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CAPITOLO I
L’INDIA COLONIALE
1.1. Gli anni della colonizzazione inglese
L’India era chiamata dagli antichi, “il paradiso del mondo”,
a causa della fertilità del terreno; ci giungono notizie di questo
genere grazie alle opere degli antichi scrittori greci come, fra
altri, Erodoto
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.
In epoche più recenti furono soprattutto le navigazioni dei
portoghesi ad aprire la strada ai viaggi verso il continente
indiano e servirono, in particolar modo, a far conoscere la
geografia del territorio. Prima dei portoghesi, però, antichi popoli
come i greci compirono numerosi viaggi alla scoperta delle terre
indiane.
Purtroppo la maggioranza di coloro che compirono viaggi in
India con Alessandro Magno morirono, perciò le uniche
testimonianze pervenute, riguardo a quel periodo, sono
contenute nelle opere dei sapienti romani come, ad esempio,
Plutarco. I loro racconti, tuttavia, sono molto spesso contrastanti
tanto da rendere difficile una ricostruzione storica di quel
periodo.
Nonostante la mancanza di documenti storici attendibili,
possiamo affermare con certezza che la conquista del territorio
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Giulio Ferrario, Robustiano Gironi, Ambrogio Levati, Il costume antico e
moderno o storia , Asia vol. 3, Firenze, V. Batelli, 1826, pp. 7-8.
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indiano ad opera dell’impero britannico fu una delle più
importanti.
Fino agli anni ’70 del 1700 l’Inghilterra conosceva il
subcontinente indiano solo dal punto di vista commerciale. Gli
inglesi si erano fino ad allora limitati ad esplorare solo le zone
costiere frenati anche dal fatto che la maggioranza dei
commercianti britannici non conoscevano l’hindi. A differenza
delle altre colonie, nel caso dell’India l’Inghilterra si trovò ad
affrontare una situazione completamente diversa marcata anche
dall’enorme differenza culturale fra i due popoli; così furono
emanati dalla Corona inglese una serie di regolamenti, i
Regulating Acts, che imponevano ai membri della Compagnia
delle Indie di agire come una sorta di amministratori del popolo
indiano. Il controllo della Corona sulla Compagnia prese
definitivamente forma nel 1783 con la creazione del Comitato di
controllo il cui presidente faceva parte del gabinetto inglese
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.
Gli inglesi considerarono inadatto per un paese come
l’India applicare il proprio sistema di governo, tanto meno quello
in vigore nelle colonie americane. Si decise, perciò, di creare un
corpus legislativo che tenesse conto del diritto indù. Il compito fu
affidato definitivamente ai brahamini nel 1864; così al loro
potere politico all’interno della società indiana, già posseduto da
tempo, si aggiunse quello giuridico. Il sistema giuridico, però, in
seguito fu modificato con l’introduzione della procedura inglese
secondo la quale i singoli casi venivano giudicati da un
magistrato mentre le procedure tradizionali si basavano sulla
mediazione e il consenso.
La svolta nella colonizzazione si ebbe nel 1798 con la
nomina a governatore generale di Lord Wellesley che inaugurò
2
Ibid., pp. 10-15.
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un periodo di forte impegno militare per assicurare alla
Compagnia il controllo dell’intero subcontinente indiano.
Wellesley era spinto dalla convinzione patriottica che la Gran
Bretagna avesse il diritto di governare su tutti i territori che il
suo esercito fosse riuscito a conquistare. Nei primi anni del 1800
Wellesley riuscì a conquistare la zona a sud della valle del Gange
e avviò il processo di conquista dei territori ancora occupati dai
maratti.
Negli anni successivi vennero stipulati una serie di accordi
con i principi locali che permettevano la presenza di un
amministratore inglese nella propria corte in cambio di
protezione nei confronti dei nemici.
Nel 1858, con la ratifica del Government of India Act,
l’India diventò definitivamente una colonia britannica con
capitale a Calcutta. I funzionari inglesi vennero organizzati
nell’Indian Civil Service a seguito di una serie di riforme che
prevedevano l’apprendimento da parte degli inglesi della lingua
indiana in modo da poter meglio controllare la popolazione.
I vari governatori che si succedettero alla guida della
nuova colonia miravano ad allargare i territori di conquista e a
migliorare le vie di comunicazione in modo da agevolare il
commercio. Inoltre furono fondate numerose scuole britanniche
che si ponevano l’obiettivo di far conoscere al meglio la lingua e
la cultura inglese in modo da creare una classe dirigente che
avrebbe dovuto guidare il paese in futuro. Nel 1885 fu fondato
l’Indian National Congress sulla base dei modelli canadese e
australiano con l’intento di ottenere una partecipazione più attiva
della popolazione indiana in ambito politico.
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1.2. Le lotte per l’indipendenza e Gandhi
L’anno di svolta per l’ottenimento dell’indipendenza
dell’India fu il 1919 quando vennero attuate le riforme Montagu-
Chelmsford che, pur non concedendo pienamente l’autogoverno
al popolo indiano, garantivano a quest’ultimo più ampie libertà
nel settore dell’agricoltura, dell’istruzione e della riscossione dei
tributi.
