1. Il brand televisivo
1.1. Perché si può parlare di brand televisivo?
Prima di chiedersi se si può parlare di “brand televisivo”, è importante
soffermarsi sul ruolo e sullo sviluppo dei processi di marketing che sottostanno
alla gestione di un’emittente televisiva.
Non è da molti anni, infatti, che le emittenti televisive hanno inserito la funzione
del marketing all’interno dell’organigramma aziendale.
Il settore televisivo è sempre stato storicamente un settore atipico; la gestione
televisiva ha sempre avuto, per la creazione dei suoi prodotti, degli strumenti
specifici e creati ad-hoc. Le gestione stessa delle risorse ha sempre trovato
specifiche regole e metodologie spesso molto differenti rispetto al normale
mercato dei prodotti fisici e di massa. È vero, inoltre, che il prodotto stesso della
televisione (e dei media in generale), ha caratteristiche che si discostano molto
dai prodotti “normali”.
Definite queste premesse, possiamo affermare che l’interesse per le metodologie
di marketing applicate al settore televisivo è nato molto di recente. Tutte le
imprese televisive odierne hanno cominciato a capire quali possono essere i reali
vantaggi derivanti dall’utilizzo di questi strumenti ma, soprattutto, cominciano ad
essere frequenti studi specifici e approfonditi sul tema dell’economia e del
marketing televisivo.
Numerosi autori ed esperti di settore iniziano a percepire il tema come
fondamentale per la sopravvivenza delle emittenti televisive nel mercato televisivo
odierno.
5
Purtroppo però, la reazione rischia di essere troppo tardiva; negli studi moderni
sul marketing televisivo, si stanno mutuando gli strumenti del marketing
tradizionale per poi applicarli al settore televisivo. Questi strumenti, però,
rischiano di diventare alquanto obsoleti. Le nuove tecnologie digitali e di
comunicazione, che si stanno sviluppando nel nuovo millennio, stanno
modificando completamente i modelli di business classico e anche il marketing
tradizionale sta reagendo a questo nuovo ambiente e sta cercando di sviluppare
nuovi strumenti adatti ad affrontare il mercato.
Le imprese televisive, trovandosi di fronte a nuovi strumenti tecnologici e alla
nascita di un mercato, più competitivo e ampio, devono accelerare il loro processo
di modificazione della gestione economica, cercando di innovare i propri modelli
di offerta e business, incentivando così, il cambiamento culturale e industriale.
In questa specifica fase, lo sviluppo di brand televisivi forti e duraturi, potrebbe
fornire quel vantaggio competitivo utile alla sopravvivenza nel nuovo mercato
televisivo digitale.
1.1.1. La televisione digitale terrestre
Il nuovo scenario di mercato che si sta sviluppando nel settore televisivo nasce
da uno sviluppo tecnologico fondamentale destinato a cambiare la storia dei
media moderni: la digitalizzazione.
Con digitalizzazione (in formato MPEG-2
1
) s’intende quel processo di conversione
per la rappresentazione di grandezze analogiche utilizzando grandezze discrete.
L'uso di segnali discreti permette la rappresentazione di dati (testo, immagini,
suoni, video, ecc.) in forma di numeri binari denominati bit (serie di 0 ed 1).
Tra i vantaggi più importanti che derivano da questa rivoluzione tecnologica, tre
risultano determinanti per la ridefinizione del settore televisivo
2
:
1
Con lo standard Mpeg-2 (standard dei DVD video in commercio) come contenitore universale dei
dati digitali trasmessi, il sistema digitale (DVB) garantisce la possibilità di lavorare
indiscriminatamente con immagini televisive di diverso tipo. Inoltre, consente la gestione di
contenuti multimediali quali applicazioni interattive o audio multicanale. In fase di trasmissione
viene garantita la stessa flessibilità: il segnale digitale può essere ricevuto da diversi dispositivi di
ricezione differenti. Da qui nascono diverse definizioni del segnale digitale ottimizzato per differenti
strumenti di ricezione (ad esempio per il satellite DVB-S, per apparecchi portatili DVB-H e per il
digitale terrestre DVB-T).
2
D.Turi, R. Borroni (2009) – La televisione digitale terrestre, manuale per il professionista della
televisione – Ed. FrancoAngeli.
