VI “IL BRAND NELL’ERA DI INTERNET”
distintive, è in grado di influire sul brand, sulla sua gestione da parte dell’impresa, e sulla sua
valutazione complessiva all’interno dell’attuale contesto sociale ed economico.
La prima parte concerne, quindi, la nozione di brand. Sembrava doveroso aprire una
relazione sull’e-brand con considerazioni di carattere generale sul concetto di marca, tenendo
conto anche del fatto che, spesso, ci si imbatte in definizioni e caratterizzazioni alquanto
differenti. Solo a seguito di un tale processo di univocità ci si poteva addentrare in tematiche
più specifiche, relative al suo ingresso all’interno del cyberspace.
L’approccio utilizzato per introdurre e per introdursi all’interno del mondo del brand è
stato quello di presentarlo come un essere assolutamente vivente, quasi umano, descrivendolo
innanzitutto nelle sue caratteristiche fisiche, fino ad arrivare al suo “lavoro”, ai suoi compiti
nel contesto attuale.
Più precisamente, si è partiti con l’individuazione della fisicità del brand, la sua Visual
Identity, vale a dire l’identità visuale con cui esso si presenta al mondo, una sorta di “carta di
identità” della marca che le permette di essere visivamente individuabile, riconoscibile ed
identificabile. A questo proposito, si è posta un’attenzione particolare ad elementi di
fondamentale importanza quali il nome, che rappresenta la componente verbale del brand, il
logo che ne rappresenta il suo aspetto, la sua componente fisica, ed il prodotto che ne
legittima l’esistenza.
La marca, poi, proprio perchè soggetto vivente, ha un suo background, un suo
patrimonio culturale sedimentato che le consente di essere e di divenire. Quello della marca è
un mondo che ha una storia ed una cultura, una tradizione, una lingua, un’estetica, degli
stilemi e dei valori. La sua identità deve essere la risultante di un processo consapevole,
coerente con il suo passato, continuo nella sua storia, e fedele all’immagine ed ai valori
dell’impresa che le ha dato la vita e che ne caratterizza lo sviluppo. Elementi dai quali è
impossibile prescindere, in quanto costituiscono il codice genetico del brand, le basi della sua
identità, del suo carattere, della sua immagine, del suo modo di relazionarsi; insomma,
costituiscono l’essenza del suo essere e la sua attitudine evolutiva.
Dopo aver descritto la marca nel suo aspetto esteriore e nel suo background, si è passati
ad analizzare la sua personalità, intendendo, con questo termine, l’insieme delle caratteristiche
che le appartengono (la sua identità), come queste vengono percepite all’esterno (la sua
immagine) e gli elementi che le permettono di relazionarsi con l’ambiente circostante in
maniera assolutamente positiva (la sua equity). Tutto questo, però, non dimenticando mai che
il brand, la sua immagine, la sua identità, i suoi valori e le sue relazioni contaminano e sono
contaminati dallo “Spirito del Tempo”. Ecco perché si è ritenuto necessario scattare una
INTRODUZIONE VII
fotografia sul contesto socioeconomico in cui è immerso il brand attualmente, mettendo a
fuoco il consumatore e le sue caratteristiche, poiché rappresenta il soggetto più importante
con cui la manca interagisce, e con il quale è necessario essere in forte sintonia, operando un
costante fine tuning.
Nella seconda parte della trattazione, sono state delineate le caratteristiche del nuovo
ambiente mediale, il Web, inteso non come mezzo rivoluzionario dei tradizionali principi di
marketing, ma come strumento in grado di potenziare ed amplificare il valore ed i valori
trasmessi dal brand, mezzo da integrare sinergicamente con gli altri medium.
Si è cercato, quindi, di comprendere questo particolare media, partendo dalla sua
nascita, passando per le sue evoluzioni e rivoluzioni economiche conseguenti, fino ad arrivare
a puntare lo sguardo sugli attuali dati, riferiti alla sua diffusione e al suo grado di penetrazione
nella quotidianità, nonché alla percezione che ne hanno gli investitori.
Dopo un quadro generale di questo tipo, è stato possibile valutare il mezzo all’interno
del mercato, determinandone così le potenzialità a favore dell’impresa e le sue implicazioni,
sia per quanto riguarda il sistema competitivo, che il comportamento del consumatore on line.
