CAPITOLO PRIMO
IL CONCETTO DI CAPITALE UMANO
1.1 Considerazioni introduttive sul capitale umano
Il contesto socio – economico nel quale operano le imprese appare caratterizzato da una serie di
mutamenti. Tali mutamenti investono una pluralità di aspetti. Anzitutto influiscono sullo sviluppo
di tecnologie sempre più avanzate che si traducono in significative innovazioni negli impianti, nelle
modalità di organizzazione del lavoro e in generale nella struttura dell’impresa. L’impiego di
tecnologie avanzate comporta sia una serie di investimenti in immobilizzazioni tecniche, al fine di
poter rinnovare le strutture produttive interne, e sia l’utilizzazione di lavoro umano altamente
specializzato per attuare l’attività operativa.
Enormi mutamenti si manifestano anche nei vari mercati serviti dall’impresa. Basti pensare ai
sensibili miglioramenti verificatisi nei mezzi di comunicazione e trasporto, alla liberalizzazione
degli scambi, al bisogno di vendere crescenti quantitativi di prodotti per realizzare economie di
scala; questi ed altri fenomeni hanno contribuito all’allargamento dei mercati, dando possibilità alle
imprese di operare in contesti sempre più ampi e diversificati.
I miglioramenti di carattere economico generati dall’allargamento dei mercati diventano più
rilevanti a causa del progressivo estendersi di ruoli e persone connotati da elevato Know-How
professionale che si collocano nella maggior parte dei casi nell’ambito di funzioni strategiche come
ad esempio la ricerca e sviluppo.
Significativa rilevanza assumono, ancora, i mutamenti che si verificano di continuo nei mercati
di approvvigionamento, dei capitali e del lavoro, nonché l’aumento della concorrenza nei mercati
che si concretizza attraverso una maggiore diversificazione/innovazione nei prodotti/servizi.
Per operare in tali contesti è necessario che l’impresa faccia ricorso alla qualità delle proprie
risorse interne che fanno emergere l’importanza delle risorse umane come fattore critico di
successo.
In tal senso il LIKERT afferma che: “tutte le attività di un’azienda sono promosse e determinate
dalle persone che la compongono. Impianti, uffici, calcolatori, attrezzature automatizzate e quanto
altro la moderna azienda utilizza, rimarrebbero improduttive senza l’iniziativa e le direttive umane.
Sono gli esseri umani a progettare e a dirigere le attrezzature; sono essi a decidere come e dove
utilizzare le attrezzature; sono essi a modernizzare o meno le tecnologie; sono essi che procurano il
capitale necessario e decidono le procedure fiscali e contabili da usare. Ogni aspetto delle attività di
un’azienda è determinato dalla competenza, dalla motivazione e dall’efficienza generale della sua
organizzazione umana”
1
.
1
LIKERT R.: Il fattore umano nella organizzazione, ISEDI, 1971. Cit. pag. 3.
La qualità del personale, frutto di particolari conoscenze e attitudini intrinseche, rappresenta quel
maggior potenziale che contraddistingue un’impresa dalle altre. Infatti, nella realtà può accadere
che due imprese, operanti nello stesso settore di affari, con le stesse dimensioni, con identica
tecnologia e con le medesime attrezzature, conseguano risultati differenti in termini di produzione,
di vendita e di profitto: ciò, è in larga parte ascrivibile alla differente qualità del personale.
L’analisi della composizione di tale fattore, evidenzia come le capacità tecniche siano diffuse tra
una moltitudine di persone che occupano posizioni diverse nella gerarchia organizzativa: tali
persone inoltre agiscono in modo integrato sviluppando sinergie che qualificano il personale.
Infatti, affinché l’impresa possa conseguire continuamente e convenientemente gli obiettivi
verso cui è orientata, è necessario che i suoi membri, ognuno nella propria area di competenza,
siano dotati delle conoscenze specialistiche richieste dalle operazioni di gestione e soprattutto che i
medesimi sappiano agire in modo coordinato ed abbiano la possibilità di realizzare dei cambiamenti
per fronteggiare razionalmente i mutamenti interni ed esterni
2
.
