VI
casuali di uomini in macchine, in simbiotiche costruzioni infernali. E’ il caso di
Tetsuo, un’incontrollabile ed inspiegabile mutazione, in qualcosa che non è
più o meno dell’uomo, ma qualcosa di diverso da esso, solo una forma che
permette di essere più forte.
Trasferendoci nel mondo manga, (Ghost in the Shell), parliamo di cyborg,
fatti da uomini, a loro immagine e somiglianza, che imparano a vivere e non
solo a funzionare per gli scopi per cui sono stati progettati, che sviluppano
una coscienza tutta propria, uno spirito (ghost) che possono trasportare da
un corpo “guscio” ad un altro.
Lo stesso Philip Dick, con il suo “Do the Androids Dream of Electrik
Sheep”, aveva, a suo tempo, mostrato in modo più che esauriente
l’attaccamento alla vita di un essere che vita non aveva.
Cosa differenzia l’uomo dalla macchina: il corpo di uno, limitato, debole,
mortale, rispetto alla prestanza fisica, alla forza, alla potenza dell’altro; o
forse l’anima?
Può un cyborg, commistione tra l’essere umano e la macchina, tra la
carne e la tecnologia, avere una morale? Nell’orizzonte cinematografico
sembra proprio di sì.
Molti dei film analizzati parlano di esseri totalmente dediti alla parzialità,
creature di un mondo post-umano, che ha volutamente abbandonato ogni
integrità organica e sessuale, immemore della storia passata e di una propria
atavica origine.
Un corpo cyborg diviene sinonimo di libertà assoluta e simbolo del sogno
di un'umanità che, nel metallo, ha pensato di poter sublimare la propria
deficienza organica.
Il Cyborg non cerca un'identità unitaria e per questo non genera dualismi
tra corpo e mente, naturale ed artificiale, ma dimostra
VII
solamente l'intenso piacere della tecnica, della dissoluzione dell'organico:
"...la macchina non è un peccato, ma un aspetto dello stare nel
corpo. La macchina non è una cosa da adorare, animare, ma
una nostra incarnazione.
Siamo i responsabili della macchina, dei nostri confini corporei
che dobbiamo costruire e decostruire..."
2
Così anche i nuovi ibridi umano-meccanici tradiscono la "fede
tecnologica" dei loro creatori. Con “Blade Runner, il capostipite” ci ritroviamo
in un mondo dove ormai sono quasi indistinguibili i cyborg dagli esseri
umani: la replicante Rachael contraddice la sua natura provando sentimenti
umani come la paura, l'amore.
Infine, come non citare, in un ipotetico volo al di sopra le tematiche della
mutazione, un artista come David Cronenberg, il vero regista del corpo, il
vero visionario delle trasformazioni.
Come non soffermarci su chi, con la carne e il corpo umano, ci gioca
infilando fili ed elettrodi, cambiandone il suo significato e il suo utilizzo
finale.
Da Videodrome fino ad eXistenZ, il corpo per Cronenberg è in continua
evoluzione: parla di rinascita, ancor più che di nascita, e per questa è
necessario utilizzare ciò che la tecnologia ci sta offrendo, ciò che la
tecnologia ci sta imponendo.
2
Donna J. Haraway, Simians and Cyborg. The reinvention of nature, Free
Association Books, London, 1991.
VIII
Non solo al cinema, ma anche a teatro, sempre di più, sembra forte la
componente macchina: compagnie come La Fura dels Baus, rincorrono un
loro ideale spettacolo fatto di uomini e robot, dove questi ultimi hanno ruoli
determinanti all’interno della performance.
Ma c’è anche chi, non solo visualizza e realizza in video, o su un palco, la
sua proiezione di uomo, ma la costruisce lavorando sul proprio corpo.
La Body Art, ne è il più esplicito e , per certi aspetti, terrificante esempio.
Artisti come Stelarc e Orlan sperimentano su se stessi, amplificando le
possibilità del loro fisico, applicandosi arti aggiuntivi o placche di metallo
sotto la pelle.