Nella terza ed ultima parte, ci si è avvicinati alla problematica della costruzione e della
gestione di un e-brand, cercando di individuare quelli che possono essere i punti di forza e di
debolezza dell’essere presenti in Rete con una marca.
Partendo da considerazioni generali riguardo quelli che dovrebbero essere i core values
comuni ad ogni e-brand, si è cercato di individuare le tappe di un processo di e-branding,
considerando, a tal proposito, le leve dell’Internet Marketing Mix.
Si è posta l’attenzione, innanzitutto, sul Content, ossia sul contenuto di un brand site e
sugli aspetti da valorizzare, dopodichè si è passati ad analizzare la Community, le sue
tipologie, le sue regole e le sue funzioni.
Carpire l’attenzione dell’utente, conquistarlo, e fidelizzarlo in modo stabile sul web
significa, infatti, stimolare la sua curiosità sviluppando contenuti in grado di elaborare
informazioni in linea con il suo interesse e capaci di trasmettere la personalità del brand
(Content), nonché dare spazio alla sua “voce” attraverso la creazione di chat, forum e dibattiti,
che siano in grado di stimolare una continua interazione tra marca ed utente (Community).
Delineata e contestualizzata la problematica dell’e-branding, si è passati all’analisi degli
strumenti di comunicazione più opportuni per una corretta promozione dell’e-brand. Una
volta individuate le potenzialità della marca in Rete, infatti, l’azienda deve capire come
renderla il più visibile possibile, in un modo corretto e efficace in termini di strategia e
VIII “IL BRAND NELL’ERA DI INTERNET”
posizionamento. Per questo, si è fatta una breve carrellata sugli attuali strumenti oggi
utilizzati in un’attività di e-promotion, valutandone pregi e difetti.
Si è ritenuto opportuno concludere l’indagine soffermandosi su quelle che gli analisti
considerano le regole per un brand di successo, e cercando di individuarne i trend per il
prossimo futuro.
CAPITOLO 1:
ESTERIORITÀ E INTERIORITÀ DEL BRAND NEL CONTESTO ATTUALE 9
1 CAPITOLO 1:
ESTERIORITÀ E INTERIORITÀ DEL BRAND NEL
CONTESTO ATTUALE
1.1 COS’È LA MARCA?
La marca (o brand) viene definita, nell’accezione più comune, come quel «nome,
termine, simbolo, design o una combinazione di questi, che mira a identificare i beni o i
servizi di un’impresa, e a differenziarli da quelli dei concorrenti»
1
.
Essenzialmente costituisce il segno sul prodotto o servizio, ma incarna anche il “valore
globale” che quel segno è in grado di evocare.
Per sua natura, si presenta con un alone di indeterminatezza, infatti, Semprini definisce
la marca un elemento che «introducendo in questo universo di precisione l’irriducibile parte
di soggettività che le appartiene, perturba e destabilizza»
2
.
Proprio questa sua natura, così astratta e imprendibile, ha portato il mondo
dell’economia a tardare l’esplorazione e sottovalutare il “Pianeta Marca” per un periodo di
tempo forse troppo lungo. In particolare, la teoria economica ha fatto davvero fatica ad
accettare le dimensioni qualitative del brand, concentrandosi di più sulle sue dimensioni
quantitative poiché facilmente misurabili; il mondo della finanza e del business, anch’esso, ha
visto con diffidenza e con scarsa simpatia la marca che, a differenza del prodotto, era
difficilmente inquadrabile in un modello matematico, in una formula precisa, in un ordine
cristallizzabile.
Il concetto di brand è nato, in realtà, con gli antichi sigilli medievali, ma lo si fa risalire,
nel suo significato attuale, al moderno sistema di produzione industriale che si è sviluppato in
occidente dalla metà dell’Ottocento. Si è passato, dunque, dallo sfuso e dall’artigianale al
confezionato e all’industriale, e la marca, da mero marcatore della produzione, ha iniziato ad
acquisire valenze, significati e ruoli sempre più importanti, tanto da non poterla più
1
Kotler P., Scott W.G. – “Marketing management” – Isedi – 2002.
2
Semprini A. – “La marca. Dal prodotto al mercato, dal mercato alla società” – Lupetti – 1996.
