III
INTRODUZIONE
La presente tesi di laurea ha come obiettivo l’approfondire il tema della rendicontazione sociale
all’interno delle aziende sportiva non for profit.
La scelta di abbinare questi due elementi è essenzialmente riconducibile a due motivi di caratte-
re personale. In primo luogo, dopo aver avuto modo di conoscere la rendicontazione sociale e il
bilancio sociale in uno specifico esame, vi era un forte interesse ad approfondire questo tema,
anche in funzione della possibilità di acquisire delle particolari competenze da utilizzare, even-
tualmente, in campo lavorativo. Infatti, la responsabilità sociale e il bilancio sociale, cosi come le
aziende sportive, costituiscono degli argomenti e delle materie che sarebbe piacevole continua-
re a studiare e sulle quali sarebbe interessante e stimolante lavorare nel futuro.
In secondo luogo, si è deciso di analizzare e approfondire il tema della rendicontazione sociale
applicandolo alle aziende sportive non for profit, poiché quest’ultime rappresentano delle realtà
aziendali che abbiamo la possibilità di vivere quotidianamente e concretamente, potendo, di
conseguenza, apprezzare le loro effettive problematiche ed esigenze gestionali, tra le quali, ad
esempio, è possibile menzionare la necessità di basare il rapporto con gli sponsor e con la pub-
blica amministrazione anche su aspetti quali la condivisione della finalità perseguita e della stra-
tegia aziendale utilizzata, in modo da stabilizzare il legame e i contributi da essi apportati, adat-
tandoli ai reali bisogni gestionali. Oppure, come la volontà delle associazioni sportive più meri-
tevoli di esprimere e manifestare, agli occhi degli stakeholder, la propria diversità e la propria
maggiore qualità rispetto altre entità non for profit e sportive del territorio.
Questa particolare situazione, ci consente di collegare la teoria alla realtà concreta, potendo, di
conseguenza, toccare con mano e sperimentare concretamente i diversi aspetti che verranno
successivamente illustrati nel corso del lavoro, rinforzando, di fatto, la motivazione ad appro-
fondire questi argomenti.
Dopo aver compreso i motivi personali che hanno indotto alla realizzazione di questa tesi di lau-
rea, è opportuno cercare di individuare le ragioni che rendono interessante analizzare la rendi-
contazione sociale all’interno delle aziende sportive non for profit.
Per le associazioni sportive, cosi come per le altre entità appartenenti al Terzo Settore, il bilan-
cio sociale è l’unico strumento in grado di quantificare e rappresentare il contributo da essa for-
nito alla crescita e allo sviluppo del livello di benessere della collettività di riferimento, il quale
costituisce il particolare fine istituzionale perseguito da queste organizzazioni. Ciò consente, in
primo luogo, al comitato direttivo di poter valutare, in modo maggiormente approfondito ri-
IV
spetto alla sola analisi dei risultati agonistici, l’efficacia e l’efficienza della gestione aziendale,
potendo, quindi, ricavare indicazioni utili per ridefinire in modo adeguato le strategie future. Al-
lo stesso modo, gli stakeholder e la collettività di riferimento avranno la possibilità, da un lato,
di apprezzare come sono state impiegate le risorse da loro conferite, come è stata soddisfatta la
domanda di sport da essi espressa e l’utilità generata dalla gestione aziendale e, dall’altro, di re-
golare, conseguentemente, in modo appropriato il proprio rapporto con l’organizzazione sporti-
va.
Quindi, nonostante, nella realtà, sia una pratica poco diffusa, la realizzazione e la pubblicazione
di un bilancio sociale è uno strumento importante sia per l’associazione sportiva stessa sia per i
suoi stakeholder e la comunità in cui opera.