6
- maggiore quantità di programmi televisivi: nella stessa banda di
trasmissione in cui transitava il segnale analogico per un singolo
canale, è possibile trasmettere un segnale digitale che veicola
cinque/sei canali di buona qualità visiva. Questo sviluppo abbatte molte
barriere d’entrata presenti in precedenza per la limitatezza delle
frequenze. In più, il legislatore obbliga i proprietari delle frequenze
televisive a cedere, ad altri operatori, parte delle frequenze in loro
possesso. Questa manovra libera maggiormente il mercato. Così,
teoricamente, il numero totale di canali disponibili dovrebbe essere
maggiore di cinquanta. In più vi è la possibilità di sfruttare frequenze
fino ad adesso poco utilizzate (ma molto ambite) come quelle delle
bande di trasmissione VHF ed UHF, liberando così, altre frequenze che
possono essere utilizzate per altre applicazioni interattive o addirittura
per altri canali;
- la migliore qualità dell’immagine: la qualità dell’immagine televisiva
sfrutta i miglioramenti ottenuti negli anni dallo sviluppo dei codec
3
di altri
media. Abbiamo potuto verificare con i file Mp3, o con i filmati trasmessi
in DVD, come la digitalizzazione abbia eliminato importanti difetti di
trasmissione con conseguenti vantaggi nella resa televisiva: minore
rumore e disturbo percepito, maggiore purezza dell’immagine e del
suono e una migliore resa percettiva;
- la possibilità di trasmettere contenuti interattivi e multimediali:
l’introduzione della trasmissione digitale permette alle emittenti di poter
produrre e trasmettere, insieme all’immagine televisiva, servizi
informativi, di intrattenimento e di pubblica utilità. Con la possibilità di
avere anche un canale di ritorno
4
, è possibile creare servizi aggiuntivi
dove è prevista l’interazione con il telespettatore.
3
Acronimo di codificatore – decodificatore: software che permette la trasformazione del segnale
da analogico a digitale per poi ricodificare il segnale in modo che possa essere trasmesso e quindi
visualizzato (come l’originale).
4
Alcuni decoder hanno la possibilità di poter essere connessi con la linea telefonica, generando
così possibili risposte da parte dei telespettatori (il cosiddetto “canale di ritorno”). Con il canale di
ritorno le emittenti permettono ai propri telespettatori di esprimere le loro preferenze, di rispondere
alle domande dei quiz o addirittura di acquistare un prodotto.
7
Vi sono poi altri vantaggi (evidenziati in “Il libro bianco sulla TV digitale terrestre”
5
)
che sono: portabilità del servizio che può essere fruito anche con dispositivi
mobili, regionalità delle trasmissioni (cosa che non è possibile con il segnale
satellitare) e minor inquinamento elettromagnetico
6
.
Tutte queste modificazioni hanno ovviamente un impatto significativo su quelli che
erano i modelli di business della televisione (analogica) e su quelle che erano le
metodologie di produzione e fruizione dei contenuti trasmessi.
1.1.2. Il mercato televisivo (digitale)
Breve storia
Prima di analizzare il nuovo mercato televisivo, è importantissimo ricordare
come era formato il “vecchio” sistema televisivo analogico.
Tralasciando le tensioni precedenti alla “Legge Mammì”, nel mercato televisivo
del nuovo XXI secolo non è corretto parlare di sistema analogico puro. Infatti,
affiancato al grande sistema dei broadcasters analogici in chiaro (Rai, Mediaset,
Telecom), esiste già un modello di televisione digitale: il sistema satellitare.
A parte le caratteristiche tecnologiche di creazione e trasmissione dei contenuti, il
mercato satellitare è differente da quello analogico soprattutto nella forma
competitiva. Il mercato analogico è dominato da tre grandi broadcasters e quindi
presenta sorta di forma oligarchica chiusa, mentre quello satellitare è dominato da
una tipica forma di mercato monopolistica
7
. Sfruttando la grande esperienza
maturata in altri mercati televisivi stranieri (in particolare quello inglese e
americano), il 31 luglio 2003, Sky è entrata nel mercato italiano monopolizzando,
di fatto, il settore televisivo satellitare. Dopo solo 6 anni, grazie a grandi
5
È un documento ufficiale redatto dall’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni dove vengono
evidenziati tutti gli elementi definitori del sistema televisivo digitale terrestre. Vengono qui elencati
tutti gli standard di trasmissione e ricezione, tutti gli obblighi per gli operatori del settore e le linee
guida per il modello di business digitale terrestre. Si può trovare una copia completa sul sito
http://www2.agcom.it/provv/libro_b_00/librobianco00.htm.
