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esercizio d’ impresa, senza però dimenticare l’ aspetto economico. Nella
seconda parte del capitolo vengono definiti i maggiori attori coinvolti nella
CSR, gli stakeholder, e viene presentata la situazione attuale italiana,
dividendo le imprese nazionali in cinque macroclassi a seconda del loro
atteggiamento nei confronti della CSR.
Nel secondo capitolo si tratta del tema centrale dell’ elaborato: il Cause
Related Marketing visto come leva di marketing per competere sul
mercato. Dopo una breve introduzione sull’ argomento e sulla storia, ho
considerato i vantaggi riconducibili alle due parti coinvolte: l’ azienda
profit e l’ associazione non profit. Nella seconda parte invece ho descritto
come avviene concretamente e come venga implementata una campagna
di Cause Related Marketing passando attraverso le tre fasi: quella
preparatoria, quella esecutiva e quella conclusiva.
Nel terzo e nel quarto capitolo sono riportati degli esempi di campagne di
CRM effettivamente attuate da tre multinazionali: Auchan, Artsana e
Henkel. Particolare attenzione ho posto sulla prima e sulla partnership che
ha stretto con l’ associazione non profit Amici dei Bambini, per la raccolta
di fondi tramite la linea di prodotto a marchio Rik&Rok, per la costruzione
di case famiglia e il supporto alle famiglie durante i processi di adozione.
Al termine del terzo capitolo è anche presente u questionario sottoposto
alla responsabile fundraising di Ai.Bi., Barbara Pelandrini, per avere una
visione della partnership non solo dalla parte dell’ impresa profit, come
fatto nell’ intero capitolo, ma anche dalla parte dell’ ente non profit.
Infine nel quinto e ultimo capitolo, ho presentato uno dei fenomeni che
hanno reso il mercato sempre più competitivo e che quindi ha portato le
imprese ad adottare nuovi strumenti, tra cui il cause related marketing,
per competere: la globalizzazione. Dopo una breve presentazione del
fenomeno ho considerato le diverse correnti di pensiero sull’ argomento,
riportando prima ciò che sostengono i no global per poi dare una visione
del fenomeno più realistica e spesso in contrasto con le considerazioni
antiglobalizzazione. Da qui è emerso che la globalizzazione pur avendo
degli aspetti sicuramente contestabili, oltre ad essere un fenomeno non
nuovo, è anche un passaggio inevitabile nello sviluppo economico: i
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vantaggi, anche per le popolazioni dei Paesi meno sviluppati e per i loro
redditi, sono senza dubbio superiori degli svantaggi. Infine è bene
precisare che in quest’ ultimo capitolo molte considerazioni vengono fatte
su dati precedenti al 2000, questa è stata una cosa voluta in quanto si
voleva dimostrare la positività del fenomeno globalizzazione e non farne
una cronaca; e per fare ciò ho ritenuto più significativo riportare i dati
dell’ ultimo decennio del secolo scorso che sono rappresentativi dell’
ultima ondata globale prima della crisi economica che ha seguito l ‘ 11
settembre.
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Capitolo 1
LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
Introduzione
L’accelerazione della liberalizzazione economica e, tra le altre cose, una
sempre maggiore attenzione alla globalizzazione, ha fatto si che l’opinione
pubblica si concentrasse sempre più sull’integrità delle imprese non solo
nei confronti degli azionisti ma anche della società nel suo complesso.
Questo ha fatto si che, da qualche decennio a questa parte, si facesse
strada il concetto di Corporate Social Responsibility (CSR), nota, in Italia,
anche come Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI).
1. Definizione della Corporate Social Responsibility
La nozione di Corporate Social Responsibility non ha ancora trovato una
precisa definizione negli studi di management. Nonostante ciò possiamo
capire di cosa si tratti da come viene essa definita dalla Commissione
Europea nel Libro Verde, pubblicato nel 2001. Secondo questo approccio
la Corporate Social Responsibility è “l’integrazione su base volontaria, da
parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro
operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”, ossia,
in base alla definizione contenuta nel documento originale “a concept
whereby companies integrate social and environmental concerns in their
Capitolo 1. LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
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business operations and in their interaction with their stakeholders on a
voluntary basis“.
Sempre dalla definizione di CSR del Libro Verde si desume che essere
socialmente responsabili implica andare oltre il semplice rispetto della
normativa vigente, “investendo “di più” nel capitale umano, nell’ambiente
e nei rapporti con le parti interessate”.