Le aziende sportive non for profit, attraverso questo strumento, hanno la possibilità di esprime-
re la propria particolare identità aziendale e la diversità rispetto alle altre aziende non for profit
e sportive presenti nel territorio, cercando di attirare sponsor, fruitori del servizio, nonché vo-
lontari e collaboratori che condividano la stessa finalità istituzionale e gli stessi valori di riferi-
mento. In altre parole, attraverso questo strumento l’associazione sportiva cerca di acquisire la
fiducia e la legittimazione ad operare da parte dei suoi stakeholder, le quali rappresentano delle
risorse indispensabili per garantirsi la sopravvivenza e la durabilità nel lungo periodo e per sup-
portare le strategie di sviluppo promosse dal comitato direttivo.
Inoltre, il bilancio sociale può divenire un ottimo strumento di pianificazione e controllo, sup-
portando il comitato direttivo nella definizione di adeguate strategie aziendali da perseguire nel
futuro e nel garantire che i collaboratori e i volontari ne diano concreta e corretta attuazione.
Infine, l’assunzione della responsabilità all’interno dell’orientamento strategico aziendale, spin-
ge queste entità a riscoprire l’effettivo ruolo che le è stato assegnato dalla comunità in cui ope-
ra. L’associazione sportiva è al servizio dei membri della comunità in cui opera, in quanto opera
con l’intento di soddisfare i loro bisogni sportivi che risulterebbero, altrimenti, in tutto o in par-
te, inappagati. Inoltre, per raggiungere questo scopo utilizza varie risorse, le quali derivano e
sono conferite dalla stessa comunità. Con la rendicontazione sociale, il comitato direttivo ritor-
na, o inizia, a considerare e a dare importanza a questi elementi, aprendo la gestione aziendale
alla partecipazione e alla valutazione dei suoi stakeholder. In tal modo, le strategie e la gestione
aziendale risulteranno essere più consone e coerenti con le esigenze e i valori della collettività di
riferimento, accrescendo, di fatto, il valore sociale generato.
Dall’altro lato, i membri della collettività di riferimento, attraverso la lettura del bilancio sociale,
possono valutare e verificare se l’associazione sportiva ha effettivamente operato al fine di ac-
crescere il livello di benessere della comunità e ha impiegato in modo efficiente ed efficace le
V
risorse pubbliche e le agevolazioni ricevute, dimostrando, così, se è meritevole di ottenerle, an-
che, nel futuro.
Sintetizzando quando detto, la rendicontazione sociale all’interno delle aziende sportiva non for
profit, cosi come avviene per le altre aziende non for profit, può divenire uno strumento di go-
vernance e di accountability di primaria importanza, poiché supporta e aiuta il comitato diretti-
vo nella sua attività volta a ricercare il rispetto delle condizioni di economicità e lo sviluppo a-
ziendale. Ciò rende auspicabile e prevedibile una futura diffusione dell’utilizzo di questo stru-
mento anche all’interno di questa particolare categoria di organizzazioni.
Gli obiettivi che si intende raggiungere attraverso questo lavoro sono essenzialmente due. In
primo luogo, si vuole evidenziare e dimostrare che il bilancio sociale rappresenta una rilevante
opportunità strategica per le aziende sportive non for profit, poiché consente, a queste realtà,
di differenziare il proprio servizio sportivo da quello dei competitors, di migliorare la qualità del-
la gestione e di acquisire il consenso e l’appoggio dagli stakeholder e dalla comunità di riferi-
mento. In secondo luogo, si vogliono comprendere ed acquisire le competenze, le tecniche e le
modalità necessarie per introdurre ed implementare in modo corretto e vantaggioso un bilancio
sociale all’interno di un’associazione sportiva.
