5
INTRODUZIONE
Per l'analisi dell'opera di Andrej Tarkovskij parto dalla convinzione che un
film è il risultato della volontà di un autore. Tale si può definire un regista
che con i suoi interventi contribuisce a dare un senso unitario e una forma
definitiva all'opera filmica, nata dalla sua intuizione, o come probabilmente
viveva nella sua immaginazione quando è stato stimolato da un testo di
natura letteraria (sceneggiatura, soggetto o racconto) suo o di altri.
Secondo Tarkovskij l'autore è quel "regista che crea il proprio mondo, e
(chi) non tenta di riprodurre la realtà che lo circonda."
1
Tutti i registi filtrano
gli apporti dei collaboratori per ottenere una giustapposizione significativa
dei vari materiali, ma sono propri dell'autore quei caratteri innovativi, e ini-
mitabili che si riscontrano con continuità in ogni sua opera. "Solo in
presenza di una sua personale visione delle cose -scrive Tarkovskij-
trasformandosi in una sorta di filosofo, egli (il regista) si manifesta come
artista e il suo cinema come arte"
2
Tarkovskij è stato sempre una persona sincera, sia nei rapporti
interpersonali che in quelli professionali, ma soprattutto con il cinema non
ha mai voluto scendere a compromessi, per non uccidere la disciplina entro
cui s'esprimeva. Credo che immaginasse l'arte avvolta da un velo aurale, un
velo che non deve essere scalfito, tantomeno tradito per soddisfare esigenze
poco edificanti. L'arte non permette dunque alcun tradimento, altrimenti il
suo significato più vero e profondo viene smarrito dal suo 'traditore'. Il cine-
ma è un'arte della visione che si esercita nel tempo, ma per Tarkovskij è
soprattutto un mezzo di conoscenza spirituale, suscitatrice di energie
psichiche finalizzate ad una crescita comune. Attraverso essa l'uomo rea-
lizza, dunque, il suo essere sulla terra: si innalza spiritualmente.
Tarkovskij ha contraddetto l'opinione corrente che filmare lo spirito era
impossibile, le sue opere hanno la capacità di far vibrare le emozioni di chi
si concede alle sue 'visioni filmate', perché cattura mediante tutti i
1 ANDREJ TARKOVSKIJ, in S.REGGIANI-L.TORNABUONI (a c.), Ma la morte non esiste,
"La Stampa", 30.12.1986 [frasi dal film-intervista di D.BAGLIVO, Un poeta nel cinema:
Andrej Tarkovskij.
2 Andrej TARKOVSKIJ, Scolpire il tempo, Milano, Ubulibri 1988, p.58; d'ora in
avanti le citazioni da questo saggio saranno contrassegnate dalla sigla 'St' se-
guita dal numero di pagina.
6
dispositivi che il cinema gli consente, l'anima delle cose, quel qualcosa che
rende vive e reali ciò che si mostra sullo schermo.
Non ha avuto alcun timore di denudarsi e di tornare con ossessione su stessi
motivi, elementi naturali come l'acqua, il fuoco, il vento, l'albero, ecc.,
figure che lo hanno accompagnato su questa terra e che ha conosciuto ad un
livello talmente profondo da risvegliare negli spettatori immagini equiva-
lenti.
Grandi meriti gli sono stati attribuiti per questa sua capacità pressocché
unica, è ormai abbastanza famoso l'elogio di Bergman: "Se Tarkovskij per
me è il più grande è perché egli dà al cinema un linguaggio nuovo che gli
consente di cogliere la vita come apparenza, la vita come sogno"
3
Zanussi
ha definito Sacrificio "un film sullo spirito dell'uomo, sulla preghiera, sulla
scoperta della preghiera, su qualcosa di incredibilmente difficile da
rappresentare visivamente e tuttora reso in modo splendido"
4
. Anche il regi-
sta polacco, come Bergman, ha osato dare al suo collega del "genio"
5
,
parola non facile da parte di un artista per un suo contemporaneo.
