4
2. L’EVOLUZIONE DEL CONTROLLO DI GESTIONE NELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Da anni ormai il Governo si sta interessando sempre più alle norme
che disciplinano gli Enti Locali, intervenendo con provvedimenti normativi
differenti aventi l‟intento ultimo di migliorarne l‟efficacia, l‟efficienza e
l‟economicità della spesa pubblica.
Per poter raggiungere tali traguardi risulta quindi necessario un
sistema accurato di pianificazione dell‟operato, di monitoraggio costante dei
risultati ottenuti e di analisi degli eventuali scostamenti rispetto alle mete
prefissate.
In questa prima parte si analizzerà l‟evoluzione del sistema dei
controlli interni a partire dalla Legge di contabilità e nascita del controllo
interno (L. 5026/1869) fino a giungere alla più recente Riforma proposta dal
Ministro Renato Brunetta (cosiddetto “Decreto Brunetta”, ovvero il D.Lgs 150
del 27.10.2009).
2.1. IL SISTEMA DEI CONTROLLI DALLA L. 5026/1869 ALLA
L. 468/78
Per prima cosa è necessario precisare cosa siano i controlli interni e
come si distinguano da quelli esterni; i primi sono controlli esercitati dalla
5
stessa Amministrazione o comunque da strutture ad essa appartenenti,
mentre i secondi sono effettuati da organismi estranei a questa.
Di conseguenza possono essere oggetto dell‟attività di controllo:
I fattori produttivi, intesi come l‟insieme delle risorse materiali,
umane, legali, macchinari,… (ovvero gli input);
I beni e servizi derivanti dall‟azione amministrativa (ovvero gli
output);
E tutte le procedure che permettono la trasformazione degli
input in output.
Il concetto di controllo interno viene introdotto per la prima volta in
Italia attraverso la Legge di Contabilità n. 5026 del 22 aprile 1869 e trova la
sue legittimazione nel Regio Decreto n. 2440 del 18 novembre 1923 che
conferisce al Tesoro la possibilità di esercitare una serie di controlli tra i quali
quello di legittimità, quello contabile e di proficuità della spesa.
Bisogna tuttavia sottolineare che questo potere di controllo sulla spesa
pubblica da parte del Tesoro è però rimasto inattuato fino agli anni Novanta,
limitandosi ad un mero controllo formale degli atti e dei provvedimenti.
Successivamente, il 30 giugno 1972, è stato emanato il Decreto del
Presidente della Repubblica n. 748 inerente la “Disciplina delle funzioni
dirigenziali nelle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo” che all‟art. 19
1
prevedeva per i Dirigenti delle Amministrazioni
1
DPR 748/72 art. 19. Responsabilità per l'esercizio delle funzioni dirigenziali.
Ferma restando la responsabilità penale, civile, amministrativa contabile e disciplinare prevista per tutti gli impiegati
civili dello Stato, i dirigenti delle diverse qualifiche sono responsabili, nell'esercizio delle rispettive funzioni, del buon
andamento, dell'imparzialità e della legittimità dell'azione degli uffici cui sono preposti.
I dirigenti medesimi sono specialmente responsabili sia dell'osservanza degli indirizzi generali dell'azione
amministrativa emanati dal Consiglio dei Ministri, e dal Ministro per il dicastero di competenza, sia della rigorosa
6
statali delle specifiche responsabilità e tra queste quella sui risultati
dell‟organizzazione del lavoro e dell‟azione degli uffici ai quali erano preposti.
Inoltre attribuiva loro degli autonomi poteri di spesa e negoziali con la
conseguenza che formalmente il controllo sulla gestione non era più di
competenza del Tesoro ma dei Dirigenti.
A causa della mancata previsione di strumenti tipici del controllo
interno come ad esempio dei termini di raffronto dei risultati dell‟azione
aziendale e strumenti di verifica e di valutazione dell‟operato dei dirigenti
questo primo tentativo di riforma della Dirigenza pubblica ebbe vita breve .