10 “IL BRAND NELL’ERA DI INTERNET”
sottovalutare.
Oggi la marca è un addensato di attributi tangibili e intangibili, di valori funzionali ed
emozionali, di doti distintive e generali, di caratteri propri e universali, di tratti locali e
globali. E’ un soggetto che ha assunto una natura totalmente immateriale e,
contemporaneamente, è dotata di una vitalità unica: vive nel presente, si evolve
parallelamente alla storia, alla società e agli individui. Appartiene all’attualità culturale e
produce valore semiotico
3
, prima ancora che commerciale.
E’ un’istanza antropomorfa e colloquiale, caratterizzata da una straordinaria prossimità
fisica, ma anche affettiva, etica e valoriale con il pubblico.
1.2 LA CARTA DI IDENTITÀ DEL BRAND
La marca, in quanto simbolo, non può prescindere dal significante
4
, vale a dire il segno
che le conferisce visibilità. Una visibilità determinata da una serie di elementi che la
caratterizzano e la rendono riconoscibile “a vista” dal pubblico.
Una sorta di carta di identità costituita da elementi indispensabili quali:
1) Il nome (o brand name): che permette la sua pronuncia vocale;
2) Il logo (o brand mark): che consente la sua visualizzazione;
3) Il prodotto: che ne costituisce una sorta di “fisico”, i suoi connotati generali. O
meglio, quell’oggetto sul quale è stato posto il brand, che ne ha legittimato la sua
esistenza, e per il quale il pubblico ne ricorda la nascita.
4) Il pay-off: che ne tratteggia i “segni particolari”. E’ la frase conclusiva di un
annuncio o di un comunicato pubblicitario posta solitamente dopo il marchio, e che
si presta a essere l'elemento di continuità di campagne pubblicitarie diverse (es.
Rowenta “per chi non si accontenta”; Nokia “Connecting people”; Ras “costruttori
di certezze”; ecc.).
Questi fattori rappresentano i tratti originari del brand, sono le manifestazioni esteriori,
quelli che gli permettono di essere riconosciuto e che lo accompagnano nel suo continuo
divenire, consentendogli, però, di conservare una certa stabilità e coerenza.
3
“Semiotico”: segno usato come sistema di comunicazione.
4
“Significante”: segno in relazione alla cosa da esso significata.
CAPITOLO 1:
ESTERIORITÀ E INTERIORITÀ DEL BRAND NEL CONTESTO ATTUALE 11
Mi soffermerò a parlare del nome e del logo che rappresentano rispettivamente la
componente verbale e figurativa del brand, e del prodotto che legittima la sua esistenza.
Sul piano del marketing, però, l’identità di una marca può prevedere anche una
componente sonora. In questo senso, i jingles pubblicitari, certe melodie e certi ritornelli e
persino il rumore del prodotto al momento del suo utilizzo giocano un ruolo fondamentale (es.
l’apertura della lattina per Pepsi; la croccantezza delle patatine per Pringles e la sua
confezione a tubo da suonare come tamburo; ecc.).
Anche il cromatismo ha un valore visivo importante, sia per quanto riguarda il
packaging (es. Le bottiglie blu per l’acqua minerale), che per il prodotto stesso (es. il bianco,
rosso e azzurro del dentifricio Aquafresh; il rosso del bitter Campari, ecc.), in linea generale,
il simbolismo dei colori nel marketing risponde ad alcuni codici fondamentali: il bianco è il
colore della purezza; il nero dell’esclusività, del lusso, del premium price; blu è il colore della
leadership e della stabilità; viola della regalità; verde dell’ambiente e della salute; rosso è
usato per attirare l’attenzione; ecc.
Sono tutti elementi che fanno parte della cosiddetta Visual Identity della marca, vale a
dire l’immagine che la marca propone di sé attraverso quel complesso sistema di segni
connotativi e codici reiterati (nome, logo, lettering, simbolo, cromatismo, sonorità,
personaggi, forme, prodotto, packaging, design, pubblicità, ecc.) che rimandano ad un sistema
di significazione indispensabile per garantire riconoscibilità e affermazione.
Figura 1 - Carta di identità del Brand McDonald's.
12 “IL BRAND NELL’ERA DI INTERNET”
Figura 2 - Carta di identità del Brand Nike.
