Il capro espiatorio: dinamiche dei processi di vittimizzazione 0.
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0.3. INTRODUZIONE
Descrivere e analizzare il fenomeno del capro espiatorio non è semplice.
Infatti esso permea praticamente ogni aspetto dell’esistenza umana. Per rendersi
conto di quanto sia pervasivamente presente nel nostro DNA, è sufficiente
osservare le notizie di cronaca durante i notiziari. Prendo lo spunto, purtroppo
drammatico, del recente terremoto, che lo scorso 26 agosto 2016 ha tragicamente
devastato le aree dell’Italia centrale. Ciò che mi ha colpito, nel seguire il fluire
interminabile delle notizie che comparivano su telegiornali e stampa di quei giorni, è
stato che, ancor prima di metabolizzare il dolore straziante per l’accaduto,
immediatamente si sono aperte le procedure d’inchiesta giudiziaria, per identificare
gli eventuali colpevoli dei crolli degli edifici. In ogni attività e in ogni sfera
dell’esistenza umana, quando si verificano dei problemi, le persone vanno in cerca di
un colpevole. E frequentemente, se un leggittimo colpevole non viene identificato,
si cercano attivamente dei capri espiatori, delle vittime, su cui poter spostare la
propria aggressività, derivante dalla frustrazione. Infatti, il fenomeno del capro
espiatorio aumenta quando le persone sono frustrate e cercano uno sbocco per la
loro rabbia. Si potrebbe quindi dire, che il fenomeno della ricerca di una vittima da
sacrificare, nasca da un’incapacità di gestire il dolore, che spesso sorge dai fatti
dell’esistenza umana. Con ciò, non è mia intenzione affermare, che se ci sono stati
eventuali responsabili di edificazioni fuori norma, crollate sotto l’azione delle scosse
sismiche nel centro Italia, essi non debbano essere perseguiti penalmente, ma credo
che sia più importante, almeno all’inizio, dare il giusto spazio all’elaborazione del
dolore per quanto è stato vissuto, riservando ad un secondo momento le rivalse
giudiziarie e l’identificazione di eventuali colpevoli. Purtroppo, non è con
l’individuazione di uno o più colpevoli che i morti sotto le macerie ritorneranno in
vita.
Abbiamo già introdotto così, alcuni aspetti collegati al capro espiatorio, che
approfondiremo nei prossimi capitoli: la rabbia, l’aggressività, i colpevoli, le vittime,
la dimensione fragile dell’esistenza umana, che emerge quando ci si confronta con
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una crisi, in questo caso legata ad un tragico evento sismico, ma che potrebbe anche
essere di altra natura.
Quindi, il fenomeno del capro espiatorio è un fenomeno complesso.
Pertanto, prima di iniziare a scrivere questo lavoro, si è presentata la necessità di
scegliere gli ambiti da approfondire maggiormente. Ho pensato così, di dare risalto a
tre livelli diversi, in cui il meccanismo vittimario trova la sua espressione: la
prospettiva del mito, del sacro e del religioso; la prospettiva sociale; la prospettiva
familiare e di coppia.
Questo elaborato si compone dell’introduzione, di tre capitoli, e delle
conclusioni. I tre capitoli tracciano un percorso dal macrosistema al microsistema o,
anche, simbolicamente, una traiettoria verticale, dal cielo, dal sacro, dal trascendente,
all’immanenza delle dinamiche sociali e gruppali e di quelle individuali e relazionali,
caratterizzanti le interazioni familiari e di coppia.
Nel primo capitolo, di natura più antropologica e filosofica, la prima parte è
dedicata alla descrizione dell’origine del termine capro espiatorio, che si colloca
nell’antico rito ebraico del giorno di Yom Kippur o «Giorno dell’Espiazione».
Successivamente, il capitolo è dedicato all’esposizione della Teoria Mimetica di René
Girard, autore che, forse più di tutti gli altri, ha approfondito il meccanismo del
capro espiatorio e si conclude con delle mie personali riflessioni su tale teoria, che
ho elaborato e metabolizzato, prendendo ispirazione e spunto dagli scritti dello
psicoanalista Davide Lopez, il quale a sua volta ha investigato le teorie girardiane.
