4
possono considerarsi una categoria dei beni culturali stessi.
Sono beni ambientali “le zone corografiche costituenti
paesaggi naturali o trasformati dall’opera dell’uomo e le zone
delimitabili costituenti strutture insediative, urbane e non
urbane, che presentando particolare pregio per i loro valori di
civiltà devono essere conservate al godimento della
collettività”
1
. Sono specificamente beni ambientali le
singolarità geografiche, florifaunistiche, di cultura agraria, di
infrastrutture del territorio e le strutture insediative anche
minori o isolate che si integrino in unità rappresentative con
l’ambiente naturale.
I beni ambientali comprendono due grandi tipi, quello
paesaggistico e quello urbanistico. I primi sono
specificatamente naturali e si distinguono in:
- aree naturali corograficamente definibili per singolarità
geologica (vette, rocce, rive, vulcani);
- aree ecologiche e territori in cui si manifestano tipiche o
singolari simbiosi florifaunistiche;
1
M.S. GIANNINI, I beni culturali, Rivista trimestrale di diritto pubblico, Giuffrè,
1976, p. 10.
5
- paesaggi artificiali ove l’intervento dell’uomo ha creato
“forme di raggiunto equilibrio tecnico-artistico”.
I beni di tipo urbanistico comprendono strutture urbanistiche
a) urbane e b) non urbane, come castelli, torri, abbazie, borghi,
frazioni, casolari, ville, case coloniche, villaggi di pescatori,
ecc..
2
Non tutti i beni ambientali possono essere qualificabili
beni culturali: ogni oggetto anche complesso in cui non
intervenga l’opera dell’uomo deve ritenersi al di fuori della
nozione di bene culturale. Sulla base di questo concetto
deduciamo che sono beni ambientali solo i beni culturali di
tipo urbanistico e, tra i beni di tipo naturalistico, i paesaggi
artificiali; anzi partendo dalla nozione di civiltà, potremmo
affermare che essi sono beni culturali per eccellenza, poiché,
essendo precipua opera di gruppo, restano quasi in assoluto
anonimi gli autori degli interventi e dei cambiamenti e
adespoti i singoli oggetti o comunque cose di valore che
compongono l’insieme urbanistico o naturalistico.
2
M.S. GIANNINI, op. cit., p. 10.
6
Ad esempio, seppure con laboriose ricerche volessimo
individuare l’architetto autore di uno o più edifici meravigliosi
che compongono un quartiere trecentesco o rinascimentale e/o
ricostruire una o più vicende di uno degli edifici medesimi, ciò
è senza interesse perché il quartiere è un bene culturale non per
comprendere dieci o più piacevoli edifici ma perché come
quartiere, comprese le sue smagliature, è espressione e
testimonianza di un momento importante della storia della
civiltà e se ne vuole la conservazione perché è una valida
testimonianza.
3
Da tale premessa scaturisce la possibilità di
escludere dalla categoria di beni culturali i beni rappresentati
da aree naturali ed ecologiche, cose aventi carattere di bellezza
naturale o di singolarità geologica, bellezze panoramiche e
punti di vista o di belvedere sempre riferibili a paesaggi
puramente naturali. Tali entità sono strettamente naturali e,
seppure è intervenuta l’opera dell’uomo o essa è stata solo
accidentale o marginale, cioè senza affatto incidere sulla
struttura della cosa, sono solo, sempre e comunque opera della
3
M.S. GIANNINI, op. cit., p. 11.
7
natura e l’uomo, che ne ha avuto o che ne ha il godimento, si
adopera solo affinché esso non sia turbato o peggio, fatto
cessare.
4
4
M.S. GIANNINI, op.cit., p. 12.
8
CAPITOLO I
NATURA GIURIDICA DEL BENE CULTURALE
9
§ 1.1 Natura giuridica del bene culturale
Per comprendere la natura giuridica dei beni culturali ed
ambientali occorre in primo luogo analizzare il concetto di
ambiente che come sostiene la Corte Costituzionale costituisce
“un diritto fondamentale della persona umana ed un interesse
fondamentale della collettività, uno spazio dell’anima, un
modo di essere tipico, fisico e morale”.
5
L’ambiente rientra,
quindi, tra i “valori costituzionalmente primari”.