Il 5 agosto 1978 fu promulgata la legge n. 468 “Riforma di alcune
norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio” che
introdusse delle importanti innovazioni volte a supportare i numerosi tentativi
di programmazione della spesa pubblica nazionale. Furono introdotti vari
strumenti accanto al bilancio annuale tra cui quello pluriennale, di durata non
inferiore ai tre anni, che non doveva limitarsi a una mera elencazione di
entrate e uscite future, ma svolgere una funzione di programmazione,
nonché la relazione previsionale e programmatica, con funzione di illustrare i
osservanza dei termini e delle altre norme di procedimento previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento, sia
del conseguimento dei risultati dell'azione degli uffici cui sono preposti.
I risultati negativi, eventualmente rilevati, dell'organizzazione del lavoro e dell'attività dell'ufficio sono contestati ai
dirigenti con atto del Ministro, sentito, per i dirigenti superiori e per i primi dirigenti, il competente dirigente generale.
Il Ministro, qualora non ritenga valide le giustificazioni addotte, riferisce al Consiglio dei Ministri, se trattasi di
dirigenti generali e qualifiche superiori, e al consiglio di amministrazione negli altri casi.
In casi particolari, il Consiglio dei Ministri può deliberare il collocamento dei dirigenti generali a disposizione
dell'Amministrazione di appartenenza.
Salvo quando siano investiti di incarichi speciali, nel qual caso la posizione di disposizione si protrae per tutta la
durata dell'incarico stesso, i dirigenti generali possono rimanere in tale posizione per un periodo di tre anni,
trascorso il quale sono collocati a riposo di diritto. I dirigenti generali e qualifiche superiori a disposizione non
possono eccedere il dieci per cento dei corrispondenti posti di ruolo organico.
In caso di rilevante gravità o di reiterata responsabilità, il Consiglio dei Ministri può deliberare il collocamento a
riposo, per ragioni di servizio, dei dirigenti generali o qualifiche superiori, anche se non siano mai stati collocati a
disposizione.
Ai dirigenti generali, o qualifiche superiori, collocati a riposo ai sensi dei precedenti commi si applicano le
disposizioni di cui agli articoli 6, comma secondo, e 52 del testo unico delle disposizioni approvate con regio decreto
21 febbraio 1895, n. 70 (12), e successive modificazioni, nonché il disposto dell'art. 10 del regio decreto 5 aprile
1925, n. 441 (12).
Il consiglio di amministrazione, nei confronti dei funzionari con qualifica di dirigente superiore o di primo dirigente,
può deliberare il loro trasferimento ad altre funzioni di corrispondente livello
7
dati del bilancio, gli obiettivi dell‟Amministrazione e la coerenza tra questi
due.
2.2. LE RIFORME DEGLI ANNI NOVANTA
A partire dagli anni Novanta la Pubblica Amministrazione è andata
incontro ad un processo di privatizzazione che ha portato all‟emanazione di
una serie di provvedimenti volti alla creazione di una “cultura della
programmazione e della valutazione delle prestazioni in chiave strategica”.
2
Nel 1990 è stata promulgata la legge 241 “Legge sulla trasparenza e
sul procedimento amministrativo” che prevede l‟individuazione di un
responsabile dell‟iter procedurale e dei risultati conseguiti.
3
Un‟ulteriore svolta verso la managerialità si è avuta con la legge
142/1990 “Ordinamento delle Autonomie Locali”, poi confluita nel D.Lgs.
267/2000, che per la prima volta ha normatizzato il principio della
separazione fra poteri politici (che spettano agli organi elettivi) e
amministrativi (di competenza dei dirigenti) e responsabilità relative ai risultati
della gestione amministrativa. Tale principio di separazione, inizialmente
affermato per gli Enti Locali, è stato successivamente esteso a tutte le
amministrazioni grazie al D.Lgs. 29/1993 “Razionalizzazione della
organizzazione delle Amministrazioni Pubbliche e revisione della disciplina in
materia di pubblico impiego” ed ha imposto a queste di costruire uffici di
controllo interno con il compito di valutare, indirizzare e correggere l‟azione
2
AA.VV., Marzo 2003, “Il controllo di gestione negli Enti Pubblici territoriali”, Documenti
ARTISEIA (Fondazione ARTISEIA – Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti) n. 14
3
L. 241/1990 art. 6
8
degli uffici sulla base degli obiettivi e delle responsabilità assegnate,
prevedendo dunque una responsabilità dirigenziale.
