Capitolo 1
Il cinema in Sardegna
1.1 Primi passi del cinema in Sardegna.
I primi documenti cinematografici che attestano la presenza della
Sardegna sugli schermi sono cinque “attualità” girate dall’istituto
Lumière della durata di 55 secondi ognuna, che riprendono le
manovre navali franco- italiane nel golfo di Cagliari, la visita di
Umberto I e consorte a Iglesias alle miniere di Monteponi, e poi a
Sassari.
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Il titolo della serie Il viaggio dei reali in Sardegna riassume
l’occasione ufficiale di queste attualità che però da cinque
passarono a quattro nella locandina del “Salon fin de siècle” a
Roma e comprendono: la parte celebrativa del viaggio (manovre
navali nel porto di Cagliari, inaugurazione di un monumento a
Vittorio Emanuele II a Sassari) e la parte folcloristica, con la
“Cavalcata storica in costume” in onore dei reali che poi diventerà
la prima edizione della celebre “Cavalcata sarda” che ancora oggi si
svolge a Sassari alla fine di Maggio.
Manca, nelle proiezioni romane il filmato sulla “Visita ad una
miniera di ferro” forse perché poco commerciabile.
In Sardegna, questi filmati girati nel 1899, vennero visti per la
prima volta nel 1901, a Sedilo in occasione dell’Ardia (altra corsa
equestre) e questo simboleggia, almeno per l’isola il primo caso in
cui un “medium” interagisce con il mondo reale creando un effetto
di autocoscienza popolare.
1
Cfr. G. Olla, Dai Lumière a Sonetaula, Ed. Cuec, Cagliari, 2008, pag. 15.
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In secondo luogo, il viaggio dei reali in Sardegna rappresentò
un’apertura verso la “modernizzazione” dell’isola.
Parallelamente a questa celebrazione della modernità il legame tra
lo Stato unitario e la Sardegna è segnato da un immaginario che
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certamente prevale, cioè quello dell’isola in mano alla criminalità.
Al fine di debellare i banditi, venne inviato sull’isola un contingente
militare, in particolare nella zona del nuorese; questi fatti sono
raccontati nel volume di Giulio Bechi Caccia grossa e con tutta
probabilità furono alla base de I briganti in Sardegna di Giovanni
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Vitrotti girato nel 1905 e andato perduto.
Altre fonti stavolta cartacee ci aiutano a ricostruire una sorta di
catalogo delle presenze sarde nel cinema nazionale; una di queste è
l’elenco dei materiali geografico - antropologici che l’etnografo
Lamberto Loria raccolse nell’intento di costruire una prima cineteca
etnografica nazionale, a partire dal 1906.
Per quanto riguarda la Sardegna troviamo indicazioni sugli usi e
costumi, sull’estrazione, lavorazione e industria del sughero, la
pesca e la conservazione del pesce, i pescatori e così via.
La seconda fonte si deve a Bernardini e Martinelli, ricercatori e
studiosi del cinema muto italiano ed è orientata verso i primi
racconti cinematografici, ambientati nell’isola o di soggetto sardo,
ritrovati negli archivi del cinema italiano. Se ci soffermiamo sui
film non di finzione, il primo titolo citato è di nazionalità tedesca e
si intitola Sardinien e fu girato nel 1908.
Questo lavoro circolò in Italia fino al 1914, e sarà seguito da In
Sardegna del (1909) dell’Itala film di Torino.
2
Ibidem, pag. 17.
3
Ibidem, pag 17.
2
I film a soggetto dello stesso periodo, e che ci vengono segnalati
dal Bernardini sono: Un romanzo in Sardegna, Amore sardo,
entrambe girati nel 1909, Tra l’amore e la vendetta del 1910.
Anche di questi film non sappiamo se siano stati girati dal vero,
cioè realmente in Sardegna. È curioso vedere come gli scenari sardi
siano molto più importanti nei film rispetto a quelli siciliani o
campani; questo si può spiegare col fatto che mentre per la Sicilia o
la Campania ci sono altri elementi che ne connotano la
riconoscibilità (il nome tipico siciliano Turiddu, o la figura del
camorrista per la Campania) per la Sardegna ciò non si verifica
poiché è una terra ancora sconosciuta che bisogna indicare e
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descrivere con precisione.
1.2 Tra letteratura e cinema: Grazia Deledda.
Indubbiamente i romanzi e i racconti di Grazia Deledda sono stati
il maggior punto di interesse per il mondo cinematografico
nazionale per quanto concerne la Sardegna. La scrittrice infatti si
mostrò sempre disponibile a lasciare ridurre i suoi lavori,
soprattutto in funzione di una più ampia e veritiera della Sardegna.
In questo senso possiamo dire che la Deledda sembra rivendicare il
ruolo di principale interprete della cultura dell’isola: tante sono le
pellicole di ambiente sardo che devono molto alla scrittrice sia sul
piano dell’immaginario collettivo, sia su quello della descrizione
5
del mondo regionale sardo.
4
Ibidem, pag. 20.
5
Cfr. G. Olla, Scenari sardi. Grazia Deledda tra cinema e televisione, Ed. Aipsa, Cagliari, 2000. pag. 37.
3
Va detto però, che la scrittrice sarda nutre una certa diffidenza
nei confronti dell’industria cinematografica e del suo potere che,
teme, possa ridurre o persino annullare l’identità degli stessi autori.
