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comunicatore, maestro di vita e di fede; fu giornalista, assistente
universitario, fu soprattutto un uomo con un proprio credo, degno
cantore della vita.
Il grande dono che Turoldo ha ricevuto è di essere nato povero
in mezzo ai poveri. Egli è nato tra gli ultimi, addossandosi la
contraddizione che tuttora abita nel cuore degli indigenti del
mondo, cioè quella della disperazione e della speranza. E lui
predicò e testimoniò, si batté per i poveri: era questo il senso
della sua esistenza. Rappresentava la negazione e la
contestazione del potere, era uno scrittore che riusciva a rompere
tutti gli schemi; imbarazzava, divideva, non si poteva rimanere
indifferenti di fronte a lui: lo si amava o lo si odiava.
In fondo era un testimone della propria coscienza e del suo
tempo, così anche la sua poesia diveniva intervento quotidiano
nella vita, nella guerra, nella pace, nella morte. Credo fosse anche
uomo del futuro. Le sue raccolte non reclinano su se stesse, su
ricordi o nostalgie; al contrario, si leggono guardando in avanti.
Era indubbiamente anche uomo della speranza: la praticava,
inquietando la falsa pace delle coscienze, mettendo in dubbio
l’ordine e le regole; non si diede mai per vinto, nutriva certezze
nelle piccole cose. Ammise che dal realismo contadino del padre
aveva imparato a prepararsi al peggio, perché “al meglio sono
tutti pronti, ma al peggio non è pronto mai nessuno!”
Quante battaglie e quante sconfitte; eppure, Turoldo mostrò al
mondo cos’era la sua scelta. Basti pensare a quando sognò
l’utopia di Nomadelfia, a metà tra “città del sole” e un piccolo
anticipo di Gerusalemme celeste, e pagò con l’ostracismo; a
quando, allontanato dal Duomo di Milano e dall’Italia,
commentava che la chiesa non ha mai sposato la possibilità di
3
cambiare il sistema, non ha mai canonizzato i santi della
giustizia, bensì in assoluto quelli della carità.
Oggi, nell’epoca dell’incomunicabilità, nel tempo in cui le voci
si spengono e prendono piede le facce vuote, le maschere,
nell’onda di diffidenza, di distacco e sospetto, e ancora nel rifiuto
totale, nel silenzio, nell’incapacità di ascoltare chi si siede
accanto a noi, credo che padre Turoldo saprebbe rivolgerci una
parola carica di senso e di affetto. Con quella sua voce di forte
capacità suasoria, l’elemento più profondo e bello e che lo
caratterizzava, sono sicura smuoverebbe tante coscienze
addormentate. Il suo tono profetico c’inviterebbe a smettere di
giocare con mediazioni e compromessi, con quella confusione
che ogni giorno ci accompagna: ci aiuterebbe a crescere e a
costruire una società diversa.
Vorrei riprendere qui la testimonianza di Giorgio Lago, fraterno
amico di Turoldo:
Turoldo non è un caso letterario, non è un caso cattolico,
non è un caso stilistico; invece è un grande caso culturale,
è la presenza viva ed atipica, assolutamente fuori dal coro,
fuori dal conformismo, una presenza che ha buttato dentro
di noi sempre il seme dell’imbarazzo, del dubbio, della
meditazione, della riflessione
2
.
Ricorrono quest’anno i novant’anni della sua nascita, ed io
penso a lui come a quell’uomo che attraverso le sue vibranti
parole è riuscito a scuotere il mio animo avvicinandomi a realtà e
a pensieri sconosciuti, a sensazioni lontane dalla nostra civiltà
così materialistica e spiritualmente accomodante.
Da sempre vicino ai poveri, padre David si legò con forti
amicizie al Guatemala, al Nicaragua, a El Salvador, al Sud Africa
e a tutt’oggi ci parla attraverso i suoi numerosissimi scritti.
2
Così in un mio colloquio con il giornalista Giorgio Lago nel 1998.
4
Ogni volta che canto i suoi salmi, sento la sua presenza, sento
un filo sottile che mi avvicina a lui, sento la sua salmodia cantare
una speranza sempre nuova e fresca.
La mia fortuna è quella di averlo conosciuto grazie alle
parole dei suoi amici più cari, che ancora oggi lo ricordano e lo
commemorano in febbraio per tener sempre vivo il suo
messaggio, la sua intensità, e dargli la possibilità di cantare la sua
fede anche ai giovani d’oggi. Ed io, da giovane quale sono,
vorrei riprendere il suo canto: “La profezia non è solo annuncio
del futuro, ma la denuncia del presente attraverso la parola”.
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La scelta dei Salmi
Affrontando da anni lo studio del pianoforte, ho potuto
accostarmi non soltanto alla musica classica di Johann Sebastian
Bach, Fryderyk Chopin, Ludwing van Beethoven, ma integrare
il mio studio con quello organistico, avvicinandomi alla musica
liturgica, che annovera celeberrime creazioni quali l’Ave Maria
di Franz Peter Schubert e la cantata Il Messia- Alleluja di Georg
Friedrich Händel.
In questa ricca esperienza ho così intrapreso il cammino di
preparazione corale con l’intento di far cantare trenta, quaranta
persone insieme, all’unisono, con parti musicali diverse ma con
lo stesso fine: quello di pregare cantando. Ideale non sempre
facile, fatto di appuntamenti, prove laceranti, pazienza infinita e
concerti estenuanti.
In questo percorso ho conosciuto il talento e la spiritualità di
autori contemporanei come Giosy Cento, Marco Frisina e
Giuseppe De Marzi. Proprio quest’ ultimo, negli anni della sua
formazione organistica, ha avuto l’onore di essere interpellato da
padre David Maria Turoldo, allora impegnato nella redazione del
Salterio Corale.
Questa produzione di Turoldo è forse la meno nota perché la
Chiesa delle alte gerarchie ha sempre cercato di osteggiarla in
quanto nutre ancora una strana diffidenza verso quel frate-poeta
amico dei poveri e nemico dei potenti.
Grazie a Giuseppe De Marzi, grande cantore della natura e
delle sue meraviglie, e a monsignor Luigi Adami, ho letto ed
interpretato i testi poetici e le partiture musicali del salterio
turoldiano e ho formato uno dei pochi cori che prega attraverso la
salmodia al fine di farla conoscere a tanti.
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La mia intenzione in questo lavoro di tesi è tracciare un breve
quadro autentico e veritiero di padre David e della sua avventura
di uomo e di religioso, soffermandomi in particolare sulla sua
versione lirica dei Salmi biblici.
Vorrei così, dopo un’introduzione dedicata alla sua vita,
segnata da eventi drammatici sempre vissuti con estrema
serenità, parlare brevemente della sua copiosa produzione
letteraria ancora non compiutamente catalogata, in quanto è
andata perduta più di una pubblicazione minore.
Successivamente, vorrei addentrarmi nel nucleo centrale della
lettura del Salterio: così, dopo aver fatto una cernita dei salmi
turoldiani più intensi per contenuto, stile e melodia musicale,
vorrei commentarli.
Quindi presenterò una scheda tecnico-musicale che mi
permetterà di evidenziarne la bellezza lirica e la semplicità
ritmica, creata per facilitarne l’apprendimento a qualsiasi fedele.
Ritenendo questa comparazione un compito arduo che
coinvolge il campo specialistico della teologia antica, mi avvarrò
della collaborazione di alcuni studiosi della disciplina, quali don
Giovanni Gottardi e monsignor Gianfranco Ravasi.
A conclusione, intendo riportare fedelmente alcune riflessioni
personali di Padre David e, in forma d’interviste in appendice a
questo mio lavoro, offrire l’occasione di far sentire dalla viva
voce di alcuni amici cosa fosse stato per loro. Questo perché
credo che sentir rivivere ancora oggi la sua lezione così attuale
possa scuotere gli animi di questa nostra convulsa società spenta
e vuota. Cambiano infatti le situazioni, gli equilibri e gli interessi,
le vicende personali e quelle collettive, ma non può mai venir
meno la voglia morale di riscatto, la “gioiosa illusione” o l’utopia
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che la giustizia sia praticabile: e questo era già il grande sogno
turoldiano.
Il mio augurio è che padre David Maria Turoldo sia conosciuto
anche per questa sua attività compositiva e la sua testimonianza,
prima di tutto di uomo e poi di cristiano, sia raccolta come
preziosa eredità da questa generazione e da quelle future.
I poveri sono stati la causa della mia vocazione,
i poveri sono il contenuto della mia fede,
fonte d’ispirazione
della mia poesia e della mia predicazione.
Padre David Maria Turoldo
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Capitolo II
Cronologia
1916
Giuseppe Turoldo nasce a Coderno (oggi Borgo Turoldo) di Sedegliano, in
provincia di Pordenone, il 22 novembre 1916, ultimo di nove fratelli, da
Giovanbattista (detto Zuan) e Anna Di Lenarda, friulani di vecchio stampo,
lavoratori e ligi ai doveri religiosi. Poco si sa degli altri otto fratelli se non
che tutti ebbero vita difficile. Turoldo stesso scrive che il penultimo dei figli
si chiama Lino, di due anni più anziano di lui. Nomina la sorella Maria che a
soli dodici anni lavora lontano dalla famiglia, a Novara, e un fratello,
Anselmo, che a sedici anni emigra clandestinamente a Parigi in cerca di
lavoro. Infine, parla di Egidio, il primogenito, espatriato in Belgio per
lavorare nelle miniere. Turoldo si descrive come “l’ultimo figlio dell’ultima
casa del paese”. Il padre lavora per il comune come stradino ed affida al
figlio piccolo il pascolo quotidiano di due pecore e un agnello.
1922
Inizia il pontificato di papa Pio XI, al secolo Achille Ratti.
1928
Frequenta la quinta elementare da ripetente a Sedegliano con il maestro don
Adamo de Simon, vicario della frazione Coderno.
1929
Conosce padre Camillo de Piaz, proveniente dalla Valtellina, in uno
studentato dell’ordine mendicante religioso dei Servi di Santa Maria sui
Colli Berici (Vicenza), definiti “mendicanti d’amore”. Padre Camillo sarà
per Turoldo la sua “coscienza critica”.
Tra i confratelli veneti, Giuseppe aveva il nomignolo di “spaventapasseri” o
Bepo Rosso a causa dei capelli fulvi.
1930-33
Durante gli anni del ginnasio, frequentato nel convento servita di Udine, si
lega a padre Giulio Zini e legge con passione Vincenzo Cardarelli e
Giacomo Leopardi.
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1934
Entra come postulante nella casa di formazione dell’Ordine dei Servi di
Maria presso il Convento di Santa Maria del Cengio ad Isola Vicentina. Qui
compie anche il noviziato.
27 luglio: vestizione di Giuseppe Turoldo, che prende il nome biblico di
David (profeta) e Maria (nome d’obbligo per gli appartenenti a quest’ordine
religioso). Turoldo definisce la sua scelta come “l’avventura più
sconvolgente della vita”.
In seminario si avvicina alla poesia, con la lettura de “Il Frontespizio”
(1929-40), rivista fiorentina dell’ermetismo cattolico diretta da Piero
Bargellini; gli è maestro Mario Apollonio, docente di letteratura italiana alla
Cattolica di Milano. Legge le opere di Giuseppe Ungaretti, Elio Vittorini,
Carlo Bo, Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo.
1935
Studia teologia, in particolare i profeti Geremia, Isaia, Osea, Amos e
Davide, e i mistici Jacopone, Teresa d’Avila, Giovanni della Croce. Legge i
poeti Rainer Maria Rilke, Tāgore (nome anglicizzato di Rabīndranāth
Thākur, scrittore indiano di lingua bengālī) e Sergej Aleksandrovič Esenin.
Per la narrativa gli autori prediletti sono Miguel De Cervantes, Alessandro
Manzoni, Fëdor Michajlovič Dostoevskij, Lev Nikolaevič Tolstoj e Pier
Paolo Pasolini. In campo filosofico è lettore appassionato di sant’Agostino,
Blaise Pascal, Sören Kierkegaard, del teologo francese Pierre Teilhard de
Chardin e del filosofo russo Vladimir Sergèevi Solov’iëv.
1936
Per un’affezione ai polmoni è costretto ad interrompere gli studi e viene
curato presso il convento di Tirano (Sondrio).
1937
Nuova interruzione degli studi per la stessa malattia polmonare e ricovero
ad Arco.
1938
30 ottobre: pronuncia i voti solenni presso la Basilica Madonna di Monte
Berico in provincia di Vicenza.
1939
È eletto al soglio pontificio Eugenio Pacelli che prende il nome di Pio XII.
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1940
18 agosto: dopo aver compiuto studi teologici e filosofici, ottiene
l’ordinazione sacerdotale.
Si trasferisce a Milano presso i Padri del Convento di san Carlo al Corso,
dove per quindici anni tiene la predicazione domenicale al Duomo. Questo
passaggio è un trauma per Turoldo: “Ero appena uscito dall’isolamento più
che decennale del seminario; mi sembrava di navigare in un mare di nebbia,
con urti improvvisi nella più farraginosa, industriale e commerciale
metropoli di Milano. A volte mi trovavo con il volto bagnato di lacrime. Era
dura; più dura dell’immaginato.”
1941
A Milano, con padre Camillo, introduce la messa in italiano, iniziando dalla
lettura dei Salmi, e poi del Vangelo. Assiste ragazzi non facili e con loro
recita anche Lodi e Vespri in lingua italiana. Viene chiamato in Curia ma,
per intervento del cardinale Idelfonso Schuster (1880-1954), può continuare
nella sua impresa di riforma liturgica. E, proprio grazie alla richiesta
controfirmata dal suo cardinale, ottiene da Roma il permesso di celebrare
tale liturgia alla domenica sera in sola chiesa ad experimentum. Il luogo
scelto è San Carlo. Si deve tener presente che la maggior parte dei fedeli,
durante le celebrazioni della messa in latino, recitava il rosario ognuno per
conto proprio. Il sacerdote diceva le sue orazioni sull’altare in latino, una
lingua sconosciuta ai più, e i fedeli potevano soltanto pregare da sé, o
chiacchierare con il vicino, o annoiarsi.
Lavora a Diario di un chierico, manoscritto ancora inedito nel quale egli
annota pensieri e confessioni personali dal 1938 al 1941.
1942
Sfolla nel Convento della Madonna di Tirano.
Settembre: insieme ad alcuni docenti dell’Università Cattolica e a padre
Camillo Del Piaz, crea un giornale clandestino antifascista, ciclostilato nel
convento di san Carlo.
Soltanto nel 1945 inizierà la sua uscita settimanale, di sabato. Il titolo è
“L’Uomo”, ed il sottotitolo recita “Movimento Spirituale per l’Unità
d’Italia”. La pubblicazione del periodico durerà fino al settembre 1946,
presentando un totale di quarantadue numeri. La rivista è diretta da Mario
Apollonio, Gustavo Bontadini (1903-1990, filosofo neoscolastico), Dino
Del Bo; il coordinamento redazionale è di Angelo Romanò. “L’Uomo” si
proponeva di salvare l’uomo, sia nello spirito sia nella carne, per riscoprirne
i valori, difenderne i diritti.
Collaborando a “L’Uomo”, padre Turoldo si schiera con la sinistra cristiana,
preferendo il socialismo, che a suo avviso poteva anche essere ateo.
Tuttavia, non si impegna in nessun partito, si unisce solo nella difesa degli
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innocenti senza diritti. Proprio in queste pagine pubblicherà le sue prime
poesie.
1943
11 novembre: invitato dal cardinale Schuster, tiene la sua prima
predicazione domenicale nel Duomo alla liturgia delle undici, frequentata
dalla borghesia della Milano “bene” e dai facoltosi.
Realizza Ricordi della resistenza, una serie di riflessioni sulla guerra,
successivamente inserite in O sensi miei, raccolta poetica che verrà
pubblicata nel 1990.
1944
Presso il centro culturale “Corsia dei Servi” divengono inevitabili i contatti
con i gruppi partigiani e i rappresentanti del CNL Alta Italia. Conosce
esponenti della borghesia milanese come Romano De Gasperi, fratello di
Alcide. I giovani studenti curano soprattutto la stampa clandestina e
assistono le famiglie dei rifugiati politici e dei latitanti non solo
spiritualmente ma anche economicamente.
A Bergamo incontra monsignor Adriano Bernareggi, vescovo della città,
responsabile delle Settimane sociali della Chiesa, incaricato da Roma di
disciplinare le scelte politiche dei cattolici che operavano nella Resistenza.
Durante il colloquio, Bernareggi insiste affinché la “Corsia dei Servi” rientri
nelle file della Democrazia Cristiana. Padre David dichiara la sua ferma
opposizione alla creazione di un unico partito cattolico perché teme che la
politica possa confondersi con la chiesa. A causa di quest’idea politica padre
David avrà dei contrasti con l’amico don Primo Mazzolari, esponente del
Partito Popolare e fondatore del giornale “Adesso”.
1945
Maggio: visita ventinove campi sia di raccolta profughi sia di sterminio, per
conto della POA di Milano (Pontificia Opera Assistenza), sotto le direttive
di monsignor Antonio Bicchierai, con il compito di rimpatriare i
sopravvissuti e di recuperare salme. Per padre David è un’esperienza
negativa in quanto scopre come le autorità italiane, americane ed
ecclesiastiche agiscano per interesse, compiendo furti ed imbrogli a danno
della povera gente.
Si reca a predicare nelle fabbriche; stringe amicizia con Marcello Candia,
ingegnere responsabile della ditta omonima, creatore della rivista “La
Missione”. Si lega alla famiglia Pirelli, in particolare a Teresa, alla nipote
Maria Giovanna detta “Ninni”, a Giovanni ed Elena Brambilla. Conosce
Giulio Riva, proprietario del cotonificio Susa.
Tra le macerie della sacrestia del convento di san Carlo apre il Cinema
studio.
12
1946
Si laurea in filosofia con una tesi inedita dal titolo La fatica della ragione.
Contributo sull’ontologia dell’uomo, con particolare riferimento a
Kierkegaard, presso l’Università Cattolica di Milano.
Diviene assistente di seminario di materie filosofiche del professor Gustavo
Bontadini all’Università di Urbino. Questa è un’importante testimonianza
del suo essere versatile e preparato, con una formazione culturale sia
teologica che filosofica.
Diviene amico del poeta Mario Rigoni Stern.
Si reca a Modena ad un corso di predicazione, invitato dal rettore del
seminario di Carpi don Antonio Maria Gualdi, e incontra don Zeno Saltini
(1900-1981), fondatore di Nomadelfia (dal greco, legge della fratellanza),
tenuta agricola all’interno del campo di prigionia di Fossoli, sede
dell’omonima comunità. Nomadelfia accoglie i nuclei di tipo famigliare,
adulti e bambini, ed è basata sul principio della carità; tutto è in comune,
tutto è di tutti, e ciascuno coopera nell’interesse della comunità. Si predica e
si vive la fratellanza in maniera nuova e totale; la comunità è guardata con
sospetto, in quanto innovativa, dalle gerarchie ecclesiastiche.
Turoldo, tornato a Milano, decide di collaborare e si adopera al fine di
potenziare e diffondere quest’espressione comunitaria. Conquista,
circondandosi di collaboratori, l’attenzione del cardinale Idelfonso
Schuster.
1947
Io non ho mani, raccolta di liriche giovanili dedicata a padre Giulio Zini,
maestro di grande sensibilità e cultura che Turoldo ha conosciuto durante gli
anni del ginnasio, vince il Premio Saint-Vincent per la poesia.
1948
Gennaio-febbraio: a Milano si costituisce il Comitato pro Nomadelfia
presieduto dalla contessa Maria Giovanna Albertoni Pirelli e dal professor
Giuseppe Merzagora.
Pubblica per Bompiani Io non ho mani.
Collabora ad “Azione Giovanile”, settimanale diocesano dei giovani.
Il centro culturale “Corsia dei Servi” presso il convento di san Carlo in
Corso diviene un luogo frequentato da scrittori ed intellettuali impegnati
nella lotta per la libertà; è anche libreria dalle molte iniziative. Come centro
editoriale pubblica, primo in Italia, Agonia della Chiesa, lettera pastorale
dettata nella quaresima 1947 da Emmanuel Suhard, arcivescovo di Parigi, e
le raccolte filosofiche sulla fenomenologia pura di Edith Stein. È
frequentato da giornalisti come Jean Marie Domenach, direttore
dell’“Esprit”, rivista critica di storia della filosofia, da Romano Guardini e
da Elio Vittorini.
13
7-13 Novembre: a Milano indice la settimana pro-Nomadelfia durante la
quale don Zeno Saltini, fondatore della comunità, parla al teatro Lirico,
presentato dall’allora sindaco Antonio Greppi. Stringe una forte amicizia
con padre Giovanni Vannucci, servita e collaboratore di don Zeno. Al
termine della settimana, il cardinale Ildefonso Schuster consegna alle
famiglie di Nomadelfia quaranta ragazzi abbandonati, alcuni dei quali
provengono dall’istituto di rieducazione Cesare Beccaria.
14 novembre: è operato d’urgenza dal chirurgo Fasiani per appendicite. In
concomitanza con questo avvenimento ha delle forti incomprensioni con il
Sovrano Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ordine equestre della
Santa Sede, a proposito dell’apertura di un locale notturno accanto alla
chiesa di san Carlo. Padre Turoldo non accetta la presenza di un esercizio
pubblico, sede di lussuoso divertimento, vicino ad un luogo sacro.