Per raggiungere tali menzionati obiettivi, si proverà a seguire il seguente percorso. Inizialmente,
verranno analizzate e delineate le principali peculiarità che caratterizzano le aziende sportive
non for profit. Si cercherà, innanzitutto, di definire i tratti che un organizzazione sportiva non for
profit deve possedere per poter essere definita come tale e di descrivere come si sviluppano le
attività e i processi che compongono la sua gestione. Successivamente, vista l’importanza e la
centralità che questi argomenti assumono rispetto alla rendicontazione sociale, verranno indivi-
duati e descritti i principali e tipici stakeholder di un’azienda sportiva non for e si cercherà di de-
finire come concretamente si declinano i concetti di economicità, efficacia ed efficienza
all’interno di queste entità,
In secondo luogo, si cercherà di introdurre il tema del bilancio sociale, cercando di comprende-
re, da un lato, come si esplica la responsabilità sociale all’interno del terzo settore e, dall’altro
lato, quale ruolo può assumere questo strumento all’interno di questa particolare tipologia di
organizzazioni. Infatti, si proverà a dimostrare come la corretta implementazione del bilancio
sociale consente alle aziende sportive non for profit più efficaci, in termini di capacità di soddi-
sfare i bisogni sportivi della collettività, di conseguire un vantaggio competitivo sulle altre azien-
de non for profit e sportive del territorio. Inoltre, si cercherà di definire come la rendicontazione
sociale possa divenire un valido strumento di governarne che può aiutare il comitato direttivo
nella pianificazione delle strategie e a migliorare la qualità della gestione.
VI
Nell’ultima parte, saranno descritti in modo approfondito i passaggi e le attività che
un’associazione sportiva deve compiere per poter realizzare e pubblicare un corretto bilancio
sociale. Di conseguenza, si proverà, in primo luogo, ad individuare quale sarà il processo di ren-
dicontazione sociale adeguato per un’azienda sportiva non for profit e quali fasi lo compongo-
no. In secondo luogo, l’attenzione si sposterà sulla struttura che il documento andrà ad assume-
re, andando a descrivere e a delineare il contenuto tipico di ogni sua parte.
7
CAPITOLO 1: LE AZIENDE NON FOR PROFIT E LE AZIENDE
SPORTIVE NON FOR PROFIT
1. LE AZIENDE NON FOR PROFIT
Il Terzo Settore nel corso degli ultimi decenni ha subito una forte crescita, sia dal punto di vista
numerico, sia del peso all’interno del complessivo sistema economico.
1
Prima di analizzare i fattori che hanno promosso tale sviluppo è opportuno definire in termini
positivi che cosa si intenda per organizzazione non for profit, in modo da riuscire a passare da
una definizione residuale della categoria, solitamente utilizzata, ad una più ristretta e determi-
nistica. Infatti, normalmente si individuano come aziende facenti parte del Terzo Settore quelle
che non appartengono né al mercato (denominato anche primo settore), poiché non orientate
al profitto, né allo Stato (secondo settore), poiché sono di natura privata, e neppure apparten-
gono alle reti primarie (quarto settore), non essendo un istituto naturale primogenito.
2
Operan-
do in questo modo, però, si corre il rischio di inserire all’interno del Privato Sociale
3
anche entità
che pur non facendo parte degli altri tre settori summenzionati, di fatto non possono nemmeno
qualificarsi come aziende non for profit, come per esempio i circoli privati. Si rivela, quindi, utile
esplicitare una definizione positiva, la quale individui i criteri che, se posseduti, ci consentono di
classificare quella particolare organizzazione come non for profit.
La nozione che sarà utilizzata in questo lavoro, seguendo, e in parte modificando, l’impostazione
definita da Salomon e Anheier
4
e dall’ICNPO
5
, definisce che un’organizzazione appartiene al Ter-
zo Settore quando possiede le seguenti cinque caratteristiche
6
:
1
Maggi D., Il bilancio di missione delle aziende non profit, Giuffrè Editore, Milano, 2008; G.M. Colombo –
G. Stitz, Il bilancio sociale delle organizzazioni non profit, IPSOA, Milano, 2003.
2
Airoldi in AA.VV., Le aziende non profit tra stato e mercato, Clueb, Bologna, 1996; Propersi A., Le azien-
de non profit. I caratteri, la gestione, il controllo, ETAS, Milano, 2001.