6
Dovuto alla maggiore resistenza del segnale digitale che può permettere una trasmissione del
25% meno potente da parte dei trasmettitori a parità di qualità percepita e area coperta.
7
Inizialmente vi erano due operatori che concorrevano per le trasmissioni satellitari: Telepiù e
Stream. Successivamente, con il fallimento di entrambe le emittenti, Rupert Murdoch e la sua
News Corporation, hanno acquisito tutte le frequenze satellitari lasciate libere dai due
broadcasters falliti, creando (anche grazie a concorrenza nulla e all’aiuto di speciali permessi
governativi) Sky Italia.
8
investimenti, all’indebolirsi del settore analogico e a una serie di grandi campagne
pubblicitarie, Sky Italia ha superato Mediaset collocandosi secondo posto nella
classifica dei broadcasters con le più alte entrate economiche.(al prima posto
resiste la Rai grazie, soprattutto, all’enorme introito dei ricavi derivati dal canone).
Questo dato è molto significativo perché ci permette di valutare la crisi della
televisione analogica in chiaro e le modificate abitudini di visione del
telespettatore moderno.
Partendo da quest’ultima valutazione, si può affermare che, il telespettatore
moderno è un telespettatore ibrido, legato alle abitudini di visione classiche
(visione rituale, pochi canali di scelta, abitudini di visione, ricerca di grandi eventi),
ma con sempre minor tempo per la fruizione televisiva. In questo poco tempo il
telespettatore deve poter scegliere cosa guardare e soprattutto quando guardarlo,
andando, quindi, alla ricerca di contenuti sempre disponibili (o comunque di una
quantità di scelta elevata) per poter soddisfare ogni possibile esigenza di visione.
Di fronte ad un pubblico così definito, la televisione analogica non ha saputo
prendere le giuste precauzioni e, dominata anche da una forte staticità nei
contenuti e nelle forme di gestione, sta cominciando il suo inesorabile e lento
declino
8
.
Per salvaguardare la pluralità informativa e limitare il digital divide, nel 2002, la
Commissione Europea, ha sottolineato l’importanza strategica della televisione
digitale terrestre per permettere ad ogni individuo di avere l’opportunità di
partecipare alla società globale dell’informazione.
Questo orientamento è stato recepito da ogni singolo stato membro con diverse
scadenze e diversi parametri di valutazione. Il Governo Italiano, dopo una lunga
serie di rinvii e leggi “ad hoc”
9
, ha recepito questa valutazione della Commissione,
definendo lo switch-off definitivo del segnale digitale analogico, in tutta Italia, nella
seconda metà del 2012
10
.
8
Si ipotizza che Sky Italia sarà il primo broadcaster in Italia, rompendo così lo storico duopolio
RAI–Mediaset.
9
Vi sono state molti problemi regolamentari derivanti da precedenti non conformità nel sistema
legislativo televisivo italiano. La Commissione Europea ha più volte richiamato lo Stato Italiano a
riparare tali irregolarità e ad equipararsi agli altri stati membri.
10
Vi sono ovviamente dei passaggi intermedi programmati: vari switch-over (spegnimento parziale
del segnale analogico di alcuni canali) e definitivi switch-off in diverse zone (prima tra tutte la
Sardegna il 31 Ottobre 2008, guadagnando così il primato di più grande regione all-digital in
Europa).
9
Si apre, così, una nuova e intensa stagione del settore televisivo completamente
all-digital.
Mercato attuale
Il sistema televisivo digitale, richiede ingenti investimenti tecnologici da parte di
tutte le emittenti analogiche, ma apre molte e più attrattive prospettive
commerciali e creative per diversi e più specializzati operatori televisivi.
Precedentemente, abbiamo già trattato l’eliminazione delle barriere d’entrata del
mercato televisivo e i vantaggi del digitale terrestre. Quello che però viene
modificato maggiormente sono le fasi e gli operatori presenti nella catena del
valore, il sistema concorrenziale di riferimento e la fruizione stessa dei contenuti
televisivi.
Catena del valore
La catena del valore è “l’insieme le attività e i ruoli che in sequenza logica
compongono il sistema della filiera televisiva.”
