completamente a distanza o integrata, riesce, infatti, ad adattarsi
meglio di quella tradizionale alla realtà delle moderne organizza-
zioni produttive, che hanno una struttura sempre più decentratata
e complessa, spesso con una forza lavoro geograficamente di-
spersa: c’è bisogno di strumenti che permettano di realizzare in-
terventi formativi flessibili e, allo stesso tempo, di ottimizzare il
rapporto tra costi e benefici della formazione.
Sul lato dell’efficacia, è da notare come i processi di conver-
genza tra l’informatica e le telecomunicazioni stiano rendendo i
media sempre meno mass e sempre più personal
2
, in grado di
supportare una formazione individualizzata e coinvolgente. Ad
esempio, il Cd Rom multimediale, un tipico strumento di autofor-
mazione, se ben fatto, è concepito in modo da non imporre uno
stile di apprendimento standardizzato. Il percorso di fruizione è
personalizzabile, così da supportare una serie di esigenze e com-
petenze particolari; l’esperienza formativa è resa più accattivante
grazie all’uso di strumenti interattivi che sviluppano la creatività.
Dal punto di vista educativo, il computer si rivela uno stru-
mento potente e versatile, in grado di ampliare gli orizzonti della
formazione anche oltre la realtà fisica, come avviene quando si
utilizza la simulazione a scopo formativo. Si tratta di strumenti
che permettono all’utente di agire in un contesto analogo a quello
reale, sperimentando “senza rischi” determinati comportamenti
da applicare, poi, alla propria realtà lavorativa.
A prescindere dalle più o meno complesse tecniche di realiz-
zazione, un progetto formativo basato sulla simulazione ha il
grande vantaggio di rifarsi a un modello di realtà con un grado di
complessità vicino a quello dell’esperienza concreta. Questa ca-
ratteristica si rivela indispensabile quando il percorso formativo
avviene all’interno della multiforme realtà aziendale.
2
Per una sintesi della storia e dei progressi delle reti telematiche verso una
sempre più spinta personalizzazione, cfr.: Pedemonte, 1998; per un approfondi-
mento sulle trasformazioni del mondo mediale cfr. Fidler, 1997
Imprenditori e dirigenti d’azienda si muovono quotidianamen-
te in un ambiente complesso, in cui i comportamenti hanno
un’alta variabilità, investono più dimensioni contemporaneamente
e richiedono lo sviluppo di capacità molteplici, di tipo gestionale,
decisionale, relazionale. In simili situazioni, le soluzioni formative
finora più diffuse si sono dimostrate spesso insufficienti.
Non bisogna poi dimenticare il tipo di destinatario a cui gli in-
terventi sono rivolti: si ha a che fare con adulti dai mille impegni,
con molti problemi e poco tempo ed energie mentali da dedicare
alla formazione. Pensiamo a un corso di formazione tradizionale:
li vediamo così tornare sui banchi di un’aula “pseudo-scolastica”,
mentre ascoltano un oratore provvisto di proiettore con slide e
presentazioni, multimediali quanto si vuole ma mai abbastanza da
impedire ai malcapitati di sentirsi fuori luogo, di scalpitare e
annoiarsi.
Nel descrivere in questo modo la tradizionale formazione
d’aula, non si vuole affatto intendere che sia del tutto inefficace
dal punto di vista educativo. L’apprendimento “scolastico” ha
funzionato per secoli e funziona ancora oggi ma, senza dubbio,
dà luogo a situazioni innaturali nella formazione in età lavorativa,
per la quale si deve adottare un approccio diverso, passando dal-
la pedagogia all’andragogia
3
.
C’è bisogno di sperimentare nuovi metodi che siano in grado
di aumentare l’analogia tra l’ambiente educativo e quello lavora-
tivo, trasformando il percorso di apprendimento in un’esperienza
stimolante e creativa, oltre che utile e formativa. In una parola: un
gioco
4
, che è appunto l’oggetto su cui si focalizza il presente
lavoro.
3
Cfr. Capitolo II e voce in Glossario.
4
Dal punto di vista etimologico il termine GIOCO deriva dal latino iocus, secon-
do alcuni detto anche diocus (come “giorno” per “diorno”) dalla radice diu. Se-
condo altri deriva dalla radice jak (gettare, scagliare) con il senso primitivo di
Si procederà, dapprima, a un’analisi delle più comuni necessi-
tà formative nel mondo del lavoro, illustrando le nuove opportuni-
tà offerte dalle tecnologie, in termini di formazione continua e a
distanza; successivamente, ci si focalizzerà sulle dinamiche di ap-
prendimento nell’adulto seguendo, in particolare, l’approccio
esperienziale (learning by doing) e sulla simulazione come modali-
tà formativa, secondo un’impostazione sistemica.