Ma in tutti gli scorci da cui abbiamo potuto guardare il nostro nuovo
corpo, e la sua relazione con una mente mutata, si è rivelato il fallimento di
un eden meccanico che liberi l'uomo dall'angoscia della morte e del tempo.
Nell’organismo cibernetico la carne si integra indissolubilmente con il
metallo, il confine tra ciò che è artificiale e ciò che non lo è, si fa sempre più
sottile, indistinto e inquietante.
Potremmo ancora considerare il rapporto corpo-tecnologia ed in generale
il "mito della macchina" come fonti d'ispirazione artistica o dovremmo ridurli
a semplici campi di battaglia di sempre più azzardati (ed inumani)
esperimenti tecnico - scientifici?
IX
I RINGRAZIAMENTI
Vorrei iniziare i miei ringraziamenti citando coloro che hanno fatto in
modo che potessi lavorare con serenità e serietà, preoccupandomi
principalmente dei miei studi e della tesi: grazie, quindi, ai miei familiari
Stefano, Anna e Carlo, anche per l’aiuto nella ricerca dei materiali e dei film
di cui avevo bisogno, e un grazie speciale ad Emanuele, per l’appoggio
morale e la fiducia.
La stesura di questo lavoro è stata stimolante e avvincente, soprattutto
perché la tesi è incentrata su di un universo, quello cyber, che trovo davvero
interessante.
Culture a metà tra il tribale e il futuristico si rincorrono tra libri, fumetti,
lungometraggi di animazione e film.
Mark Dery, nel suo libro manifesto “Velocità di Fuga”, usa le migliori
parole che si potessero scegliere per spiegare ciò che considero il punto
chiave del mondo suburbano e cyberpunk; il mio lavoro…
“…non parla tanto di tecnologie, quanto piuttosto delle
storie che ci raccontiamo a proposito della tecnologia e
delle ideologie nascoste in queste storie…la politica del
mito.”
3
3
Mark Dery, Velocità di Fuga, Cyberculture a fine millennio, Feltrinelli, Interzone,
Milano, 1997, p.22.
X
Certo, il mio è solo un piccolo spicchio di tutto ciò che è possibile dire
sulla cultura cyber, è solo una proposta di viaggio attraverso una vera e
propria galassia di informazioni.
Molti dei testi citati sono stati reperiti dalla rete, che è davvero
ricchissima di giornali online, siti specializzati o anche solo maining list sulle
tematiche cyber.
Per ciò che riguarda i testi pubblicati, mi sono riferita, in particolar modo
a libri americani, di cui pochi sono stati tradotti in italiano, alcuni dalla
Feltrinelli nella collana Interzone, una delle più interessate all’argomento.
Come ultimo, ma non certo per importanza, non posso dimenticare che
nei mesi di lavoro sono stata accompagnata da varie colonne sonore e
voglio, quindi, ringraziare artisti quali: Urban Species, Freak Power, Tammy
Payne, US3, Lamb, Moby, Massive Attack, la Talkin Loud Records, tutto ciò
che appartiene all’orizzonte Funk, e, naturalmente, gli Urban Soul.
Grazie.
Silvia Minguzzi
Sezione A: Cyberpunk tra cinema e
letteratura
Sezione A: Cyberpunk tra cinema e letteratura
2
1. Cosa significa Cyberpunk
Questa è una domanda cui è difficile dare una risposta univoca, giacché
il termine oramai denota sia un aspetto letterario sia un ambito più
propriamente politico.
All'inizio questa definizione è stata coniata per indicare un variegato
movimento di fantascienza, essenzialmente americano, composto da
persone per lo più giovani, sui trenta anni. Esso ha attraversato in maniera
partecipe gli anni Ottanta, vivendone completamente le intime
contraddizioni.