1.2.1 Il Brand Name
Il brand name «al contempo preciso sulla designazione e impreciso nelle evocazioni,
rappresenta l’aura dell’immaginario che circonda l’essere del prodotto da cui sembra
emanare»
5
.
Il nome è quella parte di marca che può essere vocalizzata, la parte esprimibile in
parole. Esso costituisce, insieme al logo, l’indicatore primario della marca, è posto alla base
della comunicazione tra brand e pubblico, in quanto rappresenta il primo punto di contatto.
La scelta del nome è uno degli elementi fondamentali per determinare la strategia di
marca dell’impresa e costituisce un fattore di estrema importanza per il successo o
l’insuccesso, non solo del prodotto su cui è posto il brand, ma dell’azienda stessa. Esso
rappresenta, infatti, l’elemento attraverso cui è possibile fissare la memoria dell’azienda,
evocare caratteristiche, modi di essere e sensazioni, può e deve sollecitare l’interesse dei
clienti già acquisiti o potenziali.
Il brand name non serve solo a fare riferimento all’oggetto in questione o all’azienda
produttrice. Esso serve a veicolare un messaggio, un messaggio di immagine che rimbalza
dall’azienda, al prodotto, al consumatore che lo utilizza: «Il nome della marca è generatore di
un senso che coinvolge e contamina più soggetti, rimandando ad un intero universo culturale.
Infatti qualifica l’oggetto (il prodotto, il servizio) e, nel contempo, qualifica il soggetto che
5
Botton M., Cegarra J.J., Ferrari B. – “Il nome della marca. Creazione e strategia” –Guerini e Associati – 1992.
CAPITOLO 1:
ESTERIORITÀ E INTERIORITÀ DEL BRAND NEL CONTESTO ATTUALE 13
denomina (l’impresa, la Corporate) e il soggetto che fruisce del nome (il consumatore)»
6
.
Nel potere del nome, dunque, è insito una parte determinante dell’immaginario di
marca. Custode del ricordo, il nome facilita la memorizzazione del prodotto e veicola
l’attaccamento e la sensibilità alla marca.
L’attribuzione del nome (naming) ad un’azienda o ad un prodotto, è un processo
complicato, delicato ed estremamente importante che deve tenere in considerazione di una
quantità molto elevata di variabili. Oggi, poi, l’attività di naming risulta essere ancora più
difficile in quanto la marca tende ad operare in un mercato globale, in cui le differenze di
lingua, cultura, mentalità, ecc., rendono questo compito particolarmente arduo.
Non tutti i nomi sono evocativi, suggestivi o fortunati: nomi difficili da pronunciare, da
memorizzare o che generano infelici associazioni simboliche, possono causare non pochi
problemi all’impresa che li rappresenta (si pensi, per esempio, al tonno spagnolo Consorcio);
così come, nomi privi di aura e carisma, sigle impronunciabili, parole dal doppio senso o
termini ambigui sono in grado di decretare l’insuccesso della marca.
Qualsiasi impresa vorrebbe che il proprio brand name diventasse di uso comune per
indicare un’intera categoria di prodotti o di oggetti, oppure uno stile di vita (Si pensi, ad
esempio, al nome Biro utilizzato ormai per indicare qualsiasi penna a sfera, oppure al nome
Rimmel che rappresenta tutta la categoria dei mascara per occhi). Per far sì che questo possa
accadere, però, il nome deve contenere una serie di caratteristiche determinanti
7
:
Figura 3 - Caratteristiche del Brand Name.
6
Fabris G., Minestroni L. – “Valore e valori della marca. Come costruire e gestire una marca di successo” –
Franco Angeli – 2004.
7
Valli B. – “La comunicazione dell’immateriale. Dall’OSL alle politiche di Brand” – Liguori Editore – 2005.
14 “IL BRAND NELL’ERA DI INTERNET”
Riconoscibilità: un nome deve essere subito riconoscibile e chiaro dal punto di vista
semantico. Nella mente del consumatore deve aprirsi immediatamente
l’associazione fra il nome ed il prodotto. Ciò è più facile che accada quando il nome
richiama il prodotto o ne evoca alcune caratteristiche. E’ il caso dei nomi
descrittivi, vale a dire quei nomi che, prima ancora che il prodotto venga
riconosciuto, indicano la categoria, la funzione, il benefit o un attributo distintivo
(es. Mentadent per il dentifricio che rinfresca l’alito; Fila & Fondi per le sottilette;
Sogni d’Oro per la camomilla; 10 e trenta per lo snack mattutino del Mulino
Bianco; ecc.).
