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INTRODUZIONE
La società moderna, e con essa il mondo del lavoro, ha subito, nel corso degli
ultimi anni, un profondo mutamento sotto la spinta dell’economia globalizzante
e del repentino, quanto inevitabile, impatto dello sviluppo delle tecnologie. Le
imprese di grande respiro multinazionale sono in costante evoluzione e la forte
competizione le spinge a continue ridefinizioni degli obiettivi, tra l’altro sempre
più complessi e innovativi, per potersi garantire la sopravvivenza nel mercato.
Ciò comporta altrettante modifiche sia all’interno delle imprese più territoriali,
sia nel modo di lavorare affinché il risultato possa essere in sintonia con gli
obiettivi che l’organizzazione si è proposta di raggiungere. La pressione verso la
riduzione dei costi e l’efficienza spesso comporta un ridimensionamento degli
organici e, quindi, un aumento del carico di lavoro per singolo operatore, una
dilatazione del tempo da dedicare alla propria attività, che oscilla tra casa e sede
di lavoro e una conseguente diminuzione del tempo libero da dedicare a sé stessi.
Inoltre, spesso, i dipendenti si alternano tra più aziende e più ambienti di lavoro,
trovando difficoltà ad instaurare relazioni stabili nel tempo e di sostegno con i
colleghi, anche perché il continuo cambiamento e le ridefinizioni impediscono
le possibilità di poter trovare qualcuno di fiducia con cui confrontarsi.
Gli individui tendono, dunque, a percepire il proprio ambiente di lavoro
come altamente stressante, non riuscendo più a gestire, adeguatamente, le
tensioni causate dall’intensa attività lavorativa. Ci si trova a lavorare in contesti
nei quali i valori umani sono a grande distanza da quelli economici e quello che
ci contraddistingue come esseri umani, quello che ci spinge a lavorare bene oltre
che sodo viene ignorato oppure minimizzato, non ricevendo, quindi, la giusta
considerazione. Questo tipo di atteggiamento, da parte delle aziende, spinge
sempre più i lavoratori ad adottare dei comportamenti di distacco, sia a livello
fisico che psicologico, verso l’organizzazione nella quale lavorano, causando,
molto spesso, un notevole calo nella qualità della loro prestazione. Quando poi,
le stesse organizzazioni si accorgono di questa inefficienza, talvolta agiscono
colpevolizzando il singolo lavoratore anziché riflettere ed indagare sulla propria
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qualità gestionale. Tutti questi elementi facilitano l’insorgenza di patologie
organizzative che compromettono sia la qualità dei beni e dei servizi offerti ai
clienti, sia la salute dei lavoratori dipendenti che agiscono, quindi, in un
ambiente patologico. Infatti, se le organizzazioni, dati i continui mutamenti che
le interessano, non sostengono i propri collaboratori, fornendo a questi adeguati
strumenti per poter gestire e fronteggiare i cambiamenti ed organizzando le
attività lavorative anche sulla base delle esigenze dei dipendenti, contribuiscono,
inconsciamente, all’insorgenza di alcune patologie come il mobbing, i disagi da
stress e il burnout.
In questo lavoro l’attenzione verrà rivolta, esclusivamente, alla sindrome del
burnout, come conseguenza delle condizioni di stress e che si può manifestare in
diversi contesti organizzativi, derivando dall’interazione tra diverse variabili: di
personalità, organizzative e sociali. Inizialmente, questo costrutto è stato studiato
in riferimento alle specifiche professioni socio-sanitarie e come particolare
conseguenza dell’eccessivo coinvolgimento emotivo dell’operatore nella sua
professione. Questo tipo di attività implica un continuo contatto con l’utente in
difficoltà ma, se lo stesso non riconosce gli eccessivi sforzi che l’operatore gli
rivolge attraverso la relazione di aiuto, l’operatore attiverà, in risposta a questo
stato di cose, una strategia di coping (fronteggiamento) a distacco emozionale
dalle situazioni che richiedono un qualsiasi coinvolgimento emotivo, favorendo
l’incontro con la condizione di burnout.