Dopo aver esaminato i metodi attivi di formazione e definito
alcuni tipi di prodotti simulatori utilizzabili nella formazione mana-
geriale, la ricerca si concentrerà sull’utilizzo del gioco di simula-
zione a scopi formativi, in particolare sul Business Game, descri-
vendo un’esperienza di osservazione condotta nel Novembre
2001 presso la scula di formazione ISTUD (Istituto Studi Direzio-
nali) con sede a Stresa (Vb).
Nella parte finale verrà presentata una riflessione sulle pro-
spettive di sviluppo dei giochi di simulazione nella formazione ma-
nageriale a distanza e integrata, basata sullo studio delle informa-
zioni reperibili in rete, sia su prodotti italiani che internazionali.
beffa, scherno (Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana di O. Pianigiani, Ed.
Fratelli Letizia, Firenze 1907 (II ed. I Dioscuri, Genova 1988) Pag. 1559). Oltre
alla componente ludica e a quella competitiva, in senso figurato il termine assu-
me anche significati legati all’esercizio di un ruolo e di un’attività. Ad esempio:
“entrare in gioco” nel senso di intervenire in una vicenda, influendo sul suo svol-
gersi, oppure “mettersi in gioco”, nel senso di mettere in discussione le proprie
scelte, il proprio ruolo in un contesto (Dizionario Sandron della Lingua Italiana,
Ist. Geografico De agostini, Novara 1976). E’, inoltre, interessante osservare il
senso che può assumere l’espressione inglese to play che sta, in primis, per
“giocare” ma anche per “assumere un ruolo”, “effettuare un’azione” (Cecchini e
Indovina, 1989: pag. 166).
I. LA FORMAZIONE IN AZIENDA: nuovi media e
metodologie didattiche innovative.
I.1 Il ruolo-chiave della formazione nelle organizzazioni.
La formazione è oggetto di un crescente interesse da parte
delle imprese e delle istituzioni, come testimoniano le ingenti
somme stanziate a suo favore
5
. Questa leva gestionale è comune-
mente ritenuta uno strumento di flessibilizzazione del mercato del
lavoro, utile a garantire: ai lavoratori, maggiori possibilità di impie-
go e una più alta produttività sul posto di lavoro; alle imprese una
più rapida reattività ai cambiamenti.
I presupposti organizzativi che creano la centralità della for-
mazione sono dovuti ai mutamenti che stanno caratterizzando il
mondo della produzione (Prandstraller, 1999):
• la globalizzazione dei mercati;
• le innovazioni tecnologiche e la multimedialità;
• il decentramento delle risorse produttive: all’esterno, dalle
grandi imprese verso le piccole e medie imprese; all’in-
terno, suddivisione del comparto produttivo in unità più
piccole e numerose;
5
Secondo l’osservatorio ANEE (Associazione dei servizi e dei contenuti multime-
diali), nel 2001 in Italia il mercato della formazione basata sulle tecnologie (TBT
–Technology Based Training, con le tre componenti: Contenuti, Servizi e Tecno-
logia) ha avuto un valore globale pari a 53,6 milioni di euro. Il 76,9 % del mer-
cato TBT (pari a 41,3 milioni di euro) è stato assorbito dall’e-learning puro (che,
secondo ANEE, comprende solo i due segmenti Contenuti e Servizi). Un dato
simile è riportato da IDC (International Data Corporation) secondo cui nel 2001,
in Italia, il mercato dell’e-learning ha avuto un valore pari a 45 milioni di dollari,
con una prospettiva di sviluppo del + 87% sia per il 2002 che per il 2003.
• forme più flessibili di governo delle organizzazioni, con ap-
piattimento delle gerarchie e decentramento delle respon-
sabilità alla periferia (divisioni, filiali, individui);
• l’affermarsi di nuovi modelli organizzativi e l’aumento della
complessità ambientale: le imprese si trovano inserite in
network di relazioni economiche, dove il successo è lega-
to a quello degli altri soggetti che vi partecipano (partner,
consulenti, concorrenti, fornitori, ecc.)
Queste tendenze fanno emergere una caratteristica fon-
damentale delle organizzazioni nell’era post-industriale: il bisogno
di una diffusione capillare delle informazioni e del sapere al loro
interno. In un mondo fortemente interconnesso, infatti, c’è la
necessità di reagire velocemente e adattarsi alle mutevoli condi-
zioni del mercato.