Cosa c'è dietro questo grande talento? Non si possono creare opere di tale
intensità improvvisamente, dal nulla. In lui gli insegnamenti del maestro
Michail Ilic Romm (1901-1971) hanno trovato un terreno estremamente
fertile, di una ricettività notevole. Già ampiamente educato all'arte dalla
madre che gli ha inoltre creato le opportunità di coltivare studi musicali, di
fare corsi di disegno e pittura, ed infine lingue all'università, ma soprattutto
lo ha cullato alle parole dei grandi capolavori della letteratura russa. Maja
Ivanovna era stata studentessa di letteratura all'università, dove conobbe
Arsenij, il padre di Andrej, oggi considerato uno dei maggiori poeti russi.
Quindi da sempre ha respirato atmosfere artistiche, e fin da ragazzo ha visto
quali patimenti si è costretti a vivere prima che le proprie opere vengano va-
lorizzate; per fare qualcosa di veramente valido bisogna escludere in
partenza i bisogni di riconoscimento e di gloria, che sviano dal vero fine
dell'arte.
Dal suo primo mediometraggio, Il rullo compressore e il violino (Katok i
skrypka,1960), fino a Sacrificio (Offret/ Sacrificatio,1986) ha perseguito
3 I.BERGMAN, Lanterna magica, Milano, Garzanti 1987, p.71.
4 K.ZANUSSI, Intervista, in "L'Altra Europa",4/214, luglio-agosto 1987,p.87.
5 K.ZANUSSI, in S.REGGIANI, Tarkovskij il veggente, "La Stampa", 30.12.86
7
tematiche che hanno come fondamento l'uomo, con i suoi limiti, i suoi
errori, i suoi tormenti coscienziali coordinati da una ricerca costante della
Verità. La sua profonda religiosità si compie in un pellegrinaggio artistico
formato da sette tappe, lungometraggi dove il cammino, il viaggio si riflette
sia nella struttura narrativa, sia nel tema. I suoi eroi si trasformano davanti
ad ostacoli, che richiedono una mutazione interiore, una 'metanoia', un
cambiamento di mentalità. Il loro è spesso un percorso di iniziazione verso
una nuova condizione d'essere.
Il passato de L'Infanzia di Ivàn (Ivanovo Detstvo,1962) è un sogno-
ricordo del ragazzo, che lo spinge con incoscienza ad affrontare le sue
missioni rischiose, fino alla morte; il quattrocento di Andrej Rublëv
(id.,1966) e la memoria personale de Lo specchio (Zerkalo,1974)
individuano momenti forti della storia. In Andrej Rublëv la battaglia di
Kulikovo, non girata per motivi finanziari ma lasciata sottesa alla scorreria
dei tartari in ritirata, è una tappa importante per il corso storico della Russia.
In quella battaglia, avvenuta nel 1380, le truppe del principe Dimitri
Donskoj, con la benedizione di S.Sergio di Radonez (1314- 1392)
6
, bat-
terono le orde tartare che da allora cominciarono il loro definitivo ritiro.
Kulikovo segna il rinascimento morale, la nuova presa di coscienza del
proprio destino di baluardo dell'occidente all'invasione tartara. In Lo
specchio c'è la bomba di Hiroshima, corredata dalle immagini documentarie
della guerra civile spagnola e della controffensiva dell'Armata Rossa contro
l'avanzata nazista. La bomba atomica taglia in due la storia del mondo inte-
ro, come già era successo con la crocifissione sul Golgota (rappresentata
anche per altri motivi in Andrej Rublëv), così c'è un prima e un dopo
Hiroshima, cioè la triste possibilità dell'umanità di autoannientarsi.
I viaggi di questi protagonisti non vanno intesi come spostamenti fisici in
uno spazio geografico, ma 'viaggi' attraverso la Storia, vista come i grandi
eventi incidono sull'identità del singolo. Alla ricerca di un equilibrio interio-
re perduto nel corso dei secoli è lo psicologo Kelvin, protagonista di Solaris
6 S.Sergio di Radonez, divenne prete nel 1344, nello stesso anno eletto igumeno(superiore), introdusse
dieci anni dopo la vita cenobitica; fondatore di vari monasteri, tra cui quello di Andronikov dove crebbe
Andrej Rublëv. Gli scrittori russi lo considerano uno dei più grandi monaci che la Russia abbia avuto. Egli
avrebbe riunito in sé, come nessun altro né prima né poi, la ricerca della propria perfezione attraverso la
vita eremitica, la più adatta per raggiungerla, e l'amore per il bene dell'umanità, per cui partecipava alla
vita pubblica. [Notizie da A.M.AMMAN S.J., Storia della Chiesa russa, Torino, Utet 1948, pp.101-103; e
P.FLORENSKIJ, Le porte regali, Milano, Adelphi 1981, p.86.]
