4
Introduzione
Nel presente lavoro descrivo il caso clinico di Valentina, una giovane ragazza affetta da
disturbo d’attacchi di panico DAP, il caso è inquadrato e trattato secondo l’approccio
Cognitivo Interpersonale con riferimenti alla storia evolutiva della paziente in una lettura
della prima infanzia facendo riferimenti alle teoria attaccamento di John Bowlby, grazie
all’assessment strumentale (SAT e l’AAI) ho potuto esplorare e lavorare sull’attaccamento di
Valentina. Il caso clinico qui esposto riporta numerosi dialoghi avvenuti durante il percorso
terapeutico che hanno il fine esporre al lettore il taglio pratico dato al processo terapeutico.
Il modo di intendere il sintomo fa riferimento alla costruzione dell’esperienza ed i suoi risvolti
sia emotivi che cognitivi (dell’organizzazione personologica di tipo fobico) della teoria Post-
Razionalista intesa da Guidano (2007). In tale ottica il percorso terapeutico ha accompagnato
la paziente verso la rilevazione e risistemazione di propri contenuti emotivi fino ad annullare
gli automatismi disfunzionali, altresì il percorso ha amplificato le capacità generali di
adattamento di Valentina al suo contesto ambientale/interpersonale favorendo la visione di sé
come persona autonoma e capace di giungere a una visione di sé e del mondo più articolata e
integrata.
Il quarto riferimento teorico del mio caso clinico è stato l’approccio della Teoria Ricostruttiva
Interpersonale di Lorna Smith Benjamin (1996), la teoria mi ha dato una direttrice pratica su
un asse multimodale ho proposto strumenti alla paziente per fronteggiare l’impasse emotiva
del sintomo. L’approccio interpersonale ha dato nuove informazioni (spiegazioni, istruzioni e
correzioni sul suo modo di stare al mondo), che hanno accompagnato attivamente la paziente
in un processo di autorivelazione, esplorando quel luogo “pericoloso”, nel quale si trovano
elementi ed informazioni preziose. In senso trasversale il processo terapeutico è stato
improntato seguendo i cinque passaggi della Teoria Ricostruttiva Interpersonale. Il primo
passaggio è stata “l’alleanza terapeutica con la paziente” il quale è stata la ”conditio sine qua
non” per avviare nuova fiducia di se stessa e nuova fiducia verso il mondo. L’alleanza
terapeutica ha rappresentato uno tra i più significativi elementi propedeutici favorendo
l’esplorazione dei modelli relazionali interiorizzati della paziente attivando dinamiche di
svincolo. La qualità della relazione ha influito in modo significativo sul lavoro terapeutico,
rappresentando un fondamentale fattore aspecifico di mediazione verso il cambiamento. La
reciproca fiducia e il clima emotivo di vicinanza hanno fatto da fondo e da sfondo a un
percorso che se pur non lineare ha implicato nel tempo lo sviluppo di processi trasformativi
5
sia nella paziente che nei suoi sistemi di riferimento, favorendo una base sicura di
attaccamento. Lungo il cammino terapeutico la paziente ha progressivamente guadagnato una
visione di sé e del mondo più articolata e integrata, divenendo consapevole della sua
interdipendenza con sistemi complessi e relazionali, ritrovando il proprio tempo e ri-
appropiandosi della propria vita.
8
2. Incontri preliminari elementi di diagnosi
2.1 Contesto d’invio e primo colloquio (analisi della domanda)
Valentina giunge in mia osservazione presso il consultorio familiare, la ragazza viene
accompagnata dalla madre, Valentina nell’aspetto appare come una ragazza ben curata, vigile
nei pensieri, controllata nei gesti e nei movimenti, mostra un’educazione raffinata e un
eloquio chiaro.
Dopo un breve scambio di qualche minuto tra lei e la madre, Valentina decide di entrare in
seduta accompagnata dalla madre. L’analisi della domanda (seppur preliminare) nel valutare
le dinamiche motivazionali della ragazza, nonché le aspettative verso un’eventuale terapia mi
hanno aiutato a formulare le prime ipotesi di lavoro, ovvero l’autonomia di Valentina.