A livello gestionale, l’adattabilità delle strutture diventa più
importante dell’efficienza e, di conseguenza, assumono rilevanza
gli individui e le loro competenze personali, il sapere e la capacità
di azione che sono in grado di apportare nell’organizzazione
(Costa e Rullani, 1999). Ci si avvia verso una progressiva “profes-
sionalizzazione” del lavoro: il contributo individuale tende a preva-
lere sul ruolo e sulla posizione di lavoro e, oltre alle conoscenze
tecniche specifiche della professione, diventano importanti le
competenze comportamentali e relazionali.
E’ necessaria, quindi, una formazione “a 360 gradi” che pro-
duca competenze, conoscenze, abilità e relazioni di diverso tipo.
Una formazione “distribuita capillarmente nel tempo di lavoro,
immersa nel luogo di produzione” (Costa e Rullani, 1999: pag. 2).
In altre parole: una formazione continua.
Perciò le tradizionali attività d’aula saranno sempre meno
efficaci e difficilmente fruibili mentre diventerà centrale l’utilizzo
delle tecnologie multimediali. E’ pensabile che, dal punto di vi-
sta organizzativo, gli enti erogatori di formazione si trasformino in
provider, per permettere la connessione tra le organizzazioni, le
istituzioni pubbliche e i singoli lavoratori: i cosiddetti “attori della
formazione continua” (Prandstraller, 1999).
Nel triangolo della formazione continua (Fig. 1) un importante
ruolo è ricoperto dagli enti erogatori (scuole di management, uni-
versità, formatori, società, associazioni). Questi soggetti fanno da
tramite, da un lato, tra i singoli e le imprese, sia nella determina-
zione dei bisogni formativi che nella progettazione ed erogazione
degli interventi e, da un altro lato, tra le imprese e le istituzioni
pubbliche, per quanto riguarda l’accesso ai finanziamenti.
FFiigg 11 Il triangolo della Formazione Continua
(Fonte: nostra rielaborazione da Prandstraller, 1999)
Istituzioni Pubbliche
Finanziamenti
Enti Erogatori
Progettualità, Organizzazione,
Gestione
Formazione
Continua
Organizzazioni Lavoratori
Negli ultimi anni, in Europa, il mercato della formazione è
cresciuto notevolmente dal punto di vista quantitativo, soprattutto
a causa degli ingenti finanziamenti della Comunità Europea:
questo fatto, però, non ha favorito un innalzamento qualitativo
dell’offerta formativa e ha provocato, invece, una certa mancanza
di responsabilità da parte di individui e imprese che “hanno
delegato spesso il proprio ruolo nel processo formativo agli
specialisti” (Prandstraller, 1999).
Per far progredire la formazione, invece, è necessario che si
investa sull’innalzamento della qualità e dell’innovatività dell’offerta
piuttosto che sulla quantità. Nella relazione tra i vari attori della
formazione, ognuno è chiamato a interagire e cooperare perché
assuma centralità la domanda formativa (da parte di individui e
imprese) che deve essere stimolata, rafforzata e orientata. In tal
modo l’offerta formativa ottiene una maggiore qualificazione,
dovuta al controllo da parte degli stessi fruitori, e si produce, da
parte di questi ultimi, un reale interesse nel seguire percorsi di
apprendimento, ponendo le premesse perché si crei e si diffonda
una “cultura della formazione continua”.
Nel momento in cui l’offerta formativa si avvicina alla
domanda, diventa sempre più spiccata la personalizzazione degli
interventi e dei prodotti formativi; inoltre, parlando di formazione
continua, si capisce come essa non sia confinata nello spazio e
nel tempo ma sempre più pervasiva, a causa del continuo
bisogno di aggiornamento a livello professionale. La formazione
continua è, quindi, sia formazione personalizzata che forma-
zione ricorrente (Costa e Rullani, 1999: pagg. 127-129). Però,
perché essa possa effettivamente esprimere queste caratteristi-
che, deve servirsi del supporto delle nuove tecnologie della
comunicazione interattiva e multimediale, in modo da poter realiz-
zare una formazione personalizzata e ricorrente a costi sostenibi-
li. I supporti tecnologici multimediali, infatti, rendono possibile
(Costa e Rullani, 1999: pagg. 127-129):
• creare un collegamento tra il produttore e il fruitore del
servizio formativo, così da poter realizzare la co-progetta-
zione del percorso formativo e la co-produzione dello
stesso;
• integrare esperienze formative che avvengono in tempi e
luoghi diversi, congiungendo così, virtualmente, formazio-
ne e lavoro;
• rendere possibili forme di “autoapprendimento guidato”,
grazie a azioni di ricerca e sperimentazione congiunta da
parte del formatore e dello stesso fruitore.