Un’altra definizione di CSR ci viene fornita da Molteni che la intende come
“la tensione dell’impresa – e, dunque, in primis dai vertici aziendali – a
soddisfare in misura sempre crescente, andando al di là degli obblighi di
legge, le legittime attese sociali e ambientali, oltre che economiche, dei
vari portatori di interesse (o stakeholder) interni ed esterni, mediante lo
svolgimento delle proprie attività”
1
. Tale definizione non è altro che una
rielaborazione di quanto pubblicato nel Libro Verde precisando alcuni
importanti concetti,che riprenderemo in un secondo tempo, come
l’andare al di là degli obblighi di legge e l’ampio raggio di azione della
“Responsabilità” che dovrà interessare sia soggetti interni che esterni
all’impresa.
Un'impresa che adotti un comportamento socialmente responsabile,
monitorando e rispondendo alle attese economiche, ambientali, sociali di
tutti i portatori di interesse (stakeholders) coglie anche l'obiettivo di
conseguire un vantaggio competitivo e di massimizzare i ritorni di lungo
periodo. Un prodotto, infatti, non risulta unicamente apprezzato per le
caratteristiche qualitative esteriori; il suo valore è stimato in gran parte
per le caratteristiche non materiali, quali le condizioni di fornitura, i
servizi di assistenza e di personalizzazione, l’immagine ed infine la storia
del prodotto stesso.
1
M. MOLTENI, Responsabilità sociale e performance d’impresa, 2004, pag.4
Capitolo 1. LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
11
1.1 Il doppio livello della Corporate Social
Responsibility
Da quanto finora detto risulta abbastanza chiaro il doppio livello nel quale
si va ad operare: la tutela delle parti interessate e gli obbiettivi di
sviluppo dell’impresa. La prima si ottiene tramite risultati sociali e
ambientali, la seconda attraverso il raggiungimento dei risultati
economici. Sebbene il concetto di CSR tenda a farci concentrare, in un
primo momento, ad aspetti soprattutto sociali o ambientali non bisogna
pensare che quello economico non venga considerato. I risultati
economici restano in ogni caso la priorità di qualsiasi impresa, in quanto
la capacità di generare ricchezza è condizione fondamentale per
assicurare la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa, ed è solo dopo
aver provveduto a ciò che è possibile raggiungere gli altri due “obiettivi”
(quello sociale e quello ambientale). Un’impresa sensibile al sociale, ma
incapace di produrre ricchezza, è destinata a fallire anche nelle proprie
iniziative sociali.
Autenticamente responsabile è dunque l’impresa che riesce a raggiunge
performance reddituali positive su un arco temporale pluriennale e nel
contempo riesce ad essere socialmente orientata, soddisfacendo le attese
di tutti gli stakeholder.
Quanto appena detto risulta essere la logica della cosiddetta triple bottom
line, secondo cui l’impresa deve, appunto, perseguire tre ordini di
risultati: economici, sociali e ambientali.
Il tema della CSR va inquadrato, quindi, nell’ambito delle politiche per la
competitività dell’impresa e del sistema economico, ricollegandosi
direttamente con il concetto di “sviluppo sostenibile”. Sostenibilità è la
“capacità di una organizzazione (o società) di continuare, in maniera
duratura nel tempo, le proprie attività, tenendo in debita considerazione
l’impatto che queste ultime hanno sul capitale naturale, sociale e
Capitolo 1. LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
12
umano”
2
. In altri termini, la CSR è il contributo che le imprese offrono
allo sviluppo sostenibile.
Riprendendo i due livelli della Corporate Social Responsibility li possiamo
definire in modo più preciso
3
:
a. il livello della tutela dei diritti
b. il livello della creatività socio-competitiva
a. La tutela dei diritti risulta essere direttamente connessa al fenomeno
della globalizzazione e al fatto di andare al di là degli obblighi di legge
visto in precedenza.
Per comprendere meglio basti pensare ad un’azienda europea che scelga
di operare in un Paese in via di sviluppo: meno legislazione e meno
controlli in materia di diritti dei lavoratori potrebbero spingere la nostra
azienda ad attenersi alle normative locali, con una prevedibile
convenienza economica. Un’impresa dedita alla CSR non approfitterà di
questa situazione e probabilmente rispetterà i diritti dei lavoratori in
maniera molto simile di quanto faccia in Europa, andando appunto oltre
gli obblighi previsti dalla legge locale.
Questo superare ciò che impone la legge è da ricondurre anche ad un
fattore etico e, soprattutto negli ultimi anni, al moltiplicarsi di forme di
autoregolamentazione emanate da organismi sia nazionali che
internazionali.
b. La creatività socio-competitiva invece risulta essere il fattore
fondamentale per la creazione del vantaggio competitivo ricavabile dalla
CSR. In tal senso infatti la Corporate Social Responsibility perde ogni sua
accezione negativa, nel senso di divieto o vincolo nell’operare, ma
2
ISEA – Institute of Social and Ethical AccountAbility, AccountAbility 1000
framework
3
M. MOLTENI, Responsabilità sociale e performance d’impresa, 2004, pag.16
Capitolo 1. LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
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diventa una vera e propria opportunità per soddisfare le attese degli
stakeholder e per lo sviluppo dell’impresa.
