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• “Società post-industriale o post-moderna” - Descrive la presenza di
una società sempre più basata sui servizi, anziché sulla produzione
materiale vera e propria, nella quale si è passati da
un’organizzazione industriale in cui la risorsa più importante era il
capitale ad una post-industriale in cui la risorsa principale è la
conoscenza, e dove dalla competizione si passa alla cooperazione.
"La post-modernità è proprio la sinergia tra arcaico e tecnologico.
Ribaltando l'idea weberiana della tecnica come disincanto del mondo,
dico che oggi la tecnica è il reincanto del mondo".
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• “Società dell’informazione” - Il termine è di lunga data, si può riferire
al 1974, alla pubblicazione del libro “Verso una società
dell’informazione: il caso giapponese”, traduzione di una ricerca del
1972, che è un’analisi dei modelli produttivi connessi alle tecnologie
dell’informazione, ha avuto successo nell’ultimo decennio,
ovviamente con particolare riferimento alla diffusione massiccia di
internet.
• “Società virtuale” - Anche questo termine è spesso associato a
internet ed a tutti i processi ad esso correlati. Le persone lavorano,
comunicano e comunque hanno degli spazi di socialità, senza mai
avere rapporti fisici diretti.
• “Società della globalizzazione” - Descrive un’economia, e di
conseguenza una società, basata su scambi mondiali, con estremo
potere delegato a società private transnazionali che, tramite i grossi
profitti e l’impiego diretto degli stessi a sostegno delle proprie
lobbies, riescono a condizionare anche il potere politico.
Quanto sopra prevede un’integrazione più marcata fra le diverse
aree del mondo e conseguentemente un’intensificazione delle
relazioni sociali fra culture prima molto distanti una dall’altra.
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Michel Maffesoli - Il tempo delle tribù (Guerini & Associati, 2004):
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• “Società della comunicazione” - Anche in questo caso
paradossalmente i primi embrioni di descrizioni o studi fanno
riferimento agli anni ’60, ma è dagli anni ’80 in poi che si radica fra
gli studiosi questa disciplina, che viene approfondita e assume una
veste propria.
Ovviamente sono molti altri gli esempi che si potrebbero riportare: della
creatività, della conoscenza, dei consumi, eccetera, ma come già detto una
società non può certo essere compiutamente descritta con un solo termine,
per non parlare poi degli innumerevoli incastri che se ne possono trarre.
Nel Trentino in particolare, negli ultimi tempi ha avuto successo il
termine glocalismo, giocando sui termini del potere o volere essere locali
(ossia radicati alle tradizioni) in un mondo globale.
Ritengo però che l’ultimo termine, “società della comunicazione”,
ben si adatti trasversalmente anche a molti processi delle altre descrizioni, e
di certo è il più “descrittivo” di alcuni fenomeni odierni, in cui cellulare,
internet e televisione sono fattore comune ad estesi strati della popolazione.
Proprio su questo tema si incentra questa tesi, sul perché ed in quale
modo comunicare con efficacia per trasporre al di fuori dell’organizzazione la
responsabilità sociale d’impresa.
Sono ormai numerose le aziende che attuano iniziative anche pregevoli
su questo tema, con diverse modalità di elaborazione e altrettanto diverse
modalità di comunicazione sia interna che esterna.
Purtroppo alcune best-practices rimangono intercluse all’interno delle
imprese e non divengono esperienza comune per altre organizzazioni poiché
non si riesce a concentrare l’attenzione oltrechè sull’agire, sull’esplicitare
all’esterno ciò che si fa.
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Oggi è ormai ineludibile far divenire cultura interna all’azienda la
comunicazione.
Spesso il comunicare efficacemente, può essere più importante,
seppure sia un paradosso, di ciò che si fa.
....la cultura d’impresa è comunicazione, poiché ogni
comportamento dell’impresa - quale che sia la valenza e l’intenzionalità – è
sempre letto come messaggio con apprezzamenti positivi o negativi da parte
degli interlocutori.
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A proposito di quanto la comunicazione sia importante, valga un
esempio che coniuga alcuni dei temi che saranno toccati da questo lavoro,
etica, economia e credito.
L’economista, Muhammad Yunus, detto “il banchiere dei poveri”, era
conosciuto ed apprezzato da una larga cerchia di studiosi o appassionati, ma
racchiusi essenzialmente all’interno di settori specialistici.
L’assegnazione del premio Nobel per la pace del 2006 con quanto ne è
conseguito in termini di amplificazione mediatica, ha in pochissimo tempo
diffuso la conoscenza del suo lavoro presso le masse, in modo che nessun
libro o convegno avrebbe potuto fare.
3
Modelli di rendicontazione etico - sociale e applicazioni pratiche, a cura di Gianfranco
Rusconi e Michele Dorigatti
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2a) Analisi dei principali strumenti utilizzati per la rendicontazione
sociale.
Il mercato è vero mercato quando
non produce solo ricchezza ma soddisfa
anche attese e valori etici
(Amartya Sen)
Partiamo da una definizione condivisa della responsabilità sociale
d’impresa.
