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Diventa allora importante, per ognuno, cominciare a comprendere i
linguaggi, la semiotica e i meccanismi, apparentemente invisibili, su cui si
basano i diversi mezzi di comunicazione per la significazione dei loro
messaggi, portatori di molteplicità di sensi.
Ci si accorge quindi che, dietro un bella storia (o una sceneggiatura),
dentro un’inquadratura cinematografica, nascosto in una fotografia, in un
prodotto audiovisivo o in uno spot pubblicitario c’è un discorso che il
regista, l’autore, l’artista hanno costruito e che porgono al fruitore; ma che
non sempre è possibile comprenderne appieno il significato “al primo
sguardo”, al primo impatto, che di solito è quello puramente emotivo.
Da diversi anni, in ambito internazionale, si sta diffondendo una disciplina
di studio, la Media Education, che individua come proprio obiettivo la
formalizzazione di teorie e modelli educativi utili a permettere
“[…] l’intersezione tra media e processi formativi in una logica di
formazione continua e in contesti anche diversi dalla scuola”.
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(Rivoltella)
La Media Education può diventare strumento costruttivo importante, in
ambito scolastico e non solo, attraverso il quale fare chiarezza ed
apprendere una vera e propria alfabetizzazione culturale dei mezzi di
comunicazione di massa; con l’obiettivo di formare testimoni coscienti e
partecipi, in grado di decodificare e comprendere in maniera personale e
creativa i messaggi ricevuti e di facilitare l’interazione tra individui e media.
Si osserva da subito che l’oggetto di studio inerente la M.E. in generale,
per le differenze e le associazioni tra i diversi mezzi di comunicazione,
vecchi e nuovi, e per la sua caratteristica di proporre un approccio
educativo ai media, è molto esteso. Gli studi affrontati dalla M.E.
implicano l’intersezione con diverse discipline scientifiche e umanistiche,
quali possono essere la sociologia della comunicazione e dell’educazione,
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RIVOLTELLA, Media Education, Carocci, Roma, 2002, p.13
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la pedagogia, l’informatica, il cinema, la semiotica, la psicologia, le nuove
tecnologie e numerosi altri settori di studio.
Rivoltella
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parla di educazione “con”, “ai”, e “attraverso” i media.
Vediamo in breve quali sono questi tre contesti all’interno dei quali
vengono situate le differenti prospettive pedagogiche della M.E.
Educazione “ai” media: in cui la M.E. ha il compito di formare nel discente
un avvicinamento critico ai media.
Educazione “con” i media: che prevede un uso prevalentemente
strumentale dei media, come mezzo attraverso il quale raggiungere un
obiettivo didattico.
Educazione “attraverso” i media: che implica un addestramento all’uso dei
media, il quale permette l’acquisizione di competenze utili per l’impiego
dei mezzi di comunicazione e delle tecnologie più diffusi nell’era
contemporanea.
Dato il vasto campo di riflessione della M.E., non è possibile affrontare un
discorso generale ed esaustivo, in poche pagine ed in questa sede,
inerente un tale ambito di studi.
Questo lavoro resta quindi circoscritto all’uso del cinema a scuola e
comprende alcune proposte didattiche delineate con il fine di consentire,
innanzitutto, agli studenti di raggiungere un livello soddisfacente di
conoscenza delle basi del linguaggio cinematografico. Conseguentemente
a questo i discenti saranno in grado di porsi in atteggiamento critico e
riflessivo nei confronti dei film presi in esame e dei prodotti cinematografici
in generale.
E’ stato scelto un filo conduttore che lega i diversi film e i progetti educativi
affrontati e, allo stesso tempo, permette lo sviluppo di un discorso
coerente, supportato da un tema che è quello della mafia nella società
contemporanea. Gli argomenti citati nei film prospettati in questo lavoro
offrono numerosi spunti di riflessione, soprattutto di tipo storico-sociale.
Essi permettono al media educator un orientamento pedagogico che
privilegi, oltre all’analisi codico-lingustica, fondamentale per
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RIVOLTELLA, Media Education, Carocci, Roma, 2002, pp. 51
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l’apprendimento del linguaggio cinematografico, un tipo di analisi
contenutistico-sociologica. Tale modello analitico, affrontato in
collaborazione con un docente di storia o lettere, acquista valore nella
formazione di una coscienza critica nel discente; non solo nei confronti dei
media, presenti in maniera massiccia e costante nella vita di ogni
individuo, ma anche per quanto concerne la presenza della mafia nella
storia contemporanea e la maniera in cui la nostra società osserva se
stessa e questo fenomeno sociale, attraverso il cinema e i mezzi di
comunicazione di massa.
Emergono quindi due elementi fondamentali della Media Education: la sua
interdisciplinarietà strettamente legata alla multimedialità.
L’interdisicplinarietà permette di collegare più argomenti di studio e di
ricerca: nel lavoro qui esposto si parte dall’analisi filmica per proseguire
con un percorso di tipo storico-sociologico, che dà facoltà di esaminare il
medium cinema e, parallelamente, propone il film come oggetto culturale
e sociale, solidamente legato alla storia e alla società contemporanea.
La multimedialità risulta indispensabile nel momento in cui ci si avvale dei
più diversi sostegni didattici per approfondire il lavoro affrontato. Si può
fare ricerca e analisi attraverso l’uso della fotografia, del WEB, di supporti
multimediali e audiovisivi, di bibliografie, schede preparate appositamente
dall’esperto e materiale didattico liberamente proposto dagli studenti.