11
Quello che è più evidente in questa fase è che la funzione del broadcaster si
destruttura perdendo così la sua reale funzione di creatore, aggregatore e
diffusore di contenuti in favore di una serie di nuovi operatori del settore, creando
una nuova e più complessa forma organizzativa denominata, in altri ambiti,
“organizzazione virtuale”: un gruppo di soggetti appartenenti a domini
organizzativi diversi che operano condividendo risorse al fine di arrivare alla
produzione del servizio.
La difficoltà maggiore in questa fase è la coordinazione di questi soggetti molto
diversi tra loro, al fine di creare una relazione forte e duratura orientata verso un
modello unico di gestione della catena del valore. Da questo punto di vista è
molto importante trovare il giusto mix tra, quelli che sono i metodi di creazione e
produzione dei contenuti televisivi in senso classico, e quelle che sono le nuove
implicazioni informatiche e tecnologiche (e quindi i nuovi operatori) introdotte dalla
convergenza digitale. Valorizzando più una caratteristica rispetto all’altra, si
11
C.Nardello, C.A.Pratesi (2007) – Il marketing televisivo – Ed.Rai Eri.
10
rischia, da un lato, di non sfruttare a pieno i vantaggi offerti dalla digitalizzazione,
dall’altro, di copiare un mezzo già esistente (Internet ecc.).
Questa prima analisi, ci permette di valutare meglio quali sono le nuove attività
inserite nella catena del valore, e come cambiano le attività già esistenti in
precedenza.
La nuova catena del valore della televisione digitale terrestre può essere
schematizzata come in figura 1.1. In questa figura, sono fondamentalmente due
gli elementi nuovi della catena: gli aggregatori di canali e gestori della piattaforma
di fruizione.
Gli aggregatori di canali sono operatori o consorzi/associazioni che creano
un’insieme di canali (bouquet), spesso riuniti anche sotto un stesso brand, per
allestire un pacchetto di offerta completa e competitiva (nel caso italiano,
possiamo ricordate Sky per il satellitare, Fastweb e Telecom per le IP-TV
12
. Nel
digitale terrestre stanno costruendo un bouquet completo, Mediaset che offre
anche un servizio “pay”, e Rai con un servizio in chiaro
13
).
I gestori delle piattaforme di fruizione sono l’altro elemento nuovo del digitale;
semplificando molto, questi operatori hanno il compito di gestire e proteggere i
canali del bouquet precostituito, agevolando la fruizione del telespettatore.
Tutte queste funzioni si traducono, ad esempio, nell’impostare una numerazione
predefinita e automatica ai canali del bouquet d’offerta (il cosiddetto Logical
Channel Numbering - NCL) oppure, fornire delle guide digitali fruibili dal televisore
per agevolare la scelta del telespettatore (come le Electronic Program Guides -
EPG), o ancora, proteggendo la propria offerta con un sistema di criptazione, che
permette la fruizione solo con l’uso di una smart-card. In realtà si tratta solo di
alcune delle infinite possibilità che il gestore della piattaforma ha per incentivare la
visione/acquisto e per fidelizzare il telespettatore.
12
Trasmissione del segnale televisivo via cavo, sfruttando la connessione Internet. L’argomento
verrà trattato nelle prossime pagine.
13
Un esempio concreto dell’utilità di creare un bouquet di offerta completo, può essere trovato
nella televisione digitale inglese. Freeview si è posizionata sul mercato proprio con un bouquet di
canali totalmente gratuiti. Alcuni esperti ritengono che posizionarsi sul mercato con un’offerta
semplicemente gratuita, potrebbe essere molto rischioso, e si pensa addirittura che la Rai
potrebbe perdere anche fino a cinque punti percentuali di contatti complessivi.
11
Televisione digitale evoluta
Elettronica di
consumo
(TV Set e Set-
Top-Box)
Gestione
piattaforma di
fruizione
Diffusione
Aggregazione
canali
(creazione di
bouquet)
Aggregazione
contenuti
(editore
canale)
Produzione
contenuti
Ideazione
contenuti
Figura 1.1. Fonte Nardello e Pratesi (2007).
