6
Lo spunto per realizzare questa tesi viene dall'esperienza offerta dal tirocinio svolto
presso la Malaga Film Office e dal successivo stage presso il Festival di Cinema
Internazionale di Sitges, durante l'anno accademico 2005-2006.
All'interno di queste strutture si è potuto comprovare come il cinema sia in grado di
accomunare le differenti sensibilità artistiche e di appianare le barriere che tuttavia
dividono i paesi e in seguito di appassionarsi alle opere di Alejandro Amenàbar, astro
nascente del cinema spagnolo.
Questa tesi si pone quindi l’obiettivo di analizzare il cinema di Alejandro Amenàbar,
di individuare le modalità con cui costruisce un film e di proporre alcune riflessioni
sulla sua particolare sensibilità nel trattare determinate tematiche.
Nel primo capitolo si è ritenuto necessario introdurre una riflessione sulle politiche
cinematografiche adottate dai vari governi spagnoli che si sono succeduti negli ultimi
venticinque anni. All’interno di questo capitolo sono state individuate le influenze e
opportunità legislative che hanno contribuito alla realizzazione della filmografia di
Alejandro Amenàbar.
Il secondo capitolo prende in esame gli elementi più significativi della vita del regista
e il suo rapporto con alcuni dei personaggi che lo hanno accompagnato durante tutta
la carriera. Vengono poi mostrate le peculiarità che definiscono il suo stile e marca
autoriale.
Nel terzo capitolo si analizzano, nella loro compiutezza, i cortometraggi La Cabeza,
Himenoptero e Luna e i lungometraggi Tesis, Apri gli occhi e The Others. In questo
capitolo cercheremo di individuare il filo rosso che lega questi film e di scoprirne i
temi principali.
Nel quarto capitolo vengono studiati trasversalmente i diversi aspetti, punti e materie
che accomunano la prima parte della filmografia di Alejandro Amenàbar. Sono
elementi che riguardano questioni vitali, sentimentali, ideologiche, culturali, di
genere, argomentative, tecniche e di stile, che si inseriscono in quella che abbiamo
definito la trilogia della suspence.
7
Nell'ultimo capitolo viene infine analizzato il film Mare dentro.
Dopo aver individuato le analogie e le discrepanze con la filmografia precedente si
tenterà di immergersi nelle caratteristiche principali del film per scoprirne colori,
temi, suoni trame e personaggi. Infine si mostreranno le influenze cinematografiche
che hanno contribuito a creare l’intera opera di Alejandro Amenàbar.
La tesi si completa traendo, dalle analisi dei capitoli sopra descritti, alcune
conclusioni sui motivi del successo di Alejandro Amenàbar nel contesto
cinematografico spagnolo, europeo ed internazionale.
Il presupposto forte, se tale può essere considerato, è che attraverso la decostruzione
degli elementi che compongono il suo cinema sia possibile individuarne l’essenza.
Ogni elemento strappato dall’essenza del suo insieme armonico ci servirà per, senza
perdere la propria individualità, annunciare il vuoto lasciato da Mare dentro.
Detto in altro modo: la somma dei film analizzati non ci restituirà il totale, ma la
sensazione che ognuno di loro contenga già la volontà di essere opera viva.
In questo modo si tenterà di provare, convocare e decostruire, a partire da ora,
Alejandro Amenàbar, e il suo cinema.
8
CAPITOLO I
1. LE POLITICHE CINEMATOGRAFICHE SPAGNOLE DAL 1982 AI
NOSTRI GIORNI.
Il cinema spagnolo è un grande sconosciuto in Europa.
A differenza del cinema francese, italiano, tedesco, inglese, russo e sovietico, danese,
svedese o svizzero, per citare solo alcuni esempi, il cinema spagnolo non ha mai
suscitato grandi interessi.
