23
preciso, spesso sono disponibili
in librerie specializzate o punti
vendita selezionati (talvolta anche
gratuitamente), venendo così a
comporre un vasto numero di
nicchie di mercato, il cosiddetto
“effetto Long Tail”
[1]
. Le riviste
si accumulano in case, uffici,
studi, dove vengono sfogliate
per trovare idee, ispirazione,
informazioni o semplicemente
uno svago. Esse, nel corso degli
anni, documentano e archiviano
tendenze della cultura, del
costume, del design, della moda.
Alcune di queste, grazie al loro
design o al progetto editoriale,
costituiscono un vero e proprio
mercato di pezzi da collezione,
quotato e di valore. I contenuti,
il progetto grafico, la confezione
ne fanno un prodotto durevole e
da conservare, contrariamente
al quotidiano che possiede
un’obsolescenza forzata, per sua
stessa natura.
[1] termine coniato nel 2004 da
Chris Anderson in un articolo apparso
sulla rivista americana Wired: «la
teoria ‘Long Tail’ (“estremità lunga” in
italiano) consiste nel fatto che la nostra
cultura e la nostra economia si stanno
progressivamente allontanando dal
numero relativamente ridotto di prodotti e
mercati tradizionali in testa alla curva della
domanda per spostarsi verso un numero
vasto di nicchie collocate nelle estremità.
In Rivers Charlotte, Mag-Art. Innovazione
e design delle riviste, Logos, Modena,
2006, pag. 08
introduzione
“Il Caso Modo. Dieci anni sul fronte del img_01
design”, allegato a Modo n.100, settembre1987.
24
il caso modo
abstract
“Il Caso Modo”. Questa tesi
riprende il titolo di un supplemento
al n.100 di Modo, pubblicato nel
settembre 1987, una selezione
di articoli che ripercorreva i primi
dieci anni di attività della testata
fondata nel 1977 da Alessandro
Mendini. Modo ha rappresentato
nei suoi 28 anni di pubblicazioni
un interessante caso editoriale,
diventando la “rivista di cultura
del progetto” per antonomasia.
Per lungo tempo, col suo
occhio curioso e indagatore,
si è fatta portavoce della
cultura progettuale, spesso in
contraddizione alle idee correnti,
con intento volutamente polemico
e provocatorio, controcorrente e
stimolante.
Cinque importanti figure del
mondo del design si sono
succedute alla direzione della
rivista: Alessandro Mendini,
Franco Raggi, Andrea Branzi,
Cristina Morozzi e Almerico De
Angelis. Negli ultimi anni, vuoi
per il proliferare di nuovi periodici
dedicati al progetto, vuoi per
mancate (o errate) strategie
commerciali, la testata si è
confinata in una piccola porzione
di mercato. Questo ha impedito
di mantenere costantemente
un tono critico nei confronti del
design e di avere gli strumenti
necessari per indagare al
meglio l’attualità del panorama
progettuale. La chiusura della
rivista nei primi mesi del 2006,
unitamente all’osservazione
attenta di un certo tipo di
pubblicazioni di design “ibride”,
molto vicine al mondo della moda,
e ai risultati della ricerca sulla
“Cross Fertilization” condotta
da Sistema Design Italia, mi ha
portato a voler ripensare Modo in
una nuova ottica.
L’obiettivo è dare una nuova
collocazione sul mercato alla
rivista, ponendola tra le riviste
pluridisciplinari o transdisciplinari;
ripulire la pubblicazione da
quella reputazione un po’ snob
di rivista intellettuale e destinata
a un solo pubblico di esperti,
che ultimamente il pubblico
le attribuiva. Alleggerire i toni,
utilizzare un linguaggio più
semplice, avvicinarsi alla struttura
di un settimanale, ampliare i
contenuti editoriali di attualità,
per recuperare invece il carattere
di “bollettino di informazione
sul design” che inizialmente
Alessandro Mendini aveva voluto
per Modo.
La tesi parte dunque dalla
descrizione del panorama
contemporaneo dell’editoria
periodica italiana di design, con
una focalizzazione particolare
sulla realtà del distretto milanese.