4
Principale scopo della riforma è stato non solo quello di salvaguardare
le risorse pubbliche da sprechi e scorrette gestioni, ma anche produrre in
modo efficace, efficiente ed economico servizi di qualità compatibili con le
finalità dell‟organizzazione e la necessità di un idoneo sistema di dati
finanziari.
Il controllo interno nella sua nuova versione viene dunque ad essere
un processo ciclico al cui interno sono coinvolti operatori interni, controllori
esterni, organi di direzione politica e organi di controllo interno. Si può
dunque affermare che l‟economia aziendale entra a far parte della Pubblica
Amministrazione.
Con il D.Lgs 29/1993 si è quindi cercato di superare la dilagante
cultura della “deresponsabilizzazione”, in cui il controllo riguardava
esclusivamente la conformità dell‟intera attività svolta dai dirigenti con le
norme giuridiche, cercando di fare del risultato l‟obiettivo finale.
La logica che sottende a questa nuova normativa è quella del
“diagramma di redditività parziale”
5
: all‟interno di tale diagramma vengono
evidenziati i costi fissi, quelli variabili, i ricavi totali ed il punto di pareggio.
Anche se le Pubbliche Amministrazioni non conseguono ricavi dal mercato,
ma solo trasferimenti e stanziamenti, ciò non significa che esse non debbano
ricercare un punto di pareggio e utilizzare metodologie e tecniche per
4
D.Lgs. 29/1993 art. 20
5
L. HINNA, 2002, “L’evoluzione dei controlli interni nella Pubblica Amministrazione con
particolare riferimento al D.Lgs. 286/99”, Relazione tenuta al CASD, Alti Studi sulla Difesa nel
Maggio 2000 pubblicato su Pubbliche amministrazioni: cambiamenti di scenario e strumenti di
controllo interno, Padova, CEDAM.
9
migliorare la loro redditività e renderla confrontabile nel tempo. Come già
detto quindi i Dirigenti divengono responsabili della gestione e hanno
l‟obbligo di fare si che l‟organizzazione nel tempo consegua performance via
via crescenti; è questo il motivo per cui sono state previste anche delle
sanzioni per coloro che non operano in tale senso.
Un altro elemento innovativo del decreto è contenuto nel comma 2
6
dell‟art. 20 che prevede l‟obbligo di istituzione dei nuclei di valutazione o
servizi di controllo interno. A tali organismi è stata riconosciuta una posizione
di autonomia e però rispondono solamente agli organi di direzione politica:
hanno il compito di informare trimestralmente gli organi di management
amministrativo riguardo al loro operato e allo stesso tempo comunicano
all‟autorità di indirizzo circa il raggiungimento degli obiettivi da parte dei
dirigenti.
Il comma 4 del medesimo articolo prevede che i nuclei di valutazione
siano formati da dirigenti generali e da esperti che possono anche essere
esterni alle amministrazioni, senza soffermarsi però sull‟individuazione di
eventuali requisiti minimi necessari per ricoprire la carica.
Si può sostenere che l‟attuazione di questo decreto ha presentato non
poche difficoltà a causa di un eccessiva pluralità e complessità di controlli e
perplessità concettuali. Un esempio può essere dato dalla previsione di due
differenti organi di controllo, i nuclei ed i servizi di valutazione, con le
6
Art. 20 comma 2 D.Lgs 29/1993 “Per la verifica dei risultati di cui al comma 1, il Ministro si avvale
di appositi nuclei di valutazione nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, composti da
esperti in tecniche di valutazione e nel controllo di gestione, anche interni all'amministrazione, con
qualifica dirigenziale e, in maggioranza, da dirigenti generali. In casi di particolare complessità, il
Presidente del Consiglio dei Ministri può stipulare apposite convenzioni con soggetti pubblici o
privati particolarmente qualificati in tecniche di valutazione nel controllo di gestione”.
