato, ovvero sugli strumenti sotterranei – la
propaganda – o più espressamente illegali – il terrorismo, l’omicidio di avversari politici,
l’intimidazione degli oppositori – utilizzati dai congiurati per abbattere la democrazia. In questo
senso è cruciale il ruolo delle eterie, circoli di giovani aristocratici generalmente ostili al
governo popolare: senza le loro attività eversive la buona riuscita del colpo di Stato sarebbe
stata molto più difficile.
La terza parte del lavoro si occupa invece degli aspetti più specificatamente istituzionali della
vicenda del 411: una volta eliminata con la violenza l’opposizione democratica gli oligarchi
riescono facilmente a spostare l’azione eversiva su un piano legale. Apparentemente, infatti, la
soppressione delle istituzioni democratiche non avviene illegalmente, ma è sempre sanzionata
dall’assemblea
6
. I mezzi con cui ciò viene reso possibile consistono nell’abrogazione delle
garanzie istituzionali contro le leggi antidemocratiche
7
e, per frenare la partecipazione popolare,
del µισθός, la paga per le attività politiche
8
.
Le fonti più rilevanti e complete per quanto riguarda gli eventi del 411 sono sicuramente l’VIII
libro della Guerra del Peloponneso di Tucidide e i capitoli XXIX-XXXIII dell’Athenaion
Politeia di Aristotele. Talvolta, però, queste opere presentano alcune differenze impossibili da
conciliare, che saranno approfondite nel corso del testo.
Per poter integrare le due versioni o dirimere alcune controversie sono utili anche le
testimonianze e i riferimenti a tali fatti di alcuni autori contemporanei o di poco successivi al
411: per quanto riguarda l’oratoria a cavallo fra V e IV secolo ci sono ad esempio le due opere
di Lisia, Contro Eratostene e Difesa dall’accusa di attentato alla democrazia e la spuria Per
Polistrato, anch’essa confluita nel corpus lisiano; particolarmente interessanti sono anche
alcuni accenni a proposito del 411 contenuti nella Sui misteri di Andocide. Di poco precedenti
agli avvenimenti, ma ugualmente importanti per capire il drammatico clima politico dell’Atene
6
Questa lettura “legalistica” del colpo di Stato emerge ad esempio dalle pagine dell’Athenaion Politeia di
Aristotele (cfr. Aristot. Ath. Pol. XXIX).
7
Ivi, XXIX, 4.
8
Thuc. VIII, 67, 3; Aristot. Ath. Pol. XXIX, 5.
5
dell’epoca sono le due commedie di Aristofane Lisistrata e Tesmoforiazuse; riguardo agli
storici, alcuni frammenti dell’Atthis di Androzione contribuiscono ad arricchire le nostre
conoscenze sul colpo di Stato, in particolare rispetto alla questione istituzionale.
Una narrazione meno approfondita di quelle di Tucidide e Aristotele per quanto concerne
queste vicende è presente anche nel libro XIII della Biblioteca Storica di Diodoro Siculo e nella
Vita di Alcibiade di Plutarco. Confluito nel corpus plutarcheo è anche lo spurio trattato Vite dei
dieci oratori, che ci fornisce la biografia di Antifonte, uno dei principali artefici della congiura
oligarchica.
Per concludere, il testo del decreto onorario per Pitofane di Caristo
9
, risalente allo stesso 411,
offre una clamorosa prova dell’esistenza di una delle nuove istituzioni create in occasione del
colpo di Stato, quella dei cinque proedri, confermando in tal modo quanto affermato nelle fonti
letterarie.
9
IG I
3
98.
6
1. IL COLPO DI STATO OLIGARCHICO: DALLA SPEDIZIONE IN SICILIA
ALL’OCCUPAZIONE DELLA BOULÉ
1.1. Il fallimento della spedizione in Sicilia e i dieci probuli
Nel 415 a.C. Atene si era impegnata, nell’ambito della guerra del Peloponneso, in una
spedizione contro Siracusa, fedele alleata di Sparta. L’impresa si conclude però nel 413 con
esiti a dir poco disastrosi per la città attica.
L’annuncio della disfatta in Sicilia getta Atene nel più drammatico scoramento: Tucidide narra
di come φόβος e κατάπληξις si impadroniscano della città
1
. Tale sconfitta, infatti, oltre che
comportare “la perdita di molti opliti e cavalieri”
2
, significava una svolta decisiva nelle sorti
della guerra a favore degli avversari peloponnesiaci.