Nello stesso anno ci furono, però, l’applicazione di alcuni
atti repressivi conosciuti come Rowlatt Acts e il massacro di
Amritsar. Il 13 aprile del 1919 ad Amritsar, in Punjab, Reginald
Dyer, generale a capo della guarnigione locale dell’esercito
inglese, assunse l’incarico di disperdere la folla radunatasi presso
il campo recintato di Jallianwalla Bagh per protestare
pacificamente contro le riforme messe in atto dal governo. La
repressione finì nel sangue perché il generale fece aprire il fuoco
sulla folla causando la morte di circa 400 dimostranti
3
.
L’episodio di Amritsar divenne il simbolo dell’ingiustizia
coloniale e fu questa la principale ragione che spinse il popolo
indiano a un nuovo metodo di azione politica basato sulla non
violenza. Il sostenitore di questo tipo di lotta era Mohandas
Karamchand Gandhi, appena tornato da un lungo periodo
trascorso in Sudafrica. Si acuì così fra gli indiani il sentimento di
profonda sfiducia nei confronti degli inglesi.
Fino al 1919 Gandhi era stato una figura di secondo piano
nel panorama politico ma in seguito, come artefice della lotta
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William L. Shirer, Mahatma Gandhi, Milano, Edizioni Frassinelli, 1983, pp.
28-30.
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non violenta, divenne una delle figure fondamentali nelle
battaglie per l’indipendenza.
I principali destinatari del messaggio di Gandhi dovevano
essere i ceti contadini, ma molto spesso il suo messaggio fu male
interpretato. L’episodio più emblematico si verificò nel febbraio
del 1922 quando un gruppo di contadini, in nome del nuovo
movimento politico, attaccò la stazione di polizia di Chauri
Chaura, nel distretto di Gorakhpur, bruciando vivi i ventidue
poliziotti indiani che presidiavano la stazione. La tragicità di tale
episodio portò Gandhi a sospendere per un periodo la sua attività
politica.
Inoltre in alcune zone il movimento per la non violenza
trovò una scarsa adesione ciò era dovuto, in parte, alla difficoltà
di raggiungere attraverso i giornali e la rete ferroviaria gli
abitanti dei villaggi più remoti del paese. Il messaggio gandhiano
ebbe scarsa adesione anche fra gli strati più bassi della società
composti da braccianti e artigiani che preferivano delle guide che
si occupavano in modo più specifico della loro condizione.
I più audaci oppositori al movimento di Gandhi furono i
diplomatici che avevano guidato il Congresso prima del 1920,
soprattutto l’élite di Calcutta, Bombay e Madras che, avendo
ottenuto prestigiosi incarichi nei tribunali e nei consigli legislativi,
non intendeva rinunciare ai suoi privilegi e preferiva evitare il
formarsi di movimenti di massa che avrebbero potuto sfuggire al
suo controllo.
Nel periodo della colonizzazione gli inglesi avevano
elaborato efficaci strategie da adottare nei confronti dei
sostenitori del nazionalismo ma si trovarono impreparati di fronte
al movimento basato sulla non violenza. I conservatori erano
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propensi all’uso della violenza ma ci si rese conto che usare altra
violenza, come era già accaduto ad Amritsar, avrebbe screditato
i colonizzatori agli occhi dell’opinione pubblica.
Mentre il movimento della non cooperazione attraversava
una fase di inattività, alcuni esponenti di rilievo del Congresso
fondarono il Partito dello swaraj
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e si presentarono alle elezioni
delle assemblee legislative con lo scopo di attaccare le istituzioni
politiche dall’interno. Contemporaneamente il movimento
fondato da Gandhi iniziò ad assumere una forma organizzativa
attraverso la fondazione dell’associazione denominata All-India
Spinners Association che aveva lo scopo di promuovere
l’artigianato indiano e l’uso del khadi
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per superare le distinzioni
di casta e religioni all’interno della società.
Gli anni tra il 1917 e il 1920 furono caratterizzati da un
crescente aumento delle proteste alimentate da una grave crisi
economica, caratterizzata dall’aumento dei prezzi, che colpì il
paese negli anni successivi alla guerra. Le proteste più
significative furono quelle delle associazioni dei contadini
scoppiate nelle Province Unite
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e in Bihar. Il movimento dei
contadini, guidati da Baba Ramchandra, cercarono di anteporre i
loro interessi a quelli dei nazionalisti. Le rivolte messe in atto
dagli agricoltori prendevano di mira soprattutto le proprietà dei
latifondisti. A volte attaccavano anche i bazar dei mercanti per
accaparrarsi i beni di prima necessità.
Per placare le proteste gli inglesi vararono una serie di
leggi che limitavano gli aumenti degli affitti e proteggevano gli
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Lo swaraj indica l’autogoverno ed è spesso associato all’azione di Gandhi.
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Il khadi è la tipica veste bianca di cotone indossata da persone di etnia
indiana.
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Le Province Unite furono province durante la colonizzazione britannica tra il
1856 e il 1947, i territori delle province corrispondono agli stati dell’Uttar
Pradesh e dell’Uttarakhand.