Una cosa simile avviene nella finanza con la financial innovation, dove
l’azienda crea nuove soluzioni finanziarie (nuove tipologie di obbligazioni
per esempio) per avvantaggiarsi sui concorrenti e attirare più azionisti;
così tramite la creatività socio-competitiva che deriva dalla CSR si può
creare un vantaggio competitivo.
Capitolo 1. LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
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2. Storia della Corporate Social Responsibility
Nonostante in Italia solo recentemente si sia trattato maggiormente
dell’argomento relativo al rapporto impresa e ambiente socio-culturale, il
concetto di Corporate Social Responsibility (CSR) non è poi così nuovo.
Nasce negli Stati Uniti negli anni Cinquanta, anche se con il passare del
tempo vede continue trasformazioni. Lo scopo era quello di far
comprendere alle imprese l’esistenza di responsabilità ed obiettivi
addizionali a quelli economici-finanziari, che avessero contribuito alla
risoluzione di problematiche sociali come la disoccupazione,
l’inquinamento ambientale, etc.
Negli anni si vedranno susseguire diversi filoni.
Il primo di questi risale agli inizi degli anni Cinquanta e si basava sul
presupposto fondamentale di riconoscere le potenzialità che ha
un’azienda di incidere sul progresso sociale oltre che economico. Se
questi presupposti esistono, l’impresa è obbligata a compiere azioni
socialmente responsabili. Pertanto, questo approccio era legato
fortemente al significato del dovere di un’azienda, nel senso che se
l’impresa poteva incidere positivamente sul benessere della comunità,
essa allora doveva farlo. Inoltre, il discorso di responsabilità sociale
veniva considerato in modo opportunistico poiché il comportamento etico
era subordinato al tornaconto economico. Un tipo di impostazione così
rigida non ha potuto esimersi dalle critiche, prime fra i quali quella di
considerare il concetto di responsabilità sociale come sinonimo di
obbligazioni ulteriori che l’impresa deve assumersi rispetto alle sue
attività tradizionali. Tale approccio, infatti, portava inevitabilmente a
considerare il senso di responsabilità sociale in modo “negativo”
(obbligazione), trascurando, invece, le grandi opportunità che poteva
offrire. Questo avveniva perché questo filone indagava principalmente
solo sugli atti concreti, compiuti sulla base di principi ed obiettivi che
Capitolo 1. LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
15
andavano oltre l’aspetto meramente economico, ma che in realtà non
erano mai veramente esplicitati. In questa fase, il concetto di
responsabilità sociale resta semplicemente come uno strumento di
facciata poiché da parte del mondo imprenditoriale mancava di fondo un
serio cambiamento del suo modo di essere, senza una reale e concreta
interiorizzazione dei principi etici che avrebbero dovuto guidare l’intero
operato aziendale.
Da queste carenze e riflessioni, si arriva alla seconda ondata di indagini,
quella della cosiddetta Corporate Social Responsiveness che nasce e si
sviluppa a partire dagli anni Settanta, in risposta all’esigenza di ampliare
il senso del precedente filone. Rispetto alla corrente precedente, da parte
delle aziende emerge una sensibilità maggiore nei confronti delle istanze
sociali che si esplica nello sviluppo di procedure interne idonee a risolvere
questioni sociali. Infatti, questa dottrina focalizza maggiormente il
discorso sui modi, gli strumenti e sui processi che l’impresa è chiamata
ad attuare per far fronte a determinate problematiche. Tuttavia, neanche
questa impostazione è stata esente da critiche, in quanto anche questo
filone si è concentrato più sui mezzi che sul vero significato dei fini delle
attività aziendali. In altri termini se da un lato la Corporate Social
Responsiveness ha il pregio di aver dedicato attenzione agli strumenti
manageriali (auditing sociale, codici di condotta, etc.), dall’altro, ha
prestato poca interesse sulle reali motivazioni che sottendono queste tipi
di strategie. Nonostante questi due filoni sopra descritti abbiano
contribuito a loro modo a diffondere il concetto di responsabilità sociale
fra le aziende, manca a monte un’attenta analisi della sfera etica.
L’ultimo filone esploso negli anni Ottanta e denominato Business Ethics (o
etica degli affari) cerca di ovviare a questa mancanza, indagando sui fini
e sui limiti sociali dell’attività aziendale, nonché sulle norme e sui principi
culturali che orientano i suoi comportamenti. Difatti, non a caso questo
Capitolo 1. LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
16
filone utilizza il termine etica. La parola etica deriva dal greco ethos ed
indica i principi ovvero le norme che guidano la vita di un gruppo sociale.