La situazione di emergenza riguarda anche la tenuta dell’Impero ateniese, con molte città
alleate sull’orlo della rivolta
3
, che Sparta tenta di spingere verso la defezione
4
.
È in questo difficile contesto che, nello stesso 413, viene decisa la nomina di una magistratura
straordinaria di dieci anziani, i probuli
5
, il cui compito è quello di fornire delibere e pareri
preventivi sulle leggi
6
. Nonostante tale collegio debba essere ancora inserito in una realtà
pienamente democratica
7
, la sua istituzione è segno di un innegabile malessere della
democrazia ateniese, che, in una situazione di emergenza, si trova costretta a ripensare se
stessa. La magistratura dei probuli, inoltre, è caratterizzata da alcuni connotati insoliti per le
istituzioni ateniesi: sebbene la nomina dei suoi membri avvenisse sulla base delle tribù
clisteniche, come era solito per la maggior parte delle altre magistrature, essa era fondata
sull’elezione anzichè sul sorteggio (nell’Atene classica solo gli strateghi e i magistrati con
competenze finanziarie non erano sorteggiati
8
); era a tempo indeterminato
9
; l’età minima era di
1
Thuc. VIII, 1, 2.
2
Ibidem.
3
Diod. XIII, 34, 2.
4
Thuc. VIII, 2-3.
5
Il termine πρόβουλοι compare in Aristot. Ath. Pol. XXIX, 2. L’autore ritiene che tale collegio sia il nucleo
originario dei trenta συγγραφεῖς del 411.
6
Per maggiori informazioni sulle competenze dei probuli si vedano ALESSANDRÌ S., 1990, pp. 129-147;
ANDRIOLO N., 2004, pp. 17-37 e TUCI P. A., 2013, pp. 13-30.
7
BEARZOT C., 2013a, p. 16.
8
POMA G., 2003, p. 112.
9
Le magistrature ordinarie ateniesi sono caratterizzate dall’annualità (ANDRIOLO N., 2004, p. 17).
7
40 anni e soprattutto non doveva sottostare al rendiconto annuale
10
, caratteristica regina delle
istituzioni democratiche ateniesi.
Lisia, nella Contro Eratostene, afferma che uno dei probuli fosse Agnone di Stiria, padre di
Teramene, uno dei futuri fautori del colpo di Stato del 411
11
, e che quest’ultimo, grazie proprio
alla decisiva azione di tale magistratura, sarebbe stato eletto stratego
12
. È dunque evidente la
vicinanza dei dieci probuli alla parte politica che poco dopo sarà protagonista del colpo di Stato
e, inoltre, il fatto che l’elezione degli strateghi fosse di competenza dell’ekklesia e non del
corpo dei probuli ci può indurre a pensare che la nomina di Teramene nel 411 possa essere stata
il frutto di un’azione illegale e antidemocratica, come ritiene Tuci
13
, o, quanto meno, di una
pressione a livello sotterraneo di quelle eterie che tanta parte avrebbero avuto in quegli anni.
Tutto ciò è sufficente a gettare ombre sulla istituzione dei probuli – e, soprattutto, sui suoi
membri – inserendola nello stesso contesto filo oligarchico che darà origine al colpo di Stato.
1.2. Gli antefatti del colpo di Stato fra Samo e la Ionia: Alcibiade, Tissaferne, Frinico
Nella narrazione degli eventi che precedono il colpo di Stato, sia Tucidide che Plutarco mettono
in evidenza il ruolo centrale di Alcibiade. Costui, dopo la condanna in contumacia per il celebre
scandalo delle Erme, si era rifugiato a Sparta
14
, dove aveva offerto aiuto ai lacedemoni nella
conduzione della guerra contro la madrepatria.
Nel frattempo, a complicare la situazione di Atene, oltre alle defezioni alleate era giunta anche
l’alleanza fra Sparta e la Persia, tramite il nuovo satrapo di Lidia e Caria Tissaferne, che
garantiva ai nemici peloponnesiaci sostanziosi aiuti economici e militari
15
.