Memorabilità: un buon appellativo commerciale si dovrebbe ricordare facilmente.
In genere il ricordo è favorito quando il nome è abbastanza insolito da generare
curiosità e attirare l’attenzione del pubblico (es. Alice è un nome piuttosto singolare
per una linea ADSL, ma amichevole come il servizio multimediale che offre);
oppure quando contiene un elemento di interesse (rima
8
, allitterazione
9
,
assonanza
10
, onomatopea
11
, ecc., come nei casi di Coca Cola, Nonno Nanni,
Scheweppes); quando genera un’immagine mentale o è ricco di significato (es.
Apple, Jaguar, Mulino Bianco, Vespa, Camel, La Valle Degli Orti); oppure quando
è molto semplice (es. Bic, Dash, Pupa).
Distinguibilità: la marca, col suo appellativo commerciale, dovrebbe aiutare il
prodotto o il servizio che designa a definire un proprio territorio. Dovrebbe cioè
“evocare”: suggerire, alludere, rimandare. Senza essere eccessivamente didascalico
o affermativo. Quando un nome, infatti, indica in modo perentorio la qualità o la
natura del suo prodotto, quando lo rinchiude in un’epoca, in uno spazio geografico,
in un posizionamento rigido, esso è destinato ad incontrare serie difficoltà nella sua
evoluzione commerciale. Un brand name dovrebbe essere un’opera aperta, oggetto
di cooperazione interpretativa da parte del pubblico, pronto ad accogliere varianti,
capace di estendersi nel tempo a diversi comparti merceologici (es. Calzedonia ha
sofferto del proprio appellativo commerciale troppo rigido, racchiuso in un
posizionamento troppo definito. Nike, col tempo, ha perso ogni referenza rispetto
8
“Rima”: consonanza di due o più parole terminanti con le medesime lettere a cominciare dalla vocale su cui
cade l'accento; è molto usata in poesia e segue regole fisse.
9
“Allitterazione”: ripetizione di lettere o sillabe in due o più vocaboli contigui.
10
“Assonanza”: somiglianza di più suoni.
11
“Onomatopea”: detta anche "armonia imitativa", è l'imitazione, attraverso il suono, di una parola, del rumore
di una cosa, di un'azione o operazione.
CAPITOLO 1:
ESTERIORITÀ E INTERIORITÀ DEL BRAND NEL CONTESTO ATTUALE 15
alla dea greca della vittoria, e lo “swoosh” non è più l’ala della stessa divinità, è
oramai solo un baffo, un check-sign. Tuttavia, la sinergia tra nome e simbolo è
fortissima, ed entrambi concorrono a descrivere l’essenza della marca, la sua
individualità, il suo slancio vitale, senza perdere carisma nel tempo).
Gradevolezza: il vocabolo dovrebbe essere gradevole dal punto di vista acustico. I
metodi possono essere diversi: utilizzo di parole onomatopeiche; ripetizione di
suoni nella parola stessa (es. Happy Hippo); monogrammi (nomi essenziali che
funzionano come firma, la cui brevità ne facilita il ricordo); giochi di deformazione
attraverso la trascrizione fonetica o grafica di termini stranieri (es. Kinder Brioss,
Q8); assonanze ritmiche. E’ il caso dei nomi espressivi, capaci di rinviare, grazie ad
una precisa sonorità o musicalità, ad una peculiarità o ad un tratto caratteristico
della marca (es. Tic Tac per le caramelle nella confezione apri e chiudi; Choco
Pops per croccanti cereali al cioccolato; Strep per le strisce di ceretta depilatoria).
Emotività: le potenzialità emotive sono molto importanti, come anche il prestigio
del nome. In Italia in particolare, infatti, vengono usate parole come casa, famiglia,
focolare, nel primo caso, o nomi che, di per sé, si pongono come importanti, vedi i
vari master, prestige, president. Nomi di marca capaci di generare emozioni,
“vibrazioni” affettive ed un “mood” positivo hanno più possibilità di connessione e
di relazione col pubblico rispetto a nomi puramente intellettuali o razionali come
Microsoft (es. Excite, Yahoo, sono densi di energia, entusiasmo, carica emotiva).