10
medesime funzioni e che per tal motivo hanno creato non poche incertezze
nell‟individuazione delle loro differenze.
In molti Comuni la dirigenza ha vissuto l‟istituzione dei controlli interni
come necessità di adeguarsi alla nuova normativa, senza comprendere a
pieno le modifiche che ciò avrebbe portato all‟interno dell‟Ente. Per quanto
concerne il potere del vertice politico si è passati da un sistema di
subordinazione gerarchica del dirigente al ruolo politico ad uno basato sulla
definizione delle politiche e dell‟indirizzo strategico. Inoltre i dirigenti non si
limitano più ad eseguire passivamente le decisioni del vertice, ma sono tenuti
a gestire il Comune secondo criteri professionali, ovvero come se fossero i
manager di un‟azienda privata. Si può dunque affermare che con la riforma
del 1993 la Pubblica Amministrazione ha iniziato a spostarsi verso un
modello gestionale di stampo manageriale con una forte attenzione alle
esigenze della collettività attraverso una verifica continua del proprio modo di
operare.
In un secondo tempo, con l‟emanazione della Legge 14 gennaio 1994
n. 20, si assiste alla riforma dei controlli
7
della Corte dei Conti che ha
comportato un potenziamento dei controlli, sia interni che esterni, da parte di
questo organo sui risultati dell‟azione amministrativa, intesa nel suo insieme
e non come singolo atto, sulla coerenza dei risultati con i programmi politici,
sul costo e la performance dei servizi e sulla soddisfazione degli utenti.
7
Con la L. 20/1994 si assiste: a) ad una limitazione del controllo preventivo di legittimità ad una serie
di atti del Governo di particolare rilevanza (atti normativi, di programmazione che implicano spesa o
ripartizione di risorse finanziarie, atti generali attuativi di norme comunitarie, atti di indirizzo per lo
svolgimento generale dell’azione amministrativa); b) attribuzione alla Corte dei Conti di un potere di
controllo successivo (rivolto all’inera attività della P.A. e non al singolo atto); c) attribuzione di
compiti di vigilanza sul funzionamento dei controlli interni dell’Amministrazione (agisce come
organo di controllo di secondo grado).
11
Il successivo ordinamento contabile e finanziario previsto dal D.Lgs.
77/1995 “Ordinamento finanziario e contabile degli Enti Locali” innova in
modo radicale il precedente sistema normativo attivando processi di
programmazione e controllo di gestione volti alla creazione di un nuovo
modello di Pubblica Amministrazione basato sulla cultura del risultato. Si
basa su una netta distinzione dei ruoli e delle funzioni svolte dagli organi di
gestione e quelli di governo; ciò comporta la necessità di rivedere il sistema
dei controlli dell‟azione amministrativa che deve essere maggiormente
improntato ad una verifica dell‟efficienza e dell‟efficacia dell‟operato e ad una
più grande responsabilizzazione dei dirigenti o dei responsabili
8
. Il controllo
di gestione, come disciplinato agli art. dal 39 al 41
9
, risulta essere dunque
essere un sistema complesso formato da un processo, una struttura
organizzativa ed una serie di strumenti di rilevazione che coinvolgono l‟intera
struttura e tutti i soggetti coinvolti. E‟ dunque possibile individuare tre
tipologie di controlli:
strategico (identificabile con la pianificazione strategica e la
definizione degli obiettivi generali dell‟Ente e le politiche da
perseguire. Riguarda i livelli organizzativi più elevati: Giunta,
Sindaco e Direttore Generale);
direzionale (concerne i dirigenti e i responsabili in quanto dotati
di poteri decisionali)
8
A. MARINA, P.RAVAIOLI, 1998, “Controllo di gestione e nuclei di valutazione – Criteri,
problemi pratici e soluzioni concrete”, Enti Locali, Giuffrè editore.