In seguito però, Alcibiade, scontratosi con il re Agide II
16
e temendo di essere ucciso, si rifugia
alla corte di Tissaferne. In questo luogo egli inizia a suggerire al persiano una politica del divide
et impera, aiutando, dunque, di volta in volta una fazione diversa fra ateniesi e spartani,
affinché “l’uno e l’altro dei contendenti mantenessero il proprio predominio in sfere distinte, sí
che di volta in volta, se uno gli procurava fastidi , il re avesse la possibilità di scatenargli contro
10
TUCI P. A., 2013 , p. 21.
11
Lys. XII, 65.
12
Ibidem.
13
TUCI P. A., 2013, pp. 22-23. Dalle parole di Lisia, infatti, sembra che i probuli siano direttamente responsabili
dell’elezione di Teramene a stratego. Questo collegio non aveva però tale competenza, che spettava, appunto,
all’assemblea popolare.
14
Thuc. VI, 88-93.
15
Ivi, VIII, 18.
16
Plutarco sostiene che le causa degli screzi fra il re spartano e Alcibiade sia una relazione intercorsa fra
quest’ultimo e Timea, moglie di Agide. Da questo rapporto nacque persino un bambino, Leotichida, che lo
spartano rifiutò di riconoscere (Plut. Alc. 23, 7-9).
8
l’altro”
17
. Tucidide ritiene che il fine ultimo di Alcibiade fosse quello di utilizzare il proprio
ascendente su Tissaferne per poter convincere gli ateniesi dell’opportunità di richiamarlo in
patria e di garantirsi, grazie a lui, il fondamentale aiuto persiano
18
. Secondo quanto ci riferisce
Plutarco, inoltre, il suo timore era che Sparta, una volta vinta la guerra – esito inevitabile dopo
l’intervento persiano – divenisse padrona indiscussa di tutta la Grecia: un pericolo enorme per
lui, che dai lacedemoni era detestato
19
.
È in questo contesto che cominciano le trame di Alcibiade per rovesciare la democrazia ad
Atene: dopo aver preso contatto con gli esponenti più di spicco dell’esercito ateniese di stanza a
Samo, egli riferisce loro della possibilità di ottenere l’aiuto persiano, a patto che la città
abbandoni il regime democratico in favore di un’oligarchia, più affidabile agli occhi del Gran
Re. Accolta favorevolmente la proposta, gli alti gradi militari iniziano a propagandare la notizia
al resto dell’esercito a Samo, il quale appare più scettico riguardo a tale opportunità
20
. Ciò è
spiegabile tenendo conto del fatto che Tucidide sembra distinguere, fra i soldati di stanza a
Samo, due gruppi sociali, i δυνατώτατοι, ovvero i trierarchi, e la massa, naturalmente più
favorevole a un governo democratico rispetto che ad uno oligarchico
21
.
Presentate nuovamente le proposte di Alcibiade all’interno del loro ἑταιρικόν
22
, i fautori
dell’oligarchia ricevono l’opposizione soltanto di un individuo, Frinico. Costui, di umili origini
secondo l’anonimo autore della Per Polistrato
23
, per la notevole intelligenza “in ogni [...]
inziativa che intraprese” viene lodato da Tucidide
24
, il quale ci informa anche che era stato
eletto stratego per l’anno 412/411. Politicamente proveniva presumibilmente dell’area
democratica, ma all’epoca in cui si svolge il dialogo tucidideo era di sicuro passato fra le fila
degli oligarchi
25
.
17
Thuc. VIII, 46,1. Traduzione di M. Cagnetta.
18
Ivi, VIII, 47, 1.
19
Plut. Alc. 25, 2.
20
Thuc. VIII, 47, 2 – VIII, 48, 3.
21
Cfr. TUCI P. A., 2013, p. 35.
22
Gruppo politico. Interessante che Tucidide parli di eterie già in un momento così precoce dell’organizzazione
del colpo di Stato e soprattutto al di fuori di Atene (Thuc. VIII, 48, 3).
23
[Lys.], XX, 11-12. In questo passo viene accusato di essere un ex pastore arricchitosi facendo il sicofante.
24
Thuc. VIII, 27, 5.
25
Lys. XXV, 9. Secondo l’oratore attico Frinico era, insieme a Pisandro, fra coloro che avevano cambiato
schieramento politico al tempo del colpo di Stato del 411. Originariamente doveva dunque trattarsi di un esponente
della fazione democratica. A tal proposito cfr. anche BEARZOT C., 2013a, p. 39.