Bisogna considerare, comunque, che le nuove tecnologie
possono essere impiegate al meglio se servono ad espandere le
possibilità di relazione interpersonale, integrando rapporti diretti e
personali con rapporti virtuali. Quindi l’approccio che sembra più
prolifico non vede la scomparsa della formazione tradizionale ma
l’integrazione con i nuovi metodi di formazione a distanza, per
utilizzare al meglio le potenzialità tecnologiche a disposizione.
I.1.1 L’organizzazione che apprende:
necessità di una formazione continua.
Abbiamo appena visto come, per rendere la formazione con-
tinua più efficace e innovativa, sia necessario porre l’individuo al
centro del processo, come destinatario primo dell’intervento
formativo. La formazione continua, infatti, è un processo che con-
ferisce valore aggiunto agli individui, contribuendo alla valorizza-
zione personale; in tal senso, le organizzazioni più attrattive sono
quelle che consentono di apprendere, di fare esperienze qualifi-
canti (Prandstraller, 1999).
Da un’altra prospettiva si può considerare l’organizzazione
stessa come soggetto di apprendimento, intendendola come in-
sieme di “ambienti organizzativi”, all’interno dei quali le persone
pensano, agiscono e interagiscono (Argyris e Schön, 1996: pag.
20). Se si vuole, però, che questo approccio sia utile ai fini pra-
tici, è necessario collegare l’apprendimento dell’organizzazione al
pensiero e alle azioni degli individui che la compongono. Si tratta
del punto più critico di questo approccio ma anche quello di
potenziale maggior interesse per la teoria organizzativa.
Chris Argyris, uno dei maggiori teorizzatori dell’apprendimen-
to organizzativo, ha proposto la teoria dell’apprendimento double-
loop
6
, particolarmente attinente ai programmi di formazione ma-
nageriale.
Per apprendimento double-loop (o a doppio circuito) si in-
tende un apprendimento che dà luogo a un mutamento, oltre che
di strategie e assunti ad esse sottostanti, anche di valori e norme
organizzative, implicite nell’attuazione di un determinato schema
di attività. Si crea, quindi, un doppio circuito di retroazione che
collega gli effetti osservati di un’azione alle strategie e ai valori a
essa collegati: in caso di errore (a seconda della sua entità), la
6
Per approfondimenti vedi: Argyris e Schön, 1996; Argyris, C., Increasing
Leadership Effectiveness, Wiley, New york 1976.
correzione porterà a modificare in primis i valori e le norme, dan-
do vita, appunto, a un apprendimento organizzativo double loop
(Argyris e Schön, 1996).
In tutto ciò, l’interazione tra gli attori organizzativi assume
ampia rilevanza: come risultato dell’apprendimento double loop
migliorano le capacità decisionali, gli errori e i fallimenti vengono
più facilmente compresi e corretti, si delineano strategie di
leadership vincenti. L’importanza dell’interazione umana come
veicolo di cambiamento fa sì che questa teoria sia un punto di
riferimento anche per l’uso di giochi di simulazione a scopo
formativo, i quali riproducono e innescano dinamiche di gruppo
tipiche della realtà organizzativa.
I.1.2 Knowledge workers: complessità del ruolo lavorativo
e dei bisogni formativi.
Da un punto di vista formativo i cosiddetti knowledge
workers (lavoratori della conoscenza) sono gli individui più qualifi-
cati che, partendo da un livello di competenze medio-alto, si la-
sciano coinvolgere attivamente nelle iniziative di formazione conti-
nua attuate dall’organizzazione di cui fanno parte, assicurando va-
lore alla propria prestazione (Prandstraller, 1999).
Si tratta, quindi, dei soggetti della formazione manage-
riale, intendendo con questa espressione: “il processo attraverso
il quale (…) un sistema di imprese si dota delle conoscenze e
delle professionalità necessarie per competere con altri sistemi”
(Costa e Rullani, 1999).
Il ruolo del manager è caratterizzato da elevata complessità
e responsabilità nell’azione di governo di un’unità o di un intero si-
stema organizzativo e sociale. Un manager, nel corso della
propria attività quotidiana, si trova a svolgere molteplici compiti
che coinvolgono ambiti dell’esperienza e competenze di diverso
tipo come, ad esempio: comunicare con collaboratori e partner,
prendere decisioni, creare consenso, gestire conflitti, assumere il
rischio derivante da un’innovazione, ecc.