Il secondo capitolo è dedicato all’esplorazione delle dinamiche psicologiche
di vittimizzazione nella sfera del sociale. In esso, vengono prima approfonditi i
concetti di comunità morale ed eslusione morale e i fenomeni di categorizzazione,
che sono alla base degli stereotipi, dei pregiudizi, della stigmatizzazione e della
delegittimazione. Sono state considerate varie cause che portano all’esclusione
morale, cioè quel processo alla base dell’esclusione, emarginazione e anche
deumanizzazione, nei confronti di altri gruppi o individui. Sono quindi state
analizzate le cause intraindividuali, quali, ad esempio, il disimpegno morale, la ricerca
di potere, la strutturazione di un Sé fragile o ipertrofico e poi le cause socio-culturali
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dell’esclusione morale, tra le quali, l’obbedienza all’autorità, l’influenza del ruolo
sociale, le condizioni di vita difficili. Il capitolo si conclude con un
approfondimento sul fenomeno, molto attuale, dei foreign fighters e dell’estremismo
fondamentalista islamico, in particolare, cercando di analizzare le motivazioni che
spingono giovani occidentali a decidere di partire per una guerra lontana, mettendo
a rischio la loro esistenza.
Il terzo capitolo è dedicato alle dinamiche vittimarie nel contesto della
famiglia e della coppia. In esso è stata trattata, in maniera abbastanza approfondita,
la teoria sistemico-relazionale. Sono stati sviluppati ed esposti il concetto di sistema,
gli assiomi della comunicazione, la teoria del doppio legame, il concetto di paziente
designato e la comunicazione paradossale. Il capitolo si conclude con un paragrafo
dedicato ai legami intimi violenti, in particolare alla violenza nella coppia, spiegata
attraverso varie prospettive psicologiche, quali le visioni psicodinamica, sistemico-
relazionale, della teoria dell’apprendimento sociale, della teoria femminista e della
psicopatologia.
Nelle conclusioni sono stati riassunti i punti salienti emersi durante questo
studio, privilegiando la ricerca dei punti di unione fra i vari territori del fenomeno
del capro espiatorio che sono stati esplorati nel corso di questo lavoro.
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1.1. PREMESSE E ORIGINI DEL CAPRO ESPIATORIO
La capra
Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
dalla pioggia, belava.
Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.
1
Questa bellissima lirica posta in epigrafe, del poeta triestino Umberto Saba,
racchiude in sé, non fortuitamente, numerosi elementi simbolici e analogici, adatti ad
introdurci delicatamente dentro l’universo complesso del capro espiatorio.
Già il titolo ci indica l’animale, la capra, che ci indirizza al rito ebraico del
giorno di Yom Kippur, il «Giorno dell’Espiazione», descritto nel Levitico
2
. Il rituale
prevedeva che, il giorno dell’espiazione, venissero condotti al Tempio due capri di
1
“La capra”, poesia di Umberto Saba tratta dalla sezione “Casa e campagna” de “Il Canzoniere”
(1921)
2
Sacra Bibbia, Levitico, XVI, 8-10
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cui il Sommo Sacerdote stabiliva le sorti, destinando uno a Jahvè, a Dio, e l'altro ad
Azazel.
Chi o cos’è Azazel? Secondo alcune fonti Azazel non sarebbe un nome
proprio, ma deriverebbe dall’unione delle parole ez (“capro”) e asal (“andare via”). Il
testo del Levitico, secondo questa spiegazione, affermerebbe così, che uno dei due
capri viene scelto per essere azazel, cioè “il capro da mandare via”. Un’altra
spiegazione del termine deriva dal Talmud, in cui viene affermato che Azael significa
“aspro” (azaz) e “forte” (el), e sarebbe da intendere come il luogo in cui il capro
veniva inviato: un sentiero aspro nel deserto, che terminava con una rupe. Un’ultima
interpretazione di Azazel identifica tale termine, come un’entità soprannaturale, uno
spirito del deserto o con un essere demoniaco e malvagio (Sguardo a Sion, 2015).
Tant’è comunque, che dei due capri, il primo veniva immolato sull’Altare in
un sacrificio espiatorio a Jahvè, mentre sul secondo il Sommo Sacerdote, stendendo
le mani sul capo dell’animale, confessava e trasferiva in lui tutte le colpe, tutti i falli,
tutti i peccati degli Israeliti. Il secondo capro, detto inizialmente capro emissario e solo
successivamente capro espiatorio, veniva infine mandato via nel deserto, caricato di
tutte le colpe del popolo che si sarebbero estinte e sanate con la sua morte.
Qui, possiamo ricollegarci per libera associazione, alla poesia di Umberto
Saba, una poesia che ci parla di solitudine e di costrizione, di una capra che “era sola
sul prato, era legata / …… una capra solitaria”, e infatti il capro espiatorio è in rapporto
diretto con lo spirito nefasto della solitudine, dell’emarginazione, dell’isolamento,
caricato di tutti mali del popolo e inviato da solo nella desolazione arida del deserto.