Creatività: il nome deve possedere una forte dose di creatività tanto da avere la
forza di sollecitare l’immaginazione del cliente. Nella costruzione del nome sarebbe
auspicabile inserire quegli elementi morfologicamente utili a suggerire le qualità
intrinseche del prodotto e a significarne senza ombra di dubbio le doti straordinarie
e l’efficacia. E’ il caso dei nomi associativi, vale a dire quei nomi che utilizzano
un’immagine o un’idea particolarmente impattante per “dire” della marca (es.
Activia, Vitasnella, Champion, Bellidea).
Difendibilità legale: un nome legalmente tutelabile deve essere distinto dai nomi
usati dai concorrenti. Il «Copyright è il diritto legale esclusivo di riprodurre,
pubblicare e vendere la sostanza e la forma di un’opera letteraria, musicale o
artistica»
12
.
Il nome, costituisce una vera e propria “porta d’accesso” al mondo della marca, esso
raccoglie in equilibrio tutto il lavoro semantico e narrativo che nel passato e nel presente si è
12
Kotler P., Scott W.G. – “Marketing management” – Isedi – 2002.
16 “IL BRAND NELL’ERA DI INTERNET”
addensato e si addensa sul brand. Le qualità di un nome non risiedono più solo nella capacità
di anticipare il prodotto, ma nella forza proiettiva che entra in contatto con la realtà esterna in
continuo divenire.
«Occorre oggi mirare a identificare lo specifico contributo del nome ad esaltare, frenare
o ospitare efficacemente il “making sense” del brand inteso come intreccio di sensi, racconti,
associazioni, funzioni e relazioni (detto spesso, ma un po’ riduttivamente, brand equity). La
funzione del brand name non appare oggi limitata alla prefigurazione anticipativa del
prodotto e alla considerazione associativa della fisicità e funzionalità del prodotto: il brand
name deve assecondare efficacemente il gioco relazionale e simbolico del brand, e il suo più
elevato rischio è, casomai, proprio quello di costringere in una sola dimensione i possibili
racconti, significati e simbolizzazioni attraverso cui il prodotto assorbe, cavalca e rilancia le
narrazioni, le mode e i miti della cultura (del consumo e non) di cui è ormai attore
consolidato. […] Se, in origine, il nome era garanzia di identità e chiarezza di caratteristiche,
oggi è piuttosto polisemia armonica, risemantizzazione perenne in evoluzione pure in una
coerenza interna riconoscibile (non sempre razionalmente o logicamente)»
13
.
Il brand name, se efficace, stimola e sostiene tutte le dimensioni della Visual Identity,
per questo il simbolo, il lettering e l’eventuale pay off dovrebbero essere saldamente legati ad
esso.
Il brand name può essere costituito da
14
:
Nome proprio: la marca patronimica è quella che porta il nome o il cognome di una
persona, generalmente il fondatore o il proprietario (es. Rana, Barilla, Benetton,
Ferrero, Ford, ecc.), oppure dello stilista (es. Armani, Chanel, Gucci, Prada,
Trussardi, ecc.). Può essere costituito anche dalla combinazione dei cognomi di più
persone che rappresentano i pionieri di un’avventura commerciale o industriale (es.
Moet & Chandon, Martini & Rossi, ecc.).
Nome descrittivo: si preoccupa di descrivere il tipo di azienda o ciò di cui si occupa,
producendo nell’utente l’immagine mentale dell’oggetto finale. Può risultare, a
volte, poco interessante, perché troppo lungo o difficile da ricordare, per questo
viene spesso sostituito da abbreviazioni (es. RAS, FIAT, BNL).
Nome metaforico: descrive la natura della ditta o del prodotto a cui si riferisce
attraverso qualità che possono essere ad esso associate (es. Tigra nome di un
13
Siri G. in Fabris – “La comunicazione d’impresa. Dal mix di marketing al communication mix” – Sperling &
Kupfer – 2003.
14
Valli B. – “La comunicazione dell’immateriale. Dall’OSL alle politiche di Brand” – Liguori Editore – 2005.