3
Il Terzo Settore può anche essere definito come privato sociale. Con la prima dizione si da enfasi
all’alterità del mondo non for profit rispetto a Stato e mercato. Con la seconda, invece, si enfatizza come
questi soggetti siano di natura privata e abbiano una finalità di carattere sociale.
4
Si seguirà, anche se parzialmente modificata, l’impostazione modificata di Salomon e Anheier che si può
trovare nei seguenti libri: Maggi D., op. cit.; Propersi A., op. cit.; Molteni M., Le misure di performance
nelle aziende non profit di servizi alla persona, CEDAM, Padova, 1997; A. Hinna in L. Hinna, Il bilancio so-
ciale, IL sole 24ore, Milano, 2002. Il testo originale è: Salomon – Anheier, “Definitig the non profit sector.
A cross-national analysis.”, Manchester University, Manchester, 1997.
5
International Classification of Non Profit Organisation.
6
L’originale impostazione è stata parzialmente modificata nel seguente modo:
È stato tolto l’attributo della presenza di lavoro volontario, in quanto non rappresenta a mio mo-
do di vedere un elemento discriminante, anche se è un fenomeno ampiamente diffuso e, soprat-
tutto, necessario per perseguire l’economicità. È possibile, almeno teoricamente, avere organiz-
8
a) essere di natura giuridica privata;
b) essere formalmente costituita;
c) autogoverno;
d) non avere finalità di lucro;
e) svolgere una attività di produzione di beni o di servizi finalizzata alla soddisfazione di bi-
sogni della collettività.
Natura giuridica privata. Le aziende non for profit sono frutto della libera scelta da parte degli
individui. Nascono dalla volontà dei singoli cittadini di unirsi per soddisfare determinati bisogni,
inappagati, della collettività
7
. Ciò produce due conseguenze: innanzitutto, i soggetti promotori
possono definire in assoluta autonomia e libertà le finalità a cui l’organizzazione deve mirare, la
tipologia di struttura adottata e la strategia da seguire. Successivamente, in quanto organizza-
zione privata la sua sopravvivenza nel lungo periodo dipende dal rispetto delle condizioni di e-
conomicità della gestione. Se non si dà il giusto peso agli aspetti economici, l’organizzazione an-
che se efficace in relazione alla sua mission, rischia, comunque, il fallimento. L’economicità, in-
fatti, nel mondo non for profit rappresenta un vincolo alla gestione. Sono, allora, escluse dal
mondo non for profit le aziende pubbliche o appartenenti alla sfera pubblica, cioè tutte quelle
entità che possono utilizzare il potere di imposizione tributaria per finanziare l’attività di produ-
zione di servizi di pubblica utilità. Tale menzionato aspetto è da valutarsi nella sostanza econo-
mica e non limitandosi all’osservazione della forma giuridica. Per cui non basta assumere la ve-
ste giuridica di associazione per essere considerata azienda non for profit, ma si deve dimostra-
re il distacco e l’autonomia strategica e di sviluppo dall’ente pubblico.
Costituzione formale. Il secondo criterio richiede che l’organizzazione sia formalmente costitui-
ta, cioè deve essere dotata di un atto costitutivo e di uno statuto che regoli la vita associativa,
come l’ingresso di nuovi soci, la nomina dei membri dell’organo direttivo, l’approvazione dei bi-
lanci.
8
Si deve, cioè, evidenziare l’intenzione, tipica di qualsiasi tipo di azienda, di voler perdura-
re nel lungo periodo. Anche questa caratteristica enfatizza la necessità di dare il giusto peso
all’economicità nella definizione delle scelte strategiche operate dagli organi di corporate go-
zazioni, che pur in assenza di lavoro volontario, sono qualificabili come non for profit. Si pensi a
delle imprese sociali.