Valentina è pervasa da un marcato stato di irrequietezza, sin da subito traspare un certo stato
di nervosismo, ed evidenti stati di agitazione. La paziente mi racconta che il suo malessere
psichico è insorto a seguito di un incidente stradale avvenuto nel ottobre del 2019, era di sera
alla guida vi era il ragazzo nel quale lei era il passeggero, l’incidente ha visto la macchina
ribaltarsi.
Nei giorni successivi al trauma, a causa del suo marcato arousal fisiologico iperattivo la
paziente riferisce che il suo Medico di base le ha prescritto una cura farmacologica (già
menzionata in predetta anamnesi farmacologica). Tuttavia la cura non ha avuto gli effetti
sperati, la paziente nei due mesi successivi all’incidente, ha evitato situazioni che la portavano
verso l’autonomia, restringendo sempre di più la sua comfort zone attivando processi
agorafobici). Inoltre le invalidanti preoccupazioni non le permettono di vivere una vita
regolare, costringono Valentina a frequenti momenti di isolamento alternati a ricorrenti
condotte da evitamento ed a richiedere continuo supporto (di vicinanza) alla madre.
Quest’ultima riferisce che le richieste di Valentina risultano sempre più pressanti.
Agli scompensi menzionati hanno fatto seguito una serie di sintomi clinicamente significativi,
il disturbo da attacchi di panico (DAP) e l’amenorrea psicogena secondaria (interruzione del
ciclo mestruale). Inoltre Valentina è pervasa da uno stato generale d’ansia riguardo il suo
viso, il quale le genera tensione e preoccupazione. Mentre il quadro psicologico presenta
come sintomi principali preoccupazione persistente, sfiducia riguardo le proprie capacità e
9
continuo controllo verso tutto quello che la circonda ed un vissuto invalidante che la induce a
chiedere continue e ripetute conferme di rassicurazione alla madre.
Ad oggi l’insorgenza improvvisa dei DAP di Valentina ha enormi ripercussioni sulla sfera
sociale, affettiva e personale della paziente.
Valentina mi racconta di un episodio mentre andava in autobus a trovare un’amica si è sentita
improvvisamente persa, le mancava i respiro, non sapeva cosa fare, ha avuto sensazioni di
dispnea, parestesie agli arti e tachicardia. Pochi giorni dopo invece ferma nel traffico insieme
ad una amica ha avuto un altro episodio analogo, quindi ha cominciato ad evitare di uscire da
sola ed oggi non è più in grado di recarsi neanche a fare la spesa o altre pratiche del tram-tram
quotidiano, la paziente mi racconta che esce sempre in compagnia, con la madre o con il
ragazzo.
Le crisi d’ansia (qualche volta si trasformano in panico) sono andate progressivamente
aumentando (fino a due/ tre volte a settimana), portando la giovane ad evitare tutta una serie
di situazioni ed attività che secondo lei potrebbero provocarle l’ansia o nelle quali sarebbe
difficile trovare aiuto o ancora in cui potrebbe essere imbarazzante stare male davanti agli
altri.
La ragazza appare motivata a risolvere il suo disagio e lo vorrebbe fare quanto prima.
Valentina è molto preoccupata delle ripercussioni che questo problema può avere sulla sua
vita, in particolare, ha paura che i sintomi possano peggiorare.
Negli ultimi tempi non si sente tranquilla neanche in casa, avverte dei leggeri stati di
agitazione, ormai non riesce più a rilassarsi. La madre asseconda i processi regressivi della
ragazza, l’autonomia di Valentina si è notevolmente ridotta, il loro rapporto sembra un
rapporto tra un genitore ed una bambina.
Rimando a Valentina se in genere la madre è presente nelle cose importanti della sua vita, la
ragazza mi risponde che la mamma è molto presente, soprattutto da quando si è separata dal
padre, circa 13 anni fa, da allora con la madre hanno creato un rapporto di tipo simbiotico. La
palpabile presenza della madre già mi spinge a valutare il lavoro sull’autonomia di Valentina
ed ad indagare eventuali isomorfismi di ruoli su modelli relazionali interiorizzati.