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affittuari dallo sfratto. Tuttavia il movimento contadino rimase
fermo sulle sue posizioni e i membri dell’associazione iniziarono a
progettare un’azione politica. In tal modo il Partito nazionale
degli agricoltori riuscì a raggiungere un ruolo di rilievo
soprattutto nelle questioni riguardanti le Province Unite.
La reazione del Congresso davanti a queste proteste fu
tollerante. D’altro canto, l’armonia fra le classi rappresentava un
vantaggio anche per il Congresso perché in questo modo poteva
contare sulla loro collaborazione nella lotta anticoloniale.
Altre importanti azioni di protesta furono intraprese, negli
anni successivi alla Prima Guerra Mondiale, dagli operai delle
fabbriche; le proteste furono accompagnate dalla fondazione dei
primi sindacati indiani. I nazionalisti cercarono di controllare la
situazione attraverso la creazione dell’All India Trade Union
Congress ma senza successo
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però la formazione dei sindacati
indiani aprì la strada alle tesi socialiste.
Nel 1927 il governo inglese istituì una commissione,
presieduta da Sir John Simon, per attuare una riforma della
Costituzione indiana. L’istituzione della commissione sollevò
numerose critiche all’interno di tutta l’opinione pubblica indiana
perché i membri che vi facevano parte erano tutti componenti
del Parlamento inglese. Con questa azione i britannici
dimostrarono ancora una volta che, dal loro punto di vista, la
popolazione indiana era incapace ad autogovernarsi. La decisione
degli inglesi diede inizio alla seconda campagna di non
cooperazione gandhiana che durò dal 1930 al 1934.
La seconda campagna di non cooperazione rappresentò un
momento decisivo nell’impegno gandhiano per l’indipendenza
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John Keay, India an History, New York, Publisher, 2000, pp. 32-35.
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dell’India perché la figura del Mahatma iniziò a scuotere le
coscienze anche delle popolazioni meridionali dell’India che fino a
quel momento si erano limitate a seguire con distacco le vicende
del movimento gandhiano.
Gli anni tra le due guerre mondiali furono caratterizzati,
oltre che da importanti cambiamenti politici, anche da una grave
crisi economica. Le conseguenze della recessione economica
furono disastrose: il valore dei prodotti coltivati dagli affittuari
delle terre dimezzò e i mercati esteri che acquistavano prodotti
in India crollarono; ad alimentare la crisi intervenne anche il calo
dei prezzi dei generi alimentari e delle materie prime rispetto ai
manufatti. Tutto ciò era aggravato dal fatto che le imposte
rimasero invariate raddoppiando quindi le spese per gli
agricoltori.
L’industria venne colpita in misura minore dato che
rappresentava una piccola fetta dell’economia indiana. In questi
anni l’economia indiana iniziò a liberarsi dalla dipendenza
coloniale; questo processo si rese evidente soprattutto nel
settore dell’industria manifatturiera.
Per contrastare la crescita dell’industria manifatturiera
indiana, il governo britannico abbandonò la linea di
protezionismo degli interessi inglesi e, a partire dalla metà degli
anni Venti, furono introdotte una serie di misure protezionistiche
per le principali industrie del paese. Questa nuova politica
industriale segnò la graduale liberazione dell’economia indiana
dall’egemonia inglese.
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1.3. Gli anni Quaranta e l’indipendenza
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, nel 1939, il
vicerè Lord Linlithgow annunciò l’entrata in guerra dell’India al
fianco della Gran Bretagna contro la Germania. Naturalmente
questo gesto provocò l’indignazione dell’opinione pubblica
indiana perché rappresentava un’ulteriore conferma della politica
imperialista britannica.
Poiché l’Inghilterra necessitava di appoggio durante il
periodo bellico, il Congresso ne approfittò per facilitare i
negoziati verso l’obiettivo dell’indipendenza. Nel 1942, in
occasione della visita di Sir Stafford Cripps a Nuova Delhi, gli
inglesi si dimostrarono favorevoli a concedere l’indipendenza alla
fine del conflitto attraverso la creazione di un’assemblea
costituente a condizione, però, che ciascuna provincia avrebbe
avuto la possibilità di scegliere se entrare a far parte del nuovo
Stato. L’accordo proposto da Cripps non fu accettato perché non
soddisfaceva le richieste del Congresso, ovvero la trasformazione
del gabinetto del vicerè in un gabinetto responsabile nei confronti
di un’assemblea legislativa indiana e il trasferimento del
Ministero della Difesa sotto il controllo di personalità indiane.
L’ostilità del Congresso costrinse il governo britannico a cercare
altrove gli aiuti necessari a continuare la guerra, offrendo a
gruppi meno intransigenti la possibilità di riacquistare un certo
potere politico.
Di fronte al fallimento dei negoziati il Congresso attraversò
una profonda crisi e, nel 1942, approvò la mozione Quit India
che rappresentava un vero atto di sfida nei confronti del potere
britannico. La mozione provocò lo scoppio di un’ondata di