INTRODUZIONE
La vita o la sopravvivenza del cinema dipendono dalla sua lotta interna con
l’informatica.
Gilles Deleuze
La contemporaneità può definirsi come l’era della fruizione filmica al di fuori della sala,
dove l’esperienza comunitaria di questa si è trovata costretta a fronteggiare nuovi modi
di comunicare e di proporre i prodotti filmici: con ciò si fa particolare riferimento allo
streaming e a tutte le sue implicazioni, le quali variano dalla promozione
dell’audiovisivo (l’utilizzo ottimale delle strategie di marketing on line tanto quanto di
quelle off line, il ripensamento generale della promozione tradizionale in un contesto
del genere ecc.), al nuovo tipo di spettatore che non si accontenta più della semplice
chiaccherata post film ma ha bisogno di condividere la sua esperienza ed ampliarla al di
fuori di quelle due/tre ore di fruizione (ciò tramite discussioni e commenti sui social
così come tramite la generazione di contenuti in proprio volti all’espansione del mondo
narrativo ), per giungere infine alla non meno importante questione che riguarda una
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diffusione di un prodotto filmico che trova difficoltà di espansione al di fuori di certi
contesti. Quest’ultimo tema intende riferirsi non solo al cinema di epoche ormai passate,
ma anche e soprattutto a quel cinema che si differenzia perché presenta un’elevata
qualità e sperimentazione visiva e/o narrativa, spesso espressione di una certa poetica
autoriale e che per questo non sempre viene valorizzato e adeguatamente diffuso
(ovviamente, questa problematica non riguarda qualsiasi autore perché, come si vedrà,
alcuni di questi trovano invece fortuna anche presso un pubblico medio-basso ); ciò
2
Si fa riferimento ad una certa fruizione attiva e partecipata.
1
Con questa dicitura, si farà riferimento ad una tipologia di pubblico che consuma prodotti filmici ma
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rimanendo sul superficiale, poco appassionata e propensa all’esplorazione e per questo spinta alla
fruizione di un prodotto perlopiù commerciale e mainstream; una tipologia di pubblico probabilmente non
interessata alla discussione attorno al film o, se sì, preferendo sempre e comunque opinioni vaghe e che
non derivano anche da conoscenze pregresse della storia del cinema e delle sue sfumature.
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porta gran parte del cinema d’autore ad un triste destino, ossia quello di rimaner
confinato nell’audience cinefila e di nicchia. Le piattaforme streaming, in quanto
facilmente accessibili, potrebbero potenzialmente donare una nuova vita a questi
prodotti, ma non sfruttano tale possibilità e preferiscono prediligere prodotti dall’alto
appeal commerciale. Un barlume di speranza lo si può rintracciare in MUBI,
piattaforma SVOD che ha come punto di forza un catalogo autoriale e che tenta in
qualsiasi modo di rinnegare un approccio algoritmico, preferendo una scelta fatta con
cura (termine non casuale) e conoscenza. Ma può una piattaforma così configurata
giungere anche sui devices dei meno appassionati? Come fa questa a competere con le
SVOD mainstream amate e utilizzate da (quasi) tutti? La ricerca condotta esamina tali
questioni e tenterà di rispondere a queste ultime domande, riflettendo anche sul fatto che
quella libertà tanto propugnata dalle nuove piattaforme non è altro che un mero inganno,
perché la sua esperienza è in qualche modo sempre condizionata. Egli probabilmente si
illude e sprofonda in un circolo vizioso e labirintico di cataloghi insoddisfacenti e di
un’attività che si limita alla scelta dell’icona; MUBI, però, è diversa e interessante
anche in questo senso.