Le altre attività della catena del valore, invece, subiscono considerevoli modifiche:
- ideazione dei contenuti: la creazione dei contenuti deve tenere subito
presente la possibile veicolazione cross-mediale, quindi creare
contenuti nuovi e più aperti a applicazioni digitali. In più, sfruttare
completamente le possibilità interattive offerte dal digitale;
- produzione dei contenuti: dal punto di vista produttivo, si modificano
tutti i mezzi di creazione che devono supportare la trasmissione digitale.
Si eliminano i supporti fisici (videocassette, VHS), si modificano i mezzi
di montaggio ed è obbligatorio l’utilizzo di un personal computer per la
creazione e la trasmissione dei segnali. Vengono aboliti, inoltre, i
magazzini fisici, consentendo così maggiore efficacia e efficienza nel
reperimento e nell’utilizzo di tutte le risorse disponibili;
12
- aggregazione di contenuti: in prima analisi, anche se molto
banalmente, aumentando i numeri di canali, aumenteranno anche gli
aggregatori. In secondo luogo, visto l’aumento di spazi disponibili e la
diminuzione dei costi d’entrata nel settore, molti produttori/fornitori di
contenuti e diritti, che prima venivano acquistati dai diversi editori,
hanno deciso di diventare essi stessi aggregatori, escludendo, di fatto, i
propri prodotti dal mercato dei contenuti e ponendosi, come concorrenti
dei broadcasters con cui un tempo collaboravano. Per contro, i
broadcasters diventano aggregatori di canali, potendo, quindi,
considerare i nuovi aggregatori di contenuti, come possibili fornitori da
inserire nel loro bouquet. Cambiano, quindi, gli equilibri concorrenziali e
relazionali dei diversi operatori. Ad esempio, Mediaset, nel mercato
analogico acquistava i contenuti della Disney; adesso, nel mercato
digitale, ha deciso di introdurre il canale digitale della major americana
(Disney Channel) all’interno del suo bouquet a pagamento;
- diffusione: a questo livello, cambia semplicemente il numero e le
tipologie di piattaforme utilizzabili per la trasmissione dei segnali; dal
digitale terrestre (DVB-T), al digitale satellitare (DVB-S), all’IPTV fino
alla nuovissima Televisione su dispositivi mobili (DVB-H) ecc.;
- elettronica di consumo: in questa fase, è rilevante la gestione dei
ricevitori/trasmettitori di segnali digitali (set-top-box o integrati in
televisori DVB). Sono stati creati degli enti ad hoc, per definire gli
standard di trasmissione sia per il segnale digitale televisivo che per le
applicazioni interattive. Senza addentrarci troppo sulle tematiche
tecniche, le specifiche dei decoder digitali terrestri sono state definite
dal digital video broadcasting, “un consorzio europeo, fondato nel 1993
con l’obiettivo, appunto, di standardizzare le metodologie di
trasmissione del segnale, di definire la struttura delle informazioni che
devono essere presenti nelle frequenze digitalizzate e di integrare le
diverse componenti che costituiscono la catena di emissione e ricezione
della televisione digitale
14
”. Questo consorzio, che ha trovato consensi
in tutto il mondo, ha definito, come si è già detto, lo standard di
14
D. Turri, R. Borroni (2009) – La tv digitale terrestre, Manuale per il professionista della
televisione – Ed. FrancoAngeli.
13
trasmissione televisiva in MPEG-2, e lo standard di trasmissione delle
informazioni e delle diverse applicazioni digitali in MHP
15
.
È quindi importantissimo valutare in che posizione della catena del valore
posizionarsi, per poi intraprendere le giuste relazioni e le giuste scelte strategiche
per affrontare i grossi vantaggi della digitalizzazione delle trasmissioni televisive.
La concorrenza
Come abbiamo più volte sottolineato, il mercato digitale è un mercato aperto,
multimediale e interattivo. Gli operatori del mercato cambiano forma e funzione, e
le relazioni mutano notevolmente.
È quindi importante sapersi orientare, per poter definire l’orizzonte competitivo
che si è venuto a creare e per sfruttare appieno il proprio potenziale.
In questa parte, analizzeremo i nuovi media televisivi, mentre nel terzo capitolo ci
occuperemo maggiormente del posizionamento strategico.