Segue una mappatura delle
principali edizioni dedicate alla
progettazione, secondo due
assi, uno che determina il taglio
informativo o commerciale
delle testate e uno che rileva il
livello di pluralità di argomenti
proposti. Si identifica e si analizza
quindi un segmento di mercato
di riviste cosiddette “ibride”,
in cui linguaggio, argomenti e
metodi di rappresentazione sono
mediati dal mondo della moda.
Da questa indagine e dall’analisi
dell’evoluzione della rivista Modo
nel corso degli anni si evincono
alcuni punti critici che servono, in
ultima fase, alla riprogettazione
della testata. Il progetto di
redesign di Modo - nella struttura
compositiva, nel linguaggio e nel
layout grafico - è finalizzato alla
ricollocazione della pubblicazione
in un mercato più vicino alle riviste
interdisciplinari dedicate al design
e alle discipline affini, senza
perdere il giusto livello di critica
e approfondimento della cultura
del progetto, che ha da sempre
distinto la pubblicazione.
25
cap. 1
editoria periodica
di design in Italia
26
il caso modo
1.1 l’editoria del progetto
L’editoria del progetto comprende
un vasto insieme di libri, riviste,
periodici, dossier, pubblicazioni
on-line legate a temi strettamente
connessi il mondo del progetto:
riviste di prestigio internazionale,
ma anche pubblicazioni di
settore di grande diffusione
presso gli operatori economici
e commerciali, segmenti di
editoria specializzata, volumi
dedicati ai designer e alla cultura
del progetto, edizioni legate alle
scuole di design presenti sul
territorio. L’editoria del progetto
– architettura, disegno industriale
e progettazione grafica – occupa
oggi un posto assai rilevante
rispetto al sistema culturale e
produttivo.
La rilevanza dell’editoria di
design è nota a tutti. Essa
rappresenta una sorta di tessuto
connettivo che garantisce al
cosiddetto “Sistema Design”
lo scambio continuo di idee
e di esperienze, nonché la
documentazione e l’elaborazione
delle forme di sperimentazione
e di innovazione diffusa che
continuamente si producono
nei territori della produzione e
del progetto. L’editoria di design
si divide in editoria libraria e
editoria periodica, quella delle
riviste. In questa sede si prenderà
in esame solo quest’ultima,
cioè quell’editoria che produce
pubblicazioni che si rinnovano
sempre, per anni, nel nome di
una testata istituzionale fissa. Per
quanto riguarda le pubblicazioni
di design periodiche, bisogna
escludere quotidiani e settimanali
(al momento non risultano
periodici di design di questo tipo)
e considerare invece le testate
mensili o pluri-mensili (bimestrali,
trimestrali, quadrimestrali,
semestrali, annuali), categoria a
cui appartiene la maggior parte
dell’editoria specializzata in questo
settore. Per l’editoria periodica di
design si parlerà per la maggior
parte di stampa specializzata e, in
alcuni casi, di stampa tecnica.
Una specificità costante in
Italia nella progettazione
dell’editoria dedicata al progetto
è data dal coinvolgimento della
professionalità e della cultura
architettonica e artistica. La rivista
Casabella, ad esempio, ha visto
impegnati due intellettuali del
progetto come Edoardo Persico
e Luigi Pagano; nei primi anni
Novanta, Exporre il trimestrale di
exhibition design ideato da Fredi
Drugman, per le edizioni Lybra
Immagine, con progetto grafico di
Bob Noorda.
[2]
[2] P. Bertola, D. Sangiorgi, G.
Simonelli, Milano distretto del design, Il
Sole 24 Ore, Milano 2002, pp.36-39
Domus n.891, aprile 2006 img_02
Abitare n.440, giugno 2004 img_03
27
Questa tradizione è tenuta
vigorosamente in vita anche
attualmente: Stefano Boeri ha
diretto Domus fino al 2006
e attualmente ha assunto la
direzione di Abitare; Francesco
Dal Co dal 1996 è direttore di
Casabella; Pierluigi Cerri è stato
redattore delle riviste Casabella e
Rassegna; Italo Lupi, è stato art
director di Domus e direttore dal
1991 al 2007 di Abitare; Andrea
Branzi collabora regolarmente
con Interni ed Enzo Mari con
Abitare; Flavio Albanese è passato
alla direzione di Domus lo scorso
aprile; dal 2005 Rassegna ha
ripreso le pubblicazioni sotto la
direzione di François Burkhardt.