Una realtà dunque molto ricca ma spesso servita da una for-
mazione “povera”, che tende a concepire l’azione manageriale in
modo sequenziale e semplificato, demandando l’apprendimento di
ogni singola abilità a un apposito corso. Di conseguenza si
creano percorsi di apprendimento che mai nessuno riuscirà a
portare a completamento: mancano tempo e risorse e, soprattut-
to, manca la necessaria connessione tra formazione e realtà lavo-
rativa dei discenti (Cengarle, 2001).
Di qui l’esigenza di elaborare e sperimentare metodi didattici
innovativi che, già a partire dall’analisi dei fabbisogni formativi, rie-
scano a mettere in luce come i soggetti affrontano il proprio la-
voro, oltre ai contenuti del lavoro stesso. In sostanza: si tratta di
determinare un’evoluzione nella formazione continua perché essa
sia in grado di rispondere in modo efficace ed efficiente al
bisogno di conoscenza espresso dai lavoratori, dalle imprese e
dal sistema sociale, superando i limiti temporali e spaziali dell’ap-
prendimento attraverso lo sviluppo di proposte diverse da quelle
classiche, nelle quali inevitabilmente l’investimento in conoscenza
risulta confinato in luoghi e tempi delimitati (Costa e Rullani,
1999; Prandstraller, 1999).
Tale evoluzione può determinarsi avvicinando la didattica al
contesto lavorativo e creando opportune modalità di alternanza
formazione - lavoro. La via da percorrere passa attraverso le nuo-
ve tecnologie per la comunicazione a distanza e i nuovi modelli
organizzativi interni all’azienda (network, reti) che offrono la possi-
bilità pratica di sperimentare forme flessibili e decentrate di for-
mazione.
Il ricorso alle tecnologie della comunicazione multimediale, in
particolare, consente al singolo fruitore di sviluppare autonoma-
mente il proprio percorso formativo, differenziando luoghi e tempi
della formazione. Inoltre, essendo facilitate l’interazione e la coo-
perazione tra soggetti erogatori e soggetti fruitori, sia nella pro-
gettazione che nella produzione degli interventi, migliora la possi-
bilità di accesso alla formazione continua per soggetti solitamen-
te estranei alla stessa, quali piccole e medie imprese. In tal modo
si estende anche a questi operatori, che costituiscono la maggio-
ranza nella realtà aziendale del nostro Paese, l’opportunità di ag-
giornare le competenze professionali dei propri dipendenti e
consolidare la propria competitività (Costa e Rullani, 1999;
Prandstraller, 1999).
Le tecnologie multimediali e telematiche, accanto al vantag-
gio di ottimizzare le forme organizzative e le modalità di erogazio-
ne/fruizione dei servizi formativi, aprono un nuovo orizzonte, am-
bizioso e attraente: la possibilità di mettere in rete la cono-
scenza. Riflettere sulle tecnologie di rete significa, quindi, ripen-
sare il concetto di apprendimento in chiave evolutiva, come dina-
mica di partecipazione all’interno di comunità che riproducono
saperi e identità condivise. Comunità che, non di rado, nascono
intorno a un’attività piacevole, sociale e anche formativa: un
gioco
7
.
La formazione continua in azienda, con il supporto delle
tecnologie, va quindi ad arricchirsi di potenzialità e innovazioni,
tra cui, appunto, l’uso di giochi di simulazione nella formazione
dei manager, già una realtà nella formazione d’aula ma, con ogni
probabilità, destinati a un sempre più frequente utilizzo a distan-
za
8
. Naturalmente perché ciò sia possibile bisognerà attendere
che arrivino a maturazione determinate componenti: da una parte
lo sviluppo tecnologico, dall’altra l’adozione, nei vertici aziendali,
di un atteggiamento più aperto ai nuovi orizzonti della formazione
e più cosciente della sua concreta utilità ai fini imprenditoriali.
7
Basti pensare ai MUD (Multiple User Dimension, Multiple User Dungeon o
Multiple User Dialogue) e, ultimamente, ai MUD sociali: a questo proposito cfr.
Rheingold, 1994 e http://www.mudconnector.org/mudfaq/mudfaq-p1.html, per
una panoramica generale sulle caratteristiche e il funzionamento di questi
ambienti virtuali.
8
Cfr. paragrafo V.6 Conclusioni del lavoro di ricerca.