8
(Soljaris, 1972), che si ritrova faccia a faccia con la propria coscienza, nello
scontro con una realtà ignota, e con dolore cerca la via migliore per salvare
la propria dignità. Stalker (id.,1979), ultimo film girato in patria, è un'altra
immersione in un luogo misterioso, la Zona, che racchiude una stanza dove
si realizza il desiderio più intimo. Con Nostalghia (id., 1983), inizialmente
Viaggio in Italia si chiude questa catena di viaggi per aprirsi al capolavoro
girato a Gotland, isola svedese così vicina all'ex Urss, terra d'origine da cui
preferì allontanarsi per non dover soccombere.
Questa spinta alla sopravvivenza artistica, e materiale, lo ha portato a
concepire un'opera di tremenda attualità: cosa può fare l'uomo per
scongiurare la catastrofe nucleare? Tarkovskij passa dal suicidio di fuoco di
Domenico sul Campidoglio, dopo un lungo e significativo discorso, al gesto
estremo del protagonista di Sacrificio, che trasforma in modo miracoloso,
l'irreversibile corso degli eventi, grazie all'incontro intimo con Maria, una
specie di 'strega' benefica.
Questo lavoro non analizzerà tutte le opere del regista russo, ma
essenzialmente il pensiero, la poetica e lo stile, mediante rimandi ai film,
alle dichiarazioni e ai suoi scritti. E' una ricerca che punta a scoprire l'uomo-
artista nel suo intimo, nel suo mondo particolare di creatore per il cinema.
Cercherò di annotare ed evidenziare corrispondenze, anche le più nascoste,
tra risultato e pensiero teorico, attraverso ipotetici percorsi creativi, e tra
prodotto e sue possibili interpretazioni.
Dopo aver discusso alcuni punti fondamentali della sua poetica e del suo
stile, affronterò l'analisi dell'ultimo film, a ragione definito da più parti un
film testamento, una summa poetica e spirituale, che grazie alla sua forza
emotiva ha convinto persino i suoi più accesi detrattori.
Infine un profilo biofilmografico dove si descrivono l'educazione e alcune
tappe importanti dell'uomo Tarkovskij, accompagnato da alcune note
sull'accoglienza che la critica italiana ha riservato ai suoi film.
9
I. POETICA
Ogni artista fonda la sua poetica sulla base di reali motivazioni che lo
spingono ad esprimersi, "esprimersi non vuol dire doversi produrre davanti
all'universo intero per un film o un libro -dichiarò a "Positif" nell'86- è
sufficiente per esprimersi, sentire che si è una creatura uscita dalle mani del
Creatore, anziché considerarsi una sorta di cima nella natura della Crea-
zione."
7
La sua esigenza, o meglio vocazione, è far entrare l'intervento
artistico nel flusso naturale delle cose. Non l'opera deve imitare i prodotti
della Natura, come spesso avviene in certi formalisti che si preoccupano di
scoprire proporzioni 'auree', bensì l'artista, col suo modo di creare, deve
imitare la Natura, qui intesa come forza generatrice di tutte le cose.
Per commentare la poetica di Andrej Tarkovskij è sufficiente soffermarsi
sul concetto di figura cinematografica, maturato sulle idee del tempo
perpetuato, che coinvolgevano un abbozzo teorico delle questioni di ritmo e
di montaggio.
Le prime dichiarazioni di poetica risalgono al 1967, da allora fino alla
pubblicazione di Scolpire il tempo (Zapecatlennoe vremja, saggio ultimato
dieci giorni prima di morire) non ci sono variazioni sostanziali, anzi sembra
di seguire una evoluzione continua. Gli articoli di sua firma, e le interviste
apparse su riviste sovietiche, hanno il carattere tipico dei manifesti pro-
grammatici. Solo che mentre questi raramente corrispondono poi alle opere
realizzate, in Tarkovskij il pensiero ha tangibile consequenzialità nella ma-
teria concreta che si mostra in pellicola, come, ad esempio, era già successo
di notare nel maestro Bresson.