Le ricerche successive hanno dimostrato che il burnout si può manifestare
anche a causa di molteplici variabili e in altre situazioni di lavoro. Al giorno
d’oggi, infatti, in conseguenza e come risultato dei cambiamenti socioeconomici,
il burnout si è diffuso maggiormente, divenendo un problema importante in tante
altre professioni. Quindi, mentre in passato lo stress e il burnout erano collegati
soprattutto con le caratteristiche individuali, con la scarsa capacità di gestione
del cliente bisognoso e legati alle dinamiche specifiche della professione d’aiuto,
oggi, a scatenare il fenomeno, si aggiungono altre variabili in altre situazioni di
lavoro, sia nell’area delle aziende di servizio che in quella delle organizzazioni
produttive. Il burnout, anche in questi contesti, e come successivamente sarà
analizzato, può essere causato da un eccessivo carico di lavoro, dalla mancanza
di controllo sulla propria attività, per un mancato riconoscimento dell’impegno
profuso, dal crollo dell’integrazione fra i lavoratori, dalla mancanza di equità e
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per un conflitto tra i valori personali e quelli dell’organizzazione (Maslach,
Leiter, 2000).
Per questi motivi, appare chiaro che attribuire le cause di questa patologia al
solo individuo costituisce una percezione errata della situazione e che impedisce
di agire efficacemente sulla gestione e prevenzione del problema. Affinché si
ottengano dei cambiamenti è necessario, infatti, sì lavorare sulle persone, ma
anche sulla realtà dell’organizzazione stessa, la cui struttura disfunzionale può
costituire un elemento che impedisce l’impegno dei singoli lavoratori, la
realizzazione personale nel lavoro e, quindi, un efficace raggiungimento degli
obiettivi preposti. Le attività di prevenzione devono, dunque, essere orientate sia
alla trasmissione di modalità individuali di gestione del problema stress, sia al
cambiamento delle situazioni ambientali, attraverso approcci organizzativi volti
a trovare nuovi rapporti tra la persona e il lavoro, per aumentare la soddisfazione
nelle attività, ostacolando in tal modo l’insorgenza del burnout.
Questo lavoro ha l’obiettivo di presentare i principali approcci teorici allo
stress e al job burnout, in riferimento sia alle helping professions che alle
organizzazioni produttive di altra natura ed evidenziando, in un caso e nell’altro,
i motivi che facilitano il manifestarsi di questo fenomeno patologico all’interno
delle aziende. Il costrutto del burnout verrà, inoltre, esaminato in situazioni e
contesti lavorativi specifici ed, in particolare, nei medici e negli infermieri, negli
psicologi e psicoterapeuti, negli operatori sociali, nel lavoro dei religiosi e
nell’insegnamento. Queste, rispetto ad altre, sono le professioni più a rischio di
burnout per la quantità e la particolarità delle variabili messe in gioco.
Nel primo capitolo viene presentata una panoramica generale del fenomeno,
partendo dai disagi organizzativi per proseguire poi nell’analisi delle modalità
che li possono collegare ai fenomeni dello stress e del burnout. Successivamente,
verranno presentati i contributi teorici alla definizione del concetto di stress e dei
suoi effetti in ambito lavorativo, passando, quindi, alle definizioni sul fenomeno
del burnout, considerato come una particolare risposta al disagio organizzativo
e ad un eccessivo carico di stress prolungato nel tempo e non mediato. Nel
secondo capitolo, il burnout sarà analizzato e definito come una interazione tra
fattori organizzativi, del contesto sociale e variabili di personalità, ponendo
l’accento sugli effetti e le conseguenze che questo fenomeno può avere sia per
la salute psico-fisica dei lavoratori che per la stessa impresa. Il capitolo prosegue
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attraverso una rassegna di alcune professioni di aiuto con un più alto rischio di
burnout, precedentemente menzionate. Nel terzo ed ultimo capitolo, infine,
viene affrontato il tema della valutazione del fenomeno e della necessità di
attuare delle misure preventive per ostacolare la pervasività negli ambienti di
lavoro del burnout, cercando di delineare, così, i diversi approcci che potrebbero
essere utili sia ad uno specifico livello individuale, per coloro che intendono
affrontare personalmente la gestione del fenomeno, ma anche ad un livello
organizzativo, con iniziative tese ad incoraggiare l’impegno nel lavoro, agendo
direttamente sui sei tipi di discrepanze che possono causare un deterioramento
dell’impegno, delle emozioni e un problema di adattamento tra la persona e il
lavoro.