6
Secondo la Corte, l’ambiente è un “bene immateriale, …….,
un bene unitario con varie componenti, ciascuna delle quali
può anche costituire, isolatamente e separatamente, oggetto di
cura e di tutela, ma tutte, nell’insieme, sono riconducibili
all’unità”.
7
Secondo un’elaborazione dottrinale l’ambiente - bene
giuridico come complesso di beni naturali e culturali – pur
5
Cfr. Sent. Corte Cost. n. 641/1987
6
Cfr. Sent. Corte Cost. n. 210/1987
7
Cfr. Sent. Corte Cost. n. 641/1987
10
esprimendo valore spirituale, è un bene materiale. In dottrina
8
il bene culturale è stato definito come un bene immateriale di
interesse pubblico, rientrante nella categoria dei beni
ambientali.
Poiché il bene culturale è testimonianza materiale avente
valore di civiltà, ciò fa scattare il carattere giuridico dei beni
stessi e cioè l’interesse della collettività non solo alla tutela
ma anche alla valorizzazione e conservazione.
Si tratta di beni di interesse pubblico caratterizzati da
un’appartenenza funzionale al patrimonio culturale della
nazione. Dal carattere pubblico di tali beni deriva il concetto di
proprietà collettiva cioè beni che appartengono a tutti; essa
comprende sia beni pubblici, ossia beni demaniali di
appartenenza allo Stato e agli altri enti pubblici (Regioni,
Province, Comuni), sia beni collettivi, cioè beni privati di
interesse pubblico, beni oggetto di proprietà privata
funzionalizzata come cave, torbiere, aree soggette a vincolo
idrogeologico e forestale, bellezze naturali. La proprietà
8
M.S. GIANNINI, op. cit., p.26.
11
collettiva occupa un posto di rilievo perché è strettamente
connessa ai principi sanciti dalla Carta Costituzionale tra cui
quello della funzione sociale riconosciuta alla proprietà
privata, in una visione che è propria e/o protesa alla proprietà
collettiva. I fini di utilità sociale sono sempre perseguiti in una
prospettiva di vantaggio per tutti e non per difendere gli
interessi di pochi. La funzione della proprietà collettiva è
dunque proprio quella di assicurare un uso che non alteri,
consumi, depauperi o distrugga la cosa o il bene, consentendo
il co-uso da parte di tutti gli altri cittadini quali
comproprietari.
9
9
S. DI JORIO, Disciplina e tutela dei beni culturali e ambientali, Ambiente &
Territorio, Maggioli Editore, 2001, p. 49.
12
§ 1.2 Le fonti del diritto
Lo Stato post-unitario non produsse, fino all’avvento del
nuovo secolo, alcuna organica normativa per la tutela delle
cose di antichità e d’arte.
Finirono sostanzialmente col restare in piedi le norme, peraltro
non di particolare rilevanza, che erano in vigore nei
preesistenti ordinamenti dei singoli Stati pre-unitari.
Il Regno d’Italia ad unificazione realizzata, non mostrò affatto
una propensione ad occuparsi della protezione dei beni artistici
e storici attraverso un intervento pubblico che necessariamente
doveva operare in funzione limitativa delle iniziative
individuali e della proprietà privata.
L’ideologia del liberismo ottocentesco che dominava nella
classe di governo dello Stato unitario considerava con sfavore
ogni ingerenza pubblica diretta che in qualche modo inficiasse
il principio libero-scambista e la intangibilità della proprietà,
per la quale valeva il categorico riconoscimento dell’art. 29
13
dello Statuto Albertino: <<Tutte le proprietà, senza alcuna
eccezione, sono inviolabili>>.
10
Da qui derivò una vicenda legislativa tra le più tormentate e
durata sino all’alba del nuovo millennio, concretizzatasi in una
tenace opposizione parlamentare alle varie iniziative di
Ministri dell’epoca tendenti a porre in essere una significativa
regolamentazione in materia di tutela di cose di antichità e
d’arte, di resti archeologici, di cose immobili e mobili di
interesse storico, archeologico o artistico. Agli inizi del nuovo
secolo il Parlamento varò finalmente la legge 12/6/1902, n.
185, la quale, se pure ha il valore di primo atto legislativo
organico sulla materia, risultava già allora largamente carente
nei suoi contenuti, specie per le significative deficienze
riguardanti il controllo e la disciplina delle esportazioni dei
beni oggetto di tutela. Si impose pertanto la necessità di
formulare un nuovo testo legislativo che fu elaborato da
un’apposita Commissione ministeriale e che portò alla nascita
10
T. ALIBRANDI - P. FERRI, I beni culturali e ambientali, Milano, Giuffrè
Editore, 1978, p. 5.