Si ricorda che l’abbreviazione di consuetudine utilizzata è l’acronimo
inglese CSR (Corporate Social Responsibility).
La cosa pone subito qualche difficoltà, non perché manchino in generale
letteratura, studi o progetti, ma al contrario perché sono numerose le
iniziative che tentano di formulare modelli e standard di gestione per la CSR.
Per la sua chiarezza e per l’autorevolezza dell’autore, propongo la
definizione di Lorenzo Sacconi: - Un modello di “governance” allargata
dell’impresa, in base al quale chi governa l’impresa ha responsabilità
che si estendono dall’osservanza dei doveri fiduciari nei riguardi della
proprietà ad analoghi doveri fiduciari nei riguardi in generale degli
stakeholder.
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Meritano un breve approfondimento due termini della descrizione, ossia
“doveri fiduciari” e “stakeholder”.
In un’impresa, sia essa profit o non profit, vengono stabiliti dei contratti
principale - agente, nei quali per via dell’incompletezza contrattuale (che per
diversi motivi è comunque più ampia nel settore della produzione di beni
sociali o di welfare) non tutto quello che può succedere (definito come
possibile stato del mondo) può essere previsto e normato.
4
Lorenzo Sacconi (a cura di) Guida Critica alla Responsabilità sociale e al governo d’impresa. Cap. 5.
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Ecco quindi che la fiducia, sentimento affettivo che a prima vista
sembrerebbe centrare poco con un’azienda, assume un aspetto primario.
Possiamo definirlo come un sentimento di sicurezza che deriva dal
confidare in qualcuno o in qualcosa.
Avere la fiducia in qualcuno significa che si è stabilita una relazione
interpersonale basata sulla comunicazione e sulla condivisione di valori ed
esperienze, e ha un aspetto fondamentale nella reciprocità.
Se dal punto di vista emozionale, la fiducia deriva da varie componenti,
analizzabili da molteplici discipline, dal punto di vista razionale un approccio
può essere proposto a partire dalla teoria dei giochi di Nash.
In particolare, in caso di giochi ripetuti, emergono norme fiduciarie che
si basano sulla reputazione.
Tali norme, che si traducono poi in doveri fiduciari, esprimono il
concetto che colui che ha delegata l’autorità, impiega tale autorità per il bene
del fiduciante, ossia di colui che tale autorità ha concesso.
Anche per il termine stakeholder, fra le molte, ricerchiamo una
descrizione, se così si può dire, “ampiamente condivisa”, ricordando come
derivi dalle discipline economiche prima ancora che etico-sociali.
Come stakeholder intendiamo “qualsiasi gruppo o individuo che può
avere un influsso o è influenzato dal raggiungimento dello scopo
dell’organizzazione”.
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Per definirli ulteriormente, un buon modo è quello di suddividerli
ulteriormente in due macro categorie:
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In a narrow sense, the stakehoders are all those identifiable groups or individuals on which
organisation depends for its survival, sometimes referred to as primary stakeholders: stockholders,
employees, customers,suppliers and key government agencies. On a broader level, however, a
stakeholder is any identificable groups or individual who can affect or is affected by organisational
performance in terms of its products, policies and work processes. In this sense, public interests
groups, protest groups, local communities, government agencies, trade associations, competitors,
unions and the press are organisational stakeholders.
Freeman R.E.- Strategic Management – A Stakeholder Approach, Pitman, Marshfield.
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- stakeholder in senso stretto - quelli più coinvolti perché lo sono
direttamente, quali i dipendenti, i fornitori, i clienti eccetera.
- stakeholder in senso ampio - sono individui, o più spesso gruppi, che
subiscono le esternalità positive o negative delle operazioni effettuate
dall’impresa e che spesso non hanno poteri di trattazione con l’impresa
stessa.
Questo lavoro si incentra sulla ricerca di un dialogo fra impresa e
stakeholder, che potrebbe però precludere, a medio termine, un più ampio
dialogo multi - stakeholder, in cui essi cooperano e collaborano fra di loro per
una creazione di valore continuo e ampio.
Per ampliare un po’ la visione descrittiva della CRS, si propongono altre
due definizioni:
“l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle
preoccupazioni sociali ed ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei
rapporti con le parti interessate”
(Commissione Europea della responsabilità sociale d’impresa)
oppure
“orientamento strategico di fondo basato su una modalità di gestione
strategica dell’impresa, orientata a sviluppare e valorizzare le relazioni con i
diversi soggetti, gli stakeholder, con cui l’impresa bancaria ha relazioni
continuative”
(Gruppo di lavoro interbancario su CSR, attivo dal 2001, condivisa dal
Comitato Esecutivo dell’ABI
6
- marzo 2005)
Si ribadisce come sia impensabile riuscire a sintetizzare completamente
in una descrizione di poche righe un tema che offre ormai una bibliografia
molto ampia.
6
Associazione Bancaria Italiana