Tali preoccupazioni sono confermate proprio dalle poche vicende
che provano il suo diretto coinvolgimento nel cinema dell’epoca.
Il primo film tratto da un romanzo della Deledda è Cenere, film
muto del 1916 ideato da Eleonora Duse e diretto da Febo Mari (che
interpretò il ruolo di Anania).
Il film non venne girato in Sardegna (a causa della guerra), ma nelle
Alpi Apuane, nei pressi di Ala di Stura. Per altro questa location fu
consigliata alla Duse dalla stessa Deledda, che considerava questi
luoghi molto simili ai paesaggi sardi.
Inoltre questo è un documento importante da una parte, perché è
una delle poche testimonianze del rapporto tra Grazia Deledda e il
cinema del suo tempo, dall’altra perché è l’unico documento
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filmico su Eleonora Duse, interprete e coautrice dell’opera.
La trasposizione cinematografica di Cenere non fu dettata da una
scelta consapevole delle case cinematografiche per quanto
riguardava i lavori della Deledda, ma dipendeva dal cosiddetto
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“corteggiamento della Duse”, che si era ritirata dalle scene teatrali
nel 1909.
Nel 1915, l’attrice inizia le trattative con due case
cinematografiche: la Tiber di Roma e l’Ambrosio di Torino: ad
entrambe la Duse propose di portare sullo schermo il romanzo della
Deledda di cui parla entusiasticamente con la figlia Enrichetta in
una lettera del 1916.
6
Cfr. G. Olla, Dai Lumière a Sonetaula, Ed. Cuec, Cagliari, 2008, pag. 31.
7
Cfr. G. Olla, Scenari sardi. Grazia Deledda tra cinema e televisione, Ed. Aipsa, Cagliari, 2000. pag. 42.
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La contesa fra le due case cinematografiche si risolse a vantaggio
dell’Ambrosio, ma la scrittrice dopo un’iniziale momento di
apertura e disponibilità a collaborare alla sceneggiatura, decise di
non continuare in questa impresa.
Alla Deledda infatti non poteva andare bene la rielaborazione
cinematografica del suo romanzo così come si presentava nelle
prime stesure della sceneggiatura.
Torna in campo l’annosa questione della sacralità dell’opera
letteraria contrapposta alla “semplicità” del cinematografo: la
scrittrice parla proprio di questo quando pensa alla possibilità che
Cenere diventi un prodotto commerciale.
Questo distacco si legge chiaramente in un documento in cui
l’autrice fa capire esplicitamente di non essere più interessata alla
collaborazione poiché coinvolta in un progetto per un “film sardo”
che, secondo lei, avrebbe dato un’immagine più reale della
Sardegna rispetto a Cenere.
Questo progetto, è per la scrittrice Lo scenario sardo per il cinema
(1916), ritrovato da Ferdinando Cordoba fra le carte di Olga Ossani,
giornalista e amica sia della Deledda che della Duse.
Lo scritto si trova fra queste carte presumibilmente perché questo
progetto per un film sardo interessava la Tiber, che in questo modo
pensava di rifarsi della mancata occasione di produrre Cenere con
un lavoro di prestigio firmato dalla scrittrice.
Mentre Cenere è un film interiorizzato fino all’eccesso, lo Scenario
è un lavoro puramente illustrativo, che vuole evocare, secondo le
parole di Grazia Deledda, la “vera Sardegna” cioè quella che appare
nei suoi romanzi: feste, sagre, cavalcate, paesaggi, costumi.
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1.3 La sceneggiatura di Cenere curata da Eleonora Duse.
La sceneggiatura del film è divisa nettamente in due parti, che
tali resteranno anche nella trasposizione filmica.
Il progetto cinematografico dell’attrice ha una struttura formale più
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“mossa” rispetto a quella che sarà poi realizzata nel film vero e
proprio.
Da una parte questa struttura sembra capace di accogliere tanti
materiali del romanzo, dall’altra sembra effettuare dei tagli
consistenti e senza dubbio coscienti, quasi come se la maggior parte
delle pagine deleddiane fossero del tutto ininfluenti per la
comprensione del lavoro iniziato dalla Duse.
Le due parti riguardano, specularmente, madre e figlio ovvero
Rosalia e Anania protagonisti del romanzo della Deledda.
Le due figure sono unite da un motivo letterario che appare molto
esplicito sia nel romanzo che nel film: la didascalia presente in
quest’ultimo “Dov’è?, Dov’è?” richiama inizialmente l’abbandono
di Anania da parte di sua madre e poi, il ricordo costante di
quest’ultima da parte del figlio e infine, l’attesa che porterà al
ricongiungimento dei due.
Tutta la prima parte è dedicata completamente ad Anania e si
concentra in modo quasi totale sulla scalata al Gennargentu, topos
questo, suggerito direttamente all’attrice dalla Deledda e presente
anche nel romanzo stesso.
Rispetto alla linearità del romanzo di Grazia Deledda, che riprende
perfettamente i canoni del romanzo di formazione ottocentesco, la
Duse focalizza subito il nodo della vicenda, come a voler
8
Cfr. G. Olla, Scenari sardi. Grazia Deledda tra cinema e televisione, Ed. Aipsa, Cagliari, 2000. pag. 123.
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