9
Art. dal 1 al 114 del D.Lgs 77/1995 sono stati abrogati dall’art. 274 del D.Lgs 267/2000 lett. hh)
12
operativo (relativo a figure professionali non apicali con compiti
di mera esecutività e relativi a micro-obiettivi).
In pratica è la Giunta (ovvero l‟organo esecutivo dell‟amministrazione)
che, mediante l‟approvazione del Piano Esecutivo di Gestione (o P.E.G.),
individua i responsabili dei servizi (centri di costo) ai quali vengono assegnati
i budget e gli obiettivi di gestione. L‟analisi del raggiungimento degli obiettivi
previsti dal P.E.G. permette di porre in essere un reale controllo di gestione
di tutta l‟organizzazione, dai vertici alla base.
Ma come già detto in precedenza, in questa fase l‟efficacia del
controllo di gestione continua ancora ad essere più formale che sostanziale
ed il P.E.G. risulta redatto principalmente perchè atto obbligatorio previsto
dalla legge piuttosto che come utile strumento di programmazione.
Il nuovo ruolo attribuito dalla riforma alla Corte dei Conti e le numerose
lacune normative del D.Lgs 29/1993 hanno fatto si che si creasse una
domanda di maggiore precisione da parte della Pubblica Amministrazione
per quanto riguardava le tipologie di controllo, i soggetti coinvolti, gli
strumenti utilizzabili e la struttura gerarchica portando all‟emanazione, dopo
sei anni, del D.Lgs 286/1999 “Riordino e potenziamento dei meccanismi e
strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati
dell'attivita' svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11
della legge 15 marzo 1997, n. 59” in attuazione della Legge Delega 59/1997
(cd. “Bassanini 1”).
13
Rifacendosi all‟art. 97 comma 1
10
della Costituzione, che impone
precisi vincoli sia di efficienza che di economicità per quello che riguarda la
gestione e l‟organizzazione dell‟amministrazione pubblica, il D.Lgs prevede
una serie di punti fondamentali, ovvero:
individuare distintamente le attività delle strutture di controllo
interno;
affidare ad esse strutture differenti;
stabilire, a livello organizzativo, dei criteri di incompatibilità tra le
diverse funzioni di controllo interno, in modo da mantenere le
distinzioni tra attività di supporto a quelle di indirizzo politico e
attività finalizzate al miglioramento dell‟ordinaria gestione
amministrativa;
evitare la confusione fra controlli di tipo collaborativo e di tipo
repressivo.
Inoltre nel medesimo atto normativo sono stati rivisti i contenuti e le
competenze dei controlli interni attraverso una netta suddivisione di questi in
quattro
11
differenti tipologie, individuando per ognuna strutture ed organismi
differenti.
La prima tipologia di controllo introdotta dal D.Lgs. 286/1999 è quella
di regolarità contabile ed amministrativa il cui fine è di garantire la
correttezza, la legittimità e la regolarità dell‟azione amministrativa attraverso
10
Art. 97, comma 1 Costituzione “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in
modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.
11
D.Lgs. 286/1999 art. 1 comma 1
14
una verifica ex post effettuata dagli organi di revisione, dagli uffici ragioneria
e dai servizi ispettivi
12
. Inoltre è finalizzato non solo ad assicurare la
ragionevole conformità dell‟attività amministrativa alla legge, ma anche
l‟affidabilità delle altre tipologie di controllo interno. Per tale motivo viene ad
assumere una propria autonomia rispetto alle altre forme di controllo interno,
tanto da comportare un esplicito divieto di affidare verifiche di regolarità
contabile ed amministrativa a strutture addette al controllo di gestione, al
controllo strategico e alla valutazione dei dirigenti
13
. E‟ comunque un
controllo successivo, in quanto eventuali verifiche preventive possono essere
effettuate solo nei limitati casi espressamente previsti dalla legge e non
possono in alcun caso riguardare valutazioni di merito.