La prima considerazione da fare riguarda il rapporto che si viene a creare tra
digitale terrestre e satellitare. Infatti, il digitale terrestre diventa un concorrente
molto forte per la televisione satellitare, in quanto è in grado di offrire gli stessi
prodotti rafforzati da una serie di applicazioni e di vantaggi. Probabilmente, Sky,
resosi conto del possibile rischio, è corso subito ai ripari, entrando nel digitale
terrestre con un nuovo canale (Cielo tv) e apportando alcune modifiche
(soprattutto di prezzo) alla sua offerta pay.
Per contro Mediaset, Rai e Telecom Italia hanno deciso di uscire dal bouquet
satellitare di Sky e creare una piattaforma nuova, TivùSat. Questa piattaforma
avrebbe come compito principale quello di garantire la copertura del digitale
terrestre al cento per cento anche in quelle zone dove non arriva il segnale DTT.
Come secondo obiettivo, vi è l’intento di proporsi come alternativa a Sky.
“La competizione del futuro è tra piattaforme – ha infatti dichiarato Balestrieri,
responsabile di TivùSat e del digitale terrestre Rai - e la televisione gratuita ha
bisogno di un proprio spazio per competere anche sul satellite”.
16
15
Standard creato appositamente per il digitale terrestre. Ogni produttore di decoder si deve
adattare a questo standard le cui specifiche sono chiaramente identificate sul sito www.mhp.org.
14
Una seconda osservazione può essere fatta in rapporto alle nuove applicazioni
mobili, dove i broadcasters televisivi si scontrano per diventare fornitori di
contenuti, e gli operatori telefonici per diventare aggregatori di canali e editori essi
stessi. L’esempio più lampante è quello di H3G Italia, che offre ai propri abbonati,
un bouquet di canali formato dai più famosi canali classici (Raiuno, Canale5, La7,
ecc.) e in più offre un canale di cui è proprietario chiamato La3 TV.
Sempre rimanendo nel settore telefonico, con l’aumento della banda di
trasmissione, i fornitori di servizi telefonico domestici, stanno sviluppando servizi
di IPTV (Internet Protocol Television). Ormai tutti i maggiori internet service
provider
17
si stanno lanciando in questo nuovo business inserendosi, anche in
questo caso, in diversi livelli della catena del valore (aggregatori di canali e
editori).
Infine, l’aumento della banda di trasmissione, porta alla nascita di vere e proprie
WEB TV; queste nuove televisioni, possono sfruttare gli sviluppi tecnologici offerti
dal famoso sito internet “YouTube
18
” e, a basso costo, possono decidere di
produrre o trasmettere contenuti televisivi ad alta qualità, sfruttando inoltre la
possibilità di interazione e di sviluppo di applicazioni digitali integrate.
Fruizione dei contenuti
Definite le modificazioni e le implicazioni concorrenziali, è indispensabile capire
come cambia la modalità di fruizione del mezzo televisivo.
La multicanalità, la pay-tv, le applicazioni interattive e i nuovi decoder digitali
svolgono un ruolo significativo nei modelli di fruizione della televisione.
La multicanalità permette al telespettatore di diventare padrone assoluto della
propria visione; il televisore diventa uno strumento al suo servizio e il
telecomando un’arma indispensabile per la scelta del contenuto più adatto.
La fruizione televisiva si sposta, quindi, dalla linearità del flusso palinsestuale
diventando sempre più frammentaria e dinamica.
16
R.Franco - Rai e Mediaset: alleanza sul satellite. Nuova piattaforma (gratuita) alternativa a quella di
Sky. E nuovo decoder - Corriere della sera online, Milano, 21/01/2009:
http://www.corriere.it/spettacoli/09_gennaio_21/rai_mediaset_satellite_b57d94b0-e78e-11dd-833f-
00144f02aabc.shtml.
17
Fastweb, Telecom con Alice, Infostrada, Tiscali con Tiscali TV.
18
www.youtube.com
15
La diffusione stessa dei nuovi decoder DVR (Digital Video Recorder) permettono
al telespettatore di impadronirsi dei contenuti e di autocrearsi un’offerta
personalizzata.
Il telespettatore ha così la possibilità di vedere quando, come e quanto vuole tutti i
programmi trasmessi con la possibilità, in più, di acquistare quello che non è
disponibile in chiaro.
Inoltre, il televisore diventa un monitor, che permette al telespettatore di utilizzare
tutte le applicazioni interattive di cui ha bisogno; si ha la possibilità di collegare al
televisore diversi dispositivi digitali, diventando così il luogo in cui una molteplicità
di piattaforme differenti si scontrano quotidianamente per ottenere i pochi
momenti liberi disponibili all’utente
19
.