Sono scrittori, quindi, come ci segnala Sterling nella sua prefazione a
“Mirrorshades”
1
, che hanno vissuto, dentro e persino sotto la propria
pelle, un rapporto intimo con la tecnologia, diversamente da quanto
successe negli anni Sessanta, tutta lavatrici e lavastoviglie.
Ricordiamo gli 80's, fatti di walkman, stereo portatili, videoregistratori,
batterie elettroniche, videocamere, ad alta definizione, telex, fax, laser-
disc, antenne paraboliche per captare i segnali dei satelliti, cavi a fibre
ottiche, personal computer, chirurgia plastica, la rete semiotica
1
Rivista "Mirrorshades: The Cyberpunk Anthology”, Arbor House, a cura di Bruce Sterling,
1987.
Sezione A: Cyberpunk tra cinema e letteratura
3
onnicomprensiva, il tendenziale superamento del sistema-mondo in un
complessivo sistema nervoso che pensa per se stesso.
Tutto l'intero sistema delle merci fonda in maniera sotterranea, ma
decisiva, la costituzione di senso nella produzione letteraria del cyberpunk.
Per la prima volta nella storia della letteratura il rapporto con la
macchina non è visto quasi fosse una dimensione negativa, ineluttabile, da
scansare non appena possibile.
Orwell è dietro l'angolo, Frankeinstein un lontano ricordo dell'epoca del
moderno. Il cyber presuppone un nuovo rapporto organico con la
tecnologia. Essa permette, difatti, l'estensione delle capacità dell'uomo e
finalmente il superamento dei suoi limiti.
Nessuna ferita, altrimenti mortale, spaventa più l'uomo del futuro
prossimo; la neurochirurgia saprà impiantare nuove membra artificiali in
corpi, oggi, al più buoni per il solo cimitero del rottame.
Il tema della morte, che, per altra via, anche lo stesso Leary (uno dei
capofila della tendenza cyber-psichedelica) considera risolvibile tramite
automanipolazioni psichiche del proprio DNA, è risolto con un colpo di
spugna.
Si potrebbe suggerire a questo punto che nulla di nuovo, in effetti, è
apparso sotto il sole. Il tema dell'immortalità è un sogno da sempre
Sezione A: Cyberpunk tra cinema e letteratura
4
ricorrente nella letteratura, soprattutto in quella dove più forte è il tributo
all'ispirazione religiosa.
Allora in cosa consiste la novità?
Sezione A: Cyberpunk tra cinema e letteratura
5
1. 1. Alla ricerca del cyberpunk
Ancora una volta Mirrorshades, in precedenza citata,
2
può permetterci
di intuire la strada più fertile per un approccio esaustivo al problema.
Sterling, infatti, richiama con dovizia di particolari il debito che tutti
questi scrittori nutrono da una parte, com’è logico che sia, verso il
tradizionale filone della fantascienza, ma dall'altra anche verso quei
movimenti giovanili di resistenza che hanno contrassegnato la storia, dagli
anni Sessanta in avanti.
Movimenti questi che hanno sempre avuto un rapporto intenso con le
tecnologie, con gli strumenti elettrici, con la produzione di musica e degli
effetti speciali.
Analogamente all'hard rock, ad esempio, lo stile letterario del
cyberpunk vuole coscientemente essere un muro del suono, un tutto
pieno, dettagliato, analitico, dove venga a mancare il tempo per tirare il
fiato e quindi adagiarsi nella riflessione.
Questo stile ha un che di assolutamente nervoso, alcune volte difficile
da seguire nelle sue circonlocuzioni, altre derivate dallo slang di strada.
2
Ivi. “Mirrorshades”.
Sezione A: Cyberpunk tra cinema e letteratura
6
Esso, infatti, si pone al centro delle proprie trame dei personaggi, che
sono completamente "altro" rispetto alla tradizione letteraria.
Come ci segnala acutamente Soucin nel suo saggio contenuto in
“Cyberpunk Antologia”
3
, i personaggi sono puttane, biscazzieri, punk,
trafficanti, ladri, hackers, pirati informatici, balordi di strada, con poca o
nessuna voglia di lavorare, immersi solamente in ciò che produce gioia.