Il secondo è il controllo di gestione il cui compito è la verifica
dell‟efficacia, dell‟efficienza e dell‟economicità, in modo da permettere ai
dirigenti di ottimizzare il rapporto costi/risultati e di intervenire
tempestivamente nel caso di scostamenti. E‟ un processo sistematico che
richiede un‟interazione continua dei vertici dell‟ente con i membri di tutta
l‟organizzazione. Di norma viene affidato ad un unico ufficio nel caso di
comuni di piccole dimensioni o a singoli uffici delle diverse articolazioni nel
caso di enti più grandi. Leggendo attentamente il decreto possiamo notare
che all‟art. 4 vengono elencati una serie di elementi che ogni
12
D.Lgs. 286/1999 art. 2 comma 1
13
Secondo il Legislatore le verifiche di regolarità amministrativo-contabile devono rifarsi ai principi
generali della revisione aziendale osservati dagli ordini professionali del settore e devono essere svolti
dagli organi appositamente previsti dalla legge. Inoltre i membri dei collegi di Revisione devono in
maggioranza essere iscritti all’albo dei Revisori contabili e ciò denota una richiesta di competenze
specifiche e di professionalità.
15
amministrazione pubblica deve definire per poter svolgere tale controllo,
ovvero:
l‟ufficio o gli uffici ai quali spetta la responsabilità del controllo
sia per quanto concerne la sua progettazione ed attuazione;
i livelli organizzativi ai quali si intende misurarne l‟azione
amministrativa;
gli obiettivi di gestione e i responsabili ad essi preposti;
gli strumenti di rilevazione
le modalità di ripartizione dei costi tra le unità organizzative e gli
obiettivi per i quali essi sono stati sostenuti;
gli indicatori utilizzati per la rilevazione dell‟efficienza,
dell‟efficacia e dell‟economicità;
frequenza con la quale vengono effettuate le rilevazioni delle
informazioni.
Si può quindi sostenere che il controllo di gestione non è uno strumento a sé
stante, ma fa parte di un meccanismo più ampio di integrazione presentando
diversi punti di connessione con gli altri elementi del controllo interno
14
. Lo
stesso alimenta il controllo strategico in quanto può assegnare ad una unità
degli obiettivi di efficienza e produttività che possono poi essere tradotti in
obiettivi specifici per le singole unità organizzative. Compito del controllo di
gestione è la verifica del raggiungimento di tali obiettivi e l‟individuazione
della motivazione degli eventuali scostamenti che costituiscono una valida
fonte di alimentazione del sistema di valutazione dei dirigenti. Inoltre può
14
G. BRUNI, 1997, “Le attività e gli strumenti del controllo di gestione nelle Pubbliche
Amministrazioni: caratteristiche generali”, Rimini, Maggioli editore.
16
essere usato per la misurazione della qualità dei servizi erogati da un‟unità
organizzativa, costituendo un valido elemento di supporto alla verifica della
Carta dei Servizi
15
. Per permettere una valutazione economica dei risultati
dei servizi e delle attività prodotti dalle amministrazioni pubbliche è stata
creato, attraverso il D.Lgs. 279/1997 “Individuazione delle unità revisionali di
base del bilancio dello Stato, riordino del Sistema di tesoreria e
ristrutturazione del rendiconto generale dello Stato” un sistema di contabilità
analitica per centri di costo basato sia su un piano di costi, che costituisce lo
strumento per la classificazione e la rilevazione dei costi, che su dei centri di
costo, identificabile con i centri di responsabilità dell‟amministrazione per
ognuno dei quali viene definito un budget.
Il terzo è il controllo strategico che ha lo scopo di monitorare
l‟attuazione o meno degli obiettivi contenuti nei documenti di indirizzo politico
attraverso una ricognizione che si effettua confrontando i programmi indicati
nella relazione revisionale e programmatica, approvata precedentemente dal
Consiglio Comunale, ed i relativi risultati ottenuti in termini di efficienza ed
efficacia delle risorse finanziarie, umane e tecniche disponibili. Ci troviamo di
fronte ad uno strumento di lungo periodo il quale deve sempre essere
integrato al controllo di gestione che, a differenza, è di breve periodo.