Tutto ciò al fine di mantenere la gestione su livelli giudicati convenienti, minimizzando
l’influenza esercitata dall’ambiente esterno; in tal senso l’impresa “risponde alle sfide proposte dai
vari gruppi esterni (consumatori, acquirenti, concorrenti, etc.) con un sistema di strategie rivolto ad
adattare la gestione al dinamismo ambientale e a plasmare quest’ultimo, quando è possibile e
conveniente in guisa da renderlo compatibile con gli interessi aziendali”
3
.
In sostanza, di fronte all’elevato dinamismo delle forza esterne, l’unità produttiva non si limita
ad adattare la propria struttura ma cerca di anticipare i mutamenti, attivando processi di
cambiamento organizzativo puntando notevolmente sullo sviluppo delle capacità tecniche del
personale.
Le “capacità tecniche” consistono in un complesso di competenze specializzate che permettono
al dipendente di svolgere certe funzioni dell’attività di gestione. Lo sviluppo di tali capacità è
legato, come abbiamo detto in precedenza, al crescente mutamento ambientale. Un cambiamento
relativamente modesto può essere dominato ed interiorizzato con l’apprendimento per esperienza
(learning by doing), ma quando il mutamento è crescente la sola esperienza non può supplire al
crescente distacco tra due distinte realtà; quindi necessitano opportuni programmi di formazione e
addestramento orientati a valorizzare le competenze esistenti, con l’obiettivo non solo di migliorare
la produttività sul lavoro, ma anche di poter far fronte alle crescenti problematiche gestionali. Il
fabbisogno di formazione, sempre maggiore in imprese che operano in contesti dinamici, nasce
2
ZANDA G.: La valutazione dei dirigenti, CEDAM, 1984. Cit. pag. 12.
3
ZANDA G.: Op. cit. pag. 230.
quindi per l’inadeguatezza dell’apprendimento dall’esperienza a soddisfare le esigenze di nuove
professionalità.
Tali esigenze suscitano un processo di cambiamento organizzativo che coinvolge anche la
cultura aziendale.
Infatti, il personale nell’organizzazione non si comporta in modo meccanico, ha motivazioni,
valori ed obiettivi la cui combinazione contribuisce a formare il capitale umano. La cultura di una
specifica impresa è il risultato del lavoro di tutti i suoi membri presenti e passati; questi nel corso
della vita di un’impresa contribuiscono ad alimentarla per mezzo di risorse immateriali, di cui sono
portatori, quali il sapere tecnologico e le conoscenze accumulate sul mercato e sui consumatori.
In virtù di ciò, “da una lato la cultura distingue l’organizzazione da tutte le altre, dall’altro, essa
salda insieme i soggetti che la compongono contribuendo a fare il successo o l’insuccesso di
un’impresa”
4
.
L’obiettivo della formazione, oltre ad essere da supporto al cambiamento organizzativo, è
riconducibile al fabbisogno organizzativo di miglioramento della performance, attraverso l’analisi
dei consuntivi di attività rispetto ai budgets.
A tal proposito l’ONIDA afferma che: “il complesso umano, nell’azienda, costituisce un
organismo la cui efficiente formazione non è facile ed esige spesso tempo ed oneri considerevoli.
L’acquisizione e la maturazione di tecnici ben preparati e specialmente di capi dotati delle non
comuni qualità ad essi richieste; la formazione di un’ ambiente di lavoro ad alto rendimento per
educazione di uomini e saggezza di organizzazione e di direzione (…) sono condizioni che non si
improvvisano né si creano in breve tempo, che hanno un loro costo e sono idonee a dare frutti a
lungo nel futuro, così da costituire, per l’azienda, nel loro complesso, un fattore produttivo più
prezioso e meno facilmente acquisibile o ricostituibile, qualora andasse disperso, del patrimonio
formato dai beni materiali”
5
.
I costi sostenuti per interventi formativi devono considerarsi investimenti, che hanno l’effetto di
incrementare il valore delle risorse umane e quindi l’avviamento nei limiti in cui la formazione
tende ad accrescere la capacità reddituale dell’impresa.
4
ZANDA G.: Op. cit. pag. 247.
5
ONIDA P.: Economia d’azienda, 1971. Cit. pag. 596.
Da tali considerazioni emerge la distinzione tra il capitale umano, che è un termine prettamente
quantitativo, definito come “valutazione monetaria attribuibile alle risorse umane operanti
nell’impresa riferita ad un determinato momento”
6
, ed il concetto generale di risorse umane.