Si è aggiunta la caratteristica al punto e). L’attività caratteristica dell’entità deve essere orientata
alla produzione di beni o di servizi destinati alla soddisfazioni di bisogni sociali. Questa pare esse-
re una caratteristica più rilevante per discriminare tra organizzazioni effettivamente con finalità
sociali e altre con finalità privatistiche. Sul punto si veda Tessitore in AA.VV. Aziende non profit
tra stato e mercato, op. cit.; G.M. Colombo – G. Stitz, op. cit..
7
Zangrandi A., Aziende non profit. Le condizioni di sviluppo, EGEA, Milano, 2000.
8
Maggi D., op. cit..
9
vernance, in quanto è solo realizzando un equilibrio reddituale, finanziario e monetario che
qualsiasi tipo di azienda si garantisce la sopravvivenza. Non mette in luce solo l’economicità, ma
anche l’esigenza che la strategia sia orientata allo sviluppo dell’organizzazione, in termini di cre-
scita della capacità di generare utilità sociale per i diversi stakeholder. Orientamento al lungo
periodo e allo sviluppo, rispetto dei vincoli economici, logica multistakeholder rappresentano i
requisiti di un’organizzazione non for profit eccellente
9
. Sono, quindi, escluse le organizzazione
che hanno un obiettivo di vita breve o che vivono dipendendo da altre organizzazioni.
Autogoverno. Questo criterio richiede che nello svolgimento dei propri processi decisionali
l’entità non deve essere controllata da altre organizzazioni del settore pubblico o privato lucra-
tivo
10
. Emerge, ulteriormente, l’importanza del rispetto delle condizioni di economicità, che ga-
rantiscono, appunto, oltre alla durabilità, anche l’autonomia di governo. L’entità deve essere li-
bera di definire il fine istituzionale, le modalità attraverso il quale perseguirlo, la struttura
dell’organizzazione, senza dover dipendere e, quindi, essere influenzata dal alcun soggetto fi-
nanziatore, sia esso pubblico o privato.
Assenza di finalità di lucro. La terza proprietà esplicita che tali aziende non sono orientate al
profitto, cioè a perseguire e creare ricchezza monetaria per alcune determinate categorie di
membri dell’istituto, ma il loro fine consiste nel appagare bisogni insoddisfatti che caratterizza-
no la totalità, o una parte, della collettività, nella quale l’azienda non for profit è sorta e fa par-
te. Ciò non significa che le organizzazioni non for profit siano intrinsecamente impossibilitate a
realizzare un avanzo di gestione, il quale, invece, sarebbe possibile attraverso, per esempio,
un’adeguata attività accessoria. Ma si vuol dire, che nel caso la gestione realizzasse un avanzo di
gestione è obbligatorio reinvestirlo nell’attività istituzionale e, quindi, nel perseguire la mission.
È, perciò, necessario che all’interno dello statuto si imponga, attraverso idonee disposizioni e
vincoli, la non distribuibilità dell’eventuale avanzo di gestione, ma il suo reinvestimento nello
sviluppo e nella sopravvivenza dell’azienda. In considerazione di quanto detto, si deve prestare
molta attenzione ad eventuali azioni che, pur corrette giuridicamente, si configurino, però, nella
sostanza economica come delle indebite distribuzione di risorse proprie dell’organizzazione.
Come può succedere attraverso la concessione di particolari benefit ad alcuni soggetti, oppure
agendo sull’ammontare dei rimborsi e dei compensi ai lavoratori e volontari.
9
Coda V., L’ordinamento strategico dell’impresa, UTET, Torino, 1988.
10
Maggi D., op. cit..
10
Svolgere una attività di produzione di beni o di servizi finalizzata alla soddisfazione di bisogni
della collettività. L’ultimo criterio definitorio evidenzia due elementi particolarmente interes-
santi.