Fanno parte di questo medesimo
clima le riviste di grafica e
comunicazione visiva, con la loro
abitudine di affidare ad un autore
sempre diverso la copertina.
rassegna n.81, dicembre 2005img_04
editoria periodica di design in Italia
28
il caso modo
1.2 edizioni storiche
Anche nel caso dell’editoria
di design esiste una lunga
tradizione che nel tempo ha
trovato il modo di svilupparsi in
più direzioni. Nel 2008 Domus
(Editoriale Domus, Milano) e
Casabella (oggi Mondadori-
Electa, Milano), le riviste icona
della cultura architettonica e
del design, hanno compiuto gli
80 anni. Fondate entrambe nel
1928, hanno rappresentato, e
rappresentano tuttora, l’approccio
italiano al progetto, partendo da
quella cultura architettonica
che costituisce la matrice
originaria del design italiano e
che ne ha tracciato il progresso
in termini di comunicazione e di
immagine. Riviste che ancora
oggi rappresentano solidi punti
di riferimento per il sistema del
design e dell’architettura, non solo
nazionale, ma internazionale.
Tra gli anni Venti e Trenta la
cultura del progetto ha in
Italia un’eccezionale sviluppo,
grazie anche alle riviste di
architettura e arredamento, che si
impegnano a diffondere un’idea
moderna dell’abitare, premessa
indispensabile allo sviluppo di un
mercato per il disegno industriale.
Parallelamente allo sviluppo
dell’informazione sui temi del
progetto, si svolge l’attività
promozionale e divulgativa della
Triennale di Milano, diretta al
grande pubblico. Dopo le prime
quattro edizioni in Monza, dal
1923 al 1940, come “Mostra
Internazionale delle Arti Decorative
e Industriali Moderne”, la Triennale
diviene la più importante vetrina
per le nuove idee del progetto.
Mobili e scenari, persino interi
edifici, oggetti industriali e
artigianali presentano al pubblico
l’utopia di una produzione
industriale estremamente
avanzata, sebbene contesto
sociale e di mercato siano ancora
arretrati.
La rivista Domus, fondata nel
1928 da Gio Ponti, è la prima
pubblicazione nata col chiaro
indirizzo di rinnovare l’architettura,
l’arredamento e le arti decorative
italiane e si fa promotrice delle
nuove istanze estetiche e dei
movimenti d’avanguardia più
radicali. Negli anni Trenta e
Quaranta riviste come 1927:
Problemi di arte attuale di
Giolli, poi dal 1928 Domus e
Casabella, Poligono dal 1929
e poi Quadrante negli anni 1933-
35 sottopongono al pubblico la
questione delle arti decorative”.
[3]
Gli anni Trenta rappresentano,
[3] Nulli Andrea (a cura di), «1915-
1945», in V. Gregotti, Il disegno del
prodotto industriale, Electa, Milano, 1998,
p. 133
29
1968, tavoli e oggetti di design in espo-foto_01
sizione al Palazzo dell’Arte, che dal 1933 ospita
la Triennale di Milano. (archivio Fondazione della
Triennale di Milano)
editoria periodica di design in Italia
30
il caso modo
Domus n.01, gennaio 1928 img_05
Domus n.83, novembre 1934 img_06
Domus n.205, gennaio 1946.img_07
31
infatti, un punto di svolta per
l’editoria di design. In questo
periodo va delineandosi
un rapporto stretto fra il
rinnovamento culturale del settore
e le importanti innovazioni nella
veste grafica di libri e riviste. Di
quel periodo possiamo ricordare
la nascita dello studio Boggeri,
l’uscita di Campo Grafico,
il rinnovamento della grafica
di Casabella con Pagano, la
Mostra di Arte Grafica alla Quinta
Triennale (1933), ma anche la
presenza di Edilizia Moderna
e Quadrante che costituiscono
un nucleo consistente e molto
qualificato di riviste rivolte in senso
ampio alle problematiche del
progetto e della modernità.