Al riguardo si può distinguere tra etica personale ed etica sociale, di cui
l’etica economica – che si occupa in modo specifico sia dell’ordinamento
economico in generale, sia delle politiche messe in atto dalle aziende e da
altri soggetti economici – rappresenta il settore di maggior importanza.
L’espressione Business Ethics presenta delle ambiguità circa il suo
significato, in quanto può essere riferito sia agli affari in generale − e
pertanto anche a quelli messo in atto da singoli − sia all’azienda in modo
specifico, accezione quest’ ultima accolta in questa sede. In particolare la
Business Ethics si propone di sottolineare l’importanza di definire politiche
aziendali fondate su una cultura permeata da una dimensione etica,
basata cioè su un sistema di principi normativi e di valori guida che siano
in sintonia con quelli dei propri interlocutori sociali (stakeholders). Tali
valori definiscono i diritti e gli obblighi degli attori sociali, dunque
l’opportunità di poter prendere determinate decisioni, poiché la
dimensione etica non consiste solamente in un insieme di norme da
seguire, ma piuttosto in un processo logico-razionale di valutazione sulla
scelta di attuare certi comportamenti.
In particolare la dimensione etica d’impresa ha la capacità di:
- vedere le opportunità,
- capire e gestire le risorse a disposizione,
- interpretare le aspettative degli stakeholders,
- strutturare strumenti gestionali in grado di venire incontro alle esigenze
sociali.
Pertanto, un’impresa non può più prendersi il lusso di essere sollevata da
tali questioni, soprattutto perché si trova di fronte ad un consumatore
sempre più consapevole di quanto i valori-guida delle imprese giochino
un ruolo rilevante nel definire il livello qualitativo delle generali condizioni
di vita. Di conseguenza, l’intera comunità pretende un maggior grado di
eticità da parte dell’azienda, in quanto sempre meno disposta a tollerare
Capitolo 1. LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
17
trasgressioni e comportamenti scorretti. Etica, dunque, come sinonimo di
responsabilità sociale in cui si deve riflettere non più soltanto su come
fare, ma soprattutto sul perché di certe azioni. Questo tipo di visione
appena descritta non è una prospettiva assistenzialistica o altruistica, ma
un tipo di comportamento, che deve essere esplicitato se si vuol riuscire
ad instaurare solidi e duraturi legami con gli interlocutori sociali, evitando
l’insorgere di tensioni che si ripercuotono anche sulla performance
economica dell’azienda. Sebbene si sia cercato di comprendere,
attraverso questo excursus storico, come il concetto di CSR si sia evoluto
in questi decenni, si deve cercare di andare aldilà delle etichette o delle
definizioni ad essa attribuitagli. Gli approcci sopra descritti, quindi,
dovrebbero apparire come componenti complementari di un’unica
disciplina, nonché di un orientamento gestionale che l’impresa è tenuta
ad interiorizzare.
Capitolo 1. LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
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3. Gli Stakeholder
All’interno del mercato globale e locale, le imprese non hanno
un’esistenza a sé stante, ma sono enti che vivono e agiscono in un
tessuto sociale che comprende vari soggetti, tra cui spicca sicuramente
una società civile molto attenta all’operato imprenditoriale. E’, quindi, di
fondamentale importanza l’attività dedicata al mantenimento delle
relazioni con l’esterno, verso i cosiddetti stakeholder. Nei sistemi di
gestione aziendale, l’attenzione agli stakeholder è divenuta di cruciale
importanza per le imprese e spesso lo sviluppo nel tempo di relazioni
positive con tali soggetti può diventare un elemento di valore aggiunto
per l’impresa.
Seppur sia un concetto base dell’economia è bene ribadire cosa si intenda
per stakeholder. Innanzi tutto partiamo dal significato della parola.
Questo termine è formato da due parti: stake, ovvero interesse, posta in
gioco, e holder, possessore, portatore. Esso indica quindi i portatori di
interessi, coloro cioè che hanno in gioco qualcosa. Perciò, con l’uso di
questo termine si vuole sottolineare un ampliamento delle categorie o
delle singole persone che riescono ad influenzare la gestione aziendale,
determinando l’insorgere di pressioni, rischi, opportunità, etc.
Il termine appare per la prima volta nel 1963 in un memorandum interno
dello Stanford Research Institute riferendosi a “those group without
whose support the organization would cease to exist”
4
, ovvero quel
gruppo di individui senza il supporto dei quali l’ azienda cesserebbe di
esistere. Questa definizione sembra interessare però solo quegli individui
che parteciperebbero in modo attivo e direttamente allo svolgimento
dell’attività, mentre negli anni successivi il concetto si è allargato a molti
altri soggetti fino ad una possibile attuale definizione del termine come “ i
soggetti che hanno un interesse rilevante in gioco nella conduzione
4
http://www.misp.it/doc/materiali_doc/Condosta2-IT.pdf
Capitolo 1. LA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY