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1. INTRODUZIONE
I disordini del cammino sono frequenti nella popolazione anziana e la loro
prevalenza aumenta con l’età, con diverse conseguenze:
− cadute (da lievi contusioni a fratture maggiori o traumi cranici);
− riduzione della mobilità, che porta a perdita dell’indipendenza;
− paura di cadere, che immobilizza i pazienti e incide notevolmente sulla
qualità della vita (Jorstad, 2005).
I disordini del cammino sono inoltre un segnale per lo sviluppo di disturbi
cardiovascolari e demenza (Bloem, 2000; Verghese, 2002; Marquis, 2002) e, se
non sono isolati, possono riflettere un sottostante disturbo cerebrovascolare o
neurodegenerativo. Sono infine associati ad una ridotta sopravvivenza, che può
essere attribuita ad un insieme di cadute fatali, ridotto fitness cardiovascolare e
morte per una patologia sottostante (Wilson, 2002).
L’invecchiamento è tipicamente assimilato ad anomalie, e questa associazione
vale certamente per la deambulazione. Molti anziani accettano la loro difficoltà
nel cammino come normale per la loro età e i loro medici spesso li sostengono
in questa prospettiva. Ma i disordini del cammino sono veramente una
conseguenza inevitabile dell'invecchiamento della popolazione? Tale questione
è illustrata dall'evoluzione di concetti intorno al cosiddetto disordine senile del
cammino: il cammino lento e cauto è una caratteristica comunemente osservata
in età avanzata. Poiché l'esame clinico spesso non rivela cause apparenti, il
normale invecchiamento è stata ritenuto per molto tempo responsabile per
questo disturbo. Tuttavia, recenti risultati hanno contestato tale concetto. Fino al
20% degli anziani cammina normalmente, quindi i disturbi dell’andatura non
sono certamente un’inevitabile caratteristica della vecchiaia (Bloem, 1992).
Questa constatazione implica che coloro che hanno un problema nell’andatura in
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realtà soffrono di una malattia di base. Questa assunzione è appoggiata dal fatto
che le persone con un disordine senile del cammino hanno un aumentato rischio
di sviluppare demenza (Verghese, 2002) e hanno una ridotta sopravvivenza
rispetto ad individui di pari età che camminano normalmente (Figura 1.1.1).
Figura 1.1.1 Curva di Kaplan-Meier
La curva di Kaplan-Meier mostra la probabilità di sopravvivenza per tutte le
cause di morte. In questo studio è stata presa in esame una popolazioni di
anziani di età media di 90 anni (range 87-97 anni) ed è stata suddivisa in tre
gruppi:
− 25 anziani con un normale cammino (in blu nella Figura 1.1.1)
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− 14 anziani con un disordine senile del cammino (in rosso nella Figura
1.1.1)
− 87 anziani con un disordine del cammino dovuto ad una patologia nota (in
azzurro tratteggiato nella Figura 1.1.1)
La sopravvivenza si è mostrata diversa nei tre gruppi: il rischio di mortalità per
tutte le cause è più alto negli anziani con un disordine senile del cammino
rispetto al gruppo che mostra un cammino normale ed è inoltre simile a quello
degli anziani con un disordine del cammino dovuto a patologia nota. Lo studio
ha inoltre dimostrato che il rischio di morte per cause cardiovascolari è
differente tra i tre gruppi ed è aumentato di due volte nel gruppo con disordine
senile del cammino rispetto al gruppo che presenta un cammino normale.
Questi risultati suggeriscono che i disturbi senili del cammino sono una prima
manifestazione di una patologia sottostante, più in particolare cambiamenti della
sostanza bianca, disfunzioni vestibolari, modificazioni del controllo visivo o del
sistema oculomotore. Tali disturbi possono modificare direttamente l’andatura,
ma possono anche agire in maniera indiretta provocando una sensazione
soggettiva di instabilità e insicurezza, costringendo gli individui ad adottare
volontariamente una maggiore cautela nella deambulazione. I disturbi del
cammino negli anziani non sono semplicemente la conseguenza
dell'invecchiamento. Tali perturbazioni sono più probabilmente risultanti
dall'aumento della prevalenza e della gravità di malattie (cliniche o subcliniche)
con l’aumentare dell'età (Figura 1.1.2).
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Figura 1.1.2 Associazione tra invecchiamento e disordini del cammino
Il normale cammino richiede un delicato equilibrio tra diversi sistemi neuronali
che interagiscono tra loro e consiste di tre componenti principali: la
locomozione, l’equilibrio e l’abilità di adattamento alle condizioni ambientali;
una disfunzione di uno di questi sistemi può disturbare il cammino. Tutti i livelli
del sistema nervoso sono necessari per una normale deambulazione (Alexander,
1996)
Il cammino è tradizionalmente considerato come un compito motorio
automatico che richiede in parte l’intervento delle più alte funzioni mentali.
Nell'ultimo decennio, le nuove ricerche hanno richiamato l'attenzione
sull'importanza delle funzioni cognitive nel cammino quotidiano (Woollacott,
2002). Il cammino normale richiede una pianificazione strategica per scegliere il
percorso migliore, nonché una continua interazione con l'ambiente e con fattori
interni.
Il fatto di non notare la presenza di un ostacolo, la scelta di un percorso
inopportuno, o la valutazione errata delle proprie abilità fisiche possono portare
a cadute. La sicurezza e l'efficacia del cammino normale non si basa solo sul
sistema sensorimotorio, ma dipende anche dall' interazione tra il controllo
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esecutivo (integrazione e pianificazione dell’azione), il sistema cognitivo
(percezione visuospaziale e attenzione) e la dimensione affettiva. Una comune
situazione in cui si verifica tale integrazione è quando le persone devono
camminare mentre svolgono una o più compiti secondari.
Lundin-Olsson e colleghi (Lundin-Olsson, 1997) sono stati i primi a notare la
rilevanza dell’incapacità di mantenere una conversazione mentre si cammina
("stop walking while talking ") come indicatore per future cadute. La capacità di
mantenere un cammino normale mentre si svolge un compito secondario (dual
task) è diventato il classico modo di valutare l' interazione tra la cognizione e
cammino (Bloem, 2001). Negli anziani, questa abilità si deteriora per un declino
delle risorse centrali, secondariamente a processi di malattia subclinica.
Questo deterioramento conduce ad una discrepanza tra le limitate risorse
personali degli anziani e la complessità della domanda (la combinazione di
cammino e compito secondario). Di conseguenza, le persone anziane rallentano
il cammino o hanno un’aumentata variabilità del passo (con una ridotta
automaticità) mentre svolgono un compito secondario. La marcia diventa meno
sicura e il rischio di caduta aumenta. Nei pazienti con malattia neurologica,
come l’ictus o la malattia di Parkinson, la marcia peggiora in modo importante
con la combinazione dei dual task (Bloem, 2001; Bond, 2000).
Un'altra forma di peggioramento del dual task è mostrata dal fatto che gli
anziani non sanno dare la giusta priorità al compito motorio (Bloem, 2006). In
situazioni difficili, gli adulti sani cominciano a trascurare il compito secondario
e a conferire maggiore priorità a camminare in modo sicuro. Questa strategia è
diminuita negli anziani ed è associata ad un maggior rischio di cadute (Bloem,
2006). Una ricerca ha dimostrato che le funzioni esecutive frontali sono
particolarmente importanti per mantenere la stabilità del cammino. Il
coinvolgimento del controllo cognitivo nella normale deambulazione potrebbe
spiegare perché le cadute sono così comuni nei pazienti affetti da demenza e
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perché questi pazienti sono così vulnerabili ad un duplice compito mentre
camminano (Camicioli, 1997; Sheridan, 2003). È interessante notare che i
pazienti con malattia di Parkinson, il cui fenotipo è dominato da un’instabilità
posturale e un disordine del cammino, hanno un maggior rischio di declino
cognitivo e di sviluppare demenza rispetto ai pazienti con malattia di Parkinson
caratterizzata dal tremore (Alves, 2006; Burn, 2006). Anche i disturbi affettivi
sono associati a disordini del cammino negli anziani. Per esempio, depressione,
ansia e una particolare paura di cadere sono comuni conseguenze di un’andatura
insicura e di cadute tra gli anziani.
In vista di queste complesse interazioni tra cammino, sistema cognitivo e
affettivo, dovrebbero essere sviluppate nuove strategie per promuovere una
mobilità sicura degli anziani mediante il miglioramento dell’attenzione, dei dual
task, dell’umore e delle funzioni esecutive.
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1.1 IL CAMMINO
Il cammino è un’attività motoria essenzialmente automatica, costituita da una
serie ripetitiva di movimenti ritmici e alternati di tutto il corpo che,
determinando lo spostamento del centro di gravità, producono la progressione in
avanti del soggetto; solo l’avvio, le variazioni di direzione e l’arresto
rappresentano movimenti volontari.
Poco dopo la nascita i neonati, se sostenuti in posizione eretta su un piano
orizzontale, producono i movimenti ritmici tipici della locomozione e questo
avviene anche in bambini anencefali; tutto ciò fa pensare che i circuiti neuronali
di base siano codificati geneticamente e localizzati all’interno del midollo
spinale. Durante il primo anno di vita questi movimenti ritmici si trasformano in
un vero e proprio cammino, grazie allo sviluppo del sistema nervoso centrale,
che controlla il movimento e l’equilibrio.
Il movimento di un arto durante la locomozione può essere suddiviso in 2 fasi:
fase di appoggio (o stance phase) e fase di oscillazione (o swing phase)
(Knutsson, 1979). Il periodo di oscillazione sembra indipendente e progettato a
livello centrale, mentre quello di appoggio dipende maggiormente da vincoli
esterni e da segnali sensoriali afferenti. Durante la deambulazione normale, la
fase di appoggio è più lunga della fase di oscillazione: la prima rappresenta il
60% del ciclo di deambulazione e la seconda soltanto il 40%. Ne risulta che, nel
corso del ciclo, esiste una fase di doppio appoggio durante la quale i piedi sono
contemporaneamente al suolo.
La figura 1.2 mostra il ciclo completo del passo.