10
Ormai stanca e impaurita del fatto di non riuscire più a controllare i suoi sintomi, così come
della prospettiva di diventare dipendente dai farmaci, e soprattutto dalla ricerca continua della
madre nel fare ogni cosa della quotidianità e di aver perso la propria autonomia.
Analizzo la motivazione di Valentina nonché la sua autonomia, spiego alla paziente i passaggi
per effettuare ed un eventuale percorso da intraprendere (carpisco sin da subito in lei
l’attitudine alla riflessione), sebbene si palesano nella ragazza dei vuoti emotivi ed
esistenziali.
2.2 Il nucleo familiare di Valentina
Valentina ha vissuto nella propria famiglia con i suoi genitori fino all’età di 8 anni, la madre
di Valentina quando viveva con il padre non ha mai lavorato, per il desiderio di crescere la
figlia. I suoi genitori non si sono mai sposati, il padre l’ha riconosciuta come figlia solo dopo
molto tempo che era nata e dopo molte insistenze da parte della madre. Il padre nei suoi
ricordi, era un uomo affabile, successivamente i genitori si sono separati e in seguito hanno
divorziato. Il padre Marco 54 anni, è un commerciante di auto, è un lavoratore stimato,
estremamente dedito al lavoro, pure troppo aggiunge Valentina. Dopo circa tre anni dalla
separazione con la madre di Valentina si è risposato. Attualmente ha una compagna ed hanno
una figlia di 9 anni.
Valentina riferisce che il padre attualmente è poco presente nella sua vita è sentita come una
figura marginale, di secondo piano. Lo ricorda una persona conflittuale e complessivamente
sono pochi i momenti che lui le ha dedicato da piccola e questi non sono proprio felici.
Attualmente riferisce di non avere rapporti se non sporadicamente, ha un percepito che il
padre dia maggiore attenzione ed interesse alla sua famiglia ricostituita.
Attualmente Valentina è inoccupata e vive con la madre Sabrina 52 anni, che di professione
lavora come commessa presso un negozio di abbigliamento nell’interland romano.
Valentina alla mia richiesta di raccontarmi cosa ricorda della sua famiglia di origine, mi
racconta del periodo che i genitori stavano insieme, nei suoi primi otto anni di vita il padre era
quello che nelle decisioni familiari riusciva a imporsi e per di più, riusciva a convincere a
persuadere la madre, che il più delle volte accettava con frustrazione cui seguivano frequenti
litigi. Egli Non era d’accordo con le decisioni che prendeva la madre, era molto geloso, vi
11
erano divergenze anche a proposito della sua educazione, la quale era costantemente spinta, e
in modo piuttosto severo sul piano del dovere e produttivo in genere.
Valentina si descrive da piccola come una brava bambina, ubbidiente e docile. Nessuno si è
mai lamentato per il suo comportamento scolastico, e il suo profitto è sempre stato più che
soddisfacente. In cambio non ha ricevuto particolari apprezzamenti o lodi. Emerge l’idea che
essere brava non sia stato normale, è sentito un dovere per lei. Caso mai nel profitto scolastico
venivano sottolineati i suoi errori o i suoi momenti di minor rendimento; non era affatto
abituata a ricevere gratificazioni, soprattutto in famiglia.
Ha un buon ricordo dei nonni materni con i quali ha convissuto, ma non in modo
continuativo, da piccola fino ai 5 anni e mezzo circa di età. Sono loro soprattutto che le hanno
insegnato a parlare bene l'inglese e soprattutto ad essere apprezzata. Non si sofferma però su
episodi particolari.