Anche negli anni della guerra
e dell’immediato Dopoguerra,
quando la direzione è affidata
a un personaggio carismatico
come Ernest Rogers, Domus
non si discosta da questa linea,
aprendo la strada alla diffusione
del design, che avrà pieno
sviluppo negli anni Cinquanta.
Dopo la brevissima stagione di
creatività di Domus, durata soli
due anni, sotto la direzione di
Rogers - certo l’uomo più colto e
attento della cultura architettonica
di quegli anni - dopo i tentativi di
rivista come A o come la risposta
per soli tre numeri di Casabella,
le riviste si rinchiudono dentro le
Domus n.269, aprile 1952 img_08
Domus n.602, gennaio 1980.(archivio img_09
Editoriale Domus, Milano)
vecchie preoccupazioni legate
all’ideologia delle arti decorative
appena aggiornate dall’idea
del moderno come stile. La
preoccupazione di Rogers fu con
Domus di aprire un largo contatto
tra architettura italiana e cultura
internazionale e di ricollocare
i problemi dell’architettura
nel quadro della discussione
intellettuale e della riflessione
teorica, secondo una prospettiva
democratica. Poiché la questione
metodologica era per Rogers al
centro dei principi del movimento
moderno, il suo slogan «dal
cucchiaio alla città» non poteva
che ribadire la sostanziale unità
progettuale tra architettura e
design
[4]
. Su posizioni ancora più
“integraliste” in senso moderno
si evolve la vicenda di Casabella
(in origine la Casa Bella) che,
attraverso gli scritti di Giuseppe
Pagano ed Edoardo Persico
(fino alla loro scomparsa) e poi di
Ernest Rogers, diventerà l’organo
ufficiale del più intransigente
modernismo.
[5]
Tra il 1952 e il 1954 tre
avvenimenti segnano
[4] V. Gregotti, Il disegno del
prodotto industriale, Electa, Milano,
1986, p. 235
[5] «Verso un disegno industriale:
la Triennale e le riviste», Lezioni di design,
puntata n. 9 (a cura di Giorgio Tartaro),
www.educational.rai.it/lezionididesign/
puntate/9
editoria periodica di design in Italia
32
il caso modo
il logo del Compasso d’oro ADIimg_10
Stile Industria ADI, n.02 maggio 1995.img_11
tangibilmente la cultura del
design: la X Triennale ed il
convegno ad essa associato,
l’Istituzione del Premio
Compasso d’Oro (poi a due
anni di distanza, nel 1956
verrà fondata a Milano l’ADI,
Associazione per il Disegno
Industriale e la nascita della
rivista Stile Industria (1954), la
prima a dedicarsi interamente
al tema del disegno industriale.
Diretta da Alberto Rosselli, Stile
Industria, sino alla sua chiusura
nel 1963, restò l’organo più
continuo ed autorevole nel campo
del design italiano e, insieme con
l’ADI, uno dei principali centri di
dibattito, anche se le altre riviste
come Casabella, Civiltà delle
Macchine, Comunità, Domus,
ospitavano spesso interessanti
dibattiti sul tema del design.
Limite di Stile Industria fu forse
il suo neutralismo ideologico, la
sua difficoltà a prender posizione
sulle autentiche questioni di
fondo, ad incoraggiare quelle
ricerche di base sul rapporto
tra bisogni sociali e produzione
che costituivano lo strato buio
del design italiano. Nel 1958
iniziò le pubblicazioni il giornale
Il Mobile Italiano, diretto da
Carlo De Carli, centrato sul
tentativo di operare uno sforzo di
trasformazione (attraverso i centri
del mobile, la grossa distribuzione,
le cooperative locali) del vasto
retroterra artigianale che nel nord
di Milano costituiva in quegli anni
quasi un terzo della produzione
nazionale del mobile.