La ricerca è così strutturata: nel primo capitolo, viene trattato il concetto di autore
cinematografico, ne vengono analizzate le specificità e sopratutto il suo significato
all’interno della storia del cinema (con un focus più dettagliato sul contesto italiano); nel
secondo capitolo, invece, si discute riguardo al concetto di streaming e delle sue
implicazioni nella ricezione dei prodotti, ponendo particolare attenzione alla sempre
maggior personalizzazione della visione (aspetto che, come si noterà, può assumere vari
aspetti) e soprattutto sulle strategie promozionali delle principali piattaforme streaming
on demand, concentrandosi specialmente su quanto queste in realtà portino alla
penalizzazione di certi prodotti piuttosto che contribuire alla diffusione del cinema in
toto (si sottolineerà, infatti, quanto ad esser problematici siano in primis i cataloghi oltre
che le loro tattiche promozionali); nel terzo e ultimo capitolo, invece, si tratta di MUBI,
ossia la precedentemente citata piattaforma subscription video on demand che non solo
ha come novità il fatto di presentare una proposta filmica d’autore (andandosi dunque a
differenziare notevolmente dalle sorelle SVOD più mainstream), ma soprattutto
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propone un approccio promozionale che tenta di valorizzare qualsiasi prodotto filmico
esistente (si approfondirà nel capitolo il concetto di curation o cura del cinema) e invita
lo spettatore ad avere un ruolo rilevante all’interno della piattaforma, grazie ad una
personalizzazione del profilo che vada oltre la banale scelta dell’icona (l’intervento del
fruitore, come si avrà modo di analizzare, si espande in varie diramazioni).
L'approfondimento delle strategie promozionali di MUBI verrà condotto mediante
l’analisi della declinazione in territorio italiano della piattaforma. La scelta di MUBI
come case study per trattare del rapporto tra cinema d’autore e piattaforme non è
casuale: una sua approfondita disamina tenta di dimostrare le potenzialità della
trasmissione streaming e di come questa non sia solamente un ostacolo per una
fruizione appagante e soprattutto completa (quest’ultimo termine utilizzato per riferirsi
sia alla diffusione di una certa storia del cinema, sia per quanto riguarda lo status dello
spettatore) ma che, al contrario, se concepita in un certo modo, possa aiutare il
patrimonio cinematografico a risorgere, a giungere anche e soprattutto a quel tipo di
pubblico considerabile medio-basso poiché non particolarmente interessato a prodotti
diversi rispetto a quelli collocabili nel circuito del mainstream. MUBI diviene oggetto di
riflessioni che ruotano attorno al suo statuto in quanto piattaforma d’autore, dunque si
analizzerà anche tutto ciò che questo implica; si noterà quanto la sua essenza, la sua
“missione”, venga in gran parte frenata da una promozione ancora troppo acerba che
però si sta ripensando sempre di più, sfruttando i canali social e i legami con i festival di
cinema che da sempre la contraddistinguono. Tutto ciò ha trovato applicazione concreta
mediante la somministrazione di un questionario, diffuso principalmente in contesto
italiano e tramite piattaforme social (in particolare, Instagram, Facebook e TikTok, in un
arco di tempo di circa un mese e mezzo), composto da 24 domande e suddiviso in tre
diverse sezioni: una prima dedicata al delineamento della tipologia di spettatore che si
sta sottoponendo al sondaggio (età, sesso, professione , ma soprattutto se cinefilo,
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semplice interessato e/o poco propenso alla fruizione filmica ecc.), una seconda
Il questionario è stato proposto a diverse tipologie di spettatore, senza particolari limiti di età, sesso o
3
campi professionali: questi non erano centrali nella ricerca. L’obiettivo primario del questionario era
quello di individuare il profilo dello spettatore più che altro da un punto di vista del suo legame con il
cinema e le piattaforme.
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dedicata all’utilizzo delle piattaforme streaming (si tenta di individuare quali sono le più
utilizzate, se vi è interazione con le pagine Instagram et similia) e una terza ed ultima
dedicata interamente a MUBI e alla sua diffondibilità e al suo effettivo utilizzo. Le
risposte date e la loro interpretazione permettono di individuare qual è la tipologia
prevalente di spettatore abbonato e/o conoscitore di MUBI e soprattuto se questa
piattaforma venga o meno utilizzata e considerata allo stesso modo delle SVOD
commerciali (sarà possibile notare, per esempio, che le pagine social di MUBI non
suscitano il medesimo coinvolgimento delle pagine social di piattaforme mainstream
come Netflix o Amazon Prime Video).
Quel che si vuole cercare di dimostrare con questa ampia disamina è che MUBI,
nonostante le complicazioni, può considerarsi una piattaforma in divenire e in pieno
sviluppo, capace di ascoltare (lo spettatore ha un valore, non è solamente un potenziale
nuovo abbonato alla ricerca di un’esperienza filmica come un’altra) e ascoltarsi (non
perde le sue connotazioni d’origine nonostante il suo rincorrere gli imperativi dettati dal
contesto mediale contemporaneo) e che per questo può, con una serie di miglioramenti,
farsi strada nell’ampio labirinto della fruizione filmica al di fuori della sala
cinematografica.
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CAPITOLO PRIMO
L’auteur: tra complessità e storia secolare
The cinema of today is getting a new face. How can one tell? Simply by using
one’s eyes. Only a critic could fail to notice the striking facial transformation which
is taking place before our very eyes. In which films can this new beauty be found?
Precisely those which have been ignored by the critics. It is not just a coincidence
that Renoir’s La Règle du Jeu, Welles’s films, and Bresson’s Le Dames du Bois de
Boulogne, all films which establish the foundations of a new future for the cinema,
have escaped the attention of critics, who in any case were not capable of spotting
them .
1
1.1 L’autore nel cinema: dalle vedute Lumière alla Politique des Auteurs.
Forse si potrebbe semplificare e riassumere il concetto di autore cinematografico con i
cinque punti che D. Tomasi ha illustrato per racchiudere un certo gruppo di film e nomi
(riecheggiano Bergman, Fellini, Antonioni, Kurosawa, Tati ecc.), ossia:
Il lavoro del regista si estende a tutte le fasi della lavorazione del film […];
complessità di contenuti; sul piano dello stile, particolare originalità espressiva;
nuovo tipo di spettatore, inserito in un’opera complessiva, ossia quella formata
dagli altri film dello stesso autore, di cui riecheggia e ripropone forme e contenuti .
2
A. Astruc, The birth of a new avant-garde: La caméra-stylo, in «L’écran français» n. 144, 30 marzo
1
1948.
Cfr. D. Tomasi, Il cinema d’autore europeo degli anni Cinquanta e Sessanta, in P. Bertetto (a cura di),
2
Introduzione alla storia del cinema. Autori, film, correnti, Utet editrice, Milano 2011, pp. 186-187.
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Ma ciò, pur effettivamente comprendendo quelli che sono i tratti salienti che
caratterizzano il film d’autore, è chiaro che sia considerabile eccessivamente riduttivo,
poiché il concetto di autore cinematografico, pur legandosi nell’immaginario comune
3
(e forse vagamente superficiale) ad un singolo contesto storico-culturale ben preciso
ossia quello della Politique des Auteurs e dei «Cahiers du Cinéma» (questo già presenta
una problematicità in quanto è piuttosto difficile, se non impossibile, stabilire un
termine cronologico oltre il quale la nozione di autore diviene stabilmente fissata nella
pratica estetica e storiografica del cinema ), è in realtà molto sfuggente e non relegabile
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ai soli due nomi poc’anzi citati, anche perché vi sono state delle anticipazioni dei
principi della Politique già negli anni precedenti ad essa (per non trascurare l’influenza
Una riflessione interessante (non solo per l’importanza teorico-filosofica che ha avuto, ma poiché parte
3
delle sue riflessioni la si può applicare anche al campo cinematografico nonostante egli la dedichi
principalmente alla letteratura) riguardo alla figura dell’auteur ci viene data dal filosofo M. Foucault,
durante una sua conferenza. L’accademico ha infatti voluto sottolineare la necessità di indagare non tanto
la nascita storico-sociologica dell’auteur (con riferimento dunque alla sua individualizzazione, le sue
attribuzioni ecc.), quanto concentrarsi sulla cosiddetta funzione-autore, con cui si intende il modo in cui il
nome d’autore si comporta, ossia come una sorta di “etichetta” che raggruppa assieme certi elementi e al
contempo ne esclude altri; la formazione di tale funzione non è, inoltre, un qualcosa che dipende dalla
volontà dei soggetti ad esser considerati autori ma si lega a due diversi effetti, ossia uno interno al testo
(pronomi et similia) ed uno esterno al testo legato al trattamento che questo subisce in certi contesti
sociali e pratiche di autenticazione. Essa può dare luogo a «molti ego, a molte posizioni-soggetto che
classi diverse di individui possono occupare». Cfr. M. Foucault, Che cos’è un autore?, in Bulletin de la
Societé Française de Philosophie, s.l. l969.
Cfr. G. Pescatore, L’ombra dell’autore. Teoria e storia dell’autore cinematografico, Carocci editore,
4
Roma 2006. In tale analisi, si parla proprio di una metarmofosi del concetto di autore cinematografico e
del suo incessante cambiar forma, aspetto e funzioni (sociali et similia). Si parla addirittura di quattro
possibili accezioni a cui si può riferimento nel momento in cui si giunge a parlare di autore
cinematografico, e cioè: diritto d’autore (ossia colui che detiene la proprietà intellettuale dell’opera, nel
nostro caso il film che diviene così “opera d’ingegno”, ricadendo così tra gli oggetti disciplinati dalle
varie normative), autore come produttore (il responsabile materiale della fattura dell’opera e il film viene
così considerato artefatto), autore come ruolo professionale e autore come ruolo estetico (soggetto
individuato come responsabile di una certa “volontà autoriale” che è anche il criterio generativo
dell’opera).
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che le avanguardie cinematografiche degli anni Venti hanno avuto in alcuni contesti ,
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dalle quali sono emersi nomi come S. M. Ejzenštein e V . I. Pudovkin); la volubilità del
concetto è evidente specialmente nella contemporaneità, ove manca un sostanzioso
apparato teorico recente e affidabile a cui far riferimento (le analisi proposte, infatti,
spesso riguardano singoli autori della Settima Arte, coloro che magari perseguono una
poetica prettamente visiva e distinguibile anche dal pubblico medio-basso, o trattano
singoli prodotti cinematografici che hanno una qualche rilevanza estetico-culturale ma
che non per forza si legano ad una certa figura) costringendo ad appigliarsi a definizioni
decennali che sembrano porsi come incoerenti nei confronti di un panorama mediale
ormai totalmente variato; un panorama mediale che F. Casetti definisce «Cinema Due»,
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dove le nuove tecnologie hanno completamente variato il significato sociale del cinema
e dove proprio queste hanno dunque modificato lo statuto dell’autore, i suoi significati,
il suo modo d’imporsi ad un pubblico che non “subisce” i media bensì li attraversa, li
vive. Anche l’assimilazione comune della figura autoriale a quella del regista è un
qualcosa che richiama studi e pratiche legate a solamente qualche limitato decennio, ma
non è coerente con tante altre visioni sorte addirittura prima dell’avvento della
Politique, senza tener conto di tutti gli scarti e le discrasie tra le diverse cinematografie.
Vi sono delle sfumature insite nel concetto stesso di autore cinematografico che non ne
permettono l’ingabbiatura in rigide regole e definizioni; piuttosto, è più saggio
tracciarne la storia (poiché esso varia anche e soprattutto in base al periodo storico a cui
si vuole fare riferimento, così come influisce il contesto geografico-culturale in cui
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sorge un certo movimento o tendenza cinématographique), i nomi che hanno
Con tali affermazioni non si vuole chiaramente sminuire la portata che l’intervento dei critici dei
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«Cahiers» ha avuto nella diffusione del concetto di autore nel cinema, ma solamente sottolineare che le
teorie che lo riguardano non hanno avuto inizio e fine in quel ventennio e più di discussioni, bensì si
districano per gran parte della storia della Settima Arte.
Cfr. F. Casetti, L’occhio del Novecento. Cinema, esperienza, modernità, Bompiani editore, Milano
6
2005.
Una delle differenze più evidenti a riguardo è sicuramente quella tra Europa e Stati Uniti, entrambi
7
contesti dove la questione dell’autore ma in primis quella legata allo statuto dell’artisticità del cinema ha
avuto una certa rilevanza, però in maniera differente, specialmente riguardo al coinvolgimento nel cinema
della letteratura e figure ad essa legate.
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caratterizzato il supporto accademico e teorico, le tappe e le eventuali letture antitetiche.
Non a caso, Franco La Polla ha parlato della nozione d’autore come un continuo work
in progress:
Come si vede, la nozione implica un continuo rimpallo, una corsa in avanti che non
lascia spazio a riferimenti certi, a sicurezze granitiche. In un certo senso, si tratta
piuttosto di un work in progress che è allo stesso tempo una inesausta fatica di
Sisifo. Come spesso accade, taluni paladini si dettero ad affermazioni azzardate:
identificare, come fa Rohmer, l’autore con il genio […] è un altro modo di esaltare
quella mistica di cui faremmo tutti bene a sbarazzarci .