E ancora, come non cogliere l’attinenza tra la capra “dal volto semita” e gli
ebrei, eterno capro espiatorio dell'Occidente? La capra diviene così, incarnazione
emblematica della sofferenza comune di tutti gli ebrei e voce di tutte le vittime delle
oppressioni del popolo ebraico, ma anche di tutta l’umanità, “perché il dolore è eterno, /
ha una voce e non varia”.
Infine è il poeta stesso, Umberto Saba, ebreo per parte di madre, che per la sua
vicenda biografica e per le situazioni significative della sua infanzia e adolescenza
diviene capro espiatorio straziato dall’impossibilità “di vivere la vita di tutti /d'essere come
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tutti /gli uomini di tutti / i giorni”
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, e non si sente autorizzato a vivere, come non ne
avesse il diritto, come non potesse colmare la sua ansia di compimento e di
pienezza, accettando di farsi vittima sacrificale esperta del dolore e del male, che
riteneva di capire senza segreti, un dolore, tanto universale e pervasivo, da poterne
cogliere il riverbero nel belare di una capra che diviene fraterno, “quell'uguale belato era
fraterno al mio dolore”.
Dunque questo è il capro espiatorio: un animale, una persona, un gruppo,
un’organizzazione o anche un’intera popolazione, che pagano per colpe che sono di
altri, delle quali sono parzialmente o totalmente innocenti, e vengono per questo
emarginati, stigmatizzati, sacrificati e persino uccisi, venendo caricati e addossati di
responsabilità che quasi sempre non hanno.
I termini comuni del capro espiatorio sono sacrificio, vittima, carnefice, sofferenza,
dolore, marginalizzazione, stigmatizzazione, emarginazione, espulsione,
colpevolizzazione, persecuzione, violenza, risentimento, vendetta, stereotipo,
pregiudizio, espiazione, catarsi, purificazione, ma anche, come vedremo nel corso di
questo lavoro, mitizzazione, divinizzazione, sacralizzazione.
“In ogni gruppo umano esiste una vittima predestinata: uno che porta pena, che tutti deridono, su
cui nascono dicerie insulse e malevole, su cui, con misteriosa concordia, tutti scaricano i loro mali
umori e il loro desiderio di nuocere.”
4
3
Dalla poesia “Il Borgo” di Umberto Saba tratta da “Il canzoniere”
4
Dal romanzo “La Tregua” di Primo Levi
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1.2. LA TEORIA MIMETICA DI RENE’ GIRARD
Non ci si può addentrare nei territori del capro espiatorio, senza soffermarsi
e dare la giusta considerazione all’opera dello studioso che più di tutti ha esplorato
questi domini, cioè l’antropologo e filosofo francese René Girard. Il suo contributo
è così importante, che alcuni autori sono giunti a dire che nell’incontro con Girard,
non si verifica solo un supplemento di conoscenza scientifica, ma addirittura si
innesca un processo di conversione epistemologica intesa in senso ampio, cioè
insieme cognitivo, etico, estetico e religioso, in considerazione della portata e
dell’originalità della sua produzione teorica, perché “una volta incrociate davvero, occhi
negli occhi, […] le ipotesi girardiane, esse ci appariranno ineludibili” (Manghi, 2013).
René Girard ha elaborato una teoria antropologica omnicomprensiva,
estremamente ricca e stimolante: la Teoria Mimetica.
Questa teoria fornisce un’ipotesi unica, un unico principio fondatore, per
spiegare l’ominizzazione, la nascita delle diverse religioni, delle istituzioni, dei miti e
dei tabù, dei divieti. La teoria mimetica identifica un comune fondamento e uno
sviluppo storico, necessario nelle varie religioni e nelle varie culture. Va inoltre
sottolineato, che si tratta di una teoria antropologica. Seppure in conclusione
apologetica, essa si accosta anche alla dimensione del sacro e del religioso, con una
modalità di lettura cognitiva propria delle scienze sociali, prestando maggior
attenzione all’aldiquà che all’aldilà. C’è quindi una considerazione antropologica della
religione e del cristianesimo in particolare, senza un’eccessiva investigazione di
carattere propriamente teologico, una considerazione antropologica secondo la
quale, ad esempio, i Vangeli vanno letti principalmente come una teoria dell’uomo
piuttosto che come una teoria di Dio (Manghi, 2013).
Nel pensiero girar diano, ci sono vari nodi teorici e nozioni chiave che
andremo ad approfondire: il desiderio mimetico, il capro espiatorio, gli stereotipi
della persecuzione, l’illusione persecutoria nei riti e nei miti, e la loro sovversione ad
opera della potenza demistificatrice della rivelazione evangelica.