14
della legge 20/6/1909, n. 364.
11
Le relative norme di attuazione
furono approvate con R.D. 30/1/1913, n. 363. Tale
regolamento, come meglio specificheremo più avanti, è
ancora, a tutt’oggi, in vigore per espresso richiamo della
successiva, anche recente, legislazione regolante la materia.
Nei decenni successivi, questa normativa generale è stata
integrata da alcune leggi speciali che hanno regolamentato la
compilazione del catalogo dei monumenti e delle opere di
interesse storico, archeologico e artistico, nonché la loro
custodia e conservazione.
Ulteriore perfezionamento della legge 364/1909 si raggiunge
con l’approvazione della legge 1°/6/1939, n. 1089 che amplia
le possibilità di intervento attivo dell’Amministrazione statale
per eseguire o imporre opere di manutenzione e restauro,
estendendolo ai divieti di demolizione, rimozione e
modificazione relativamente anche alle cose mobili di privata
proprietà. La legge riconosce inoltre una più ampia
11
T. ALIBRANDI - P. FERRI, op. cit., p. 6 ss.
15
applicazione per scopi di tutela storico-artistica al mezzo
espropriativo.
Anche in materia di protezione delle bellezze naturali non
mancarono interventi legislativi di tutela e regolamentazione.
Ricordiamo la legge 23/6/1912, n. 688, che disciplinava la
estensione della tutela alle ville, ai parchi e ai giardini che
avessero interesse storico o artistico, nonché la legge
11/6/1922, n. 778 che pose sotto tutela anche le bellezze
panoramiche.
La materia fu più organicamente disciplinata con la legge
29/6/1939, n. 1497.
12
Questa legge, abrogata allorquando fu “trasferita” nel D.
Lgs.vo 29/10/1999 n. 490
13
, di cui tratteremo più avanti, è stata
la fonte normativa fondamentale relativa alla protezione delle
bellezze naturali ed alla conservazione dei beni ritenuti di
grande valore estetico. Essa pose alla proprietà privata un
12
T. ALIBRANDI - P. FERRI, op. cit., p. 9.
13
Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali,
a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352.
16
sistema di vincoli qualificati, veri e propri strumenti di tutela
di beni dichiarati di interesse pubblico.
L’impianto legislativo fu analogo a quello della legge sulla
tutela dei beni storici già segnalata (l. 1°/6/1939, n. 1089).
La normativa prevedeva la possibilità della formazione dei
piani territoriali paesistici con riferimento alle “bellezze
d’insieme”, quali “i complessi di cose immobili che
compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico
tradizionale” e “le bellezze panoramiche considerate come
quadri naturali, così quei punti di vista o di belvedere
accessibili al pubblico” (nn. 3-4 di cui all’art. 1 della legge
citata). Nel contesto legislativo dell’epoca questi “piani”
rappresentarono indubbiamente una novità di rilievo con una
innegabile maturazione culturale in tema di paesaggio.
14
In questo excursus temporale sulla produzione e l’attività
legislativa riguardante la tutela dei beni culturali e ambientali
merita essere segnalato un importante elemento innovativo
introdotto dal nuovo codice civile del 1942 con il quale è
14
S. DI JORIO, op. cit., p. 75.
17
sancito che gli immobili riconosciuti di interesse storico,
archeologico, artistico e le raccolte dei musei, delle
pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche sono ricompresi
nel demanio dello Stato e degli enti pubblici territoriali (artt.
822 e 824); al pari sono dichiarati appartenenti al patrimonio
indisponibile dello Stato le cose di interesse storico,
archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico da
chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo
(art.826).
Con la nascita della Repubblica, poi, la funzione pubblica di
tutela del patrimonio culturale e ambientale assurse alla
massima dignità legislativa con l’introduzione nella
Costituzione di un articolo ad essa dedicato: <<La Repubblica
promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della
Nazione>> (art. 9).
15
Emerge così un segnale forte, già in precedenza evidenziato,
che riflette la caratterizzazione della Repubblica Italiana come
15
T. ALIBRANDI - P. FERRI, op. cit., p. 9.