La distinzione tra risorse umane e capitale umano emerge quindi dall’analisi delle fasi, sopra
accennate, che ci permette di capire come si arriva alla formazione del capitale umano. Infatti nel
momento in cui si costituisce un’azienda, non ha ancora senso parlare di capitale umano in quanto il
personale non ha un suo valore, questo si forma, come abbiamo esposto in precedenza, o mediante
processo di apprendimento “spontaneo” oppure attraverso continui corsi di addestramento e
formazione professionale con lo scopo di fare emergere in modo graduale quelle potenzialità di cui
l’azienda necessita.
In definitiva nel primo caso possiamo affermare che “le imprese hanno sempre prodotto
inconsapevolmente, entro certi limiti, capitale umano. L’inconsapevolezza è in questo caso, più di
carattere nominale che fattuale, in quanto i processi di apprendimento sono sempre stati presenti nel
sistema dei valori per mezzo dei quali interpretiamo la vita aziendale”
7
.
Nel secondo caso si tratta di formare personale specializzato, la cui attività contribuisce ad
aumentare il valore dell’organizzazione umana.
Da quanto detto, emerge come “l’organizzazione, in quanto significa essenzialmente scelta di
uomini e impiego di essi nel modo più economico compatibile con i diritti naturali della persona,
costituisce fattore di primaria importanza per il buon andamento dell’azienda. L’esperienza
dimostra che una buona organizzazione (…) permette all’azienda di superare felicemente le più
avverse condizioni di vita (…). Una cattiva organizzazione, non soltanto può mettere insieme
uomini male scelti, ma spesso sciupa o non coltiva le buone qualità che gli uomini a disposizione
dell’azienda potrebbero esplicare”
8
.
6
VIGANO’ A.: Gli investimenti d’impresa in risorse umane. Alcuni aspetti di dinamica economica, GIUFFRE’,
1976.
7
SCIFO G.: Gli investimenti in Capitale Umano, in “Sviluppo ed Organizzazione” luglio – agosto 1974. Cit. pag.
28.
8
ONIDA P.: Op. cit. pag. 137.
1.2 Gli obiettivi della valutazione
Il processo di valutazione nasce dalla esigenza di perseguire un complesso di interessi e di
finalità quali:
1. il reperimento di elementi di giudizio per l’amministrazione delle retribuzioni, gratifiche,
aumenti retributivi di merito, ma anche per la pianificazione degli itinerari di carriera;
2. la valutazione della redditività degli investimenti in formazione e addestramento
professionale;
3. la stima del valore economico di un’azienda.
In virtù di ciò, emerge come la valutazione è sempre finalizzata ad un possibile utilizzo, quindi, è
essenziale che questo, sia esplicato, al fine di delimitare gli oggetti della valutazione stessa.
Da quanto detto, si comprende come la valutazione risponde a molte esigenze, alcune delle quali
sono finalizzate a influenzare direttamente la performance; altre sono in sostanza collegate a
vicende particolari della gestione di impresa.
* * *
Il primo obiettivo delle valutazione è la raccolta di dati per l’erogazione di retribuzioni, grafiche
ed aumenti retributivi di merito; le gratifiche sono compensi liquidati per aver svolto una
determinata funzione; un aumento di merito consiste, invece, in una ricompensa monetaria concessa
a chi ha evidenziato, nell’espletamento del suo ruolo, un complesso di qualità e di capacità destinate
a permanere anche in futuro.
L’utilizzo della valutazione ai fini retributivi presuppone che i relativi sistemi di misurazione
posseggano certi requisiti. Tale valutazione, deve saper descrivere la performance dell’individuo,
deve poter fare emergere cioè differenti livelli di rendimento al fine di poter ripartire i fondi
disponibili in proporzione alle performances; tutto ciò deve essere effettuato con equità. Da ciò
consegue come i sistemi retributivi possono influenzare l’efficacia di una organizzazione in quanto
in grado di influire sulla motivazione dei lavoratori; infatti quando retribuzioni e performances sono
collegate i lavoratori sono motivati a dare migliori prestazioni. Da quanto detto, la valutazione in
vista della motivazione deve basarsi sull’erogazione di ricompense proporzionate alla valutazione;
questo potrà avvenire con l’impiego di modelli qualificativi e quantitativi di valutazione delle
risorse umane, che sulla base di determinate informazioni consentono di pervenire a decisioni che