Questo non subire cambiamenti sostanziali circa il modo di fare film e di
intendere il cinema non è sintomo di irrigidimento sui propri assunti estetici,
piuttosto può voler dire che la riflessione è giunta subito al punto di
maturità, e ha avuto bisogno solo di una serie di assestamenti, e di una
decantazione nella sua prassi.
7 A.T., A propos du Sacrifice, "Positif", 303, maggio 1986, p.5.
10
Aveva spesso affermato di tenere una posizione di estrema ricettività di
fronte all'arte, e alla vita; come dire di debolezza, e fragilità. E', immagino,
la debolezza di Lao Tse
8
, citato in Stalker e Lo specchio, e ripreso in varie
interviste, "la debolezza è potenza, la forza è niente. rigidità e forza sono
compagne della morte. Debolezza e flessibilità sono compagne della vita."
9
Per la fragilità, un significato più consono al nostro regista va ricercato in
una delle tre virtù che secondo Roland Barthes un artista dovrebbe avere, le
altre due sono la vigilanza e la saggezza. "L'artista non è mai sicuro di
vivere, di lavorare" sa che "può sempre essere spazzato via. L'artista è
dunque minacciato, non solo dal potere costituito (...) ma anche dal
sentimento collettivo, sempre latente, che una società può benissimo fare a
meno dell'arte: l'attività dell'artista è sospesa perché disturba. Il comfort, la
sicurezza dei sensi stabiliti, perché è nello stesso tempo dispendiosa e gra-
tuita."
10
L'artista fa parte di un mondo che cambia, e anch'egli cambia. C'è chi si
adegua e chi, come Tarkovskij vuole cambiare il mondo e gli uomini. Forse
c'è una punta di presunzione, smorzata con autoironia se valutiamo come
sua questa frase dello Scrittore di Stalker: "Eppure prima pensavo che
qualcuno sarebbe diventato migliore grazie ai miei libri." Non c'è solo
l'autoironia che lo salva dal peccare di presunzione, ci sono testimonianze
che gli danno ragione. Un criminale rinchiuso in un gulag, dopo aver visto
L'Infanzia di Ivàn, gli scrisse che si sentiva trasformato interiormente al
punto che non avrebbe mai più ucciso.
8 Lao Tse, Tao Te Ching, cap.76.
"La debolezza è grande,/ e la forza è niente.
Quando l'uomo nasce, è debole e flessibile
e quando muore è forte e duro./ Quando l'albero cresce
è flessibile e tenero/ e quando è duro e rigido
esso muore./ Rigidità e durezza
son compagne della morte,/ flessibilità e debolezza
esprimono la freschezza dell'esistenza.
Per questo ciò che si è irrigidito/ non vincerà."
9 A.T., in F. BORIN (a c.) Andrej Tarkovskij, cit., p.32.
10 R.BARTHES, Quella traccia del senso che si chiama destino, in G.Aristarco, Su Antonioni, Roma, La
Zattera di Babele 1988, p.165. (Lettera aperta di R.Barthes a M.Antonioni inviata in occasione della
consegna dell'Archiginnasio d'oro al regista ferrarese da parte del Comune di Bologna, 1980); sull'attività
di 'disturbo' dell'artista, Tarkovskij scrisse: "L'artista si sforza di infrangere la stabilità della quale vive la
società in nome del movimento verso l'ideale. La società aspira alla stabilità, l'artista aspira all'infinito.
All'artista interessa la verità assoluta, perciò egli guarda in avanti e vede le cose prima degli altri."
[St,174].
11
I.1. IL TEMPO PERPETUATO
Nel 1967 sulla rivista russa "Iskusstvo Kino" appare un articolo dell'allora
trentacinquenne Tarkovskij, dal titolo Zapecatlennoe vremja, tradotto in
parte da "Jeune Cinéma" due anni dopo, designandolo Le temps conservé. In
questo saggio esordiva con i problemi di messinscena e ambientazione del-
l'Andrej Rublëv, per accennare poi alla sua concezione del montaggio e del
ritmo.