Pregiudizi intellettuali da lungo tempo radicati hanno diffuso il luogo comune
secondo cui il cinema spagnolo sarebbe praticamente inesistente, irrilevante o
comunque indegno di uno studio serio.
Ad un certo disinteresse degli addetti ai lavori va aggiunto il fatto che la sua
particolare storia è stata, per quasi mezzo secolo, strettamente legata
all’oscurantismo programmatico della dittatura franchista.
Questi due elementi forse da soli non bastano per spiegare come per molti, fino a
poco tempo fa, il cinema spagnolo si riducesse a tre nomi: Luis Buñuel, Carlos Saura
e Pedro Almodóvar.
Ma la situazione, per fortuna di tutti, sta cambiando.
La presenza di film spagnoli nei festival internazionali, i sorprendenti risultati di
cineasti esordienti come Alejandro Amenàbar, Julio Medem e Isabel Coixet hanno
portato il cinema spagnolo ad essere di nuovo apprezzato e conosciuto anche oltre i
confini iberici.
Ma questo cinema non è sorto dal nulla.
Se in Spagna cinema e storia sono sempre andati di pari passo, i cambiamenti che ha
subito la politica spagnola sono fondamentali per comprendere l’evoluzione del
cinema spagnolo, che è passato da una profonda crisi ad alcuni significativi segnali
positivi che fa ben sperare l’intero comparto cinematografico.
9
Per avere una visione d’insieme degli ultimi anni si procederà quindi ad una analisi
delle politiche cinematografiche, degli eventi più importanti che lo hanno
caratterizzato e come questi hanno determinato l’apparire sulla scena nazionale ed
internazionale di una generazione di nuovi registi.
Questa analisi è determinante per spiegare il rinnovamento generazionale dei
cineasti, fra i quali emerge la figura di Alejandro Amenàbar, e il rapido cambiamento
professionale che si sono prodotti negli ultimi decenni: un processo che ha
determinato, un’evidente trasformazione dell’immaginario culturale e del substrato
visivo che costituiscono le immagini del cinema spagnolo.
10
1.1. Il periodo del governo di Felipe Gonzalez Marquez.
Superata la fase di transizione, dalla dittatura alla democrazia, l’ultimo ventennio del
XX secolo iniziava con il bisogno di grandi cambiamenti.
Come buona parte delle cinematografie europee, colonizzate dal cinema statunitense
nei settori della distribuzione e dell’esercizio, la produzione spagnola aveva un
assoluto bisogno di finanziamenti dello Stato per il suo mantenimento.
Nonostante le condizioni atipiche imposte durante i quaranta anni della dittatura, il
sistema applicato fin dal 1939 consisteva nella periodica alternanza degli unici due
modelli possibili: il sovvenzionamento anticipato, basato su criteri politici o
professionali ma sempre soggettivi, e il sovvenzionamento automatico, erogato in
maniera proporzionale agli incassi.
1.1.1.La “legge Mirò” e le sue conseguenze.
La vittoria del PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo) alle elezioni generali
dell’ottobre 1982, aprì un nuovo periodo storico destinato a estendersi almeno fino al
decennio successivo.
1
In campo cinematografico il PSOE aveva già delineato le sue direttrici
programmatiche con l’intervento al I Congresso democratico del cinema spagnolo
del dicembre del 1978, dove espresse una definizione di cinema che sarebbe stata
ripresa nel testo interno del partito redatto in vista delle elezioni del 1982:
“il cinema è un bene culturale, un mezzo di espressione artistica, un
fenomeno di comunicazione sociale, un’industria, una merce, un
oggetto di studio, di insegnamento e di ricerca. Il cinema è dunque
parte del patrimonio culturale della Spagna, delle sue nazionalità e
delle sue regioni”
2
1
Ci sembra lecito considerare questo “decennio socialista” come un periodo storicamente delimitato, caratterizzato da eventi
socialmente rilevanti, come l’ingresso della Spagna nella CEE, avvenuto nel gennaio del 1986, e dalla volontà di affermazione
internazionale attraverso le Olimpiadi di Barcellona e l’esposizione universale di Siviglia del 1992.