L‟ultima tipologia di controllo prevista dal decreto è la valutazione dei
dirigenti il quale deve essere svolto dalla medesima struttura che realizza il
controllo di gestione (ovvero il Nucleo di Valutazione), in accordo con
15
La Carta dei Servizi è un documento che ogni ufficio della Pubblica Amministrazione è tenuto a
fornire ai propri utenti. In esso sono indicati finalità, modi, criteri e strutture tramite cui il servizio
viene attuato, diritti e doveri, modalità e tempi di partecipazione, procedure di controllo che l’utente
ha a sua disposizione. E’ uno strumento fondamentale con cui si attua il principio della trasparenza.
17
l‟organo di indirizzo politico, per quanto concerne la valutazione dei dirigenti
apicali, mentre è svolto dai capi ripartizione, sulla base dei risultati emersi dal
controllo di gestione, per quanto riguarda i dirigenti intermedi. In sostanza
vengono valutate le performance personali dei singoli dirigenti e ciò permette
anche l‟attivazione delle procedure di responsabilità dirigenziale.
Lo scopo di tali controlli, dunque, non è più solo quello di verificare la
legittimità del singolo atto amministrativo, ma di monitorare il raggiungimento
o meno degli obiettivi indicati dall‟organo di governo dell‟ente da parte degli
organi di gestione attraverso un controllo continuo del rapporto costi/risultati.
Il decreto oltre a delineare la disciplina del nuovo sistema di controlli
interni si preoccupa di migliorarne l‟organizzazione attraverso la previsione di
una serie di obblighi posti in carico alle Amministrazioni, tra i quali:
la definizione di indicatori di efficienza, efficacia ed economicità;
l‟adozione di un sistema informativo-statistico che prevede
rilevazioni periodiche di attività, prodotti e costi;
individuazione di standard qualitativi pubblici;
il coinvolgimento dei cittadini nella valutazione dell‟operato
dell‟Amministrazione e dei servizi pubblici;
delle valutazioni comparative all‟interno e tra amministrazioni
differenti per quanto riguarda costi, rendimenti e risultati.
La riforma dei controlli prevista dal D.Lgs. 286/1999 risulta essere,
rispetto al D.Lgs. 29/1993, uno strumento di rivoluzione culturale ed
istituzionale che coinvolge tutta la Pubblica Amministrazione, dal Ministero,
all‟Ente Locale fino al cittadino.
18
3. IL CONTROLLO DI GESTIONE NEL TESTO UNICO
Il 18 agosto 2000 è stato emanato il D.Lgs. 267/00, meglio
conosciuto come Testo Unico sugli Enti Locali (o TUEL), nel quale viene
riproposta, precisamente nell‟art. 147, la distinzione nei quattro diversi tipi di
controllo già prevista dal D.Lgs. 286/99, ovvero:
controllo di regolarità amministrativa e contabile;
controllo di gestione;
valutazione sulle prestazioni dei dirigenti;
valutazione e controllo strategico
16
.
Delle quattro forme di controllo interno l‟unica ad essere però
disciplinata in modo organico dal Tuel è il controllo di gestione.
Il Testo Unico dedica a questo tipo di controllo gli articoli dal 196 al
198 bis, evidenziandone dunque la crescente importanza di quello che viene
ad essere un processo collaborativo che coinvolge sia i responsabili dei
servizi, con lo scopo di minimizzare i costi e massimizzare i risultati
conseguibili, sia gli organi di direzione politica per poter valutare
l‟adeguatezza delle scelte e delle azioni, al fine di attuare i piani ed i
programmi proposti dall‟organo di governo e permettere una valutazione
finale del raggiungimento o meno degli obiettivi prefissati e un‟analisi degli
scostamenti.
16
L’individuazione di strumenti e metodologie utili per sviluppare questi quattro tipi di controllo sono
lasciati all’autonomia organizzativa e normativa degli Enti Locali con due soli limiti: a) rispetto della
distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione (art. 147 Tuel); b) applicazione dell’art. 5,
commi 1 e 2 del D.Lgs. 286/99 alla valutazione dei dirigenti (art. 107 Tuel).