1.1.3. Brand o no-brand?
L’esigenza di farsi riconoscere, di offrire contenuti e servizi d’alta qualità e di
intraprendere un rapporto continuativo con il telespettatore è fondamentale per la
sopravvivenza nel nuovo mercato globale della televisione digitale.
Analizzando più approfonditamente il mercato televisivo del futuro, è sempre più
forte l’idea di dover sfruttare il branding come strumento aggregatore di tutte le
strategie di gestione e sviluppo del business televisivo, nonché come elemento di
congiunzione tra l’impresa, il mercato e tutti i possibili soggetti che hanno interessi
(di vario tipo) in tale settore.
È importante evidenziare che le imprese televisive non hanno ancora intrapreso lo
sviluppo di strategie del brand
20
. Nonostante questo fatto, però, esistono degli
elementi simili e utili da cui poter partire, e da cui poter trarre qualche esempio.
L’idea di “identità di rete” è molto vicina a quello che può essere l’idea di marca:
“Ogni rete televisiva ha un’identità, ovvero dei tratti caratteristici che scaturiscono
dalla programmazione, ma anche dalla “veste” ad essa data da un insieme di
elementi grafici: nella fattispecie, marchio, sigle, bumper (gli stacchi che separano
pubblicità da programmi), diarie (le pubblicità “incorniciate”), promo (le promozioni
dei programmi a venire). Ogni rete è dunque un brand, con personalità, pubblico e
19
Il tempo è una risorsa scarsa da dover conquistare.
20
La verità è che si stanno iniziando a sviluppare strategie che, però, non sono del tutto coerenti
con i modelli proposti in questa trattazione.
16
stile diversi; ma può fare parte di una corporation, a sua volta dotata di identità
(Mediaset con Canale 5, Italia 1, Premium ecc.)”
21
.
Altri elementi molto importanti sono gli strumenti di costruzione del palinsesto. Le
strategie palinsestuali mirano a catturare il telespettatore, a traghettarlo lungo
l’intera programmazione del canale, creando così continuità di visione, fiducia e
rafforzamento dell’immagine e della qualità della rete.
Il palinsesto è stato l’elemento competitivo più importante a disposizione delle reti
televisive per scontrarsi contro la concorrenza. Dal palinsesto, e dalla sua
diffusione, dipendevano le entrate economiche di un emittente; adesso che
questo strumento sta entrando in crisi, la marca può prendere il suo posto,
sostituirlo nelle funzioni e nel raggiungimento dei risultati finali.
Vi sono, naturalmente, molti altri esempi di come la marca sia già direttamente, o
indirettamente, presente nelle idee di costruzione delle emittenti televisive.
È fondamentale, però, capire che fare branding non deve essere solo un compito
marginale e indiretto; deve diventare, nella mente di chi fa marketing televisivo, lo
strumento principale per la creazione della Value Proposition, nonché una
necessità per tutti gli operatori della catena del valore.
Questo cambiamento richiederà molti sforzi e ingenti risorse economiche, ma
dev’essere perseguito con tenacia e con convinzione perché, solo chi veramente
riuscirà a sfruttarlo avrà l’opportunità di approfittare degli enormi vantaggi che
l’ambiente digitale può fornire. Chi invece, non saprà affrontare il cambiamento,
rischierà, nella migliore delle ipotesi, di rimanere ai margini del mercato o, nella
peggiore, di dover abbandonare il settore televisivo.
1.2. Il brand e i suoi elementi
In un mercato, dove le caratteristiche dei prodotti si stanno standardizzando e il
numero di prodotti disponibili si è moltiplicato esponenzialmente, la marca è
diventata lo strumento indispensabile in mano alle aziende per poter stabilizzare,
se non potenziare, il loro livello di business; il tutto cercando di trasmettere un
certo valore psicologico ai consumatori, traducibile in valore economico,
intangibile e reputazionale per l’impresa.
21
M.Pajé, C.Branzaglia (2007) - Video Identity. L'immagine coordinata delle reti Mediaset -
Ed.Rti/Link.
17
Questa affermazione iniziale è ancor più vera nel momento in cui si analizzano i
nuovi orizzonti di mercato e in particolare i nuovi strumenti utilizzati per fare
business.