Il primo luogo le aziende non for profit realizzano, come le imprese, un’attività di produzione di
beni o, come nella maggior parte dei casi, di servizi destinati a soddisfare i bisogni degli utenti, e
quindi anch’esse sono produttrici di ricchezza
11
. C’è però una differenza. Nelle aziende non for
profit la soddisfazione dei bisogni degli utenti (detti, anche, stakeholder di missione, appunto)
comporta l’immediata realizzazione del fine istituzionale, rappresentando l’unico obiettivo che
l’organizzazione si pone
12
. Mentre nelle imprese alla soddisfazione dei clienti, “susseguono altri
obiettivi di natura egoistico - lucrativa”
13
. La soddisfazione dei bisogni, quindi, come mezzo per
realizzare il fine istituzionale del profitto. Ciò spiega anche perché la tipologia di attività caratte-
ristica svolta da un’azienda non for profit, sia e permanga in modo relativamente stabile rispetto
a quanto avviene all’interno delle imprese.
Un altro importante aspetto che quest’ultima proprietà, a mio modo di vedere, mette in luce,
riguarda il legame tra collettività e azienda non for profit. Come detto, ormai più volte,
quest’ultima opera e permane in vita per appagare particolari bisogni della collettività, che al-
trimenti rimarrebbero disattesi o soddisfatti in misura minore. In altre parole opera per creare e
accrescere il benessere della società. Quindi, sulla base di quanto detto un’entità, per essere
qualificata e inclusa all’interno dell’universo non for profit, deve essere sufficientemente aperta
verso la comunità di riferimento. In stretto legame e contatto. Con ciò si intende che vi deve es-
sere continuativamente una coerenza tra mission, vision e valori che guidano l’agire d’impresa
con le aspettative, i bisogni e i valori della collettività in cui opera
14
. Senza tale dialogo e questa
reciproca comprensione l’entità, nonostante non sia finalizzata al lucro, non potrà definirsi a-
zienda non for profit, ma sarà un qualche altro ulteriore tipo di istituto, in quanto persegue inte-
ressi privati e personali
15
. In sintesi e in altre parole, operare all’interno di un’organizzazione
non for profit vuol dire agire per gli altri: definire le strategie, guidare l’ente, destinare le risorse
verso la soddisfazione di quelle attese e bisogni che sono stati espressi dalla comunità, o a quel-
la parte, a cui ci si rivolge e da cui si ricevono le risorse per operare.
11
M. Molteni, op. cit.;Capaldo in AA.VV., op. cit..
12
Maggi D., op. cit.; Pezzani F., Le aziende non profit ed il contributo delle scienze economico-aziendali, in
NonProfit, Maggioli editore, luglio/settembre del 1997, Anno III.
13
Maggi D., op. cit..
14
A. Hinna in L. Hinna, op. cit..
15
Airoldi in AA.VV. op. cit.:”Molti studiosi escludono dal settore non profit le associazioni costituite e ret-
te nell’interesse prevalente dei loro membri; includono, cioè, solo gli istituti che operano a favore di ter-
zi”. Gli studiosi citati dall’autore sono Bassanini-Ranci e Abramson-Salomon.
11
Abbiamo detto che le organizzazioni non for profit, come le imprese, producono dei beni ed e-
rogano dei servizi. Ma quali sono le tipologie di beni
16
che vengono realizzati da questo tipo di
organizzazioni?
Innanzitutto, attraverso l’utilizzo di un’opportuna classificazione
17
è possibile individuare le di-
verse categorie di beni. Questa classificazione tiene conto di due proprietà: la rivalità nel con-
sumo del bene e la escludibilità dal consumo.
Come osservabile dalla figura 1 è possibile individuare quattro tipologie differenti di beni:
a) i beni privati;
b) i beni pubblici;
c) i beni comuni;
d) i beni da club.
Figura 1. Tipologia dei beni prodotti dalle organizzazioni non for profit.
Fonte: modificato da GBS, op. cit.