2
Gubern Román, Monterde Enrique, Riambau E. e Torreiro C., Storia del cinema spagnolo, Marsilio, Venezia, 1995. Pag 250
11
Le promesse elettorali
3
di “cambiamento” cominciarono a concretizzarsi quando,
appena due settimane dopo l’insediamento di Felipe Gonzalez alla presidenza del
governo, Pilar Mirò
4
fu nominata direttore generale della cinematografia, in seno al
Ministero della Cultura affidato a Javier Solana.
Le prime misure legislative di Pilar Mirò riguardarono la regolamentazione delle sale
“X”, destinate alla proiezione di film pornografici, e delle sale “de arte y ensayo”,
mentre fu soppressa la categoria “S”, riservata alla proiezione di film erotici a basso
costo, che aveva alimentato l’inflazione produttiva degli anni precedenti finalizzata
unicamente all’ottenimento di licenze di doppiaggio da parte di grandi case
distributrici americane o delle loro filiali spagnole.
Alcuni mesi dopo, nel dicembre del 1983, fu emesso un Decreto Regio, che avrebbe
agito su più fronti.
Tra le principali norme stabilite vi erano: l’introduzione di una sovvenzione
anticipata in base ad un esame della sceneggiatura, della troupe, del preventivo e del
piano di finanziamento; il mantenimento del 15% di sovvenzione automatica sugli
incassi lordi, passibile di essere innalzata fino al 25% nel caso di film di “qualità
speciale”; la sovvenzione supplementare per i film dal preventivo superiore a 55
milioni di pesetas (380.000 euro circa); aiuti speciali per i progetti di cineasti
esordienti o di carattere sperimentale; la riduzione della quota di distribuzione a
quattro licenze di doppiaggio per ogni film spagnolo, con la clausola che la quarta
sarebbe stata concessa soltanto nel caso di incassi superiori ai 100 milioni di pesetas
(700.000 euro circa); il ritocco della quota di programmazione dei film stranieri, da 2
a 1 a 3 a 1, al fine di far fronte a una prevedibile contrazione della produzione
nazionale.
5
3
Il governo ideologicamente schierato a centro sinistra riuscì a riconfigurare in termini libertari tutti gli aspetti che
caratterizzavano la nazione con una spinta inizialmente positiva, a partire da atti apparentemente poco rilevanti come un certo
permissivismo nei confronti della pornografia, (ancora del tutto proibita) fino a quelli davvero fondamentali, in primo luogo, il
ridimensionamento del potere sociale dell’esercito e della Chiesa.
4
Pilar Mirò, fu non soltanto uno dei primi esponenti dell’industria cinematografica a ricoprire questo importante incarico
politico, ma la responsabile della messa in scena di una macchina legislativa nata dalla volontà politica di modernizzare
l’apparato cinematografico ormai obsoleto in rapporto al nuovo paesaggio audiovisivo internazionale e all’immediato futuro
dell’integrazione europea.
5
http://www.mcu.es/legislacion/index.html (ultima consultazione gennaio 2007).
12
Quest’ultimo punto apparentemente contraddittorio, si spiega con l’intenzione di
privilegiare la qualità rispetto alla quantità, in modo da produrre meno film, più
competitivi sul mercato nazionale e anche quello internazionale, nel quale si
intendeva penetrare mediante la partecipazione ai festival di maggior prestigio o
tramite l’organizzazione di manifestazioni promozionali nelle principali capitali
straniere.
6
Un altro momento fondamentale delle nuove direttrici imposte al cinema spagnolo,
essenzialmente finalizzate a un miglioramento nella qualità del prodotto, furono gli
accordi firmati nel settembre del 1983 fra la RTVE (RadioTelevisione Spagnola) e
l’Associazione dei produttori cinematografici.
7
Il documento garantiva una quota del 25% alla trasmissione di lungometraggi
spagnoli, la stipula di contratti d’appalto per la produzione di serie televisive e
lungometraggi, e la facoltà di acquisire diritti d’antenna per un valore minimo di 18
milioni di pesetas (circa 18.00 euro) da destinarsi a otto progetti nel 1984 e sei nel
1985.
Nonostante l’indubbia buona volontà che animò questo governo gli effetti secondari
di queste misure ufficiali portarono ad alcuni effetti collaterali significativi: la
scomparsa dei cinema rurali e delle sale di quartiere con programmi doppi costituiti
da film modesti (così come accadeva nel resto d’Europa), e la scomparsa di tutti i
livelli intermedi di produzione, proprio nel momento in cui veniva introdotta la
politica delle sovvenzioni (finanziamenti d’anticipo sugli incassi).
6
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, i molteplici effetti del successo di critica ottenuti in festival stranieri dai film del
dramma rurale, fissano una sorta di stereotipo culturale d’impoverito “realismo sociale” cinematografico, nel quale sembrava
obbligatorio inquadrare tutta la produzione nazionale che pretendesse di suscitare attenzione e rispetto a livello nazionale e
internazionale. Così la produzione spagnola si biforca a grandi linee in due correnti principali, antitetiche e irriconciliabili. Da
una parte il film importante, sostenuto finanziariamente da ogni sorta di organo ufficiale con introiti anticipati sul passaggio in
televisione, che dispone dell’equipe tecnica migliore e degli attori più prestigiosi. Dall’altra, il filmetto incredibilmente misero,
realizzato da troupe tecniche e artistiche ridotte, formate da professionisti a volte inadattati, a volte decisamente improponibili
per altri tipi di progetto, che nasce e muore nella distribuzione video. Tutto il resto è silenzio. (Aguilar C.: Fantaespana: orrore
e fantascienza nel cinema spagnolo, un secolo di delirio filmico. Lindau s.r.l. 2002). Pag.74.
7
http://www.mcu.es/legislacion/index.html (ultima consultazione gennaio 2007).
13
Ormai da mesi si era creato l’ICAA (Istituto per la Cinematografia e le Arti
Audiovisive) in sostituzione della vecchia Direzione Generale, e nel dicembre del
1985 Pilar Mirò si era dimessa dal suo incarico per accedere, dieci mesi più tardi, al
ruolo strategico di direttore generale della RTVE.
Il successore di Pilar Mirò alla direzione dell’ICAA sarebbe stato Fernando Mendez
Leite, un altro cineasta deciso a proseguire sulla strada da lei aperta.
8
Nel giugno del 1986, promosse un nuovo decreto legge per far fronte alle
conseguenze del recente ingresso della Spagna nella CEE.
Venne istituita una “quota schermo” per i film provenienti dalla Comunità (un giorno
di film CEE contro due di film di altri paesi) e aumentata la quota di distribuzione
fino a quattro licenze di doppiaggio per ogni film spagnolo in distribuzione, da
concedersi in base ai dati sugli incassi.
9
8
Mendez Leite, che riconobbe il ruolo di Barcellona come secondo polo industriale della cinematografia spagnola, non sfuggì
alle critiche di alcuni ambienti dell’industria, concretizzatesi all’inizio del 1987 in un manifesto firmato da un centinaio di
professionisti, per protestare contro la supposta parzialità della sua politica di sovvenzioni cinematografiche. Ma come ha
evidenziato Gubern “ più che favoritismi, era il caso di temere il corporativismo di commissioni che pur, dipendendo nella loro
composizione dalla discrezionalità dell’ICAA, erano pur sempre formate tenendo conto dei diversi settori dell’industria, ed
esprimevano quindi un punto di vista più spesso strumentale (dar lavoro e procacciare affari alle imprese) che finalizzato,
ossia maggiormente interessato alla semplice esistenza dei prodotti che alla loro riuscita” (Gubern Román, Monterde Enrique,
Riambau Estieve e Torreiro C., Storia del cinema spagnolo, Marsilio, Venezia, 1995).Pag.123
9
http://www.mcu.es/legislacion/index.html (ultima consultazione gennaio 2007)..
14
1.1.2. Il Decreto Semprùn: cultura e industria.
Nel luglio del 1988, l’insediamento dello scrittore Jorge Semprùn, già sceneggiatore
per Alain Resnais e Costa Gravas, al Ministero della Cultura portò a una nuova
impostazione della politica di protezione cinematografica. Fra i progetti di Semprùn
vi era la revisione, quasi un colpo di spugna, a una parte della “legge Mirò”
Se questa infatti aveva certamente ottenuto un sostanziale miglioramento qualitativo
della produzione, non era però riuscita a radicarlo in un’industria che, soprattutto per
quanto riguardava la distribuzione e l’esercizio, non si era evoluta in sincronia con il
“cambiamento” imposto da un partito, il PSOE, che in fin dei conti non aveva fatto
del cinema una delle sue priorità politiche.
Un mese dopo si dimetteva anche Pilar Mirò dal suo incarico politico alla RTVE,
ridotta ormai un capro espiatorio di divergenze politiche interne al PSOE.
Il documento denominato “Decreto Semprùn”
10
pubblicato nell’agosto del 1989, in
coincidenza con la concessione delle prime tre licenze per l’impianto di emittenti
televisive private, reclamava il rafforzamento delle basi industriali a partire dalle
misure di sgravio fiscale, l’apertura di linee creditizie bancarie a incominciare da un
fondo di garanzia statale, inoltre vennero firmati nuovi accordi con la RTVE.
Venne informatizzato il controllo degli incassi e si creò un sistema di aiuti alla
distribuzione e all’esercizio, infine venne elaborata una riforma del sistema di
sovvenzioni anticipate.
Quest’ultimo punto suscitava le polemiche più accese, dato che andava a toccare la
principale fonte di benefici economici del cinema spagnolo, avrebbe imposto
l’obbligo di scegliere tra le sovvenzioni sugli incassi e quelle anticipate, in questo
ultimo cso sottoponendo a valutazione i progetti, non tanto sulla base della
sceneggiatura (al posto della quale sarebbe bastata una semplice sinossi), quanto in
base ai piani di sfruttamento commerciale del prodotto e a una relazione sulle attività
della casa produttrice.
10
http://www.mcu.es/legislacion/index.html (ultima consultazione gennaio 2007).
15
In sintesi dopo la legge Mirò” e senza che il cambiamento di rotta imposto dal
“Decreto Semprun” potesse far nulla per impedirlo, i film spagnoli che si
producevano erano forse migliori, ma diminuivano costantemente di numero, mentre
il pubblico continuava a voltare le spalle a una cinematografia i cui settori di
distribuzione ed esercizio erano stati toccati solo tangenzialmente.
11
Gli anni ’90 resero la televisione la principale fonte di finanziamento dei film
spagnoli.
L’irruzione delle televisioni private all’inizio del decennio cambiò radicalmente il
panorama di un’industria fino ad allora troppo dipendente dal sistema dei
finanziamenti pubblici
L’esistenza di un canale a pagamento come Canal Plus e il bisogno di riempire il suo
palinsesto con cui soddisfare gli abbonati, fece aumentare considerevolmente le
entrate dei diritti di trasmissione, fino a quel momento quasi esclusivamente
provenienti dalla TVE.
E in questo periodo che Alejandro Amenàbar fonda una casa di produzione propria,
Himenoptero, con la quale produrrà i suoi tre cortometraggi (La Cabeza del 1991,
Himenoptero del 1992 e Luna del 1994) e che ritroveremo fra l’insieme di aziende
riunitesi per la produzione del suo ultimo capolavoro Mare dentro del 2004.