In particolare i nuovi media digitali (primo fra tutti Internet) hanno mutato
profondamente i meccanismi del mercato, introducendo nuovi operatori,
ampliando l’orizzonte competitivo, offrendo strumenti nuovi, più economici e più
efficaci e ispirando un nuovo e più completo modello di business che, a oggi, non
è ancora stato sfruttato e valorizzato completamente.
In questo nuovo mercato, la marca è l’elemento indispensabile e diventa sempre
più importante, per un’azienda, pianificare strategie che la valorizzino e le diano
un consistente e duraturo vantaggio competitivo.
Ma cos’ è la marca? La marca o il brand(termine mutuato dalla lingua inglese) è
un nome, un simbolo, un disegno, o una combinazione di tali elementi, con cui si
identificano prodotti o servizi di uno o più venditori, al fine di differenziarli da altri
offerti dalla concorrenza.
La complessità, raggiunta dai mercati negli anni Novanta, ha reso inadeguata la
definizione tradizionale di marca, sia perché troppo simile alla definizione giuridica
di marchio focalizzata sugli aspetti distintivi, sia perché non prende in
considerazione le valenze funzionali e simboliche della marca.
La marca può essere definita come una specifica relazione istituita in un dato
mercato tra una determinata domanda, una determinata offerta e una determinata
concorrenza.
Per l'acquirente il brand è un segno che contribuisce all'immagine complessiva
del prodotto, lo posiziona sul mercato e lo differenzia rispetto agli altri.
Per l’impresa, invece, la marca è qualcosa di molto più complesso, sia a livello
economico, che a livello cognitivo.
Vi sono vari modi di valutare il brand all’interno di un’impresa, a seconda della
funzione aziendale che lo analizza.
Da un punto di vista contabile, ad esempio, la marca è un investimento, e
pertanto viene inserita tra le immobilizzazioni immateriali; per il marketing, invece,
la marca è uno degli elementi a sua disposizione per incentivare l’acquisto e per
creare una relazione con il cliente.
18
In tutti i casi è importante valutare il reale valore creato per riuscire a quantificare
l’apporto che il brand riesce a fornire all’impresa. Tale valore viene identificato con
il termine Brand Equity.
La Brand Equity viene definita da Aaker (1997) come: “la risorsa strategica
costituita da un insieme di attività e passività legate al marchio, che accrescono o
diminuiscono il valore di un prodotto o servizio per un’impresa e/o per i clienti
della stessa”
22
.
Diverso il punto di vista di Keller (1998)
23
che definisce la Brand Equity in termini
di: “effetti differenziali di marketing su un prodotto, attribuibili alla marca. L’effetto
differenziale è quantificato confrontando la risposta dei consumatori alla
commercializzazione di una marca con quella rilevabile su una versione del
prodotto presentata senza marca o con una marca fittizia”.
Questa definizione afferma l’idea di valore aggiunto che un brand può fornire a
una determinata impresa o a un singolo prodotto.
Tale valore aggiunto può essere valutato sotto due diverse prospettive:
- da un punto di vista puramente economico, viene valutato come quantità,
durata e certezza di flussi di reddito derivanti dall’attività di branding e dalla
conseguente relazione creata con il mercato;
- da un punto di vista cognitivo, viene valutato come l’opportunità di crescita
derivante dalle componenti cognitive della marca.
Ovviamente, (come vedremo meglio nel capitolo 2) queste due ottiche devono
alimentarsi reciprocamente per fare in modo che, il valore attuale (valore
economico) del brand si capitalizzi in valore reale e cognitivo (sia dal punto di
vista relazionale che fiduciario), per creare ancora i presupposti per un ulteriore
rafforzamento della marca stessa (valore potenzialità).
La creazione di un dialogo costante tra questi due valori è la base per la
sopravvivenza e per lo sviluppo della marca.
In questa particolare fase storica del mercato televisivo, dove non sono ancora
state identificate le reali reazioni e le reali conseguenze dello switch-off digitale,
capire immediatamente quali possono essere le potenzialità cognitive di un brand,
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D. Aaker (1997) - Brand Equity. La gestione del valore della marca – Ed.FrancoAngeli.
23
K.Keller (1998) - Strategic brand management. Building, measuring, and managing brand equity
– Ed.Prentice Hall.
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