E' un filone letterario che recupera organicamente alcune delle tensioni
sociali esistenti.
Giustamente Downham, postsituazionista londinese, ha definito il
genere:
"…una scrittura tecno-urbana, fantascienza sociale, postsituazionista,
tecno-surrealista"
4
.
Ma cyberpunk è anche strategia operazionale di resistenza, estetica da
dura garage-band, cultura pop (olare).
3
Soucin, Cyberpunk Antology, in “Decoder” n. 4, maggio 1995, rivista Online.
4
Soucin, op. cit., p.203.
Sezione A: Cyberpunk tra cinema e letteratura
7
Quindi descrive un ambito sociale che sempre è stato tagliato fuori della
scrittura ufficiale, ignorato, vilipeso o, molto peggio, dichiarato come
assolutamente non esistente.
Il mondo dei reietti da Dio è assunto come protagonista ufficiale di uno
scenario assolutamente nuovo, di una scrittura assolutamente nuova: uno
stile, quindi, superrealista.
Viene inventato un diverso immaginario sociale, che è già esistente da
tempo, che unisce insieme fascinazioni tecno-pop e pratiche esistenziali di
resistenza e sopravvivenza quotidiana.
Per la prima volta dai tempi dell'esperienza hippy viene, quindi, forgiato
un immaginario collettivo vincente, che sa collocare in maniera adeguata e
accattivante alcune delle aspirazioni che percorrono i senza parola della
società post-industriale.
Sezione A: Cyberpunk tra cinema e letteratura
8
1. 2. Intervista a William Gibson
5
“Il termine cyberpunk non è stata un'invenzione del particolare gruppo
di scrittori che con tale termine venivano definiti.
Cyberpunk, come "Hippy", era in origine un termine essenzialmente
giornalistico. Un tentativo di descrivere certi fenomeni di letteratura e
paraletteratura associati con gli anni Ottanta.
Come qualunque neologismo giornalistico, o il miglior slogan creato da
un pubblicitario, all'inizio era vuoto in attesa di ricevere significato. Oggi
può significare molte cose.
Nel Wall Street Journal, ad esempio potrebbe significare le attività degli
hackers.
Qualcuno mi ha anche assicurato che significa un movimento politico
italiano.
Ho precedentemente espresso frequenti dubbi a proposito del fatto che
il cyberpunk esista, o sia almeno esistito, come movimento letterario
formale.
5
Articolo Non firmato, Intervista a William Gibson, in “Decoder”, n. 3, Novembre 1994.
Sezione A: Cyberpunk tra cinema e letteratura
9
Cercherò di fare un tentativo di definizione letteraria, ma ogni atto di
definizione deve in qualche modo essere autoreferenziale.
Per cui debbo dirvi che sono nato nel 1948, durante quella che
potrebbe essere descritta come l'ultima alba della primissima era
dell'informazione; il che vuol dire che inconsciamente faccio riferimento ad
ambienti in cui la TV era largamente sconosciuta.
La mia adolescenza era fortemente colorata da un rapido ottimismo
tecnologico e da un costante e concomitante sottofondo di paranoia e
terrore tecnologico. I due poli dell'immaginario di massa in quei giorni
erano una luccicante Futuropolis, tirata con Cera Grey, e lo spettro del
disastro nucleare, e diversi personaggi autoritari continuavano a dirmi che
l'atomo avrebbe cambiato ogni cosa. Più tardi mi fu detta la stessa cosa
dell'LSD.
Mi sembrava, in quanto bambino, di vivere in realtà in uno scenario di
fantascienza di qualche genere. Penso di aver preso molto naturalmente il
linguaggio e le metafore della fantascienza di quel periodo.
Ora, in realtà, mi sembra che quel rapporto tra tecnologia e
fantascienza che noi percepivamo fosse solo una forzatura da parte degli
scrittori.