Le iniezioni di capitali nel cinema provenienti dalla televisione aumentò il numero di
lungometraggi (da 47 del 1990 i 56 del 1993, ma favorì anche il lievitare dei costi di
produzione, tesi a garantire le sovvenzioni stabilite a livello legislativo dall’ultimo
decreto sulla cinematografia
Se si considera che le prevendite venivano effettuate generalmente con la RTVE, si
può certamente affermare che le sovvenzioni anticipate, e la necessità, per le case
distributrici internazionali, di garantirsi dai venti ai trenta lungometraggi spagnoli al
fine delle licenze di doppiaggio, costituivano i due pilastri su cui riposava l’industria
cinematografica spagnola.
11
La grave situazione del cinema spagnolo, non era legata unicamente al progressivo chiudersi delle sale o alla flessione del
numero di spettatori, dovuto a un mutamento dell’industria su scala mondiale (che privilegiava nuove forme di esibizione e
consumo quali la televisione e l’home video), ma piuttosto all’allarmante contrazione della quota di giornate-spettatore del
cinema nazionale rispetto a quella conquistata dal cinema americano, concesse dalla nuova legislazione, in nome dei principi
del “libero mercato”, tradizionalmente sfavorevoli al prodotto nazionale. (Esteve Riambau, Un cinema a misura dello Stato in
Cinema in Spagna oggi: Nuovi autori. Nuove tendenze. Lindau s.r.l., Torino 2002). a cura di: Armocida P., Spagnoletti G.,
Vidal N. , Pag.103
16
Nel 1993 il PSOE vinse di nuovo le elezioni con un leggero margine. Da parte
dell’ICAA si cercò di potenziare un certo rinnovamento nel cinema spagnolo.
La teorica riattivazione industriale propiziata dai vari decreti si erano dimostrati
insufficiente e il sistema di sovvenzioni anticipate veniva indicato come il principale
responsabile di tale situazione
A tale scopo era necessario intervenire per evitare la paralisi del settore, che nei
primi mesi di quell’anno si espresse in un calo di produzione tale da tornare ai livelli
degli anni ’80.
Fu necessario aspettare fino alla fine del 1994 affinché entrasse in vigore una doppia
via di protezione destinata a sviluppare i film di nuovi registi.
Verso la fine del 1994 l’ICAA riuscì ad ottenere una “Legge per il Cinema”(Ley
25/1994, de 12 de julio).
12
Le sovvenzioni anticipate furono ristrette ai film di “qualità speciale” e per i progetti
dei nuovi registi fino ad un massimo di 50 milioni di pesetas (circa 350.000 euro),
inoltre si stabiliva, in forma alternativa che, per ottenere la protezione automatica del
33% sul costo del film, i guadagni derivanti dalla vendita di biglietti non avrebbe
dovuto essere inferiori ai 30 miloni di pesetas, e 20 nel caso di opere prime
(rispettivamente 200.000 e 150.000 euro circa).
Queste disposizioni facilitarono la produzione di film diretti da nuovi cineasti e
possono essere considerate come il motore che spinse gli incrementi registrati negli
anni 1995 e 1996.
13
12
http://www.mcu.es/legislacion/index.html (ultima consultazione gennaio 2007).
13
Nel 1995 la situazione migliorò e vennero girati 59 lungometraggi. La percentuale dei film al cinema passò dal miserabile
6% al 12%. Nel 1996 si raggiunse la punta massima del decennio con 91 film realizzati includendo sia i film spagnoli sia le
coproduzioni.. Dati ICAA (www.mcu.es/cine/index.htm) ultima consultazione gennaio 2007.
17
1.2. Il periodo del governo di Josè Maria Aznar.
Il trionfo elettorale (13 marzo 1996) del centro-destra capeggiato da Aznar
determinò, all’interno di un lieve ma palpabile cambiamento sociale del paese, un
prevedibile passaggio di testimone in campo cinematografico.