[6]
Un secondo momento
storicamente determinante per
l’industria editoriale è stato
quello che va dal Dopoguerra
agli anni Settanta. Sono questi gli
“anni dell’entusiasmo”, segnati
da fenomeni che avranno parte
nello sviluppo delle pubblicazioni
di design. Si pensi inoltre
all’affermazione dell’editoria
d’arte, con nomi come Scheiwiller,
Electa (oggi Mondadori), Alfieri,
Amilcare Pizzi, Officina d’Arte
Grafica e Skira (oggi RCS). Si
pensi anche allo straordinario
sviluppo della fotografia e degli
studi fotografici, divenuti negli
anni Sessanta e Settanta il punto
di riferimento per molti designer
o per aziende fiorenti come
Olivetti, Rinascente, Pirelli, per
foto di prodotti destinati alle riviste
specializzate e alla pubblicità.
Negli anni dal 1969 al 1972
riscuote grande interesse la rivista
Moebius - Unità della cultura,
Urbanistica, Architettura,
Arte. Questi fenomeni sono
accompagnati da un’ulteriore
progressione nella pubblicazione
di altre testate periodiche, che si
[6] V. Gregotti, Op. Cit. p. 239
33
tre dei quattro compo-foto_02
nenti di Archizoom (Andrea branzi,
Paolo Deganello, Massimo Morozzi,
Gilberto Coretti). fonte: L’Europeo
dicembre 2007.
editoria periodica di design in Italia
34
il caso modo
moltiplicano in sequenza storica
fino agli anni Ottanta. Alcune
sono legate, ad esempio, alla
tecnologia dell’architettura o a
quella dei materiali da progetto,
ma si occupano, più o meno
episodicamente, di disegno
industriale e del dibattito al suo
interno. Altre sono legate ai
nascenti fenomeni del design
radicale (Alchimia, Memphis,
Archizoom) e ai gruppi di
designer e critici del design che
a Milano hanno trovato ampio
spazio per le loro idee e i loro
progetti. Queste pubblicazioni
funsero come da manifesto per i
movimenti radicali. Di quegli anni è
la nascita di numerose riviste: da
In e Progettare Inpiù, dirette da
Ugo La Pietra (1973), alla nuova
serie di Lotus, edita da Bruno
Alfieri, che diventa quadrimestrale
sotto la direzione di Aulenti,
Gregotti, Nornerg-Schulz, Puppi e
Rykwert (1974), al quadrimestrale
Che (1974), a Modo (1977), e
infine a Rassegna diretta da
Vittorio Gregotti (1979).
Altre, che possiamo considerare
più propriamente “di design”,
si sono affermate nel corso di
quegli anni: Ottagono nel (1966,
Editrice Compositori, Bologna),
L’Arca (L’Arca Edizioni, Milano),
fino a Stileindustria ADI
(Editoriale Domus, Milano), che
ripropone nel 1995 quella che
era stata una delle esperienze
più significative della riflessione
sul design degli anni Cinquanta e
Sessanta. Per non parlare delle
riviste che, come Lineagrafica,
rappresentano l’acquisizione
del progetto di comunicazione
all’interno della famiglia del
design.
[7]
All’interno di queste riviste si
assiste a un fenomeno che, a
partire dagli anni Settanta , ha
caratterizzato tutta l’editoria
periodica italiana e in maniera
più incisiva proprio quella di
design: il passaggio da un mondo
dominato dalla parola, il mondo
letterario, a un mondo dominato
dall’immagine, che ha trasformato
i lettori in “consumatori di
immagini”. Questo passaggio,
che in molti settori dell’editoria è
stato un veicolo per mantenere
e sviluppare il mercato dei
lettori, come per il settore dei
periodici femminili, nel caso del
design ne ha forse condizionato
eccessivamente la forma.
[8]
[7] Design|Focus (a cura di),
MilanoMadeInDesign. Design Directory,
Milano, 2006, p. 84
[8] P. Bertola, D. Sangiorgi, G.
Simonelli, Milano distretto del design, Il
Sole 24 Ore, Milano 2002, pp.148,149
Modo n.05, dicembre 1977img_12
Modo n.22, settembre 1979img_13