1949
Febbraio: istituisce la Messa della comunità cristiana di san Carlo che alla
liturgia abbinava la raccolta di offerte per i poveri di Milano, “allo scopo di
non separare mai il mistero dal rito, la liturgia dalla prassi, la fede dalla vita;
per rendere credibili ed operanti anche socialmente le nostre eucaristie”.
Marzo: è eletto componente del Consiglio della provincia monastica dei
Servi di Maria di Lombardia e Veneto, carica che coprirà sino al 1952.
5-8 ottobre: presenta don Zeno al convegno di studio dei serviti ad Isola
Vicentina, insieme ai relatori padre Giovanni Maria Vannucci, padre Giulio
Bevilacqua, futuro assistente di papa Paolo VI e guida spirituale di padre
David, il professor Mario Apollonio e il professor Giuseppe Lazzati.
Ha incontri confortanti con il cardinale Arcadio Maria Larraona, segretario
della Sacra Congregazione dei Religiosi, con monsignor Pietro Parente del
sant’Uffizio, con il cardinale Giovanni Battista Montini, arcivescovo di
Milano, con monsignor Enrico Bartoletti, segretario della CEI (Conferenza
Episcopale Italiana), e con monsignor Vittore Maini, uomo potente della
curia milanese.
Allo stesso tempo ha scontri drammatici con monsignor Ermenigildo Florit
e con il cardinale Giovanni Colombo di Milano a causa della Corsia dei
Servi, con il cardinale Sebastiano Baggio, Prefetto della Congregazione dei
Vescovi, a causa dell’avventura di Nomadelfia. Queste incomprensioni sono
il preludio all’esilio che la Chiesa imporrà a padre David.
1950
In occasione delle celebrazioni per l’Anno Santo, collabora con Eva Thea
dell’Università Cattolica alla realizzazione de I quindici misteri del Rosario,
sacra rappresentazione svoltasi nel Teatro Civico di Milano.
14
1951
1 aprile: su “Il popolo” di Milano appare un articolo di padre David in
favore di Nomadelfia.
Maggio: la rivista bibliografica milanese “I Libri del Giorno” pubblica
un’intervista di padre Turoldo riguardante la situazione dei nomadelfiti.
Luglio-agosto: si aggravano le difficoltà della comunità di Nomadelfia,
soprattutto di carattere finanziario ed economico.
Settembre: padre Vannucci è allontanato dal convento di santa Maria
Annunziata ed assegnato a Borgo San Sepolcro ad Arezzo; è il preludio
della fine di Nomadelfia.
25 dicembre: il cardinale Schuster, spinto da forti pressioni di Roma, prende
le distanze dalla realtà di Nomadelfia attraverso il quotidiano milanese
cattolico “L’Italia”, portavoce della Curia vescovile.
Escono Da una casa di fango, opera teatrale (Brescia, La Scuola), e La terra
non sarà distrutta, dramma sacro a somiglianza dei misteri medievali
rappresentati sul sagrato delle cattedrali (Milano, Garzanti).
1952
26 maggio: su “L’Italia” appare un’altra notifica ancor più dura contro
Nomadelfia da parte di Schuster. Turoldo scagionerà il cardinale
affermando che egli aveva dovuto arrendersi alle pressioni del Vaticano.
11 giugno: Nomadelfia, ormai al collasso, si scioglie. Si ricostituirà come
associazione civile nel 1961.
Su disposizione del cardinale Alfredo Ottaviani padre Turoldo non può
predicare ed il suo Superiore, il priore Generale padre Alfonso Maria
Benetti, viene invitato da papa Pio XII a farlo “girare fuori d’Italia”: “fatelo
girare perché non coaguli”. L’accusa ufficiale è la severità con cui interpreta
il Vangelo di fronte alla borghesia milanese. Turoldo confesserà: “ero
colpevole di avere creduto che la fratellanza fosse legge, così com’ero senza
patria e senza chiesa”. Sono attimi di smarrimento, taluni credono che
abbandoni l’ordine: non succede, ma l’amarezza è grande e nel testamento
ricorda i giorni di Nomadelfia.
Giuseppe Ungaretti presenta la seconda raccolta poetica scritta da padre
Turoldo dal titolo Udii una voce dedicato a Mario Apollonio. Il libro entra
nella collana di poesia “Lo Specchio” di Mondadori.
1953
Gennaio: a seguito della disposizione del cardinale Ottaviani, Turoldo è
allontanato da Milano. Si reca nel convento servita di Innsbruck;