8
La mistica a cui si fa riferimento è quella interna ai «Cahiers», ossia la mistica
dell’immagine, secondo cui (per farla breve e semplice) basterebbe conoscere la messa
in scena di un certo regista per capire il suo intero cinema ; questa è riduttiva e rischia
9
di lasciare tracce indelebili, specialmente nei neofiti o negli entusiasti. È necessario
inoltre evidenziare che non sempre la questione dell’autore cinematografico è stata
puramente estetica, poiché essa talvolta era di carattere tecnico o anche organizzativo,
ma il pensiero idealista, ossessionato dal mito della soggettività irriducibile del
Creatore, dell’Artista, ha minato tali diverse tendenze poiché riteneva che
l’affiancamento di anche un solo tecnico avrebbe significato eliminare qualsiasi
possibilità di ricollegare l’opera direttamente a quell’unica figura artisticamente
rilevante (ciononostante nella Francia degli anni Dieci attore, operatore e scenografo
venivano indicati come possibili autori dell’opera). Una prima fase di distaccamento da
una concezione idealista di questo tipo si avrà con il cinestrutturalismo o auteur-
F. La Polla, Prefazione, in op. cit., pp. 8-9.
8
Per esemplificare l’assurdità di tale semplificazione, viene utilizzato il regista Mizoguchi e la sua mise-
9
en-scène; infatti, è sempre F. La Polla e dirci che «se non abbiamo le informazioni necessarie a
comprendere come quella certa inquadratura riprenda un’immagine della pittura nazionale tradizionale
che rimanda a un significato nascosto sotto la pura e semplice iconografica specifica, come potremo
renderci conto della - innegabile - autorialità di Mizoguchi». Cfr. F. La Polla, op. cit., in G. Pescatore, op.
cit., p. 8.
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structuralism , dove spicca tra i tanti il nome di P. Wollen , accademico che ha infatti
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voluto elaborare una auteur theory dal carattere “materialistico” e raggiungere una
mediazione, ove si faccia a meno dell’idealismo romantico della Creatività , della
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concezione del soggetto pieno la cui intenzione informa di sé il testo e il suo valore (pur
ipotizzando al tempo stesso una riconoscibilità nel corpus di uno stesso autore) ma
senza neanche consegnarsi a un determinismo eccessivamente meccanicistico .
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Both Classical and Romantic aesthetics hold to the belief that every detail should
have a meaning […] the auteur theory argues that any single decoding has to
compete with noise from signals coded differently. Beyond that, it is an illusion to
think of any work as complete in itself, an isolated unity whose intercourse with
other films, other texts, is carefully controlled to avoid contamination .
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Proprio date le ambiguità che tale termine porta con sé, è necessario percorrere e fare
accenno ad alcune fasi centrali della sua storia, della sua metamorfosi, affinché si possa
avere un quadro di collocazione completo e soprattutto tracciarne le generalità; così
com’è necessario ricordare che per svariato tempo, il cinema ha avuto difficoltà ad esser
accolto dalle altre forme d’arte ormai consolidate (e per questo, non era insolito che si
Gli accademici e nonché fautori del movimento (A. Lovel, J. Kitses, B. Brewster ecc.), sorti
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nell’ambito della rivista Screen e delle attività del British Film Institute, hanno un approccio strutturalista
e vedono così l’interpretazione e la comprensione di un certo testo audiovisivo come un intersecarsi di
sistemi più ampi, dove possono intervenire variabili ed eterogeneità; vengono ripresi gli studi del linguista
Saussure. Cfr. W. Buckland, La Politique des Auteurs in British Film Studies: traditional versus structural
approaches, in «OpenEdition Journals», 2016.
Cfr. P. Wollen, From signs and meaning in the cinema. The auteur theory, in L. Braudy - M. Cohen (a
11
cura di), Film theory and critics, Oxford University Press, Oxford 2004.
Cfr. A. Chaudhuri, Auteur theory and its implications, in «IJOART» n. 11, novembre 2013.
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È proprio a partire da qui che deriva l’idea di autore come catalizzatore, avente una funzione anche dal
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lato empirico nella quale agiscono forze eterogenee rappresentate da diversi agenti (cast, sceneggiatura,
industria ecc.), dunque il testo ne risulta strutturato attorno ad un principio unificante cui però alla base
sono poste una serie di relazioni in cui l’autore è solo uno degli elementi. Cfr. G. Pescatore, op. cit.
Cfr. P. Wollen, op. cit., in L. Braudy - M. Cohen, op. cit., p. 579.
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