Il sostegno ai “progetti d’autore” e di carattere teoricamente culturale garantito dal
Partito Socialista Operaio Spagnolo, che valorizzava principalmente la categoria
intellettuale dei registi, lascia il campo all’appoggio di film realizzati da giovani
cineasti (e per giovani intendiamo i registi con una filmografia che vanti meno di tre
opere) con spirito apertamente commerciale.
Resuscita così in un certo modo la produzione “generica” accompagnata, in Spagna
come nel resto del mondo, dalla crisi che colpisce non tanto i generi cinematografici
quanto il linguaggio filmico, e persino il concetto stesso di cinema.
14
In questo periodo non mancarono le case produttrici disposte a rendere possibile la
realizzazione dei progetti presentati dai giovani cineasti. Spinte quasi sempre dalla
iniziativa individuale dei registi, molte delle opere prime incontrarono il via libera
quando alcune tra le maggiori aziende produttrici si decisero ad entrare, appoggiare,
canalizzare le nuove proposte che arrivavano.
Tra le maggiori case produttrici è necessario distinguere due modelli differenti.
Da un lato, i produttori professionisti che, con aziende più o meno grandi, non
dubitarono nello scommettere sulle proposte dei registi emergenti come El dia de la
Bestia (1996) di Alex de la Iglesia o Tierra (1996) di Julio Medem.
Il secondo modello introduce una significativa novità: l’elevato numero di persone
che non erano produttori di mestiere, bensì registi già affermati e ben consolidati
nella industria che diedero il via al processo di appoggio, gestionale o finanziario, ai
progetti più rischiosi dei debuttanti.
14
La caratteristica principale di questo periodo può essere identificata con l’esplodere di una generazione nuovissima di
cineasti che non ha conosciuto i rigori della dittatura franchista (appartenenti alla “prima produzione biologica di spagnoli
postfranchisti” affermò Vasquez Montalban) e che si è formata esteticamente non tanto su una peculiarità culturale ottenuta con
grandi sforzi, come fu per la generazione precedente, quanto su un’eclettismo del tutto contestuale al consumo del tempo libero:
cinema commerciale americano ad alto budget, fumetti d’azione, pubblicità e videoclip, videogiochi, rock, pornografia,
informatica, film preferibilmente su video.(Aguilar C.: Fantaespana: orrore e fantascienza nel cinema spagnolo, un secolo di
delirio filmico. Lindau s.r.l. 2002) Pag. 87.
18
Quest’ultima fu la formula adottata dal regista Josè luis Cuerda che permise ad
Amenàbar di iniziare la sua carriera con Tesis, uno degli intenti cinematografici più
riusciti del cinema di genere in Spagna.
Oltre all’intenzione del regista di scegliere la particolare tematica sugli snuff-movie,
il film metteva in questione la pressione che esercita il mondo del cinema
statunitense, come paradigma del cinema industriale nell’imporre un consumo
mediatico massificante e per il processo di insensibilizzazione dello spettatore di
fronte all’immagine della violenza.
Il film costò circa un milione di euro e per la sua produzione venne creata una specie
di cooperativa, la casa di produzione “Las Producciones del Escorpion”, composta
da quattro soci primari (Emiliano Otegui e Josè Luis Cuerda, Julio Madurga e la
compagnia Goldstein e Steinberg), e da quattro soci minoritari (Alejandro
Amenàbar, Hans Burmann, Wolfang Burmann e Maria Elena Sainz de Rozas).
Gli otto componenti di questa cooperativa apportarono le risorse economiche e
tecniche necessarie per coprire parte dei costi iniziali. Gli ipotetici proventi futuri
sarebbero stati suddivisi sulla base della quantità iniziale di danaro apportata.