Già allora considerava lo specifico cinematografico nella capacità del
dispositivo di afferrare un frammento di tempo dal suo inesorabile corso e
fissarlo in tutta la sua pienezza vitale, con la possibilità così di riprodurre la
poeticità del ricordo. Non è detto che ciò che si mostra deve essere ripreso
in maniera tale da evidenziare lo scorrere del tempo, al regista interessa il
"tempo registrato nelle sue forme e manifestazioni fattuali" [St,59], nel
senso che qualunque oggetto può presentarsi anche nella sua immobilità.
Questo lo chiarisce nel capitolo denominato Il tempo impresso sulla pellico-
la di Scolpire il tempo, quando scrive che "un oggetto 'inanimato' -un
tavolo, una sedia, un bicchiere- inquadrato separatamente da tutto il resto,
non può essere presentato separatamente dal fluire del tempo"[St,64], in una
dimensione atemporale.
In Nostalghia, c'è una sequenza, quando Gorciakov è in casa di Domenico,
dove si passa dal viso del poeta alla mensola che sta osservando, per poi
tornare sullo stesso, con un carrello laterale lineare. Il personaggio lasciato a
destra ricompare a sinistra, passando evidentemente da dietro o sotto la
mdp. Tarkovskij non cade mai nella pura descrizione, perché questa ha
come principale caratteristica strutturale l'atemporalità. Inoltre, in questo
caso, il carrello laterale funziona da surrogato dello sguardo di Gorciakov,
la cui uscita trasforma l'inquadratura da oggettiva in soggettiva.
Sorge il problema di quale organo attivare per l'operazione di cernita richie-
sta nello 'scolpire il tempo', dove interviene la capacità dell'artista di 'sentire'
il materiale che sta trattando. Il 'sentire' non è soggetto a precise
delimitazioni, è qualcosa di imponderabile, non gli si possono fissare regole.
Nell'intuizione del tempo scolpito si contrappone l'indispensabile all'inutile,
discriminare l'"estraneo, non necessario", è un modo di risolvere "il pro-
12
blema di ciò che è indispensabile al film e di ciò che è controindicato".
11
Dal
'blocco del tempo' Tarkovskij sceglie il materiale da riprodurre, o meglio
perpetuare, in pellicola in modo che si produca un assemblaggio di mate-
riali vivi, "quasi fossero legate dallo stesso gruppo sanguigno", cioè cogliere
"il principio della vita interiore dei brani filmati."
12
L'individuazione di
questo è realmente soggetta alla sensibilità di un regista, e si può anche
ipotizzare, che non è soggetto ad arbitrarietà, ma ne esiste uno solo in ogni
brano, tutto sta nello scoprirlo o meno.
Il problema del 'sentire' nella teoresi del suo programma operativo
interviene in più momenti, e bisogna riconoscere che in lui funzionava
realmente come un vaglio vigile e cosciente per il controllo del progredire
dell'opera. Non era interessato al tempo lineare, ma a quella condizione che
rende fecondo l'uomo in senso morale, e lo fa realizzare come persona,
pensava al tempo come uno stato simile alla "fiamma nella quale vive la
salamandra dell'anima dell'uomo"[St,55]. Questo è il tempo dove convivono
i ricordi del passato, le percezioni sensibili del presente e le attese del
futuro.
Il tempo è un elemento indispensabile alla trasformazione in esperienza di
qualsiasi fatto reale, e come è una condizione necessaria per lo spirito
dell'uomo, così lo è anche per la forma del film, sia Lo specchio, che i film
dell'esilio sono strutturati in modo organico su questi tre tempi.
Il cinema può mancare di attori, di musica, di scenografie, di battute, ecc.,
ma non della sensazione del tempo che scorre all'interno del quadro. Il
tempo impresso sulla pellicola si associa spesso al ritmo e questo, in parte,
scaturisce dal montaggio, che consiste, per Tarkovskij, "nell'assemblaggio
del tempo, fissato nei materiali filmati"
13
. Il tempo perpetuato ha la sua ma-
trice nel tempo reale, di questo ne riproduce segmenti, cioè delle durate, che
equivalgono alle unità di composizione della nostra percezione del tempo,
non come continuum, ma per segmenti, per fasi.
11 A.T., Sulla figura cinematografica, in F.BORIN (a c.), Andrej Tarkovskij, cit., p.35
12 Ibidem, p.26.
13 Ibidem, p.28.