E sono proprio i discenti ad avere ruolo centrale nello svolgimento del
percorso educativo, che presume un approccio pedagogico in cui il
docente esperto in M.E. si avvicini ad essi senza la pretesa di insegnare
nozioni e teorie per mezzo di lezioni frontali e libri di testo; ma affronti il
cammino educativo insieme agli allievi, alla ricerca di percorsi alternativi di
studio e di ricerca, incentrati sulle basi cognitive possedute in precedenza
dagli studenti e sulle loro stesse scoperte.
In questo ambito pedagogico risultano illuminanti le parole di Clausse
< Le lezioni di cose, le visite ai musei, le escursioni, i film, le diapositive,
ecc. possono realizzare un contesto concreto. Ma ciò non basta: bisogna
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che lo studente faccia qualcosa riguardo a questi elementi del contesto,
che vi risponda attivamente, “sperimentalmente”, che si senta impegnato.
Se rimane spettatore, i risultati sono mediocri>.
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Il discente che affronta un percorso di didattica del cinema risulta però
essere anche spettatore, deve sentirsi quindi pienamente coinvolto dallo
spettacolo cinematografico. Tuttavia con esso è tenuto ad interagire in
maniera attiva e personale, alla ricerca di decodifiche del linguaggio delle
immagini, di itinerari innovativi di lettura e analisi del discorso filmico preso
in esame.
E’ ancora Clausse ad indicare una valida alternativa alla lezione frontale,
abbandonata dal media educator ideale (ipotizzato in questo lavoro), che
predilige una posizione di affiancamento e sostegno agli studenti,
impegnati nella continua sperimentazione di analisi e teorie sul cinema,
mediante lavori di gruppo associati a ricerche individuali.
“Dobbiamo realizzare, anche a costo di provocare un profondo
cambiamento, un gruppo che abbia coscienza di avere intrapreso
un’attività di propria iniziativa o, per lo meno, che abbia accettato come
suo il compito che sta svolgendo, che accetti per gli stessi motivi la
responsabilità collettiva, per quanto ognuno senta di avere una
responsabilità personale, e dove chi insegna sappia instaurare con i propri
allievi un rapporto paritetico, da uomo a uomo”.
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Ma quali sono le conseguenze di un simile approccio formativo?
Oltre all’aspetto puramente pedagogico, Clausse parla di una importante
opportunità di progresso sociale derivante da questo stile educativo
(particolarmente adeguato ad una disciplina quale la M.E).
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CLAUSSE, Filosofia e metodologia d’un insegnamento rinnovato, trad. it., La Nuova Italia,
Firenze, 1976, p. 250
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CLAUSSE, Filosofia e metodologia d’un insegnamento rinnovato, trad. it., La Nuova Italia,
Firenze, 1976, p.275
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“Gli studenti hanno il compito di cercare le informazioni, di studiare il
problema, di trovare delle risposte. Poi, si apre una fase di discussione
dove ciascuno porta quelle che sono le sue osservazioni, le sue idee, le
sue ipotesi. Nascono e si stabiliscono così dei rapporti interpersonali, si
mettono a confronto dei punti di vista e prende forma la soluzione, grazie
alla collaborazione e all’apporto di tutti. Si realizza così un apprendimento
molto ricco, che interessa tanto lo sviluppo intellettuale che la maturazione
sociale “.
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La M.E., strettamente legata anche alla sociologia della comunicazione
(ma in questo caso anche a quella dell’educazione), coerentemente con
questo modello educativo, consente la realizzazione di azioni collettive
quali la socializzazione e la trasmissione culturale, e presume appunto la
trasmissione di saperi che permettano all’individuo di interfacciarsi con i
mass media in maniera corretta, critica e responsabile.
I progetti didattici qui proposti, senza avere la presunzione di sviluppare
appieno i principi epistemologici inerenti la M.E., sono un modesto
tentativo di realizzazione dei presupposti educativi appena citati.
L’organizzazione del lavoro svolto in aula, suddividendo la classe in
piccoli gruppi di studio, tende alla realizzazione di analisi collettive durante
le ore di lezione ma, parallelamente, richiede una costante partecipazione
individuale (indirizzata allo sviluppo dell’autonomia nel discente) mediante
gli argomenti di ricerca proposti per l’attività da svolgersi in maniera
personale.
I ragionamenti affrontati e il supporto dell’esperto permettono di acquisire
una sufficiente conoscenza del linguaggio filmico senza entrare nel merito
di una terminologia semiologica e nozioni tecniche da “imparare a
memoria”; ne consentono una facile assimilazione per mezzo della
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CLAUSSE, Filosofia e metodologia d’un insegnamento rinnovato, trad. it., La Nuova Italia,
Firenze, 1976, p.273
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sperimentazione e del coinvolgimento diretto degli studenti nelle analisi
condotte in classe e, nel contempo, a casa.
A proposito di analisi Rondolino e Tomasi osservano che
“[…] Non esiste un metodo universale di analisi del film. […] L’analisi pone
come oggetto primario del proprio lavoro il testo filmico - inteso come un
insieme di film, un singolo film o una parte di film che presentano, a partire
da una determinata pertinenza, dei tratti di omogeneità -, ci insegna a
smontarlo e a rimontarlo, a coglierne la struttura e il funzionamento, a
individuarne la meccanica e le leggi della composizione. […] Concentra il
proprio sforzo sul testo filmico da cui parte per, eventualmente, allargare il
discorso”.
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Ne consegue che, all’interno progetti didattici qui proposti, il media
educator possa sentirsi pienamente coinvolto nel lavoro con i discenti e
presupporre di esperire un’analisi filmica in cui niente è scontato e
l’apporto di ogni singolo studente può fornire soluzioni innovative ovvero
integrare i saperi già posseduti in precedenza.
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RONDOLINO, TOMASI, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino, 2002,
p.266