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CAPITOLO 1 - DALLO STRESS AL BURNOUT
1.1 Le organizzazioni e i lavoratori
Lo sviluppo industriale e la progressiva centralità dei servizi alle persone è
un fenomeno complesso, che presenta vantaggi e limiti legati al rischio che la
società e le organizzazioni possano trovarsi impreparate e non siano in grado di
governare adeguatamente gli eventi. Questo significa disporre di un bagaglio di
metodi e strumenti adatti a fronteggiare i cambiamenti e i disagi organizzativi
che possono derivare da situazioni mal gestite. Se i cambiamenti ‘non possono’,
i disagi organizzativi ‘non devono’ essere ignorati. Dire che una organizzazione
non può ignorare un cambiamento che sta avvenendo al suo interno significa
affermare che è impossibile non tener conto delle evoluzioni nel mondo delle
imprese in quanto queste sono spesso cercate, indotte e gestite consapevolmente.
Dire, invece, che una organizzazione non deve ignorare i disagi e il malessere
significa che, se essi sono presenti, possono essere oggetto di una mancata
considerazione che, altrimenti, meriterebbero. Se l’organizzazione li sottovaluta
oppure è sprovvista delle risorse per poterli adeguatamente affrontare o
prevenire potrebbe causare rilevanti costi in termini di efficacia ed efficienza,
sia riguardo al suo ciclo di produzione che alle risorse umane che operano al suo
interno. Ma sino a quando non ci si renderà conto che le «questioni umane
incidono sugli aspetti economici delle imprese, queste non riserveranno mai le
adeguate attenzioni alla valorizzazione delle persone» (Maslach, Leiter, 2000: p.
121). Diventa, quindi, sempre più necessario, da parte delle imprese, prendere
visone di tutte quelle problematiche che potrebbero compromettere la salute
psico-fisica dei lavoratori stessi e, conseguentemente, ostacolare e rendere più
difficoltoso il raggiungimento della missione organizzativa.
Le imprese dovrebbero intervenire con appositi corsi di formazione, ma se
non lo fanno perché sottovalutano la necessità di fornire ai lavoratori degli
strumenti idonei a superare le difficoltà che incontrano nello svolgimento della
loro attività, almeno si impegnino a farlo per poter salvaguardare sé stesse dai
problemi che potrebbero derivare dalla mancata considerazione di eventuali
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patologie strutturali. Le organizzazioni sociali, in particolare, hanno il ruolo di
mediare tra le caratteristiche specifiche di ogni essere umano (motivazioni,
obiettivi, bisogni…) e quelle dell’ambiente circostante, cercando di mantenerle
in uno stato di equilibrio. Quando le organizzazioni non riescono o falliscono in
questo compito rendono l’ambiente circostante più fertile all’insorgenza delle
patologie organizzative. Impedire la libera espressione, le risposte emozionali,
la realizzazione personale, ostacolare la coesione comunitaria ed un’eccessiva
rigidità delle strutture, in generale, sono tutti elementi che possono favorire lo
sviluppo e l’insorgenza di varie discrepanze all’interno delle organizzazioni.
Questi sono i motivi per cui i disagi organizzativi non devono essere ignorati.
1.2 Stress e burnout nel contesto organizzativo
In questo primo capitolo vengono affrontate le problematiche dello stress e
del burnout come princìpi del ‘disagio organizzativo’; ma cosa significa disagio
organizzativo? In che modo questo tipo di problematiche sono connesse a questo
fenomeno? Con il termine di disagio organizzativo oppure, meglio ancora, per
patologia organizzativa si può intendere qualsiasi dinamica di natura personale,
sociale o istituzionale che impedisca sistematicamente, anche se soltanto per un
periodo di tempo limitato, la «buona convivenza e cooperazione nei luoghi di
lavoro, ostacolando, di fatto, la promozione, il mantenimento e il miglioramento
del benessere fisico, psicologico e sociale all’interno delle comunità lavorative»
(Avallone, Paplomatas, 2005: p. 11). Questa definizione ci permette di capire
che una patologia individuale, nonostante incida negativamente sulla salute
psico-fisica del soggetto stesso, non sempre è la sola causa del mancato
raggiungimento degli obiettivi organizzativi e, se ignorata, rischia di essere a
lungo termine dannosa anche per l’organizzazione in cui opera il soggetto
patologico.
In che modo lo stress e il burnout si possono definire patologie organizzative?
Come sarà trattato più avanti, il burnout è una forma esasperata dello stress
occupazionale. Se il malessere degli individui nelle organizzazioni deriva,
quindi, da un qualche malfunzionamento del sistema, allora anche il burnout non