Anche da adolescente (viveva in un piccolo paese) per i genitori era normale controllare le
amicizie e le frequentazioni della figlia, la madre ha sempre cercato di orientare in senso
cattolico e perbenista. Valentina sente, che ha sempre avuto in famiglia qualcuno che ha
scelto per lei, ed ha avuto poco spazio per se stessa. E come spesso succede, i genitori che
sono severi ed esigenti sul piano del dovere, sono poi insufficienti sul piano affettivo e del
riconoscimento. Sono quei genitori che spesso usano modalità svalutative per effettuare un
controllo sul figlio mantenendo inevitabilmente anche un costante distacco affettivo (Reda,
1986). Il mondo affettivo-emozionale risulta il grande assente nella famiglia di Valentina, e
con esso sono deficitari anche i processi di sintonizzazione emotiva, l’esplorazione e
l’autonomia. Un po’ come se i genitori di Valentina avessero sopperito all’incapacità di
sostenere con l’affetto, la protezione e la responsività affettiva, offrendole in cambio scelte
preconfezionate.
Il rapporto genitoriale era molto sbilanciato, la relazione era di tipo patriarcale improntato sul
controllo, sull’autorità e sulle decisione paterne. Valentina racconta che la separazione
genitoriale è avvenuta in maniera conflittuale, e che durante i litigi genitoriali era lei (sebbene
piccolissima) a sedare le liti genitoriali. Del padre ha fornito pochi ricordi sulla sua infanzia,
dopo la separazione per un periodo decise di non voler parlare più di lui, però quando ora,
12
quando ne parla lo descrive come simpatico, amorevole e disponibile, ma anche come
impulsivo, irascibile e controverso.
Valentina mi racconta che era pienamente coinvolta nelle dinamiche conflittuali/disfunzionali
dei genitori, successivamente a tale descrizione, la paziente racconta che a volte dopo i litigi
genitoriali provocava il padre per vedere fino a che punto riuscisse a resistere nella sua
violenza prima di cedere; una volta esagerò a tal punto da spingere suo padre a picchiarla. Il
comportamento scorretto e intenzionale di Valentina, la spingeva a tal punto da difendere la
madre quando avvenivano i litigi. Così come l’oppositività verso il padre diventarono
dinamiche centrali del loro rapporto. Emotivamente è abbastanza coinvolta in ciò che
racconta, sento che siamo in una zona tangente ai suoi problemi. E' evidente che se si
sofferma su argomenti personali, facilmente si commuove a rivivere i momenti dolorosi del
passato. Tuttavia sembra conservare un atteggiamento distaccato, quasi per proteggersi da
reazioni emotive che potrebbero essere importanti e difficili da controllare.
2.3 Elementi di diagnosi
Nei primi incontri Valentina lamenta una serie di problemi e afflizioni che vede come vicoli
ciechi, luoghi dai quali non sa uscire e nei quali è finita giorno dopo giorno nel corso della sua
vita. Stare a casa le pesa, ma fa fatica a uscire al mattino, ha una relazione sentimentale
“sbagliata”, con una ragazzo di 22 anni che studia economia e commercio, sono insieme da tre
anni. Lorenzo l’ha aiutata durante i primi attacchi di panico a proseguire negli studi e a
riordinare la sua vita “caotica”. Anche il fidanzato è figlio unico, vive con la madre ed un zio
paterno. Lavora per mantenere la sua famiglia impartendo ripetizioni di matematica. Lorenzo
è una bel ragazzo e questo ha sempre suscitato in Valentina la paura di poterlo perdere.
Con la madre ha un rapporto ambivalente di odio/amore. Attribuisce vagamente all’incidente
d’auto con il fidanzato la genesi dei sui problemi, riconosce che era ormai tanto tempo che
aveva degli equilibri precari. Sebbene sua madre sia la sua figura d’attaccamento, da lei è
vista sotto una luce negativa, come una persona incapace, inconcludente e deludente.
Valentina ha difficoltà a separarsi rispetto a lei, dice di sentire che c’è qualcosa che non va nel
suo modo di vivere e vuole essere aiutata per vivere appieno la bellezza di questo periodo di
vita, sente un pizzico di rancore verso amiche della sua età che sono del tutto spensierate”.