Una volta che la sceneggiatura passò a Las Producciones del Escorpion, il progetto
raccolse l’aiuto del Ministero della Cultura che sovvenzionava le opere prime sulla
base delle norme contenute nella “Legge per il cinema” del 1994.
Con questo film Alejandro Amenàbar entrò dalla porta grande nella industria del
cinema spagnolo, e lo fece in modo precoce. Il film fu pensato a 21 anni, scritto a 22
anni e diretto a 24 anni.
La nomina a direttore generale della cinematografia di Josè Marìa Otero, conosciuto
per il suo piglio conciliante e per la sua intelligente visione del cinema come
industria e come arte, indusse a pensare che forse le cose non andavano così male.
Otero riuscì a far sedere le parti interessate a un tavolo delle trattative da dove, il 13
settembre 1996, uscì un progetto di Decreto legge per il Cinema Spagnolo.
15
L’amministrazione faceva terminare l’era della atomizzazione del settore della
produzione sostenendo organismi forti come Lolafilms, Tornasol o Sogetel.
I nuovi registi dimostravano che potevano guardare avanti senza debiti con il passato
storico.
15
http://www.mcu.es/legislacion/index.html (ultima consultazione gennaio 2007).
19
1.2.1. La guerra digitale.
Quando il partito Popolare del presidente Aznar arrivò al potere nel 1996, il cinema
spagnolo era entrato in una fase di crescita e consolidamento e proseguì nel biennio
successivo.
16
Il nuovo assetto politico faceva percepire nell’aria i primi venti di un futuro controllo
governativo: piccoli indizi che avrebbero dovuto far capire al settore che qualcosa
stava succedendo.
Fu soprattutto l’arrivo in Spagna delle piattaforme digitali ciò che cambiò il sistema
di finanziamento del cinema spagnolo.
Se nel 1997 il 30% delle entrate di una produzione spagnola veniva dai diritti di
trasmissione, questa percentuale salì fino al 45% nel 1999, secondo la relazione
annuale dell’Academia de Artes y Ciencias Cinematograficas de Espana.
A loro volta i crediti leggeri facilitati dagli accordi con L’ICAA (Istituto de
Cinematografia y Artes Audiovisuales) furono fondamentali per i produttori per
avviare un progetto.
L’iniezione di denaro da parte delle piattaforme non fu esente da polemiche, poiché
la stessa televisione pubblica statale si rifiutò per un paio d’anni di comprare i titoli
di una delle principali case di produzione cinematografica, la Sogetel, in seguito alla
cosiddetta “guerra digitale”.
Una guerra che ebbe origine politica, per il controllo dei media da parte delle due
principali forze dello Stato: da una parte il Partito Popolare al governo che
controllava direttamente la RTVE e indirettamente Telefonica (la compagnia
governativa che tentava di monopolizzare il mercato della televisione digitale
attraverso la propria piattaforma Via Digital) e dall’altra il PSOE all’opposizione
legato al gruppo Prisa (proprietario di una altra piattaforma digitale Canal Satellite
Digital, del quotidiano “El Pais”, della rete televisiva Canal Plus con il suo ramo
produttivo Sogetel)
16
La produzione dell’anno successivo scese leggermente, vennero girati solo 73 film, ma tra questi ve ne furono alcuni che
andarono molto bene: Airbag (1997) di Juanma Bajo Ulloa, El amor perjudica seriamente la salud (1997) di Manuel Gomez
Pereira, Secretos del corazon (1997) di Monxto Armendariz e Carne Tremula (1997) dell’inossidabile Pedro Almodovar. Nel
1998 vennero prodotti 76 film, di cui 21 erano co-produzioni e 21 erano opere di nuovi registi e un anno dopo se ne aggiunsero
altri 33. Questa tendenza venne confermata nel 2000, un anno privo di grandi successi, che fece scendere la percentuale di film
spagnoli nei cinema fino al 10%.. Dati ICAA (www.mcu.es/cine/index.htm) ultima consultazione gennaio 2007.