I primi sono dotati della caratteristica di escludibilità dal consumo, poiché per poterli disporre e
consumare è necessario pagare un prezzo, e della rivalità, poiché il consumo del bene di una
persona impedisce il consumo ad un’altra
18
. I beni privati sono l’oggetti tipico della produzione
delle imprese for profit e attraverso essi vengono soddisfatti la maggior parte dei bisogni uma-
ni
19
. Date le caratteristiche summenzionate il mercato in un contesto concorrenziale è in grado
di assicurare l’allocazione ottimale delle risorse
20
.
16
Con il termine bene si intende sia il bene in senso stretto (oggetto materiale) sia il servizio.
17
Gruppo Bilancio Sociale, Il bilancio sociale. Documento di ricerca N°10. La rendicontazione sociale per le
aziende non profit, Giuffrè, Milano, 2009.
18
J. Stiglitz, Economia del settore pubblico, Hoepli, Milano,2003.
19
GBS, op. cit..
20
GBS, op. cit.; J. Stiglitz, op. cit.
Beni Privati Beni comuni
Beni da club Beni pubblici
Esclusività del bene
Rivalità
Presente
Assente
Presente Assente
12
Per le altre tre tipologie di beni, stante la loro particolare natura, i meccanismi di mercato, al
contrario, non riescono ad assicurare una ottimale allocazione delle risorse. I beni comuni sono
dotati della caratteristica di non escludibilità e di rivalità. Quindi chiunque può fruire questi be-
ne, ma il consumo dei “primi arrivati pregiudica l’utilizzo degli ultimi arrivati”
21
. Esempio tipico
sono le risorse naturali. In questo caso è necessario per l’ottimale allocazione l’intervento dello
stato che attraverso adeguate normative in grado di regolare lo sfruttamento delle risorse. “In
questo settore possono operare proficuamente le fondazioni”
22
e le associazioni volte a sensibi-
lizzare verso questo tema.
I beni da club che sono dotati delle proprietà di non rivalità ed escludibilità. In questi caso il go-
dimento del bene da parte di un utente non pregiudica quello di altri, anche se il consumo è
concesso solo a chi corrisponde il prezzo lasciando fuori gli altri. Questi beni sono oggetto della
produzione di molte organizzazioni non for profit, come le associazioni sportive dilettantistiche.
Infine, i beni pubblici possiedo gli attributi di non escludibilità e di non rivalità. Per cui nessuno
può essere escluso dal godere del bene e il consumo di un’unità aggiuntiva non genera costi
marginali. In questo caso mancando la motivazione al profitto, il mercato non li andrebbe nem-
meno a produrre. Questi beni sono, tipicamente e storicamente, oggetto dell’attività dello sta-
to, che riesce a finanziarsi sfruttando il potere di imposizione tributaria. Anche in questo caso
possono sorgere aziende non for profit che si dedicano alla produzione di questi beni, finan-
ziandosi da coloro che sono sensibili alla causa, oppure che si dedicano a tutelare l’integrità e la
qualità degli stessi. Come ad esempio il FAI. Le organizzazioni non for profit che hanno ad ogget-
to beni pubblici si dedicano a produrre quei beni che non essendo richiesti dalla maggioranza
della popolazione non diventano oggetto delle politiche dello Stato, o degli enti pubblici locali.
In questo caso i bisogni di quel gruppo della collettività sono soddisfatti dalla nascita di organiz-
zazioni non for profit promosse da soggetti sensibili alla causa.
Abbiamo detto che le aziende non for profit, al fine di poter garantire l’ottimale allocazione del-
le risorse, si devono dedicare alla produzione dei beni pubblici, comuni e da club
23
. Ma per rag-
giungere tale obiettivo è necessario anche che vi sia una gestione d’impresa improntata oltre
che sull’efficacia, l’efficienza e l’economicità, anche sulla trasparenza e sul coinvolgimento degli
stakeholder e della collettività di riferimento.
È bene precisare che le organizzazioni non for profit si possono anche dedicare alla produzione
di beni privati. Prevalentemente di quei beni privati che sono tralasciati dalle imprese, mancan-
21
GBS, op. cit..
22
GBS, op. cit..
23
GBS, op. cit..